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Scientia damni: un indizio non basta per la revocatoria

Un creditore agisce in revocatoria contro una compravendita immobiliare. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10925/2025, stabilisce che per dimostrare la ‘scientia damni’ (consapevolezza del danno) dell’acquirente non è sufficiente basarsi su un singolo indizio, come la mera conoscibilità di iscrizioni pregiudizievoli tramite i registri pubblici. La prova presuntiva richiede elementi gravi, precisi e concordanti, non un’unica inferenza non univoca.

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Scientia Damni: Quando un Solo Indizio Non Basta per l’Azione Revocatoria

L’azione revocatoria è uno strumento fondamentale a tutela del credito, ma la sua applicazione richiede un attento bilanciamento degli interessi in gioco, in particolare quando coinvolge un terzo acquirente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante precisazione sui requisiti probatori necessari per dimostrare la scientia damni, ovvero la consapevolezza del terzo del pregiudizio arrecato al creditore. La Corte ha stabilito che la mera conoscibilità di iscrizioni pregiudizievoli non è, da sola, sufficiente a fondare una presunzione di consapevolezza.

I Fatti del Caso: Una Compravendita Sotto la Lente del Creditore

La vicenda trae origine dalla pretesa di un creditore nei confronti di una società immobiliare, derivante dal mancato adempimento di un contratto preliminare di vendita. Il creditore, dopo aver legittimamente esercitato il recesso, aveva maturato un credito pari al doppio della caparra versata.

Nel frattempo, la società immobiliare aveva venduto due immobili a un terzo acquirente. Il creditore, ritenendo che tali vendite pregiudicassero la sua possibilità di recuperare il credito, ha avviato un’azione revocatoria per far dichiarare l’inefficacia di tali atti di compravendita nei suoi confronti.

Il Percorso Giudiziario: La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno accolto la domanda del creditore. I giudici di merito hanno ritenuto che sussistessero i presupposti per la revocatoria, inclusa la scientia damni del terzo acquirente. In particolare, la Corte d’Appello ha desunto tale consapevolezza dal fatto che l’acquirente, usando l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto conoscere le iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli gravanti sulla società venditrice consultando i pubblici registri.

L’Analisi della Cassazione e la Prova della Scientia Damni

L’acquirente ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, tra gli altri motivi, un’errata applicazione dell’art. 2729 c.c. in materia di prova presuntiva. La Corte Suprema ha accolto questo specifico motivo, cassando la sentenza e rinviando la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

L’Insufficienza di un Unico Elemento Indiziario

Il punto centrale della decisione della Cassazione è che la scientia damni del terzo non può essere provata basandosi su un unico elemento indiziario, per di più non decisivo. La Corte d’Appello aveva fondato il suo ragionamento esclusivamente sulla “conoscibilità” delle iscrizioni pregiudizievoli. Secondo la Cassazione, questo singolo elemento non è sufficiente a costituire quella prova grave, precisa e concordante richiesta dalla legge per le presunzioni.

I Requisiti della Prova Presuntiva

La Corte ha ribadito che la prova presuntiva è un mezzo di prova critico che permette di risalire da un fatto noto a un fatto ignoto. Affinché tale ragionamento sia corretto, gli indizi devono essere:
Gravi: capaci di generare un elevato grado di probabilità sull’esistenza del fatto ignoto.
Precisi: non equivoci e univocamente riferibili al fatto da provare.
Concordanti: convergenti nella stessa direzione.

Un solo indizio può essere sufficiente solo se è talmente grave e preciso da non lasciare spazio a dubbi. La mera possibilità di conoscere una situazione debitoria tramite visure pubbliche non possiede, secondo la Corte, tale livello di gravità e precisione per fondare, da solo, la prova della consapevolezza del danno.

Le Motivazioni della Decisione

La ratio decidendi della Corte Suprema si fonda sulla necessità di un rigore logico-giuridico nell’accertamento dell’elemento soggettivo del terzo acquirente. Inferire la consapevolezza del pregiudizio dalla sola conoscibilità di dati pubblici rappresenta un’eccessiva semplificazione che non garantisce la ragionevole certezza richiesta dalla legge. Il giudice di merito, nel riesaminare il caso, dovrà valutare se, oltre alla conoscibilità delle iscrizioni, esistano altri elementi (come il prezzo di vendita, i rapporti tra le parti, le modalità della transazione) che, complessivamente, possano costituire una base presuntiva solida e concordante per affermare la scientia damni dell’acquirente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche. Per chi agisce in revocatoria, essa sottolinea la necessità di costruire un quadro probatorio robusto, non limitandosi a invocare la pubblicità dei registri immobiliari. È necessario allegare e provare una pluralità di circostanze che, lette congiuntamente, dimostrino in modo convincente la malafede del terzo. Per gli acquirenti, la decisione rafforza la tutela dell’affidamento, impedendo che l’acquisto possa essere reso inefficace sulla base di un’unica presunzione non sufficientemente qualificata. In definitiva, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio di cautela e rigore nella valutazione della prova presuntiva, cruciale per l’equilibrio tra la tutela del credito e la certezza dei traffici giuridici.

È possibile revocare una vendita immobiliare fatta da un debitore per pregiudicare un creditore?
Sì, attraverso l’azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.), un creditore può chiedere al giudice di dichiarare inefficace nei suoi confronti un atto di vendita, a condizione che provi il pregiudizio alle sue ragioni, la consapevolezza di tale pregiudizio da parte del debitore e, nel caso di atto a titolo oneroso come la vendita, anche la consapevolezza del terzo acquirente (scientia damni).

Cosa si intende per ‘scientia damni’ e come si prova?
Per ‘scientia damni’ si intende la consapevolezza da parte del terzo acquirente del pregiudizio che l’atto di disposizione del debitore arreca alle ragioni del creditore. Può essere provata anche tramite presunzioni, ossia attraverso un ragionamento logico che da fatti noti e provati (indizi) risale al fatto ignoto (la consapevolezza). La legge richiede che questi indizi siano gravi, precisi e concordanti.

La semplice possibilità di consultare i registri pubblici è sufficiente a dimostrare la ‘scientia damni’ dell’acquirente?
No. Secondo la Corte di Cassazione in questa ordinanza, la mera conoscibilità di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli (come ipoteche) attraverso i registri pubblici è un singolo elemento indiziario che, da solo, non è sufficiente a costituire la prova della ‘scientia damni’. Per fondare un ragionamento presuntivo valido, è necessario che tale elemento sia supportato da altri indizi gravi, precisi e concordanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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