Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25607 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25607 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 1135/2023 R.G.,
il primo proposto da
COGNOME Antonio COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE contro
NOMECOGNOME
–
Revocatoria ordinaria – Requisiti – Conoscenza del danno
ad. 4.4.2025
intimata –
il secondo proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratrice speciale NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente –
contro
COGNOME Natale NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente – contro
NOME
-intimata – per la cassazione della sentenza n. 2058/2022 della CORTE d’APPELLO di Catania pubblicata il 7.11.2022;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 4.4.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pubblicata il 10.3.2020 il Tribunale di Catania in accoglimento della domanda proposta dal RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti indicato come il FALLIMENTO) contro NOME COGNOME, NOME COGNOME e Credito Siciliano s.p.a. (in avanti indicato come Crédit Agricole RAGIONE_SOCIALE s.p.a.) dichiarava inefficace , ai sensi dell’art. 2901 cod. civ.,
l’atto di concessione di ipoteca a garanzia del mutuo del 4 settembre 2015, ai rogiti del notaio NOME COGNOME, rep. 26622, racc. 8380, iscritto il 7,9.2015 ai nn. 3684/32934, con il quale il COGNOME, a garanzia del contratto di mutuo fondiario stipulato con il Credito Siciliano s.p.a., aveva costituito ipoteca volontaria di primo grado sulla quota di proprietà del seguente bene: appartamento sito in Catania, INDIRIZZO, posto ai piani 1°, 2° e S1, scala D2, zona cens. 1, categoria A/7, classe 3, vani 5,5, rendita euro 951,57′. Le spese di lite erano regolate in base alla soccombenza, mentre erano compensate quelle tra l’attore e l’COGNOME.
La Corte d’Appello di Catania con sentenza pubblicata il 7.11.2022, nella contumacia dell’Amara, rigettava l’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE e da Credito Valtellinese s.p.a., che aveva fuso per incorporazione il Credito Siciliano s.p.a., gravando gli appellanti delle spese del grado.
La Corte d’appello , premesso che il credito previsto dall’art. 2901 cod. civ. era stato adeguatamente rappresentato dal FALLIMENTO sulla base della dedotta responsabilità del Paladino e della successiva sentenza n. 3275/2021, pubblicata il 16.7.2021, con cui il Tribunale di Catania, sezione specializzata in materia di impresa, aveva condannato il Paladino, insieme agli altri convenuti, al risarcimento del danno in favore della procedura nella misura di euro 10.000.000 per episodi di mala gestio commessi tra il 2006 e il 2011 , pronunciando altresì l’inefficacia del fondo patrimoniale nel quale il bene era stato conferito, riteneva dimostrato il presupposto oggettivo, rilevando che l’ atto di iscrizione di ipoteca, sebbene solo in ipotesi strumentale, ma in piccola parte, all’estinzione del precedente debito assistito da garanzia ipotecaria, avesse comunque determinato una incidenza negativa sul patrimonio del debitore, a ciò non ostando il mutamento del regime patrimoniale in favore della separazione dei beni e aggiungendo che il credito risarcitorio era anteriore all’atto impugnato , in quanto risalente allo svolgimento delle funzioni di sindaco di RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello ravvisava, altresì, il requisito soggettivo quanto al COGNOME sul rilievo che, rimasto sindaco di RAGIONE_SOCIALE in regime di
prorogatio a i sensi dell’art. 2400, comma primo, cod. civ. fino alla data del fallimento, egli era in grado di comprendere i rischi legati a condotte e operazioni commerciali «azzardate» da parte degli amministratori, su cui era tenuto all’esercizio del controllo, nonché sul precedente conferimento dello stesso bene nel fondo patrimoniale.
Rispetto alla banca la Corte d’appello, sempre in relazione al requisito soggettivo, notava che essa, consapevole dell’esistenza del fondo patrimoniale , nel farsi concedere l’ipoteca si era dotata della prova che il debito contratto era destinato ai bisogni della famiglia, così da assicurarsi la prevalenza su ogni altro creditore; era altresì in grado di conoscere i rischi connessi alla funzione di sindaco del Paladino, poiché dalla visura camerale emergeva che RAGIONE_SOCIALE era stata dichiarata fallita il 17.7.2014, nel 2011 era stata attinta da misura interdittiva dell’A.G. di Palermo e che l’ultimo bilancio depositato era al 31.12.2006.
Per la cassazione della sentenza della Corte hanno proposto separati ricorsi COGNOME COGNOME Antonio e RAGIONE_SOCIALE (incorporante del Credito Valtellinese s.p.a., a sua volta incorporante il Credito Siciliano s.p.a.), rispettivamente, sulla base di tre e due motivi. Resistono con controricorso il FALLIMENTO e il COGNOME. NOME COGNOME attinta dalla notifica del ricorso di RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
COGNOME e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, deve essere disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione dei ricorsi proposti da RAGIONE_SOCIALE e da COGNOME Antonio.
Sempre in via preliminare, deve essere rilevato come non vi sia prova in atti della rituale notifica del ricorso a NOME COGNOME che è litisconsorte necessaria, tanto che il Paladino in sede di controricorso ha chiesto termine
per poter provvedere alla notifica. Tuttavia, poiché per quanto si dirà sono inammissibili sia il ricorso principale sia quello incidentale, è superfluo ordinare l’integrazione del contraddittorio ex art. 331 cod. proc. civ., giacché nessun vantaggio ne potrebbe derivare al litisconsorte pretermesso (v., Cass., sez. un., 18 novembre 2015, n. 23542).
Il ricorso di COGNOME Natale Antonio
Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2901, 2727, 2729, 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ.
Il ricorrente si duole per aver ritenuto la Corte d’appello, in sostanziale conferma di quanto affermato dal primo giudice, dimostrato il requisito soggettivo , poiché non v’era prova che al momento dell’atto revocato fosse a conoscenza di un credito del FALLIMENTO, per aver appreso della pretesa solo con la notifica dell’atto di citazione avvenuta in data 8.6.2016 (la richiesta del curatore del 22.9.2014 di carattere informativo era stata indirizzata al presidente del collegio sindacale), né che fosse a conoscenza delle condotte di depauperamento del patrimonio sociale da parte degli amministratori di RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello , inoltre, violando l’art. 2727 cod. civ. , erroneamente aveva desunto con motivazione apparente la prova circa la consapevolezza del pregiudizio a suo carico sulla base della tempistica degli atti relativi al suo patrimonio (costituzione del fondo patrimoniale; mutamento del regime patrimoniale e atto costitutivo di ipoteca), che erano irrilevanti, perché il mutamento del regime patrimoniale e la costituzione di ipoteca sul bene conferito nel fondo non hanno natura dispositiva, mentre la costituzione del fondo patrimoniale non ha carattere indiziario.
2.1. Il motivo ha per oggetto la ritenuta sussistenza del requisito soggettivo e si compone di due censure, le quali, tuttavia, sono entrambe inammissibili.
2.2. Il ricorrente lamenta che non siano emerse prove a sostegno della scientia damni al momento dell’atto, sì che la decisione della Corte d’appello sarebbe stata resa in violazione degli artt. 115, 116 e 2697 cod. civ.
Deve essere ricordato che nell’ambito di un ricorso per cassazione per dedurre la violazione del paradigma dell’articolo 115 cod. proc. civ. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma (v. Cass., Sez. Un., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto; Cass., VI-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313). Ciò significa che per realizzare la violazione deve aver giudicato, o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso articolo 115 cod. proc. civ.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’articolo 116 cod. proc. civ. , rubricato per l’appunto “valutazione delle prove” (v. Cass. 10 giugno 2016, n. 11892).
Va, altresì, menzionato che una questione di violazione o di falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (v. Cass., 10 giugno 2016, n. 11892; 8 ottobre 2019, n. 25027; 31 agosto 2020, n. 18092; 22
settembre 2020, n. 19798; Cass., sez. un., 30 settembre 2020, n. 20867).
Analogamente, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., che dà rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (v., sempre, Cass. 11892/2016 cit.).
In ordine alla prospettata violazione dell’art. 2697 cod. civ. mette conto richiamare il principio fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte, ai sensi del quale la violazione di tale norma si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (v. Cass., Sez. Un., 16598/2016, cit.; Cass., VI-3, 26679/2018, cit.; Cass., sez. lav., 17313/2020; Cass., sez. V, 15 ottobre 2024, n. 26739). Ipotesi non ricorrente nel caso di specie, poiché la Corte d’appello nel confermare la decisione del primo grado, al pari del Tribunale, si è basata su quanto provato dalla curatela fallimentare in merito alla sussistenza della scientia damni a fronte della affermata la responsabilità del Paladino per la mala gestio da parte degli amministratori di RAGIONE_SOCIALE rispetto alla quale risultava omessa la debita attività di controllo.
2.3. Il ricorrente, inoltre, si duole che la corte etnea ha svolto un ragionamento di natura presuntiva basandosi esclusivamente sulla tempistica degli atti relativi al suo patrimonio (costituzione del fondo
patrimoniale; mutamento del regime patrimoniale e atto costitutivo di ipoteca), così incorrendo nella violazione dell’art. 2727 cod. civ.
Anche tale rilievo è inammissibile, poiché si colloca fuori dai limiti entro i quali è consentito il sindacato di legittimità sulle presunzioni, dove è possibile censurare la violazione degli art. 2727 e 2729 cod. civ. (implicitamente evocato dal ricorrente) solo allorché ricorra il c.d. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (v., Cass., sez. un., 24 gennaio 2018, n. 1785, non massimata sul punto, ma in motivazione; Cass., sez. lav., 16 novembre 2018; 29635; sez. 6-III, 13 febbraio 2020, n. 3541; sez. lav., 30 giugno 2021, n. 18611; sez. II, 21 marzo 2022, n. 9054).
La deduzione del vizio di falsa applicazione dell’articolo 2729 c.c., comma primo, cod. proc. civ. ‘suppone … un’attività argomentativa che si deve estrinsecare nella puntuale indicazione, enunciazione e spiegazione che il ragionamento presuntivo compiuto dal giudice di merito – assunto, però, come tale e, quindi, in facto per come è stato enunciato – risulti irrispettoso del paradigma della gravità, o di quello della precisione o di quello della concordanza. Occorre, dunque, una preliminare attività di individuazione del ragionamento asseritamente irrispettoso di uno o di tutti tali paradigmi compiuto dal giudice di merito e, quindi, è su di esso che la critica di c.d. falsa applicazione si deve innestare ed essa postula l’evidenziare in modo chiaro che quel ragionamento è stato erroneamente sussunto sotto uno o sotto tutti quei paradigmi’ (v. Cass., sez. un., 1785/2018).
Va, altresì, notato che nel risalire dal fatto noto a quello ignoto, il giudice di merito incontra il solo limite del principio di probabilità, non occorrendo che i fatti su cui la presunzione si fonda siano tali da far apparire l ‘ esistenza del fatto ignoto come l’unica conseguenza possibile, secondo un
criterio di necessità assoluta ed esclusiva, essendo sufficiente che l’inferenza del fatto noto da quello ignoto sia effettuata in base ad un canone di ragionevole probabilità, con riferimento alla connessione degli accadimenti la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di esperienza basate sull’ id quod plerumque accidit (v., in motivazione espressamente, Cass., sez. lav, 11 agosto 2022, n. 24719; Cass., sez. 6-III, 26 luglio 2021, n. 21403; sez. II, 6 febbraio 2019, n. 3513).
Per contro, è inammissibile il motivo quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali, per essere il giudice partito da un presupposto fattuale erroneo, o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (v., Cass. 9054/2022, cit.; Cass. 18611/2021), o, ancora, ‘senza spiegare e dimostrare perché quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dell’articolo 2729, comma 1 (e ciò tanto se questa prospettazione sia basata sulle stesse circostanze fattuali su cui si è basato il giudice di merito, quanto se basata altresì su altre circostanze fattuali). In questi casi la critica si risolve in realtà in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti , e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio e ci si pone su un terreno che non è quello dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 (falsa applicazione dell’articolo 2729 c.c., comma 1), ma è quello che sollecita un controllo sulla motivazione del giudice relativa alla ricostruzione della quaestio facti. Terreno che, come le Sezioni Unite, (Cass., Sez. Un., nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno avuto modo di precisare, vigente l’articolo 360 c.p.c., nuovo n. 5, è percorribile solo qualora si denunci che il giudice di merito ha omesso l’esame di un fatto principale o secondario, che avrebbe avuto carattere decisivo per una diversa individuazione del modo di essere della detta quaestio ai fini della decisione, occorrendo, peraltro, che tale fatto venga indicato in modo chiaro
e non potendo esso individuarsi solo nell’omessa valutazione di una risultanza istruttoria’ (v. Cass., Sez. Un., 1785/2018, cit.).
2.4. L’illustrazione del motivo in esame non prospetta la falsa applicazione dell’articolo 2729, comma primo, cod. civ. nei termini su indicati, ma si risolve in una generica contestazione delle circostanze fattuali, per essere il giudice (asseritamente) partito da presupposti irrilevanti in quanto privi di carattere dispositivo (il mutamento del regime patrimoniale e l’atto di costituzione dell’ipoteca, il quale ‘non integrava un vero e proprio atto dispositivo proprio in quanto incidente su un bene già costituito in fondo patrimoniale’ , v., pagina 11 del ricorso, ultimo capoverso) o perché già interessato da distinta azione revocatoria ( l’atto di costituzione del fondo patrimoniale), e senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma. Da ciò consegue che il motivo non presenta le caratteristiche della denuncia di un vizio di falsa applicazione dell’articolo 2729, comma primo, cod. civ.
2.5. Il motivo, inoltre, non svolge una critica pertinente all’intera motivazione della sentenza. Di qui l’inammissibilità per difetto di decisività ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
La Corte d’appello nella valutazione del requisito soggettivo non si è basata solo sulla rilevata concatenazione di atti, ma ha ricostruito in termini più ampi la consapevolezza in capo al Paladino del pregiudizio arrecato ai creditori dall’atto di costituzione di ipoteca , là dove sono state valorizzate:
-la persistente qualifica di sindaco di RAGIONE_SOCIALE, sia pure in regime di prorogatio fino alla data della dichiarazione di fallimento della compagine (pagina 13 della sentenza);
-quanto sostenuto dal Tribunale di Catania in sede di azione di responsabilità in ordine alla conoscenza della reale situazione patrimoniale e finanziaria; della pesante esposizione debitoria verso l’Erario ; dell’acquisto di una imbarcazione , delle somme versate pur in assenza di un contratto e del correlativo danno quantificato in euro 1.200.000 (pagina 14 della sentenza).
Il ricorrente, pertanto, ha prospettato la censura in termini non aderenti alla sentenza impugnata, di qui l’inammissibilità del motivo dovendosi senz’altro dare seguito ai consolidati principi di diritto, in base ai quali ‘La proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al «decisum» della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, comma primo, n.4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio ‘ (v., Cass., sez. III, 7 novembre 2005, n. 21490; sez. 6-I, 7 settembre 2017, n. 20910; in motivazione, Cass., Sez. Un., 20 marzo 2017, n. 7074; sez. 6-III, 3 luglio 2020, n. 13735).
Con il secondo motivo si denunci a, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1176, 2901, 2727, 2729, 2697 cod. civ. e 116 cod. proc. civ.
Il Paladino contesta la sentenza della Corte d’appello nella parte in cui è stato ritenuto provato il requisito soggettivo in capo alla banca, la quale al momento della stipulazione del mutuo e della costituzione dell’ipoteca non era a conoscenza dell’esistenza di obbligazioni a suo carico e del pregiudizio arrecato ai creditori, né tantomeno al FALLIMENTO. Ancora, le circostanze valorizzate dalla corte sono prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza, per essersi limitata la banca a rendere esercitabile la garanzia a fronte del mutuo e a conformarsi ai parametri della prudente gestione del credito secondo il canone della diligenza professionale mediante la verifica del merito creditizio.
L’esame di questo motivo, in quanto strettamente connesso al l’analogo primo motivo di impugnazione svolto da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, deve essere fatto congiuntamente a quest’ultimo.
Con il terzo motivo è denunciato , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. , l’omesso esame da parte della Corte d’appello degli elementi doviziosamente esposti negli atti di appello del Paladino e del Credito Valtellinese s.p.a., la cui considerazione avrebbe portato ad escludere il requisito della consapevolezza in capo alla banca.
4.1. Il motivo, p ur prescindendo dall’assenza di specificità circa il fatto omesso, è inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter , comma quinto, cod. proc. civ. In caso di una doppia pronuncia conforme sulla base delle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto oggetto di censura non è ammesso il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha confermato la decisione del primo grado in ordine alla sussistenza del requisito soggettivo in capo all’istituto di credito e il ricorrente non ha dimostrato la diversità delle ragioni esposte nelle due sentenze con riferimento alle stesse questioni di fatto (v. Cass. 29 gennaio 2024, n. 2701; 20 settembre 2023, n. 26934; 28.2.2023, n. 5497; 7 maggio 2018, n. 10897; 10 marzo 2014, n. 5528).
Il ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE
Con il primo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2901, 2697 e 2727 cod. civ.
Deduce la ricorrente che al moment o dell’erogazione del mutuo e dell’atto di costituzione dell’ipoteca (7.9.2015) non ha avuto conoscenza di asserite condotte di mala gestio imputabili al Paladino per il periodo dal 2006 al 2011. La Corte d’appello, inoltre, ha valorizzato ai fini del giudizio elementi privi di carattere presuntivo, poiché la ‘conoscibilità’, ‘il rischio dell’azione di responsabilità’ e la ‘ prevedibilità della revoca del fondo patrimoniale’ sono mere congettur e inidonee ad integrare il requisito del consapevole pregiudizio rappresentato dalla garanzia ipotecaria. Rileva ancora la ricorrente che l a Corte d’appello ha trascurato che non era a conoscenza che il mutuatario avesse altri debiti nei confronti di terzi e che la condizione del Paladino era stata oggetto di esame in sede di valutazione del merito creditizio, tanto più che il mutuo s in all’avvio del giudizio da parte del FALLIMENTO era in regolare ammortamento.
Il COGNOME con il secondo motivo, come già detto, ha formulato analoga censura, poiché la banca al momento della stipulazione del mutuo e della costituzione dell’ipoteca non era a conoscenza dell’esistenza di
obbligazioni a suo carico e del pregiudizio arrecato ai creditori, né tantomeno al FALLIMENTO. Ancora, le circostanze valorizzate dalla corte sono prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza, per essersi limitata la banca a rendere esercitabile la garanzia a fronte del mutuo e a conformarsi ai parametri della prudente gestione del credito secondo il canone della diligenza professionale mediante la verifica del merito creditizio.
5.1. Entrambe le censure sono inammissibili, poiché come già detto in occasione dello scrutinio del primo motivo di impugnazione svolto dal COGNOME, esulano dai limiti del sindacato in sede di legittimità delle presunzioni , poiché, pur evocando i caratteri previsti dall’art. 2729, comma primo, cod. civ., prospettano in modo assertorio un errore di sussunzione, mirando a una diversa ricostruzione del fatto basata su una semplice prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta dal giudice di merito senza spiegare le ragioni per le quali gli indizi valorizzati non sarebbero gravi, precisi e concordanti.
Ciò vale segnatamente con riferimento alle deduzioni svolte dal Paladino a pagina 15 e 16, con le quali si limita a segnalare l’assenza di anomalie: nell’atto di costituzione di ipoteca su bene incluso nel fondo patrimoniale; nella prestazione di una garanzia personale da parte della comproprietaria; nella conoscenza della qualifica di sindaco, giungendo a ipotizzare una triplice praesumptio de presumpto , peraltro non riscontrata nella motivazione. Anche le deduzioni svolte alle pagine 17 e 18 non sono pertinenti, perché incentrate sulla verifica del merito creditizio e su quanto la banca era tenuta a fare per non incorrere in una abusiva concessione del credito.
Analogamente la banca oggi ricorrente assume che la Corte d’appello abbia basato il ragionamento presuntivo su mere congetture, ossia la mera «conoscibilità», il «rischio dell’azione di responsabilità» , la «revoca del fondo patrimoniale», mentre stando alla motivazione tali elementi sono l’esito della valutazione di natura presuntiva muovendo da fatti noti (il ruolo
di sindaco; la conoscenza della condizione patrimoniale e finanziaria; la costituzione dell’ipoteca su un bene già incluso nel fondo patrimoniale con la precisazione che il mutuo era stato contratto per i bisogni della famiglia; la visura camerale da cui si ricavava che la società era fallita nel 2014, era stata interessata da interdittiva ed il mancato deposito dei bilanci successivi al 31.12.2006).
Con il secondo motivo viene denunciata la nullità della sentenza per omessa motivazione su un punto decisivo della controversia; violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. ‘con riferimento agli artt. 2697 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.’ .
La ricorrente lamenta che nella valutazione dell ‘elemento soggettivo a suo carico la Corte d’appello ha omesso di motivare in ordine alla circostanza decisiva che, proprio perché in buona fede ed estranea a qualunque manovra distrattiva, aveva acconsentito a che le somme prestate al Paladino (circa euro 37.000,00) venissero immediatamente destinate per l’estinzione di un precedente mutuo fondiario contratto con la Banca Nazionale del Lavoro. Detta circostanza contraddice una pretesa «connivenza» della banca rispetto a operazioni asseritamente in danno del ceto creditorio e smentisce a contrario la ‘probabilità’ , riguardo il futuro esercizio dell’azione risarcitoria da parte del FALLIMENTO, espressa nella sentenza ‘con un procedimento induttivo peraltro non suffragato da alcuna valutazione comparativa tra gli elementi presuntivi di segno diametralmente opposti dedotti nel corso del giudizio dalle opposte parti in lite’ .
6.1. Il motivo è inammissibile.
Se valutato alla stregua dell’inquadramento effettuato ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. , l’inammissibilità deriva dalla doppia pronuncia conforme, senza che sia stata dedotta la diversità delle ragioni esposte nelle due sentenze con riferimento alle stesse questioni di fatto.
Viceversa, alla stregua dell ‘invocazione dell ‘art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., data la motivazione espressa dalla Corte d’appello sul punto da pagina 8 (ultimo capoverso) a pagina 9 (primo capoverso) e da
pagina 16 (ultimo capoverso) a pagina 17 (primo capoverso), va osservato che la c orte d’appello ha preso in esame la lettera con cui il Paladino indicava la destinazione che avrebbe dato alla somma mutuata (acquisto di una abitazione per il figlio e impiego per l’estinzione di altro mutuo, assistito da ipoteca , per l’acquisto dello stesso immobile) , provvedendo ad enunciarne il rilievo in relazione ai requisiti dell’azione ex art. 2901 cod. civ. In particolare, quanto alla scientia damni la c orte d’appello ha scritto ‘ (la banca) nel farsi concedere l’ipoteca, si è anche premunita nel senso di renderla opponibile ad esso, in tal modo pervenendo al risultato di assicurarsi la prevalenza effettiva ed assoluta su qualsivoglia creditore del Paladino atteso che sull’unico immobile di pr oprietà dello stesso si sarebbero potuti rivalere solo i creditori tali per crediti strumentali ai bisogni della famiglia (tra cui, giusta quanto sopra osservato, rientrava anche la banca), e tra di essi, tutti chirografari, l’unico creditore assistito da garanzia ipotecaria, sarebbe stata la banca ‘.
Va disposta la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra i ricorrenti, principale e incidentale.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente Fallimento, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara i ricorsi inammissibili. Compensa tra i ricorrenti, principale e incidentale, le spese del giudizio di cassazione. Condanna i ricorrenti, principale e incidentale, al solidale pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente Fallimento.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello per i ricorsi, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte Suprema di Cassazione in data 4 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME