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Sanzioni short selling: la Cassazione e la lex mitior

Una società di investimento ha impugnato una sanzione di 550.000 euro per violazione delle normative europee sullo short selling. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la multa. La Corte ha stabilito l’inammissibilità delle censure non sollevate nel giudizio di primo grado e ha precisato che, sebbene il principio della lex mitior sia applicabile alle sanzioni amministrative punitive, spetta al ricorrente dimostrare che la nuova normativa avrebbe comportato un trattamento più favorevole. La decisione rafforza l’onere di diligenza per gli operatori professionali e i limiti procedurali dell’appello.

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Sanzioni Short Selling: La Cassazione Interviene sui Limiti dell’Appello e sulla Lex Mitior

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema delle sanzioni short selling, offrendo importanti chiarimenti sui limiti procedurali dell’opposizione e sull’applicazione del principio della lex mitior (legge più favorevole). Il caso riguardava una società di investimento sanzionata dall’Autorità di Vigilanza per aver violato la normativa europea sulle vendite allo scoperto. La decisione finale ha confermato la sanzione, sottolineando principi cruciali sia per gli operatori finanziari sia per i loro difensori.

I Fatti del Caso: Una Sanzione per Violazione delle Norme sullo Short Selling

Una società di investimento internazionale è stata multata dall’Autorità di Vigilanza italiana per un importo di 550.000 euro. La contestazione riguardava la violazione di diverse disposizioni del Regolamento (UE) n. 236/2012, relative a operazioni di vendita allo scoperto di titoli azionari di una nota società italiana, effettuate in un breve lasso di tempo nel 2016.

Le violazioni includevano l’omessa notifica all’autorità competente e l’omessa comunicazione al pubblico delle posizioni corte nette, oltre alla violazione delle restrizioni imposte a questo tipo di operazioni. La società si è opposta alla sanzione, ma la Corte d’Appello ha respinto le sue argomentazioni, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La società ricorrente ha basato il suo ricorso su sei distinti motivi, tra cui:

1. Invalidità delle norme secondarie europee che definivano i dettagli tecnici delle posizioni corte.
2. Illegittimità costituzionale delle norme sanzionatorie per violazione del principio di tassatività.
3. Errata valutazione dell’elemento soggettivo, sostenendo la scusabilità dell’errore interpretativo.
4. Mancata applicazione della lex mitior, ovvero dei criteri di determinazione della sanzione più favorevoli introdotti successivamente alla violazione.
5. Sproporzionalità della sanzione rispetto alla violazione commessa.

L’Analisi della Corte: Sanzioni Short Selling e Principi Procedurali

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, basando la sua decisione su argomentazioni procedurali e di merito molto nette.

L’Inammissibilità delle Censure Nuove

Un punto centrale della decisione è stata la dichiarazione di inammissibilità di molte delle questioni sollevate. La Corte ha osservato che nel giudizio di primo grado (l’opposizione alla sanzione), la società non aveva contestato la sussistenza materiale dei fatti, ma si era limitata a questioni relative all’elemento soggettivo e alla quantificazione della sanzione. Pertanto, le nuove argomentazioni relative alla qualificazione giuridica delle operazioni come ‘short selling’ o alla proporzionalità della sanzione, introdotte per la prima volta in Cassazione, sono state ritenute inammissibili. Questo ribadisce un principio fondamentale: il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito, e le parti non possono ampliare l’oggetto del contendere (thema decidendum) in questa sede.

L’Applicazione della Lex Mitior nelle Sanzioni Short Selling

La Corte ha dedicato un’analisi approfondita al tema della lex mitior. Pur riconoscendo che le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità di Vigilanza hanno natura ‘punitiva’ e sono quindi soggette alle garanzie costituzionali e convenzionali, inclusa la retroattività della legge più favorevole, ha respinto la doglianza della ricorrente. La Cassazione ha confermato l’interpretazione della Corte d’Appello, secondo cui il regime transitorio impediva l’applicazione dei nuovi e più analitici criteri di determinazione della sanzione (introdotti dall’art. 194-bis TUF) a illeciti commessi prima della loro entrata in vigore. Inoltre, e in modo decisivo, la Corte ha sottolineato che la società ricorrente non aveva fornito alcuna prova che l’applicazione dei nuovi criteri avrebbe effettivamente portato a una sanzione più mite.

La Quantificazione della Sanzione e la Diligenza Professionale

Infine, la Corte ha respinto le censure relative all’errore scusabile e alla quantificazione della sanzione. Ha affermato che da un operatore professionale, quale è una società di investimento, ci si aspetta una conoscenza approfondita delle norme che disciplinano la propria attività. Pertanto, l’ignoranza o l’errata interpretazione della normativa non può essere considerata scusabile. Per quanto riguarda l’importo della sanzione, la Corte ha ribadito che la sua determinazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale, nel rispetto dei limiti edittali, non è tenuto a specificare analiticamente ogni criterio utilizzato, purché la sua decisione sia motivata in modo congruo.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su un rigoroso rispetto dei principi procedurali e sulla necessità di responsabilizzare gli operatori finanziari. La decisione di dichiarare inammissibili i motivi ‘nuovi’ serve a preservare la struttura del processo, evitando che la Cassazione si trasformi in un’ulteriore sede di merito. Sul piano sostanziale, la Corte riconosce l’evoluzione giurisprudenziale che assimila le sanzioni amministrative punitive a quelle penali per quanto riguarda le garanzie fondamentali, ma pone un onere probatorio chiaro sulla parte che invoca la lex mitior. Non basta affermare l’esistenza di una norma successiva potenzialmente più favorevole; occorre dimostrare in concreto tale maggiore favore. La conferma della sanzione si basa infine sulla presunzione di colpa che grava sull’autore dell’illecito amministrativo e sull’elevato standard di diligenza richiesto a chi opera professionalmente sui mercati finanziari.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per tutti gli operatori del settore finanziario. In primo luogo, evidenzia l’importanza di definire con precisione e completezza tutte le contestazioni fin dal primo grado di giudizio, poiché le omissioni non potranno essere sanate in Cassazione. In secondo luogo, pur aprendo alla applicabilità del principio di lex mitior per le sanzioni short selling, la Corte chiarisce che il suo riconoscimento non è automatico ma richiede una dimostrazione concreta del vantaggio per il sanzionato. Infine, viene ribadito con forza che la professionalità impone un dovere di conoscenza e corretta applicazione delle regole, rendendo molto difficile invocare l’errore scusabile per sfuggire a responsabilità.

È possibile introdurre nuove argomentazioni o contestazioni di fatto per la prima volta nel ricorso in Cassazione contro una sanzione dell’Autorità di Vigilanza?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che sono inammissibili i motivi di ricorso attinenti a questioni non comprese nell’atto di opposizione originario. Il giudizio di opposizione fissa i limiti della controversia, e non è possibile aggiungere nuove censure, soprattutto se implicano accertamenti di fatto, nel successivo grado di legittimità.

Il principio della lex mitior (legge più favorevole) si applica sempre alle sanzioni amministrative di natura punitiva, come quelle per violazioni di short selling?
Sì, la Corte riconosce che il principio della lex mitior è applicabile alle sanzioni amministrative pecuniarie che hanno carattere punitivo. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Nel caso specifico, la normativa transitoria ne impediva l’applicazione e, in ogni caso, la parte che la invoca ha l’onere di dimostrare che la nuova legge sarebbe stata concretamente più favorevole.

Può un operatore finanziario professionale giustificare un errore nell’interpretazione delle norme per evitare una sanzione?
No, la Corte ha ritenuto che non sussistesse un incolpevole ‘error iuris’ in capo alla società di investimento. Data la qualità professionale e il dovere di informazione sulle norme che disciplinano la sua attività, non è considerata scusabile l’ignoranza o l’errata interpretazione del precetto violato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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