Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20875 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20875 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12232/2016 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in RomaINDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, in persona del Commissario Straordinario p.t. , elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso
– controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 413/2016 depositata l’ 8/3/2016;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/6/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il Tribunale di Ferrara, con la sentenza n. 335/2011, rigettava la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria nei confronti di NOME COGNOME, titolare dell’omonima ditta individuale, di inefficacia, ex art. 67, comma 2, l. fall., dei pagamenti per complessivi € 119.883,85 effettuati in suo favore da RAGIONE_SOCIALE in bonis , nel c.d. periodo sospetto, mediante assegni non trasferibili.
La sentenza, impugnata dalla soccombente, veniva riformata dalla Corte d’appello di Bologna, che reputava che il primo giudice non avesse tenuto conto, in modo corretto e adeguato, del quadro indiziario complessivo posto in evidenza dalla procedura, con riferimento sia agli indici interni che a quelli esterni.
In particolare, riteneva che assumessero senza dubbio rilievo le notizie di stampa, pubblicate su quotidiani locali e nazionali, che avevano dato ampio risalto alla situazione di grave indebitamento e insolvenza di RAGIONE_SOCIALE, impresa di primaria importanza: COGNOME non poteva non essere a conoscenza di questa situazione, tanto più che le maestranze della cooperativa avevano organizzato manifestazioni di protesta anche in prossimità dei luoghi in cui all’epoca si trovava ad operare la sua impresa.
La corte d’appello, inoltre, giudicava estremamente significativa la richiesta del COGNOME di ottenere pagamenti immediati per il tramite di assegni bancari (ovvero con modalità non usuali in ipotesi di normali rapporti economici tra imprese), mentre erano già pendenti istanze di fallimento e dunque nell’immediatezza della dichiarazione di insolvenza.
Osservava che una simile richiesta da parte di un imprenditore che operava nello stesso settore economico di RAGIONE_SOCIALE e che intratteneva con la stessa rapporti abituali, lasciava presumere che questi fosse ben a conoscenza dello stato di insolvenza in cui versava la controparte contrattuale.
Dichiarava pertanto l ‘inefficacia, ex art. 67, comma 2, l. fall., dei pagamenti impugnati e condannava NOME COGNOME a corrispondere alla procedura appellante la somma di € 119.883,85, oltre ad accessori e spese.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, pubblicata l’ 8 marzo 2016, prospettando due motivi di doglianza, ai quali RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il presidente delegato ha formulato proposta di definizione accelerata del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. ritualmente comunicata alle parti, cui il ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, si è opposto, insistendo per la decisione del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 67, comma 2, l. fall., in relazione all’art. 115 cod. proc. civ., con riferimento alla prova della sussistenza del presupposto soggettivo dell’azione revocatoria fallimentare, nonché la violazi one degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., per mancanza dei requisiti di gravità e precisione degli elementi indiziari valutati dalla corte di merito: la sentenza impugnata -assume parte ricorrente -si è limitata a ‘snocciolare’ tutta una serie di indizi ast rattamente considerati, senza fare alcun riferimento specifico al caso concreto, ed ha finito così per introdurre, attraverso il meccanismo delle presunzioni, una sostanziale equiparazione tra i concetti di conoscenza e conoscibilità, giungendo a imputare a un piccolo imprenditore edile, che operava a distanza di oltre mille chilometri dalla sede di RAGIONE_SOCIALE, una teorica conoscenza dello stato di insolvenza in una situazione in cui la controparte contrattuale aveva regolarmente e correttamente onorato le sue obbligazioni senza alcun ritardo e senza alcuna
effettiva manifestazione non solo di crisi, ma neanche di mera debolezza commerciale.
Il pagamento, infatti, era intervenuto a distanza di due giorni dall’emissione della fattura e per il tramite di assegno bancario, come era avvenuto in occasione di altri quattro rapporti contrattuali intercorsi in precedenza fra le parti; nessun imprenditore edile, poi, avrebbe portato a termine l’opera, come aveva fatto il COGNOME, anticipando mezzi e risorse economiche, ove fosse stato consapevole dello stato di crisi e/o di insolvenza in cui versava la committente, stante il fondato rischio di perdere definitivamente il proprio credito. Per di più, nell’ambito dello specifico rapporto che aveva dato luogo al pagamento impugnato, gli elementi presuntivi valorizzati dalla corte di merito dovevano considerarsi privi di un adeguato livello di concordanza, precisione e gravità; in particolare, il giudice d’appello non avrebbe considerato: che, in linea generale, le procedure esecutive, i decreti ingiuntivi e la revoca degli affidamenti bancari sono avvenimenti non soggetti a forme di pubblicità; che nel caso specifico, al momento della sottoscrizione del contratto di subappalto, a carico di RAGIONE_SOCIALE non erano stati elevati protesti né iscritte ipoteche giudiziali; che le notizie pubblicate sulla stampa locale emiliana non potevano ritenersi conosciute nella provincia di Reggio Calabria, in cui operava COGNOME, mentre quelle pubblicate sulla stampa nazionale erano prive di pregnanza; che non risultava che le agitazioni dei dipendenti di RAGIONE_SOCIALE avessero avuto risonanza esterna.
Il motivo è inammissibile.
5.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di elemento soggettivo dell’azione revocatoria fallimentare ex art. 67, comma 2, l. fall., la scientia decoctionis in capo al terzo, come effettiva conoscenza dello stato di insolvenza, è oggetto di apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato, potendosi formare il relativo convincimento
anche attraverso il ricorso alle presunzioni, alla luce del parametro della comune prudenza ed avvedutezza e della normale ed ordinaria diligenza, con rilevanza peculiare della condizione professionale dell’ accipiens e del contesto nel quale gli atti solutori si sono realizzati (Cass. 3081/2018).
5.2 Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U., 1785/2018), dopo aver precisato che la gravità allude ad un concetto logico, generale o speciale (cioè rispondente a principi di logica in genere oppure a principi di una qualche logica particolare, per esempio di natura scientifica o propria di una qualche lex artis ), che esprime nient’altro che la presunzione si deve fondare su un ragionamento probabilistico, la precisione esprime l’idea che l’inferenza probabilistica conduca alla conoscenza del fatto ignoto con un grado di probabilità che si indirizzi solo verso lo stesso e non lasci spazio, sempre al livello della probabilità, ad un indirizzarsi in senso diverso, cioè anche verso un altro o altri fatti, mentre la concordanza esprime l’idea che, in tanto la presunzione è ammissibile, in quanto indirizzi alla conoscenza del fatto in modo concordante con altri elementi probatori, hanno chiarito che è possibile dedurre il vizio di falsa applicazione dell’art. 2729, comma 1, cod. civ. attraverso un’attività argomentativa che si estrinsechi nella puntuale indicazione, enunciazione e spiegazione che il ragionamento presuntivo compiuto dal giudice di merito – assunto, però, come tale e, quindi, in facto per come è stato enunciato – risulti irrispettoso del paradigma della gravità, o di quello della precisione o di quello della concordanza.
La critica al ragionamento asseritamente irrispettoso di uno o di tutti tali paradigmi compiuto dal giudice di merito, invece, non può consistere in un’attività diretta ad evidenziare soltanto che le circostanze fattuali in relazione alle quali il ragionamento presuntivo è stato enunciato dal giudice di merito avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo, deducendo che il giudice di merito è partito in definitiva da un presupposto fattuale erroneo nell’applicare il
ragionamento presuntivo, o nella mera prospettazione di un’inferenza probabilistica diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito, senza spiegare e dimostrare perché quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dell’art. 2729, comma 1, cod. civ. (e ciò tanto se questa prospettazione sia fondata sulle stesse circostanze fattuali su cui si è basato il giudice di merito, quanto se la stessa intenda valorizzare altre circostanze fattuali).
In questi casi la critica si risolve, in realtà, in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti e nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa e si pone su un terreno che non è quello della denuncia della falsa applicazione dell’art. 2729, comma 1, cod. civ., bensì su quello che sollecita un controllo sulla motivazione del giudice relativa alla ricostruzione della quaestio facti ; terreno che è percorribile solo qualora si denunci che il giudice di merito abbia omesso l’esame di un fatto principale o secondario, che avrebbe avuto carattere decisivo per una diversa individuazione del modo di essere della quaestio facti ai fini della decisione, occorrendo, peraltro, che tale fatto venga indicato in modo chiaro e non potendo esso individuarsi solo nell’omessa valutazione di una risultanza istruttoria (Cass., Sez. U., 8053/2014 e Cass., Sez. U., 8054/2014).
5.2 Nel caso di specie la corte di merito ha inteso valorizzare, nello svolgimento del proprio ragionamento presuntivo, indici dell’insolvenza d i RAGIONE_SOCIALE esterni ed interni al rapporto contrattuale, giudicati di pregnanza tale da indurre a ritenere che il COGNOME conoscesse la condizione in cui versava la sua debitrice al momento in cui aveva effettuato i pagamenti.
Fra i primi ha indicato come di indubbio rilievo le notizie di stampa apparse su quotidiani locali e nazionali e le forme di protesta poste in essere dalle maestranze di RAGIONE_SOCIALE in vari cantieri e anche in prossimità dei luoghi in cui il COGNOME all’epoca si trovava ad operare; rispetto ai secondi ha valorizzato i tempi e le modalità con
cui i pagamenti erano stati effettuati, oltre che la presenza di un rapporto contrattuale in corso e l’operatività di ambedue le imprese all’interno dello stesso settore.
Rispetto a questi indici, esterni ed interni, le critiche sollevate con il mezzo in esame si appuntano, in parte, su elementi generici (protesti, procedure esecutive, decreti ingiuntivi, revoca degli affidamenti bancari), indicati in sentenza soltanto ad abundantiam e diversi da quelli che, secondo i giudici distrettuali, assumevano ‘ senza dubbio rilievo ‘ (notizie di stampa e proteste delle maestranze, come indicato a pag. 4 della sentenza impugnata).
Simili censure si rivolgono dunque ad argomenti che non costituiscono una ratio decidendi posta a base della decisione impugnata.
Le ulteriori doglianze si risolvono, invece, in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti e risultano, di conseguenza, inammissibili, dato che intendono porre in contestazione non un ragionamento in tesi asseritamente irrispettoso di uno o più paradigmi della prova presuntiva, bensì il presupposto fattuale da cui i giudici distrettuali hanno preso le mosse, sostenendone l’erroneo accertamento (tanto rispetto al rapporto contrattuale interno fra solvens e accipiens , quanto in ordine a lla valenza degli indici dell’insolvenza esterni al rapporto contrattuale).
6. Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5, cod. proc. civ., l’omesso esame della prova testimoniale richiesta dal COGNOME, malgrado la stessa fosse decisiva per il giudizio, in relazione agli artt. 67 l. fall. e 2727 cod. civ., nonché la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., perché la c orte d’appello non ha posto a base della decisione le prove proposte dalle parti.
Si lamenta, in sostanza, che la corte territoriale abbia fatto ricorso allo strumento probatorio delle presunzioni semplici senza consentire
al convenuto/appellato di poter addurre prove in contrasto col ragionamento presuntivo.
Anche questo motivo è inammissibile.
Al riguardo è sufficiente rilevare che lo stesso ricorrente deduce di aver riproposto le proprie richieste probatorie soltanto in memoria conclusionale di replica, ma non al momento di costituirsi in appello, nel rispetto dell’art. 346 cod. proc. civ., (Cass. 40833/2021), né, in seguito, in sede di precisazione delle conclusioni davanti al giudice di secondo grado (Cass. 22883/2019).
Giova aggiungere come non sia neppur corretto affermare che la corte di merito, nel momento in cui ha valutato l’opportunità di far ricorso alle presunzioni semplici, dovesse dare ingresso alla prova testimoniale dedotta, a fini opposti, dall’appellato.
Infatti, in mancanza di una gerarchia di efficacia dei mezzi probatori che ponga la prova per presunzioni in una posizione inferiore rispetto alle altre prove, il giudice, ai fini della formazione del proprio convincimento, ben può fare ricorso alle presunzioni semplici, rifiutando nel contempo la prova testimoniale che sia offerta da alcuna delle parti (Cass. 914/1999).
Né è possibile sostenere che la corte d ‘appello , così facendo, abbia violato il disposto dell’art. 115 cod. proc. civ., in quanto una simile doglianza è esperibile solo se si alleghi che il giudice abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (v. Cass. 26367/2022, Cass., Sez. U., 20867/2020).
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Occorre infine dar conto che poiché il giudizio è stato deciso in piena conformità alla proposta ex art. 380 bis cod. proc. civ. del presidente delegato comunicata a COGNOME, il quale ha invece insistito per la decisione, alla pronuncia sulle spese si affiancano la condanna del soccombente , ai sensi dell’art. 96 commi 3 e 4 cod. proc. civ., al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata, nonché la condanna al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende , anch’esse liquidate in dispositivo.
Invero, come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte (nelle ordinanze n. 27195 e 27433/2023), l’art. 380 bis cit. costituisce una novità normativa (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 149/2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, « una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma) »; risulta così « codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale », tant’è che l’opzione interpretativa, sulla disciplina intertemporale, ne ha fatto applicazione -in deroga alla previsione gen erale contenuta nell’art. 35, comma 1, d. lgs. 149/2022 -ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio; anche ai fini della reattività ordi namentale, l’istituto si è puntualizzato – integra il « corredo di incentivi e di fattori di dissuasione contenuto nella norma in esame (che sono finalizzati a rimarcare, come chiarito nella relazione illustrativa al D. Lgs. n. 149/2022, la limitatezza della risorsa
giustizia, essendo giustificato che colui che abbia contribuito a dissiparla, nonostante una prima delibazione negativa, sostenga un costo aggiuntivo )».
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 4.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Condanna la parte ricorrente al pagamento di € 4.000 in favore della procedura controricorrente quale somma equitativamente determinata ex art. 96, comma 3, cod. proc. civ. e d ell’ ulteriore somma di €. 2.000 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ..
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 13 giugno 2024.