Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6078 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6078 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 27159/2019 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende.
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE.
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4013/2019 depositata il 17/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Sanzioni amministrative
Rilevato che:
In esito alle indagini ad ampio spettro condotte dalla Banca Centrale Europea (‘BCE’) nei confronti della Banca Popolare di Vicenza ( ‘ BPVI ‘ ), nel periodo compreso tra il 26/02/2015 e il 03/07/2015, in relazione al c.d. Meccanismo di Vigilanza Unico istituito con Regolamento Europeo del Consiglio n. 1024/2013 (che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi e che riserva all’ autorità nazionale di vigilanza il potere di irrogare sanzioni agli organi persone fisiche per violazione sia di norme comunitarie in materia direttamente applicabili, sia di norme nazionali traspositive di direttive comunitarie), con delibera n. 367/2017, prot. 683186, del 25/05/2017, il Direttorio della Banca d’Italia applicò a NOME COGNOME responsabile della funzione di controllo e conformità della BPVI, una sanzione amministrativa di euro 70.000 per «carenze nelle attività delle funzioni di controllo di conformità (artt. 53, co. 1, lett. b) e d) e 67, comma 1, lett. b) e d) del T.U.B., nonché Circolare 229 e Circolare n. 263 del 2006»;
NOME COGNOME ha proposto opposizione, ex art. 145 TUB, davanti alla Corte d’appello di Roma e ha chiesto l’annullamento dell a sanzione.
Il giudice di merito, nel contraddittorio della Banca d’Italia, ha rigettato l’opposizione .
Questo, in sintesi, per quanto ancora rileva alla luce dei motivi di ricorso per cassazione di seguito esaminati, il percorso argomentativo seguito dalla CDA:
(i) al contrario di quanto sostiene l’opponente, il sistema di controllo duale delineato dal TUF (artt. 5 e 6) consente la duplicità dei procedimenti sanzionatori da parte della Banca d’Italia e della Consob : la Banca d’Italia è competente al controllo del rischio e della
stabilità patrimoniale; alla Consob è demandato il controllo della trasparenza e della correttezza dei comportamenti. Nel caso specifico, i procedimenti avviati dalle due autorità hanno riguardato fatti tipici differenti connessi agli àmbiti di rispettiva competenza dei due organi di vigilanza. In particolare, la Banca d’Italia ha rivolto a l l’incolpato contestazioni (addebito n. 9) riguardanti la carenza dei controlli interni in coerenza con le previsioni di cui agli artt. 5 e 6 TUF, che attribuiscono all’autorità il controllo dell’intermediario in funzione del contenimento del rischio (anche reputazione), della stabilità patrimoniale e della sana e prudente gestione. Si è contestato al responsabile della compliance di non avere predisposto idonei controlli e procedure atti a prevenire ed evitare i rischi legali connessi ad un fenomeno massivo quale quello dei cd. ‘finanziamenti baciati’ (finanziamenti erogati da BPVI in cambio dell’acquisto di azioni proprie), adottati sin dal 2013 dalla banca vicentina in occasione di aumenti di capitale, non avendo la funzione di conformità adottato procedure di collocamento delle azioni sul mercato primario e di vendita delle azioni proprie sul mercato secondario che evitassero la violazione della circolare della Banca d’Italia n. 263/2006. Invece, le sanzioni Consob (di cui alla delibera sanzionatoria n. 19335/2017) hanno riguardato la violazione degli obblighi di vigilanza e tutela della trasparenza e correttezza nella prestazione dei servizi di investimento a tutela degli investitori, oltre che del sistema finanziario nel suo complesso;
(ii) le sanzioni applicate, rispettivamente, dalla Banca d’Italia e da Consob non violano il principio del ne bis in idem : non si è infatti in presenza di due sanzioni ‘penali’ , categoria nella quale, secondo l’accezione della Corte EDU , s’inscrivono anche le sanzioni amministrative cd. afflittive, ma si è in presenza di due diverse
sanzioni, formalmente e sostanzialmente amministrative, preordinate alla tutela di beni giuridici diversi e non sovrapponibili;
(iii) è infondato il motivo di opposizione attinente alla violazione dell’art. 11 della legge n. 689 del 1981 , dato che la sanzione pecuniaria irrogata dalla Banca d’Italia si colloca al disotto del minimo edittale previsto dall’art. 144 TUB (euro 129.110) e , ancora, che essa va rapportata ed è adeguata alla particolare rilevanza della violazione, dal punto di vista del suo protrarsi, delle dimensioni dell’intermediario e dei riflessi della violazione sulla situazione organizzativa e gestionale dell’azienda bancaria, come dei riflessi sulla cliente e sul mercato, ciò che non consente nemmeno di ridurre nel quantum la pena pecuniaria;
(iv) la contestazione notificata al trasgressore il 18/07/2016 non è tardiva e non viola il termine decadenziale di 90 giorni dall’accertamento, previsto dall’art. 14 della legge n. 689 del 1981. Il provvedimento della Banca d’Italia del 18/12/2012 , in tema di disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa, applicabile ratione temporis , all’art. 1.1., dispone che l’accertamento si perfezion a con l’apposizione agli atti del visto del capo dipartimento. Nella specie, il visto è stato apposto in data 06/07/2016. La data di apposizione del visto è congrua, in rapporto all’ultima riunione della commissione per l’esame delle irregolarità (‘CEI’) del 29/02/2016, in ragione della complessità del procedimento sanzionatorio. Nello specifico, l’autorità di vigilanza ha recepito le sollecitazioni della BCE ( ciò che rende l’accertamento in esame un’assoluta novità) ; ha interloquito con la Consob, la quale a sua volta aveva svolto un’attività ispettiva presso la BPVI, i cui risultati sono stati trasmessi il 05/04/2016, donde la necessità, per la Banca d’Italia, di esaminare la documentazione ad essa trasmessa dalla Commissione di vigilanza; infine, si è rapportata alla BCE,
autonomamente competente in materia di sanzioni a carico delle ‘banche significative’ ( tra le quali rientra la BPVI) , ai sensi dell’art. 18 del regolamento UE n. 1024/2013;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, illustrato da una memoria.
La Banca d’Italia ha resistito con controricorso e ha depositato una memoria.
Considerato che:
1. il primo motivo di ricorso -‘ Violazione del principio di legalità ex art. 1 della l. 689/191; violazione de ll’ artt. 6 TUF e dell ‘art. 3 regolamento congiunto Banca d’Italia/Consob del 29 ottobre 2007 Inapplicabilità alla funzione di compliance degli artt. 53, comma 1, lett. b) e d), 67, comma 1, lett. b) e d) del TUB nonché della circolare 263 del 2006, Titolo V, Cap . 7 e della Comunicazione Banca d’Italia disposizioni in materia di c ompliance ‘ -censura la sentenza qui impugnata per non avere colto che, in base alle disposizioni richiamate nella rubrica del motivo, la Banca d’Italia non ha il potere di sanzionare il responsabile della compliance per violazioni di natura prudenziale contenute nel TUB o nella sua normativa di attuazione;
1.1. il motivo è infondato;
la premessa è che questa Corte (Cass. nn. 24374/2024, 12436/2022) si è già pronunciata sulla delibera sanzionatoria della Banca d’Italia n . 367/2017 in termini sfavorevoli agli opponenti.
Inoltre, la censura in esame (ma tale aspetto riguarda anche i restanti motivi), senza rivolgere una puntuale critica alla sentenza impugnata, è diretta a riproporre, in questa sede di legittimità, i medesimi rilievi critici al provvedimento sanzionatorio che sono stati esaminati e disattesi dalla Corte distrettuale.
Comunque, anche a prescindere da questa preliminare considerazione, che condurrebbe alla declaratoria d’inammissibilità di
questo e dei successivi motivi, rileva il Collegio che la CDA di Roma, con un impeccabile ragionamento logico-giuridico, ha spiegato le ragioni per le quali la sanzione inflitta dalla Banca d’Italia al responsabile della funzione di controllo della l’istituto di credito vicentino è diversa da quella al medesimo irrogata dalla Consob.
Più precisamente, la sentenza impugnata (come accennato al punto 2. (i) del ‘Rilevato che’) chiarisce (alle pagg. 4 e 5), da un lato, che la sanzione della Banca d’Italia concerne la violazione , da parte del responsabile della c ompliance dell’intermediario , dei controlli interni, di cui agli artt. 5 e 6 TUF, finalizzati al contenimento del rischio, della sana e prudente gestione e della stabilità patrimoniale, con specifico riferimento al ricorso massimo ai cd. ‘ finanziamenti baciati ‘; dall’altro, che gli addebiti sanzionati dalla Consob concernevano la violazione degli obblighi di vigilanza e tutela della trasparenza e correttezza nella prestazione dei servizi di investimento a tutela, essenzialmente, degli investitori e del mercato.
Il dictum del giudice di merito è coerente con il dato normativo: in primo luogo, con gli artt. 53 e 67 TUB, i quali, per quanto qui rileva, attribuiscono alla Banca d’Italia la vigilanza regolamentare in tema di contenimento del rischio e di controlli interni; in secondo luogo, con le disposizioni di vigilanza in materia di conformità ( compliance ) della Banca d’Italia del 10 luglio 2007, che all’art. 4 stabilisce che una gestione dinamica e consapevole del rischio di non conformità richiede l’istituzione di un’apposita funzione, il cui compito specifico è quello di verificare che le procedure interne siano coerenti con l’obie ttivo di prevenire la violazione di norme di eteroregolamentazione (leggi e regolamenti) e autoregolamentazione (codici di condotta, codici etici) applicabili alla banca; in terzo luogo, con la circolare della Banca d’Italia n. 263 del 2006; infine, con il regolamento congiunto Banca d’Italia -Consob del 29 ottobre 2007
(‘ Regolamento in materia di organizzazione e procedure degli intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio ‘), il cui art. 16 disciplina la funzione di controllo di conformità degli intermediari – la cui supervisione spetta alla Consob -ai fi ni dell’adempimento degli obblighi posti dalle disposizioni di recepimento della direttiva 2004/39/CE e delle relative misure di esecuzione.
La sentenza è in linea con la giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, Sentenza n. 6738 del 07/04/2016, Rv. 639639 -01; Sez. 2, Sentenza n. 5337 del 2019), secondo cui, in tema di vigilanza sull’attività di intermediazione finanziaria, gli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 58 del 1998 prevedono un sistema di controllo duale, nell ‘à mbito del quale alla Banca d ‘ Italia è attribuita la competenza relativa al controllo del rischio ed alla stabilità patrimoniale mentre alla Consob quella relativa alla trasparenza ed alla correttezza dei comportamenti. Anche di recente (Sez. 2, Ordinanza n. 28135 del 2022, che, in motivazione, menziona Cass. nn. 3845/2020, 2333/2021, 21017/2019), è stato sottolineato che il procedimento sanzionatorio della Banca d’Italia si riferisce alle carenze organizzative e del sistema dei controlli interni ed è evidentemente funzionale al rispetto di standard unitari di corretta gestione degli operatori finanziari attivi sul mercato, mentre quello affidato alla Consob riguarda i profili di inadempimento dell’obbligo di adottare procedure idonee a garantire l ‘ efficiente, corretto e trasparente svolgimento dei servizi di intermediazione finanziaria e delle attività di investimento, in funzione di protezione tanto del cliente, soggetto debole nell ‘à mbito del rapporto intercorrente con l ‘ operatore finanziario, quanto della corretta gestione dei servizi sul mercato finanziario;
il secondo motivo censura la violazione degli artt. 24 e 111 Cost. e del principio del ne bis in idem : la CDA di Roma non avrebbe
colto che, nella specie, in violazione dei canoni costituzionali e del principio del ne bis in idem , la stessa condotta ( idem factum ) è stata punita due volte, prima con la sanzione inflitta dalla Consob (che il destinatario della pena pecuniaria non ha opposto), e poi con quella irrogata dalla Banca d’Italia , opposta in questa sede;
2.1. il motivo è inammissibile;
come risulta dalla disamina del primo motivo, la CDA di Roma, con stringente tecnica argomentativa, esclude l’ idem factum a fondamento dei due diversi procedimenti sanzionatori, mettendo in evidenza le diverse finalità delle discipline del TUF e del TUB, in funzione della tutela di diversi beni giuridici. Il ricorrente, dal canto suo, non descrive il fatto punito dalla Consob né indica, in maniera puntuale, da un lato, le ragioni di diritto per le quali i fatti che gli sono stati contestati con i due procedimenti sanzionatori dovrebbero essere identici ; dall’altro, perché l’opposta tesi del giudice di merito non sarebbe corretta;
3. il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 11 della legge n. 689 del 1981: la CDA di Roma non avrebbe considerato, ai fini della quantificazione della sanzione, le condizioni economiche e patrimoniali dell ‘opponente (persona quarantatreenne, già dipendente della banca con contratto risolto a causa della crisi della BPVI, sposato, con una figlia di cinque anni, e con un mutuo mensile di 2.000 euro, con scadenza nel 2042);
3.1. il motivo non è fondato;
la CDA di Roma ha bene illustrato le ragioni per le quali ha ritenuto che la sanzione inflitta dall’autorità di vigilanza sia congrua alla luce dei parametri normativi (artt. 11, legge n. 689/1981, 144 TUB) e non debba essere diminuita.
Sul punto va data continuità alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, nel procedimento di opposizione avverso le sanzioni
amministrative pecuniarie, il giudice, nel caso di contestazione della misura delle stesse, è autonomamente chiamato a controllarne la rispondenza alle previsioni di legge, senza essere soggetto a parametri fissi di proporzionalità correlati al numero e alla consistenza degli addebiti, e non è tenuto a controllare la motivazione dell ‘ ordinanza-ingiunzione, ma a determinare la sanzione entro i limiti edittali previsti, allo scopo di commisurarla all ‘ effettiva gravità del fatto concreto, desumendola globalmente dai suoi elementi oggettivi e soggettivi, senza che sia tenuto a specificare i criteri seguiti, dovendosi escludere che la sua statuizione sia censurabile in sede di legittimità ove quei limiti (come nel caso in esame) siano stati rispettati e dalla motivazione emerga come, nella determinazione, si sia tenuto conto dei parametri previsti dall ‘ art. 11, legge n. 689 del 1981 (Cass. n. 11481/2020; in termini, tra le altre, Cass. n. 19856/2024);
4. il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 14 della legge n. 689 del 1981, e la violazione dell’ art. 145 TUB.
La sentenza impugnata avrebbe trascurato che la sanzione è stata irrogata in data 18/07/2016, oltre il termine di novanta giorni dall’accertamento di cui alle norme sopra richiamate, in quanto la riunione della commissione per l’esame delle irregolarità (cd. CEI) era terminata il 29/02/2016 e il verbale della stessa commissione era stato redatto il 04/04/2016, giorno in cui si deve considerare concluso l’accertamento e partire dal quale, pertanto, comincia a decorrere il termine decadenziale di novanta giorni;
4.1. il motivo non è fondato;
riprendendo le fila della giurisprudenza sezionale (Sez. 2 n. 29594 del 2023; Sez. 2, n. 4820, 19/02/2019, Rv. 652690), rileva il Collegio che la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, enunciato da questa Corte, secondo cui, in tema di sanzioni
amministrative irrogate dalla Banca d ‘ Italia, il termine di decadenza previsto dall ‘ art. 14 della l. n. 689 del 1981 per la notifica della violazione decorre dall ‘ apposizione del visto del direttore centrale della vigilanza bancaria e finanziaria, suggellandosi con esso la conclusione della fase di accertamento di tutti gli elementi dell ‘i llecito, comprensiva, altresì, della valutazione e dell ‘ adeguata ponderazione dei dati acquisiti e degli atti preliminari;
in conclusione, respinti il primo, il terzo e il quarto motivo, e dichiarato inammissibile il secondo motivo, il ricorso va rigettato;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso per le ragioni sopra indicate; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 7.000,00, a titolo di compenso, più euro 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione