Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29718 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29718 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9399-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la SENTENZA N. 3661/2019 della CORTE D ‘ APPELLO DI VENEZIA, depositata il 16/9/2019;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 23/9/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale di Venezia, con sentenza del 24/9/2015, ha rigettato la domanda con la quale il RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto la revoca, a norma dell ‘ art. 67, comma 2°,
l.fall., di due pagamenti che la società fallita aveva eseguito, nei sei mesi antecedenti la dichiarazione dello stato di insolvenza (19/6/2009), in favore della RAGIONE_SOCIALE, per la somma complessiva di €. 58.104,60.
1.2. Il tribunale ha ritenuto che i pagamenti impugnati non erano suscettibili di revoca in ragione dell ‘ esenzione prevista dall ‘ art. 67, comma 3°, lett. a), l.fall. perché eseguiti nei termini d ‘ uso.
1.3. Il RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso tale sentenza.
1.4. La società convenuta ha resistito al gravame.
1.5. La corte d ‘ appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l ‘ appello.
1.6. La corte, in particolare, dopo aver escluso la sussistenza dei presupposti dell ‘ esenzione prevista dall ‘ art. 67, comma 3°, lett. a), l.fall., ha nondimeno ritenuto che la domanda di revoca proposta dal RAGIONE_SOCIALE non poteva essere accolta sul rilievo che non era stata dimostrata in giudizio la conoscenza dello stato di insolvenza in cui la debitrice versava al momento degli impugnati pagamenti.
1.7. La corte, infatti, ha rilevato che: – il rapporto commerciale intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non ha evidenziato ‘ anomalie ‘ o ‘ tensioni interne ‘ particolari; – il ritardo nell ‘ esecuzione dei pagamenti in revocatoria rispetto ai termini indicati nelle fatture non è sintomatica di insolvenza, ‘ sia perché in sé ed oggettivamente di entità non significativa … , sia perché non si discosta dalle concrete modalità di svolgimento della relazione commerciale ‘ , contraddistinta dall ‘ assenza di regolarità nei pagamenti da parte della RAGIONE_SOCIALE senza che siano state documentate ‘ reazioni di protesta apprezzabilmente significative ‘ da parte della creditrice; – i capitoli 9 e 12
dell ‘ articolato per interpello e testi riprodotti nelle conclusioni istruttore dell ‘ atto d ‘ appello sono, del resto, generici perché privi di precisi riferimenti temporali e personali; -l ‘ assenza di ‘ anomalie gravi ‘ nell ‘ andamento dei pagamenti e più in generale nello svolgimento del rapporto commerciale, ‘ che, sorto da alcuni anni, non ha conosciuto da parte di RAGIONE_SOCIALE modifiche dei termini di consegna o pagamento, né richiesta di garanzie per la prosecuzione delle forniture (l ‘ ultima delle quali eseguita ancor dopo i pagamenti in revocatoria), e men che meno il compimento di atti di rigore, anche della più tenue severità ‘, impedisce, dunque, di attribuire ai ritardi qualsivoglia valenza indicativa di una situazione che potesse essere percepita come rivelatrice di insolvenza in atto.
1.8. Né, ha aggiunto la corte, rilevano le ‘ notizie di stampa ‘, come quelle riportate dagli organi di diffusione nazionale (non potendosi dare per scontato che COGNOME, che ha sede nel ‘ bresciano ‘, fosse a conoscenza delle notizie su RAGIONE_SOCIALE apparse sulla stampa locale veneta), le quali, pur dando conto di una situazione di grave difficoltà e di crisi produttiva in cui versava la debitrice e delle conseguenti tensioni sul ‘ versante occupazionale ‘, non risultano, tuttavia, tali da indurre in un soggetto di normale avvedutezza la conoscenza dello stato di illiquidità e di assenza di risorse finanziarie in cui versa un suo debitore.
1.9. La corte, infatti, ha ritenuto che, ‘ pur ammettendo la conoscenza da parte di RAGIONE_SOCIALE delle notizie riportate dalle testate a diffusione nazionale ‘ : -i ‘ fatti sintomatici ‘, risalenti all ‘ epoca antecedente i pagamenti impugnati, sostanziandosi nella ‘ prospettata chiusura del sito produttivo di Porto Marghera ‘, nella ‘ riduzione della produzione ‘ e nel ‘ rischio di perdita di un rilevantissimo numero di posti di lavoro ‘ (oltre
mille) nonché, nel dicembre del 2008, nella situazione di ‘ pesantissimo indebitamento verso il RAGIONE_SOCIALE‘ (per circa ottanta milioni di euro) ‘ cui RAGIONE_SOCIALE non era, ovviamente, in grado di far fronte con le proprie risorse ‘, dimostrano senz’ altro ‘ l ‘ entità e gravità della crisi produttiva e finanziaria ‘ in cui versava la debitrice; – le notizie di stampa, tuttavia, non possono essere avulse dal contesto complessivo in cui erano inserite, lì dove, in particolare, si dava ‘ conto dell ‘ intervento a livello governativo e della disponibilità dei soggetti coinvolti nella vicenda a creare le condizioni affinché la continuità produttiva di RAGIONE_SOCIALE venisse salvaguardata, anche mediante ingresso di nuovi soci e realizzazione di un nuovo assetto produttivo con dismissione di stabilimenti ‘; -tali notizie, in assenza di particolari sintomi di tensione intrinseci al rapporto commerciale, escludono, dunque, che ‘ un operatore economico, non specificamente qualificato, potesse da tali informazioni giornalistiche ricavare la convinzione della definitiva ed irreversibile decozione di RAGIONE_SOCIALE alla data del pagamento ‘.
1.10. La corte, infine, ha escluso la rilevanza degli ulteriori elementi dedotti dal RAGIONE_SOCIALE, come le ‘ iniziative di recupero forzoso dei crediti da parte di altri fornitori ‘, in quanto coeve o addirittura successive ai pagamenti in revocatoria, ed i dati emergenti dal bilancio al 31/12/2007, non essendo dimostrato che la RAGIONE_SOCIALE fosse a conoscenza delle relative risultanze, tanto più che: – la stessa non era tenuta ad esaminarli, al pari delle relazione del collegio sindacale o del revisore contabile; – il RAGIONE_SOCIALE non indica quali specifici dati, ritraibili dal bilancio, avrebbero consentito ad un ‘ lettore non specificamente qualificato di rendersi conto dell ‘ insolvenza in atto” .
1.11. La corte, escluso ogni rilievo alle prove per interpello e testi articolate dall’appellante ‘ anche in conseguenza della
genericità che consegue alla mancanza di riferimento precisi a persone, luoghi e circostanze in cui i fatti indicate si sarebbero verificati ‘ , ha, quindi, ritenuto che, in mancanza tanto di ‘ elementi intrinseci al rapporto da cui inferire la conoscenza dell’insolvenza ‘, quanto di ‘ elementi estrinseci univocamente concludenti in tal senso ‘, non era emersa la prova dell ‘effettiva conos cenza in capo all’ accipiens dello stato d’insolvenza in cui versava la RAGIONE_SOCIALE al momento dei pagamenti impugnati ed, ha, quindi, rigettato l ‘ appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE.
1.12. Il RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato l ‘ 11/3/2020, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza.
1.13. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso notificato il 17/6/2020, nel quale ha proposto, per un motivo, ricorso incidentale condizionato.
1.14. Il RAGIONE_SOCIALE ha, a sua volta, resistito con controricorso.
1.15. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo ed il secondo motivo, il ricorrente, lamentando, rispettivamente, la mancata applicazione degli artt. 67, comma 2°, l.fall. nonché degli artt. 115, comma 1°, c.p.c. e 2727 e 2729 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., e l ‘ omesso o carente esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha escluso che il RAGIONE_SOCIALE avesse fornito in giudizio la prova della conoscenza da parte della convenuta dello stato d ‘ insolvenza in cui versava la RAGIONE_SOCIALE al momento dei pagamenti impugnati.
2.2. Così facendo, infatti, ha osservato il ricorrente, la corte d ‘ appello ha omesso di considerare, come avrebbe dovuto fare, e cioè dapprima analiticamente e poi globalmente, i plurimi
elementi presuntivi a tal fine addotti e provati in giudizio, anche perché non contestati, i quali, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo , dimostravano senz ‘ altro la conoscenza in capo a COGNOME dell ‘ incapacità della RAGIONE_SOCIALE di adempiere regolarmente, al momento dei pagamenti poi impugnati, le proprie obbligazioni, come: – il contenuto di tutte le notizie di stampa, sia nazionale che locale, le quali, per come documentate in giudizio, dimostravano obiettivamente che la RAGIONE_SOCIALE versava, al momento dei pagamenti in questione, in uno stato di gravissimo dissesto finanziario; – le risultanze del bilancio di RAGIONE_SOCIALE dell ‘ esercizio 2007, che dimostravano chiaramente l ‘ incapacità della società poi fallita di adempiere regolarmente alle sue obbligazioni e la mancanza del relativo presupposto, e cioè la continuità aziendale; – le numerose e continue agitazioni sindacali, gli scioperi e la chiusura degli impianti per mancanza di materie prime, le iniziative giudiziarie promosse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE sin dalla fine del 2008, la revoca degli affidamenti bancari, la continuità, l ‘ abitualità e la risalenza nel tempo dei rapporti tra le parti nonché l ‘ andamento tardivo, anomalo ed irregolare dei pagamenti, trattandosi di fatti che dimostravano come COGNOME, che operava in tutti gli stabilimenti della RAGIONE_SOCIALE, non poteva non aver percepito le gravissime condizioni in cui la stessa si trovava all ‘ epoca dei pagamenti impugnati.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 115, comma 1°, c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha escluso che il RAGIONE_SOCIALE avesse fornito in giudizio la prova della conoscenza da parte della convenuta dello stato d ‘ insolvenza in cui versava la RAGIONE_SOCIALE al momento dei pagamenti impugnati, omettendo, tuttavia, di procedere all ‘ ammissione della prova per interrogatorio formale
e per testimoni che il RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto nel corso del giudizio di primo grado e reiterato nell ‘ atto d ‘ appello e nelle relative conclusioni, le quali, vertendo su fatti rilevanti, avrebbero confermato che la RAGIONE_SOCIALE era a conoscenza dell ‘ incapacità della RAGIONE_SOCIALE, all ‘ epoca dei pagamenti impugnati, di far fronte normalmente alle proprie obbligazioni.
2.4. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.
2.5. Il RAGIONE_SOCIALE, in effetti, pur deducendo vizi di violazione di norme di legge sostanziale e processuale, ha lamentato, in sostanza, l ‘ erronea ricognizione dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi, ad onta delle asserite emergenze delle stesse, hanno, in sostanza, ritenuto che la società convenuta non era a conoscenza dello stato d ‘ insolvenza in cui, al momento degli impugnati pagamenti, versava la debitrice poi fallita.
2.6. La valutazione delle prove raccolte, tuttavia, comprese le presunzioni (Cass. n. 2431 del 2004; Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 1234 del 2019), al pari della scelta degli elementi che ne costituiscono la base ed il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto (Cass. n. 3854 del 2019; Cass. n. 3336 del 2015), costituisce, un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione: se non per il vizio (che, nel caso in esame, non risulta dedotto con la dovuta specificità) consistito, come stabilito dall’art. 360 n. 5 c.p.c., nell’avere quest’ult imo, in sede di accertamento della fattispecie concreta, omesso del tutto l’ esame (e cioè la ‘ percezione ‘) di uno o più fatti storici,
principali o secondari, la cui esistenza (così come doverosamente esposta in ricorso nel rigoroso rispetto degli artt. 366, comma 1°, n. 6, e 369, comma 2°, n. 4, c.p.c.) risulti, per contro, dal testo della sentenza impugnata o (più probabilmente) dagli atti processuali, che siano stati oggetto di discussione (e cioè controversi) tra le parti e che abbiano carattere decisivo (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014), nel senso che, ove percepiti, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell’eccezione dalla stessa proposta.
2.7. Non v’è dubbio, del resto, che: – questa Corte può essere investita, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., dell’errore di sussunzione in cui il giudice di merito sia incorso nel considerare (o, simmetricamente, nel non considerare) grave una presunzione, cioè un’inferenza che non lo sia (ovvero che, al contrario, lo sia), e che la medesima conclusione vale per il controllo degli ulteriori requisiti (richiesti, com’è noto, dagli artt. 2727 e 2729, comma 1°, c.c.) della precisione e della concordanza degli indizi raccolti; – allorquando il giudice di merito sussume erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione fatti concreti accertati che non siano invece rispondenti a quei caratteri, così sussumendo sotto la norma dell’art. 2729 c.c. fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorrendo in una sua falsa applicazione, si deve, pertanto, ritenere che il suo ragionamento sia senz’ altro censurabile alla stregua dell’art. 360 n. 3 c.p.c. e che competa, dunque, alla Corte di cassazione controllare se la norma dell’art. 2729 c .c. (oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta dal giudice di merito) lo sia stata anche a livello di
applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta (Cass. SU n. 1785 del 2018).
2.1. Resta, tuttavia, necessario, ‘ per poter rintracciare margini di intervento da parte del giudice di legittimità, nei termini sopra evidenziati dell’integrazione del vizio di falsa applicazione di legge, come tale ricorribile ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ .’, che ‘ vi sia stata da parte del giudice del merito una macroscopica erronea individuazione della regola inferenziale ‘, dovendosi intendere come tale, ‘secondo la migliore teoria epistemologica ‘, la ‘proposizione ‘ di una ‘conseguenza deduttiva probabilistica da una determinata premessa fattuale conosciuta ‘ (Cass. n. 10240 del 2025, in motiv.).
2.1. L’individuazione e la selezione tra i fatti noti di quelli sulla cui base far emergere, tramite l’applicazione delle predette regole inferenziali, il fatto ignoto (oggetto del ragionamento presuntivo del giudice), come la scelta degli stessi criteri infere nziali, appartengono, invece, all’ambito di apprezzamento discrezione dei fatti e delle prove, rimesso al giudizio dei giudici di merito, che, se argomentato in modo non apparente, né contraddittorio né perplesso (anche se, in ipotesi, insufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), non può essere oggetto del sindacato di legittimita (Cass. n. 3854 del 2019; Cass. n. 3336 del 2015; Cass. n. 10240 del 2025, in motiv. ) .
2.2. La critica al ragionamento presuntivo svolto da giudice di merito, ‘ quando (come nel caso in esame) si concreta ‘: -‘ o in un’attività diretta ad evidenziare soltanto che le circostanze fattuali – in relazione alle quali il ragionamento presuntivo è stato enunciato dal giudice di merito – avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo (sicché il giudice di merito è partito in definitiva da un presupposto fattuale erroneo
nell’applicare il ragionamento presuntivo )’; -‘ o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito’ (e ciò ‘ tanto se questa prospettazione sia basata sulle stesse circostanze fattuali su cui si è basato il giudice di merito, quanto se basata altresì su altre circostanze fattuali’ ), ‘ sfugge al concetto di falsa applicazione’ dell’art. 2729, comma 1°, c.c. (Cass. n. 10240 del 2025, in motiv.).
2.3. In questi casi, invero, la critica si risolve, con tutta evidenza, in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della medesima quaestio , ponendosi la censura in un ambito applicativo che non è quello declinato dal n. 3 dell’art. 360 c.p.c. (e cioè falsa applicazione dell’art. 2729, comma 1°, c.c.) ma su quello che sollecita, invece, un controllo sulla motivazione del giudice relativo alla ricostruzione della fattispecie concreta (Cass. n. 10240 del 2025, in motiv.).
2.4. Si tratta, tuttavia, di un sindacato che, a fronte dell’art. 360 n. 5 c.p.c., nel testo in vigore ratione temporis , risulta percorribile soltanto qualora (a differenza di quanto è accaduto nel caso in esame) il ricorrente denunci in modo specifico che il giudice di merito ha del tutto omesso l’esame di un fatto controverso, principale o (come nel caso delle presunzioni) secondario, che, se esaminato, sarebbe stato decisivo ai fini di una diversa individuazione del modo di essere della detta quaestio , sempre che tale fatto sia dedotto in modo chiaro, e cioè (come imposto dagli artt. 366, comma 1°, n. 6, e 369, comma 2°, n. 4, c.p.c.) mediante l’indicazione dell’atto processuale dal quale risulti la sua emergenza istruttoria e la sua riproduzione in ricorso, ed esclusa, in ogni caso, che tale censura possa essere formulata solo con la deduzione del l’omessa
valutazione di una risultanza istruttoria (Cass. SU n. 8053 e 8054 del 2014, per come riprese in motivazione anche da Cass. SU n. 1785 del 2018).
2.5. Il compito di questa Corte, del resto, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove (anche se indiziarie) rispetto a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta (con le prove ammesse ovvero offerte) un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall’art. 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (anche se, in ipotesi, insufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvediment o impugnato in ordine all’accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, com’è in effetti accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
2.6. La corte d ‘ appello, invero, dopo aver valutato le prove raccolte ovvero offerte in giudizio, ha ritenuto, prendendo così in esame i fatti rilevanti ai fini della decisione sulla domanda proposta dal RAGIONE_SOCIALE (e cioè la domanda di revoca dei pagamenti eseguiti dalla società poi fallita in periodo sospetto in favore dell ‘ accipiens ) e indicando le ragioni del convincimento
espresso in ordine agli stessi in modo nient ‘ affatto apparente, perplesso o contraddittorio, che la convenuta, in mancanza sia di ‘ elementi intrinseci al rapporto da cui inferire la conoscenza dell’insolvenza ‘, sia di ‘ elementi estrinseci univocamente concludenti in tal senso ‘, non era a conoscenza dello stato d ‘ insolvenza in cui la debitrice poi fallita versava al momento degli impugnati pagamenti.
2.7. Ed una volta escluso, in fatto, (con apprezzamento che non è stato utilmente censurato con l’espresso rilievo che il giudice di merito ha del tutto omesso di valutare uno o più fatti storici controversi risultanti dagli atti del processo e doverosamente esposti in ricorso) che la creditrice era a conoscenza dello stato d ‘ insolvenza in cui si trovava la debitrice poi fallita nel momento in cui ha ricevuto da quest’ultima i pagamenti impugnati, non si presta, evidentemente, a censure, per violazione di norme di legge, la decisione che la stessa corte ha conseguentemente assunto, e cioè il rigetto della domanda proposta dal RAGIONE_SOCIALE, in quanto volta, appunto, alla revoca, a norma dell ‘ art. 67, comma 2°, l.fall., di atti di pagamento eseguiti dalla società debitrice poi fallita in favore della convenuta nei sei mesi anteriori alla dichiarazione dello stato d ‘ insolvenza della prima.
2.8. Se, infatti, è vero che, ai fini della revoca fallimentare, la prova della scientia decoctionis in capo all’ accipiens è suscettibile di essere fornita, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., mediante il ricorso alle presunzioni (come le notizie sull’imprenditore insolvente fornite dagli organi di stampa: Cass. n. 23650 del 2021), è anche vero, però, che: gli elementi indiziari, valutati necessariamente gli uni per mezzo degli altri, devono essere nel loro complesso idonei a condurre il giudice a ritenere che il terzo, facendo uso della sua normale
prudenza e avvedutezza (rapportata anche alle sue qualità personali e professionali, nonché alle condizioni in cui egli si è trovato concretamente ad operare) non possa non aver percepito i sintomi rivelatori della decozione del debitore (Cass. n. 13445 del 2023); – la conoscenza dello stato di insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo contraente, che rileva ai fini della revocatoria fallimentare, dev ‘ essere, del resto, effettiva e non meramente potenziale (Cass. 13169 del 2020).
2.9. Né, d’altra parte, può fondatamente ritenersi, come ha denunciato il RAGIONE_SOCIALE, che la corte d’appello si sia limitata ad una valutazione puramente atomistica dei singoli indizi senza tuttavia procedere, come avrebbe dovuto, alla valutazione complessiva degli stessi per vagliare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi.
Il ricorso principale è, dunque, inammissibile: e come tale dev ‘ essere dichiarato.
Il ricorso incidentale condizionato è, dunque, assorbito.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l ‘ inammissibilità del ricorso principale, assorbito l ‘ incidentale condizionato; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del
giudizio, che liquida in €. 7.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 23 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME