Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4345 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4345 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 9268 -2021 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO dal quale è rappresentato e difeso con l’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente –
contro
ORGANISMO DI VIGILANZA E TENUTA DELL’RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, con indicazione RAGIONE_SOCIALE‘indirizzo pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4838/2021 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 1/7/2021;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 30/1/2024 dal consigliere COGNOME;
letta la memoria del ricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con nota del 30/05/19 RAGIONE_SOCIALE segnalò al Comitato di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (O.C.F.) che NOME COGNOME, suo consulente RAGIONE_SOCIALEo, aveva posto in essere più condotte in violazione del Regolamento intermediari adottato con delibera RAGIONE_SOCIALE n. 20307/2018.
In particolare, segnalò che il consulente aveva, in violazione dei doveri di diligenza, correttezza e trasparenza imposti dall’art. 158 comma I, comunicato e trasmesso alla clientela informazioni e documenti non rispondenti al vero, aveva omesso di comunicare operazioni di investimento, aveva perfezionato operazioni non autorizzate dalla clientela, aveva contraffatto la firma RAGIONE_SOCIALEa clientela su modulistica contrattuale e altra documentazione relativa a operazioni poste in essere; in violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 159, comma 4 RAGIONE_SOCIALEo stesso Regolamento intermediari, infine, aveva violato gli obblighi di identificazione RAGIONE_SOCIALEa clientela.
Nel contraddittorio con COGNOME, con delibera n. 1398 del 23/06/2020, l’ RAGIONE_SOCIALE inflisse a COGNOME la sanzione RAGIONE_SOCIALEa sospensione di quattro mesi dall’RAGIONE_SOCIALE ex art. 196 comma 1 lett. c) T.U.F.
Avverso questa delibera, COGNOME propose ricorso ex art. 196 comma 4bis T.U.F., chiedendo la sospensione e l’annullamento del provvedimento nonché, in via subordinata, la rideterminazione e la riduzione RAGIONE_SOCIALEa sanzione.
Con sentenza n. 4838/2021, la Corte di appello di Roma respinse il ricorso, escluse la eccepita violazione del termine di contestazione di 180 giorni stabilito dall’art. 196 comma 2 TUF e, nel merito, confermò la sussistenza di elementi probatori sufficienti RAGIONE_SOCIALEa fondatezza degli addebiti.
Avverso questa sentenza COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi; l’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME ha lamentato la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 196 comma 2 T.U.F. per avere la Corte escluso la decadenza RAGIONE_SOCIALE‘O.C.F. dalla sua potestà sanzionatoria, ritenendo non consumato il termine di 180 giorni per la contestazione RAGIONE_SOCIALE‘addebito perché decorrente solt anto dal ricevimento RAGIONE_SOCIALEa segnalazione e non dalla data di accertamento RAGIONE_SOCIALE‘addebito da parte RAGIONE_SOCIALEa Banca.
1.1. Il primo motivo è infondato.
Come riportato nei fatti di causa, nella fattispecie RAGIONE_SOCIALE ha dapprima provveduto a ll’ accertamento interno dei fatti rilevanti e, quindi, ha segnalato al Comitato di disciplina le violazioni per cui è giudizio con relazione Audit del 30/5/2019.
Per principio consolidato, in tema di sanzioni amministrative, il termine per la contestazione all’interessato, stabilito, a pena di decadenza, dall’art. 14 RAGIONE_SOCIALEa legge 24 novembre 1981, n. 689, decorre, non già dal momento in cui il «fatto» è stato acquisito nella sua materialità, ma, dovendosi tener conto anche del tempo necessario per la valutazione RAGIONE_SOCIALEa idoneità di tale fatto ad integrare gli estremi (oggettivi e soggettivi) di comportamenti sanzionati come illeciti amministrativi, da quando l’accertamento è stato compiuto o avrebbe potuto ragionevolmente essere effettuato dall’organo addetto alla
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEe disposizioni che si assumono violate. Qualora, pertanto, il soggetto abilitato a riscontrare gli estremi RAGIONE_SOCIALEa violazione sia diverso da quello incaricato RAGIONE_SOCIALEa ricerca e RAGIONE_SOCIALEa raccolta degli elementi di fatto, l’atto di accertamento non può essere configurato fino a quando i risultati RAGIONE_SOCIALEe indagini svolte dal secondo non siano portati a conoscenza del primo, dovendo escludersi che le attività svolte dai due diversi organi possano essere considerate unitariamente al fine di valutare la congruità del tempo necessario per l’accertamento RAGIONE_SOCIALEe irregolarità e, conseguentemente, la ragionevolezza di quello effettivamente impiegato dall’amministrazione (Cass. Sez. 1, n. 9456 del 19/05/2004; in ultimo, Sez. 2, Sentenza n. 1154 del 2024).
La Corte d’appello ha, pertanto, correttamente applicato questo principio, fissando la decorrenza iniziale del termine ex 196 comma 2 TUF alla data di segnalazione formale da parte di RAGIONE_SOCIALE, e ritenendo, in conseguenza, tempestiva la contestazione del 15/11/2019, avvenuta nel termine dei sei mesi dalla ricezione RAGIONE_SOCIALEa relazione.
Con il secondo motivo, articolato in riferimento ai n. 3, 4 e 5 del comma I RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente ha prospettato il contrasto tra affermazioni inconciliabili emergenti dal testo RAGIONE_SOCIALEa sentenza; la Corte di Appello avrebbe negato la rilevanza RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni sui fatti contestati, contenute nella lettera RAGIONE_SOCIALEa cliente COGNOME (una tra gli investitori coinvolti nelle violazioni per cui è giudizio), in considerazione di una supposta transazione con lei intercorsa, sebbene abbia poi riportato che tale transazione non risulta dagli atti.
Con il terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 cod. proc. civ., egli ha, quindi, sostenuto, in relazione allo stesso elemento di prova, la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1362 cod. civ. in combinato disposto con l’art. 1324 cod. civ., per avere la Corte
interpretato questa lettera in violazione del criterio letterale, negando la sua valenza probatoria scriminante di ogni addebito, nonostante la chiarezza del testo.
3.1. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per continuità di argomentazione, sono inammissibili, perché diretti ad una rivalutazione in merito di un elemento probatorio.
La motivazione, invero, non contiene alcuna affermazione contraddittoria, perché il giudizio di irrilevanza RAGIONE_SOCIALEa lettera RAGIONE_SOCIALEa cliente coinvolta si fonda essenzialmente sulla constatazione che non vi è contenuto «alcun riferimento alla dedotta inesistenza dei comportamenti contestati» (pag. 5 penultimo capoverso, pag. 7 secondo capoverso RAGIONE_SOCIALEa sentenza); la lettura RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni non rivela alcun errore di interpretazione perché l’investitrice non ha proprio riferito nulla in merito ai fatti oggetto del reclamo presentato in precedenza; l’ipotesi di una intercorsa transazione, seppure non dimostrata, è stata formulata unicamente come giustificazione del rilascio di tali dichiarazioni e, pertanto, non ha alcuna valenza essenziale alla coerenza RAGIONE_SOCIALEa ratio decidendi .
Con il quarto motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 cod. proc. civ., COGNOME ha denunciato la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 159 co. 4 del Regolamento Intermediari per avere la Corte d’appello ritenuto violato l’obbligo di identificazione di una società cliente, cioè di una persona giuridica, sebbene il modulo fosse stato consegnato e ritir ato presso la sede e l’amministratore RAGIONE_SOCIALE , firmatario del modulo, non avesse mai contestato l’autenticità RAGIONE_SOCIALEa sottoscrizione apposta.
4.1. Il motivo è inammissibile.
Il comma 4 RAGIONE_SOCIALE‘art. 159 del Regolamento intermediari adottato con delibera RAGIONE_SOCIALE n. 20307 del 15.2.2018 e, prima ancora, RAGIONE_SOCIALE‘art. 108 del Regolamento adottato con delibera n. 16190 del 29 ottobre
2007 e successivamente modificato con delibere n. 16736 del 18 dicembre 2008, n. 17581 del 3 dicembre 2010, n. 18210 del 9 maggio 2012, n. 19094 RAGIONE_SOCIALE‘8 gennaio 2015 e 19548 del 17 marzo 2016 , (quest’ultimo applicabile alle fattispecie contestate ratione temporis ), prevede che il consulente RAGIONE_SOCIALEo abilitato all’offerta fuori sede verifichi l’identità del cliente o del potenziale cliente, prima di raccoglierne le sottoscrizioni o le disposizioni.
Il ricorrente ha affermato di aver utilizzato una modalità di raccolta RAGIONE_SOCIALEa sottoscrizione che prescindeva proprio dall’accertamento RAGIONE_SOCIALE‘identità RAGIONE_SOCIALE‘investitore , perché non implicava mai il contatto con il rappresentante RAGIONE_SOCIALEa persona giuridica.
La Corte d’appello ha perciò ritenuto che la sottoscrizione RAGIONE_SOCIALE‘operazione o RAGIONE_SOCIALEe singole disposizioni non potesse avvenire a mezzo di consegna dei moduli da sottoscrivere ad un soggetto terzo, con il ritiro RAGIONE_SOCIALEe copie firmate in un momento successivo, senza previa raccolta RAGIONE_SOCIALEa firma in presenza.
La decisione è certamente coerente con la prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘art. 108 del Regolamento e con la sua ragione. L ‘obbligo di verifica RAGIONE_SOCIALE‘identità RAGIONE_SOCIALE‘investitore è posto, infatti, non soltanto nell’interesse di quest’ultimo , ma anche e soprattutto nell’interesse RAGIONE_SOCIALEa regolarità degli investimenti: con delibera n. 18731 del 2013, recante «disposizioni attuative in materia di adeguata verifica RAGIONE_SOCIALEa clientela da parte dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE abilitati all’offerta fuori sede », la RAGIONE_SOCIALE ha proprio previsto che i RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE abilitati all’offerta fuori sede assolvano gli obblighi di adeguata verifica RAGIONE_SOCIALEa clientela stabiliti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 e successive modifiche e dalle relative disposizioni attuative, cioè le misure finalizzate all’attuazione RAGIONE_SOCIALEa direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione RAGIONE_SOCIALE‘utilizzo del sistema RAGIONE_SOCIALEo a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del
terrorismo nonché RAGIONE_SOCIALEa direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione.
Gli articoli da 2203 a 2213 cod. civ. richiamati da COGNOME nell’argomentazione RAGIONE_SOCIALEa sua censura sono, perciò, del tutto inconferenti in quanto presuppongono la procura o la delega di poteri che nella specie non risulta siano stati da lui verificati e i poteri di rappresentanza e procura certamente non ineriscono automaticamente alla funzione di addetto alla ricezione degli atti.
La suesposta ragione RAGIONE_SOCIALEa previa verifica RAGIONE_SOCIALE‘identità RAGIONE_SOCIALE‘investitore rende allora irrilevante pure la deduzione RAGIONE_SOCIALEa mancata contestazione, a posteriori, RAGIONE_SOCIALE‘autenticità RAGIONE_SOCIALEa firma da parte di alcuno.
4.2. Quel che COGNOME non considera, nell’argomentazione RAGIONE_SOCIALEe sue censure, è che tutte le norme che disciplinano l’attività di intermediazione mobiliare (la legge n. 1/1991 , l’art. 21 RAGIONE_SOCIALEa l egge 06/02/1996 n. 52, recante disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza RAGIONE_SOCIALE‘Italia alle Comunità europee – legge comunitaria 1994, il Testo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa finanza -d.lgs. n. 53/1998) sono state dettate non soltanto nell’interesse del singolo contraente di volta in volta implicato, ma anche nell’interesse generale all’integrità dei mercati RAGIONE_SOCIALE in quanto caratterizzati dall’avere ad oggetto di scambio prodotti particolarmente «pericolosi», perché consistenti in contratti il cui contenuto sfugge alla conoscenza ordinaria e, soprattutto, al controllo RAGIONE_SOCIALEa parte che, in realtà, attende una prestazione futura.
Per questa particolare caratteristica essenziale del prodotto RAGIONE_SOCIALEo, il legislatore ha stabilito, per l’intermediario , quelle regole di trasparenza e correttezza nel comportamento che ha ritenuto essere garanzia del regolare ed efficiente funzionamento del mercato.
Conseguentemente, è escluso che le violazioni di queste regole possano perdere la loro rilevanza disciplinare in considerazione del comportamento del singolo investitore successivo alla condotta sanzionabile o RAGIONE_SOCIALEe conseguenze strettamente patrimoniali di quest’ultima.
5. Con il quinto motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente ha dedotto la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 180 comma 3 lettera a) n. 3 del Regolamento intermediari per avere la Corte ritenuto la sussistenza di una contraffazione relativa a modulistica contrattuale e ad operazioni poste in essere, sebbene egli avesse apposto falsamente la firma di due clienti soltanto in girata di assegni tratti sul suo conto corrente personale e ai clienti fossero in conseguenza state accreditate le somme portate da quegli assegni, senza alcun pregiudizio.
5.1 Anche questo motivo è evidentemente infondato.
COGNOME ha in ogni caso falsificato la firma di un cliente nel corso di un’operazione, seppure nell’intento di attribuirgli un beneficio. L’art. 107 comma 1 del Regolamento Intermediari, nella versione applicabile ratione temporis (poi divenuto art. 158 del Regolamento 2018) impone ai RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE abilitati all’offerta fuori sede il dovere di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza e l’osservanza RAGIONE_SOCIALEe disposizioni legislative e regolamentari relative alla loro attività e a quella RAGIONE_SOCIALEa categoria del soggetto abilitato per conto del quale operano.
L’art. 110 del Regolamento 2007 (art. 180 del Regolamento 2018), dopo aver stabilito al comma 1 che l e sanzioni di cui all’articolo 196, comma 1, lettere a), b), c) e d) del Testo Unico sono irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE, in base alla gravità RAGIONE_SOCIALEa violazione e tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa eventuale recidiva, per qualsiasi violazione di norme del Testo Unico, del presente regolamento e di altre disposizioni generali o particolari
impartite dalla RAGIONE_SOCIALE, prevedeva (e ha previsto successivamente) la misura RAGIONE_SOCIALEa radiazione dall’RAGIONE_SOCIALE in caso di « contraffazione RAGIONE_SOCIALEa firma del cliente o del potenziale cliente su modulistica contrattuale o altra documentazione relativa ad operazioni dal medesimo poste in essere».
Per le considerazioni svolte al punto 4.2., la previsione disciplinare «su altra documentazione inerente il rapporto contabile con il cliente» (pag. 6 RAGIONE_SOCIALEa sentenza) non può allora che essere intesa in un significato ampio, sì da includere praticamente tutte le attività collegate alle operazioni di investimento e disinvestimento perché la contraffazione è un disvalore in sé, che non può essere compensato dall’eventuale vantaggio che il cliente ne abbia tratto ; in tal senso, evidentemente non è significativo che le somme non siano state restituite.
6. Con il sesto motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente ha prospettato la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 195 comma 7 -bis T.U.F. nonché RAGIONE_SOCIALE‘art. 180 comma 3 lett. b) n. 6 del Regolamento Intermediari, per avere la Corte rigettato la domanda di rideterminazione giudiziale RAGIONE_SOCIALEa sanzione e per aver erroneamente ritenuto che la violazione RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di verifica RAGIONE_SOCIALE‘identità del cliente sia sanzionato con la radiazione e non con la sola sospensione.
Il motivo è inammissibile. Al ricorrente è stata inflitta la sospensione e non la radiazione, per cui è evidentemente inconferente alla ratio RAGIONE_SOCIALEa decisione l’affermazione rilevata in censura come erronea; ancora una volta deve rimarcarsi che la censura RAGIONE_SOCIALEa motivazione non può avere ad oggetto un argomento che non sia decisivo nell’impianto motivazionale .
A ciò deve aggiungersi che il comma 3 RAGIONE_SOCIALE‘art. 110 Regolamento 2007 e il comma 4 RAGIONE_SOCIALE‘art. 180 del Regolamento 2018 prevedono che, per ciascuna RAGIONE_SOCIALEe violazioni dei commi precedenti (anche la violazione
di cui si discute nel motivo) possa essere applicata la tipologia di sanzione inferiore o superiore «tenuto conto di ogni circostanza ed elemento disponibile».
Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna di NOME COGNOME al rimborso RAGIONE_SOCIALEe spese processuali in favore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, liquidate in dispositivo in applicazione dei parametri previsti per le cause di valore indeterminabile.
Stante il tenore RAGIONE_SOCIALEa pronuncia, va dato atto, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna NOME COGNOME al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa seconda