Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20866 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20866 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3781-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO del TRIBUNALE DI PORDENONE del 13/12/2018;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 23/4/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato l’opposizione proposta dalla Banca di Monastier e del RAGIONE_SOCIALE cooperativo avverso lo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE.
1.2. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che il pegno costituito dalla società poi fallita con atto del 25/7/2017 a garanzia del fido concesso dalla banca opponente era suscettibile di revoca a norma dell’art. 67 l.fall..
1.3. La società poi fallita, infatti, ha osservato il tribunale, come risulta dalla relazione al bilancio del 31/12/2016, che la banca poteva e anzi doveva acquisire nell’istruttoria per la concessione del fido, era gravata da ‘ un’ingente esposizione debitoria verso i dipendenti, verso l’RAGIONE_SOCIALE e verso l’erario per ritenute non versate nei confronti dei dipendenti ‘, per un ammontare complessivo di debiti scaduti pari ad oltre 1.500.000,00 euro, per cui la stessa, come emerge anche dalle ‘ forti esposizioni debitorie con altri istituti di RAGIONE_SOCIALE ‘ e dal fatto che al momento della costituzione del pegno ‘ il prospettato ingresso di RAGIONE_SOCIALE nella compagine sociale non si era perfezionato ‘, versava inequivocabilmente in uno stato d’insolvenza.
1.4. La banca, dal suo canto, ha aggiunto il tribunale, quale operatore economico qualificato era senz’altro in grado, per la professionalità e l’avvedutezza con cui normalmente gli istituti di RAGIONE_SOCIALE svolgono la propria attività e la disponibilità di mezzi e informazioni di maggiore efficacia rispetto a quelli degli altri RAGIONE_SOCIALEri, di percepire gli indizi dello stato d’insolvenza.
1.5. Escluso, infine, ogni rilievo ai dati invocati dalla banca, e cioè gli esiti dell’istruttoria della delibera di affidamento, le verifiche presso la Centrale rischi e il ‘ report Crif ‘, in quanto ‘ non concludenti ‘ e, comunque , ‘non adeguatamente rappresentativi della situazione economicafinanziaria della società’ , a fronte degli altri dati, come in precedenza esposti, che dovevano essere valutati criticamente
dalla banca in sede di concessione del fido, il tribunale ha, in definitiva, rigettato l’opposizione proposta.
1.6. La banca, con ricorso notificato il 18/1/2019, ha chiesto, per un motivo, la cassazione del decreto reso dal tribunale e incontestatamente notificato il 22/12/2018.
1.7. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con l’unico motivo che ha articolato la ricorrente, lamentando l ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e l’erronea valutazione e/o interpretazione delle prove documentali nonché il vizio logico posto alla base della decisione, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto la revocabilità dell’atto di costituzione del pegno , senza, tuttavia, considerare che: – la relazione al bilancio al 31/12/2016, come emerge dalla sua trascrizione in ricorso, non espone, in realtà, in alcun punto l’ ingente esposizione debitoria verso i dipendenti, verso l’RAGIONE_SOCIALE e verso l’erario per ritenute non versa te che il tribunale ha richiamato, né indica che l’importo de i debiti complessivamente scaduti per tali voci ammontava ad oltre 1.500.000,00 euro, trattandosi, piuttosto, di dati che sono il frutto d ell’elaborazione della curatela, la quale ha utilizzato i partitari del 2017, di cui la banca non era in possesso al momento della costituzione del pegno, avvenuta il 25/7/2017; la relazione al bilancio al 31/12/2016, che la banca ha valutato, espone il miglioramento di tutti i dati patrimoniali; – il mancato ingresso nel capitale sociale da parte di RAGIONE_SOCIALE a seguito della delibera di aumento del 9/6/2017 non poteva essere preconizzato dalla banca la quale, al momento della costituzione del pegno, e cioè nel luglio del 2017, faceva affidamento sulle risultanze del registro delle imprese, dal quale, appunto,
emergeva che l’assemblea dei soci, con delibera del 9/6/2017, aveva aumentato il capitale con l’emissione di nuove azioni riservate, per €. 900.000,00, alla RAGIONE_SOCIALE; – i dati che la banca ha preso in considerazione al momento della delibera di fido del 19/7/2017, che ha preceduto ed autorizzato la costituzione del pegno oggetto di causa, erano analiticamente indicati nel ricorso proposto a norma dell’art. 98 l.fall.
2.1. Il motivo è inammissibile.
La ricorrente, in effetti, pur deducendo vizi di violazione di norme di legge, ha lamentato, in sostanza, l’erronea ricognizione dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, costoro, ad onta delle asserite emergenze delle stesse, hanno ritenuto che la banca, al momento dell’ atto di costituzione del pegno, fosse a conoscenza dello stato d’insolvenza in cui versava la debitrice concedente.
2.2. La valutazione delle prove raccolte, però, compresa la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall ‘ art. 2729 c.c. (Cass. n. 1234 del 2019; Cass. n. 1216 del 2006) e l ‘ idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell ‘ id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare (Cass. n. 12002 del 2017), costituisce un ‘ attività riservata in via esclusiva all ‘ apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione se non per il vizio consistito, come stabilito dall ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., nell ‘ avere del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie concreta, l ‘ esame di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbiano costituito oggetto di discussione tra le parti e abbiano carattere
decisivo, vale a dire che, se esaminati, avrebbero determinato un esito diverso della controversia.
2.3. L ‘ omesso esame di elementi istruttori non dà luogo, pertanto, al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora gli accadimenti fattuali rilevanti in causa, come fatti costitutivi del diritto azionato ovvero come fatti estintivi, modificativi ovvero impeditivi dello stesso, siano stati comunque presi in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie (Cass. SU n. 8053 del 2014; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.).
2.4. La valutazione delle prove, al pari della scelta, tra le varie emergenze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono, in effetti, apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili senza essere tenuto ad un ‘ esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 42 del 2009; Cass. n. 11511 del 2014; Cass. n. 16467 del 2017).
2.5. Il ricorso per cassazione, invero, conferisce al giudice di legittimità solo la facoltà del controllare, sotto il profilo della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte in ordine alla ricognizione della fattispecie concreta dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l ‘ attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all ‘ uno o all ‘ altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis , Cass.
n. 40872 del 2021, in motiv.; Cass. n. 21098 del 2016; Cass. n. 27197 del 2011).
2.6. Il compito di questa Corte, del resto, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura delle prove utilizzate dal giudice di merito per la ricognizione della fattispecie concreta al fine di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta (con le prove ammesse ovvero offerte) un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall ‘ art. 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all ‘ accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, com ‘ è in effetti accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
2.7. Il tribunale, invero, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio ed (implicitamente) escluso quelle (asseritamente contrarie) invocate dall ‘ opponente, ha ritenuto (prendendo così in esame i fatti rilevanti ai fini della decisione sull ‘eccezione di revoca fallimentare dell’atto di costituzione del pegno proposta dal Fallimento e indicando le ragioni del convincimento espresso in ordine all ‘ insussistenza degli stessi in
modo nient ‘ affatto apparente, perplesso o contraddittorio) che la banca opponente, al momento dell’atto impugnato, fosse senz’altro consapevole, in ragione dell’ ‘ ingente esposizione debitoria ‘ della società concedente ‘ verso i dipendenti, verso l’RAGIONE_SOCIALE e verso l’erario per ritenute non versate nei confronti dei dipendenti ‘ e de lle ‘ forti esposizioni debitorie con altri istituti di RAGIONE_SOCIALE ‘ gravanti sulla stessa, dello stato d ‘ insolvenza in cui versava la debitrice.
2.8. Ed una volta affermato, come il tribunale ha ritenuto senza che tale apprezzamento sia stato utilmente censurato (nell ‘ unico modo possibile, e cioè, a norma dell ‘ art. 360 n. 5 c.p.c.) per aver del tutto omesso l ‘ esame di uno o più fatti storici controversi, principali o secondari, risultanti dal testo della sentenza stessa o dagli atti processuali (e doverosamente esposti in ricorso nel rigoroso rispetto degli artt. 366, comma 1°, n. 6, e 369, comma 2°, n. 4, c.p.c.) ed aventi carattere decisivo (nel senso che, ove esaminati, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ricostruire la vicenda in termini tali da escludere su sussistenza dell ‘ ipotesi normativa invocata dal Fallimento : fermo restando che l’ome sso esame di elementi istruttori non dà luogo al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie: Cass. SU n. 8053 del 2014; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.), che l ‘opponente era consapevole dello stato d’insolvenza della debitrice poi fallita, non si presta, evidentemente, a censure, per violazione di norme di legge, la decisione che lo stesso tribunale ha conseguentemente assunto, e cioè l’accoglimento dell’eccezione sollevata dal Fallimento, in quanto volta, appunto, alla revoca, a norma dell’art. 67 l.fall., dell’atto costitutivo del
diritto di prelazione concesso dalla società debitrice, poi fallita, in favore della convenuta e, quindi, all’esclusione di tale titolo, a norma dell’art. 95, comma 1°, l.fall., dallo stato passivo .
2.9. Questa Corte, in effetti, in tema di revocatoria fallimentare, ha ripetutamente affermato che: – la conoscenza da parte del RAGIONE_SOCIALEre dello stato di insolvenza del debitore, al fine della revocatoria fallimentare, secondo la previsione dell’art. 67, comma 2°, l.fall., dev’essere effettiva e non meramente potenziale (Cass. n. 25635 del 2017); – agli effetti della revoca, pertanto, assume rilievo non la semplice conoscibilità oggettiva dello stato di insolvenza dell’imprenditore , ma soltanto la concreta situazione psicologica del RAGIONE_SOCIALEre al momento del compimento dell’atto impugnato (Cass. n. 27070 del 2022, in motiv.; Cass. n. 25635 del 2017), la quale, tuttavia, può essere desunta anche da semplici indizi (Cass. n. 3081 del 2018), sempre che questi (come notizie di stampa, risultanze di bilancio, protesti, procedure esecutive, etc.), in ragione della loro gravità, precisione e concordanza, fossero tali da far presumere l’effettiva scientia decoctionis da parte del RAGIONE_SOCIALEre (Cass. n. 14978 del 2007; Cass. n. 5265 del 2010; Cass. n. 3299 del 2017; Cass. n. 29257 del 2019; Cass. n. 3854 del 2019), nel senso che quest’ultimo, f acendo uso della normale prudenza ed avvedutezza, rapportata alle sue qualit à̀ personali e professionali, nonch é́ alle condizioni in cui si è trovato concretamente ad operare, non possa non aver percepito i sintomi rivelatori dello stato di decozione del debitore (cfr. Cass. n. 27070 del 2022; Cass. n. 3081 del 2018; Cass. n. n. 18196 del 2012); – dovendosi, pertanto, conferire rilievo ai presupposti ed alle condizioni in cui il terzo si è trovato ad operare nella specifica situazione, la circostanza che esso rivesta la qualità di istituto bancario, se non è di per sé determinante, neppure se
correlata al parametro (del tutto teorico) del RAGIONE_SOCIALEre avveduto, viene, tuttavia, in considerazione in presenza (come accertato, in fatto, nel caso in esame) di concreti collegamenti con i sintomi conoscibili dello stato d’insolvenza, come le risultanze di bilancio: in quest’ambito, infatti, può senz’altro attribuirsi rilevanza anche all’attività professionale esercitata dal terzo, nonché alle regole di prudenza ed avvedutezza che, indipendentemente da ogni doverosità, caratterizzano concretamente l’opera re della categoria di appartenenza (Cass. n. 4762 del 2007, che, in applicazione di tale principio, ha ritenuto adeguatamente motivata la sentenza impugnata la quale aveva desunto la conoscenza dello stato d’insolvenza, oltre che dall’esistenza di ingiunzi oni, precetti ed istanze di fallimento, dai rapporti di conto corrente intercorsi direttamente tra la banca ed il fallito); – in tema di azione revocatoria fallimentare, pertanto, la qualità di operatore economico qualificato della banca convenuta, pur non integrando, da sola, la prova dell’effettiva conoscenza dei sintomi dell’insolvenza, impone di considerare la professionalità ed avvedutezza con cui normalmente gli istituti di RAGIONE_SOCIALE esercitano la loro attività (Cass. n. 17208 del 2014; Cass. n. 26061 del 2017; Cass. n. 14978 del 2007, la quale, a i fini dell’accertamento in questione, ha affermato che deve tenersi conto della qualità del RAGIONE_SOCIALEre e delle specifiche conoscenze tecniche a sua disposizione, soprattutto quando il RAGIONE_SOCIALEre sia una banca, che, per il particolare servizio espletato, presta particolare attenzione al manifestarsi di segni di insolvenza da parte dei suoi correntisti ed ha una possibilità di informazione sulla situazione patrimoniale dei propri debitori certamente superiore a quella comune) e, di conseguenza, della possibilità che le stesse hanno, i n considerazione dell’attività svolta, delle modalità che la
connotano e della circostanza che dispongono di operatori professionali qualificati, di cogliere i sintomi di un dissesto del soggetto finanziato meglio e più tempestivamente di un soggetto non professionale, avendo a disposizione, più facilmente rispetto agli altri RAGIONE_SOCIALEri, gli strumenti atti ad interpretarli e valutarli (Cass. n. 19894 del 2005; Cass. n. 14978 del 2007; Cass. n. 1719 del 2001, la quale ha respinto lo specifico motivo di ricorso, osservando che la sentenza impugnata aveva correttamente fondato la prova della scientia decoctionis non sulla mera qualità professionale della banca, ma sull ‘ esistenza di segni esteriori dello stato di insolvenza, come i risultati del bilancio, e sulla percezione di tali sintomi da parte di quel soggetto professionalmente qualificato); – la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione ed il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto costituiscono, peraltro, un apprezzamento di fatto che, se (come nel caso in esame) adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità (Cass. n. 3336 del 2015; Cass. n. 3854 del 2019).
Il ricorso , per l’inammissibilità dell’unico motivo articolato, è, a sua volta, inammissibile: e come tale de v’essere dichiarato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ric orso; condanna la ricorrente a rimborsare al Fallimento controricorrente le spese di lite, che liquida nella somma complessiva di €. 7 .200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima