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Sanzioni CONSOB: il pericolo astratto è sufficiente

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di alcuni esponenti di una Società di Gestione del Risparmio (SGR) contro le sanzioni CONSOB. La Corte ha stabilito che, ai fini della responsabilità per violazioni delle norme sull’intermediazione finanziaria (art. 190-bis TUF), non è necessario provare un danno effettivo subito dagli investitori. È sufficiente la condotta potenzialmente pericolosa, configurandosi un illecito di ‘pericolo astratto’. La sentenza ha inoltre confermato la legittimità delle sanzioni accessorie interdittive, chiarendo il loro ambito di applicazione.

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Sanzioni CONSOB: Pericolo Astratto Sufficiente per la Responsabilità degli Esponenti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di intermediazione finanziaria e sanzioni CONSOB: per la punibilità degli esponenti aziendali non è richiesta la prova di un danno concreto e già verificatosi ai danni dei risparmiatori. È sufficiente che la loro condotta abbia creato un ‘pericolo astratto’, mettendo a rischio gli interessi tutelati. Analizziamo questa importante decisione che consolida il potere di vigilanza e l’approccio preventivo dell’autorità.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una delibera con cui la CONSOB aveva irrogato sanzioni pecuniarie e interdittive a carico di alcuni esponenti di vertice di una Società di Gestione del Risparmio (SGR). Le violazioni contestate erano molteplici e gravi, tra cui:
* Adozione di un processo decisionale inefficace per le scelte di investimento.
* Omessa gestione dei conflitti di interesse.
* Trasmissione di ordini a condizioni sfavorevoli per gli investitori.
* Carenza di procedure idonee a garantire il corretto svolgimento dei servizi.

Gli esponenti sanzionati avevano impugnato il provvedimento, ma la Corte d’Appello aveva confermato le sanzioni. Di qui, il ricorso in Cassazione, basato su diversi motivi, tra cui spiccava la tesi secondo cui la normativa (art. 190-bis del Testo Unico della Finanza) richiederebbe la prova di un ‘grave pregiudizio’ effettivamente provocato agli investitori, non un mero pericolo.

La Decisione della Cassazione e le Sanzioni CONSOB

La Suprema Corte ha respinto in toto il ricorso, fornendo chiarimenti cruciali su come interpretare i presupposti delle sanzioni CONSOB.

Il Principio del Pericolo Astratto

Il cuore della sentenza risiede nella conferma che l’illecito previsto dall’art. 190-bis TUF è un illecito di pericolo astratto. La norma è posta a presidio della tutela del risparmiatore e dell’integrità del mercato. Pertanto, per attivare la sanzione, è sufficiente dimostrare la potenziale pericolosità della condotta dell’intermediario. Non è necessario attendere che il danno si concretizzi. La Cassazione ha sottolineato che l’obiettivo è prevenire il rischio, punendo le condotte non improntate a correttezza e trasparenza che sono idonee a crearlo. La Corte ha peraltro specificato che, nel caso di specie, un danno effettivo si era comunque verificato, come nel caso di investimenti in prodotti finanziari il cui andamento era stato peggiore degli strumenti sottostanti.

L’Applicabilità delle Sanzioni Interdittive

Un altro motivo di ricorso riguardava la presunta applicazione retroattiva della sanzione accessoria dell’interdizione temporanea. I ricorrenti sostenevano che tale misura fosse stata introdotta da una normativa (di recepimento della direttiva CRD IV) non pertinente al loro caso, relativo a servizi di investimento disciplinati dalla direttiva MiFID. La Corte ha smontato questa tesi, chiarendo che la direttiva CRD IV e il relativo decreto di attuazione si applicano non solo agli enti creditizi ma anche alle imprese di investimento, categoria nella quale rientrano le SGR. Di conseguenza, l’applicazione della sanzione interdittiva era pienamente legittima e non retroattiva, essendo la normativa entrata in vigore ben prima della cessazione delle condotte illecite.

Onere della Prova e Proporzionalità della Sanzione

La Corte ha rigettato anche le censure relative all’inversione dell’onere della prova e alla sproporzione delle sanzioni. Sulla questione della best execution (la trasmissione di ordini quasi esclusiva a un intermediario con commissioni più alte), la Cassazione ha ritenuto che la CONSOB avesse fornito la prova della violazione. Il commento della corte di merito sulla mancata prova contraria da parte della società non costituisce un’inversione dell’onere probatorio. Infine, riguardo alla sanzione pecuniaria ritenuta sproporzionata da uno dei ricorrenti, la Corte ha ribadito che la valutazione di adeguatezza e proporzionalità è rimessa al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è stata motivata sulla base dei criteri di legge (gravità, durata, responsabilità e capacità finanziaria).

Le Motivazioni

La ratio della decisione della Corte di Cassazione si fonda sulla necessità di garantire una tutela preventiva e robusta del risparmio e del corretto funzionamento del mercato. Le norme violate dagli esponenti non sono mere formalità, ma presidi essenziali per assicurare trasparenza, correttezza e diligenza. Considerare queste violazioni punibili solo in presenza di un danno già avvenuto significherebbe depotenziare l’intero sistema di vigilanza, trasformandolo da preventivo a meramente repressivo. La Corte afferma che il legislatore ha inteso punire la condotta stessa che espone a rischio il patrimonio degli investitori, indipendentemente dal suo esito finale. Questa interpretazione rafforza il ruolo della CONSOB e responsabilizza gli intermediari e i loro organi di vertice, chiamati a garantire una struttura organizzativa e procedure impeccabili per minimizzare ogni potenziale pregiudizio.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di estrema importanza per tutti gli operatori del settore finanziario. Le sanzioni CONSOB possono essere legittimamente irrogate sulla base del solo pericolo astratto generato da una condotta non conforme alle regole. Gli esponenti aziendali non possono invocare l’assenza di un danno economico quantificabile per sfuggire alla propria responsabilità. La pronuncia ribadisce che la correttezza procedurale e l’adeguatezza organizzativa sono valori primari che il sistema legale intende proteggere in via anticipata, a tutela della fiducia complessiva nel mercato finanziario.

Per applicare le sanzioni CONSOB agli esponenti di una SGR è necessario provare un danno economico effettivo agli investitori?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’illecito previsto dall’art. 190-bis del Testo Unico della Finanza è di ‘pericolo astratto’. Per la punibilità è sufficiente dimostrare la potenziale pericolosità della condotta, in quanto la norma mira a prevenire il rischio e non solo a sanzionare il danno già avvenuto.

La sanzione accessoria dell’interdizione temporanea è applicabile anche alle Società di Gestione del Risparmio (SGR)?
Sì. La Corte ha chiarito che la normativa che ha introdotto questa sanzione (D.Lgs. 72/2015, in attuazione della direttiva CRD IV) si applica non solo agli istituti di credito ma anche alle imprese di investimento, categoria che include le SGR. Pertanto, la sua applicazione in questo contesto è legittima.

In caso di violazione dell’obbligo di ‘best execution’, a chi spetta l’onere della prova?
Spetta all’autorità di vigilanza (CONSOB) dimostrare i fatti che costituiscono la violazione. Nel caso esaminato, la CONSOB ha provato che gli ordini venivano trasmessi quasi esclusivamente a un unico intermediario che applicava commissioni più elevate. Una volta fornita tale prova, spetta all’intermediario sanzionato fornire l’eventuale prova contraria per neutralizzare l’accusa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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