Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27127 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27127 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/10/2024
R.G.N. 10469/2019
C.C. 25/06/2024
SANZIONI AMMINISTRATIVE BANCA D’ITALIA
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale rilasciata in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO ;
–
ricorrenti –
contro
BANCA D’ITALIA, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata su separato foglio materialmente congiunto al controricorso, dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso gli stessi, in Roma, INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Roma n. 59430/2018 (pubblicata il 25 settembre 2019);
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 25 giugno 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
letta la memoria depositata dai ricorrenti.
RITENUTO IN FATTO
All’esito di accertamenti ispettivi compiuti dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia presso la RAGIONE_SOCIALE Padovana Credito cooperativo (con riferimento a periodi di gestione risalenti al 2010 e al 2011) a carico di tutti i ricorrenti indicati in intestazione (quali componenti del C.d.A., ad eccezione del COGNOME NOME, ricoprente l’incarico di direttore generale), venivano loro contestate distinte violazioni attinenti: – alle carenze nella gestione e controllo dei rischi di credito e operativi; – al ‘mancato rispetto del requisito patrimoniale minimo complessivo da parte dei medesimi’; -alle ‘posizioni ad andamento anomalo e previsioni di perdite non segnalate all’Organo di vigilanza.
Per effetto delle accertate violazioni, con apposita delibera n. 140/2015, la RAGIONE_SOCIALE d’Italia irrogava nei confronti di ciascuno degli ex componenti del disciolto C.d.A. la sanzione di euro 72.000,00 e quella di euro 48.000,00 nei riguardi del citato direttore generale.
Decidendo sull’opposizione formulata congiuntamente da tutti i sanzionati, la Corte di appello di Roma, nella resistenza RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE d’Italia, con sentenza n. 5943/2018, l’accoglieva parzialmente, ritenendo infondate tutte le censura formulate ad eccezione di quelle relativa alla contestata inattività degli opponenti con riferimento al rinnovo degli accordi con ICCREA e alla vicenda riguardante l’azione di responsabilità nei confronti dei precedenti amministratori per i quali i rilievi ispettivi non avevano trovato sufficiente riscontro. Di conseguenza, la Corte di appello rideterminava la sanzione irrogata a carico di ognuno degli ex componenti del C.d.A. RAGIONE_SOCIALE suddetta RAGIONE_SOCIALE, riducendola a quella di euro 50.000,00, in applicazione dei criteri previsti dall’art. 11 RAGIONE_SOCIALE legge n. 689/1981.
Avverso la citata sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Roma hanno proposto un congiunto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (nelle già specificate qualità).
Ha resistito con controricorso l’intimata RAGIONE_SOCIALE d’Italia.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Si dà atto che, con comunicazione trasmessa telematicamente in data 3 giugno 2024, uno dei difensori dei ricorrenti, l’AVV_NOTAIO, ha depositato atto di rinuncia al mandato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo, i ricorrenti hanno denunciato -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. -la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6 CEDU, 24 e 111 Cost., in relazione al mancato rispetto del diritto di difesa, del diritto al contraddittorio e del diritto alla piena conoscenza degli atti istruttori del procedimento sanzionatorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE d’Italia.
Con il secondo motivo, i ricorrenti hanno dedotto -con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 25, comma 2, Cost., 7 CEDU, 14 RAGIONE_SOCIALE legge n. 689/1981 e 1.2. RAGIONE_SOCIALE ‘Disposizioni in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE d’Italia’ del 18 dicembre 2012, in relazione ai principi di determinatezza e tipicità dell’illecito, nonché la violazione dell’art. 3 RAGIONE_SOCIALE legge n. 241/1990, in ordine all’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi.
Con il terzo motivo, i ricorrenti hanno lamentato -avuto riguardo all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, ovvero con riferimento alla mancata irrogazione di sanzioni nei confronti dell’ex consigliere NOME COGNOME.
Con il quarto motivo, i ricorrenti hanno prospettato -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione del principio costituzionale di eguaglianza davanti alla legge e del connesso principio di parità di trattamento (art. 3 Cost.) e la violazione, comunque, del principio di proporzionalità (art. 1, comma 1, legge n. 241/1990) e delle norme in materia di determinazione delle sanzioni amministrative (art. 11 RAGIONE_SOCIALE legge n. 689/1981).
Con il quinto motivo, i ricorrenti hanno denunciato -con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. un ulteriore omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero in relazione alla realizzazione RAGIONE_SOCIALE maggior parte degli obiettivi previsti dal piano di risanamento.
Con il sesto ed ultimo motivo, i ricorrenti hanno dedotto -in ordine all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. un altro omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, avuto riguardo alla mancata considerazione RAGIONE_SOCIALE vicenda relativa a ‘Villa Mattiazzo’.
Osserva il collegio che, con la prima censura, i ricorrenti prospettano la questione circa la natura penale delle sanzioni loro irrogate ai sensi dell’art. 144 del TUB e, di conseguenza, lamentano il mancato rispetto, in loro danno, del principio del giusto processo di cui all’art. 6 RAGIONE_SOCIALE CEDU, per come inteso dalla giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Corte EDU, ed in particolare nella nota sentenza n. 18640 del 4 marzo 2014 (c.d. Grande Stevens).
La censura è manifestamente priva di fondamento, essendo ormai consolidata la giurisprudenza di questa Corte nel ritenere che “le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia ai sensi dell’art. 144 TUB, per carenze nell’organizzazione e nei controlli interni, non sono equiparabili, quanto a tipologia, severità, incidenza patrimoniale e personale, a quelle irrogate dalla CONSOB ai sensi dell’art. 187 -ter TUF per manipolazione del mercato, sicché esse non hanno la natura sostanzialmente penale che appartiene a queste ultime, né pongono, quindi, un problema di compatibilità con le garanzie riservate ai processi penali dall’art. 6 RAGIONE_SOCIALE CEDU (cfr., tra le tante Cass. n. 16313/2016, Cass. n. 463/2017, Cass. n. 4820/2019 e Cass. n. 16517/2020).
Va, perciò, riaffermato in questa sede il principio alla stregua del quale il procedimento sanzionatorio di cui alla legge n. 262 del 2005 non partecipa RAGIONE_SOCIALE natura giurisdizionale del processo tipicamente inteso,
che è solo quello che si svolge davanti ad un giudice, e le sanzioni applicate dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia ai sensi dell’art. 195 TUF non hanno natura penale, con la conseguenza che non è violato l’art. 6, par. 1, RAGIONE_SOCIALE CEDU, ben potendo l’incolpato esercitare tutti i suoi diritti di difesa nella successiva eventuale fase di opposizione, ove si realizza un pieno sindacato giurisdizionale, fino al vaglio di legittimità.
Anche la seconda censura -che rinviene, ma erroneamente (per le ragioni evidenziate in risposta al primo motivo), il suo presupposto nel dato che le sanzioni irrogate ai ricorrenti avrebbero natura penale – non coglie nel segno e va disattesa.
Quanto alla determinatezza delle fattispecie sanzionabili, si rileva come la scelta compiuta dal legislatore all’art. 53, comma 1, del TUB di rinviare, anche a fini sanzionatori, a disposizioni regolamentari impartite dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, per la specificazione tanto degli obblighi imposti agli esponenti aziendali, quanto delle regole di comportamento da adottare, è stata costantemente ritenuta dalla giurisprudenza di questa Corte una modalità di normazione non soltanto pienamente legittima, ma addirittura necessitata dall’elevato tecnicismo RAGIONE_SOCIALE materia bancaria (cfr., tra le tante, Cass. n. 5743/2004 e Cass. n. 23370/2018).
E’ stato, perciò, univocamente stabilito che, in materia di sanzioni amministrative, il principio di tipicità e di riserva di legge fissato dall’art. 1 RAGIONE_SOCIALE legge n. 689/1981 impedisce che l’illecito amministrativo e la relativa sanzione siano introdotti direttamente da fonti normative secondarie, ma non esclude che i precetti RAGIONE_SOCIALE legge, sufficientemente individuati, siano eterointegrati da norme regolamentari, in virtù RAGIONE_SOCIALE particolare tecnicità RAGIONE_SOCIALE dimensione in cui le fonti secondarie sono destinate ad operare.
E’ appena il caso di ricordare che, a tal proposito, è stata, in precedenza, anche dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 23 e 97 Cost., dell’art.
144 TUB, in relazione ai precedenti artt. 51 e 53, comma 1, per violazione dell’obbligo di tipicità e determinatezza delle fattispecie soggette a sanzione amministrativa pecuniaria. Ciò perché – premesso che, in tema di sanzioni amministrative, l’art. 1 RAGIONE_SOCIALE legge n. 689/1981 non contiene, a differenza di quanto avviene per gli illeciti penali, per i quali opera il principio di stretta legalità di cui all’art. 25, secondo comma, Cost., una riserva di legge tale da escludere la possibilità di integrare il precetto sanzionatorio, avente base nella legge, mediante norme regolamentari delegate, confacenti al particolare ambito tecnico -specialistico cui si riferiscono -le norme sopra indicate non sono qualificabili come norme punitive “in bianco”, atteso che i poteri RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE d’Italia di emanare istruzioni e disposizioni in tema di vigilanza informativa (art. 51) e di vigilanza regolamentare (art. 53) non sono lasciati al mero arbitrio di detto organo di controllo, bensì sono esercitati in conformità a ben individuati principi e direttive (anche di livello europeo), a strumenti normativi primari e secondari e ad altri criteri oggettivi, dettagliati e rigorosi, al fine di integrare, data la particolare tecnicità e la continua evoluzione RAGIONE_SOCIALE materia, le norme di base, determinandone la parte precettiva mediante la specificazione del contenuto, già sufficientemente delineato nella legge (cfr. Cass. n. 5743/2004, cit.). La censura, nella parte in cui prospetta la genericità degli addebiti, è da ritenersi inammissibile, sia perché formulata sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE denunzia di violazione di norme di diritto e non di omessa pronuncia su un motivo di opposizione, sia in quanto si sostanzia – in effetti -in una contestazione sulla ricostruzione fattuale che la Corte di appello ha operato in relazione alle violazioni ascritte ai ricorrenti a seguito degli esiti delle verifiche ispettive e sulla base RAGIONE_SOCIALE delibera sanzionatoria impugnata, la cui valutazione di merito sfugge al sindacato che compete a questa
Corte.
In ogni caso, occorre rilevare che i ricorrenti, come si evince sempre dagli atti di causa e appurato dalla Corte d’Appello (peraltro con un accertamento in fatto insindacabile in questa sede), sono stati messi in condizione di difendersi pienamente, per quanto emergente dall’ampia attività esplicata durante il procedimento e i rilievi nel merito spiegati nell’opposizione proprio perché -evidentemente -erano stati sufficientemente indicati sia i comportamenti, sia i precetti violati.
Con riferimento alla legittimità RAGIONE_SOCIALE motivazione “per relationem” di provvedimenti sanzionatori adottati ai sensi dell’art. 144 TUB, è altrettanto pacifica nella giurisprudenza di questa Corte la sua ammissibilità.
È stato, infatti, più volte ribadito come debba ritenersi legittima la tecnica di redazione provvedimentale, del rinvio operato dal Direttorio alla motivazione contenuta nella proposta di irrogazione di sanzioni, il cui testo integrale è stato notificato ai ricorrenti congiuntamente al provvedimento sanzionatorio, affermando che il Direttorio, ove condivida i motivi illustrati dalla Commissione, non è tenuto a ribadirli e a riportarli per esteso (cfr., ad es., Cass. n. 4725/2016 e Cass. n. 4/2019)
Come si è già illustrato, con il terzo motivo si lamenta un supposto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.), ovverosia RAGIONE_SOCIALE circostanza RAGIONE_SOCIALE mancata irrogazione di sanzioni nei confronti all’ex consigliere RAGIONE_SOCIALE stessa RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME.
Con questa tesi i ricorrenti vogliono sostenere che la condotta del rag. COGNOME si distinguerebbe dalla loro solamente per la diversa posizione assunta in merito alla proposizione dell’azione di responsabilità nei confronti degli ex amministratori, che il COGNOME avrebbe voluto proporre solo per quelli in carica nel triennio 2007 -2009, come aveva sollecitato a fare la RAGIONE_SOCIALE d’Italia,
mentre essi ricorrenti avevano deliberato di proporla all’assemblea anche nei confronti degli amministratori in carica nel precedente mandato 2004 -2006, proposta poi non approvata dai soci.
La doglianza si profila inammissibile per una duplice ragione:
-in primo luogo, per difetto di specificità in quanto nella sua formulazione manca il richiamo puntuale al contenuto RAGIONE_SOCIALE contestazione di cui trattasi, poiché si deduce soltanto che ‘nell’opposizione…si faceva riferimento, in più punti, all’anomalia RAGIONE_SOCIALE proposta sanzionatoria e RAGIONE_SOCIALE conseguente delibera di accoglimento RAGIONE_SOCIALE stessa nella parte in cui riservavano un trattamento di favore nei confronti degli ex amministratori NOME COGNOME e NOME COGNOME, senza, però, che risulti richiamato il testo dei ‘più punti’ in cui la questione era stata posta in sede di opposizione;
-in secondo luogo, perché, con essa, si è inteso surrettiziamente con la inconferente proposizione di una censura ricondotta al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. -introdurre una questione di merito circa la valutazione complessiva degli addebiti ‘a confronto’, il cui esame è in questa fase precluso.
Ma vi è di più.
Ove anche si volesse ritenere in ipotesi corretta la sussunzione dell’enucleazione del vizio fatto valere nell’alveo applicabilità dell’art. 360, n. 5, c.p.c., difetta il requisito RAGIONE_SOCIALE decisività del fatto dedotto.
Infatti, la giurisprudenza di questa Corte è uniforme nel ritenere che il sanzionato non può inferire l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE sanzione dal trattamento riservato ad altri esponenti ma deve dimostrare l’intrinseca illegittimità RAGIONE_SOCIALE sanzione a lui inflitta (v., ad es., Cass. n. 3656/2016), ragion per cui il fatto RAGIONE_SOCIALE mancata irrogazione di sanzione a carico di altri esponenti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Padovana (nella specie) si profilava del tutto irrilevante (perciò ‘non decisiva’) ai fini delle statuizioni da adottare con riferimento alle sanzioni irrogate ai ricorrenti, le quali -come correttamente ritenuto dalla Corte d’appello nella sentenza
impugnata -non potevano che basarsi sulle contestazioni distintamente e specificamente loro ascritte, sulla valutazione RAGIONE_SOCIALE sussistenza degli addebiti ai medesimi contestati e sulla (in concreto ritenuta accertata) illegittimità delle loro condotte.
10. Il quarto motivo si profila inammissibile.
In effetti, con esso -lamentando la supposta violazione delle indicate norme concernenti l’uguaglianza, la proporzionalità e la commisurazione dell’importo delle sanzioni amministrative – i ricorrenti tendono a rimettere in discussione la complessiva valutazione delle risultanze istruttorie operata dalla Corte di appello, e di ottenere, ma con il superamento dei limiti del sindacato di legittimità, un riesame nel merito delle stesse, precluso a questa Corte.
In ogni caso, è del tutto evidente che – nell’inquadramento complessivo del procedimento amministrativo che viene qui in rilievo e RAGIONE_SOCIALE correlata, anche se eventuale, successiva fase di opposizione in sede giurisdizionale -il ricorrente è legittimato a contestare la legittimità RAGIONE_SOCIALE sanzione irrogatagli, ma non anche a far valere l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE omessa irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzione nei confronti di altri soggetti che sarebbero incorsi nella commissione degli stessi illeciti.
Da ciò si ricava il conseguente principio in base al quale, in tema di sanzioni amministrative, non è ammissibile far valere presunti squilibri rispetto alle sanzioni irrogate a soggetti estranei al processo, poiché il giudice dell’opposizione ha esso stesso il potere di verificare che siano stati correttamente applicati i criteri di quantificazione RAGIONE_SOCIALE sanzione e, se del caso, rivalutare in via autonoma (anche) la misura RAGIONE_SOCIALE stessa.
Con il quinto motivo – come già posto in risalto -si lamenta un supposto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nella asserita realizzazione RAGIONE_SOCIALE maggior parte degli obiettivi previsti dal piano di risanamento.
Anche tale motivo si appalesa inammissibile.
In effetti – mediante la prospettazione di una doglianza ricondotta all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – i ricorrenti mirano, ancora una volta, a sollecitare, inammissibilmente in questa sede, una rivalutazione in fatto del materiale probatorio già vagliato dalla Corte di appello.
In altri termini, i ricorrenti cercano di ottenere una nuova valutazione del proprio operato che assumono essere conforme ai doveri degli amministratori e alle richieste dell’organo di RAGIONE_SOCIALE, ma che invece la Corte di appello di Roma ha già valutato non essere sufficiente ed idoneo a ritenerli del tutto esenti da responsabilità, per quanto ne abbia ridotto la sanzione in ragione di alcuni profili, rispetto ai quali ha, invece, trovato parzialmente esimenti (per insussistenza delle relative ragioni di responsabilità) le difese e gli argomenti probatori forniti dai ricorrenti stessi dinanzi alla Corte di merito.
Quest’ultima, dopo aver provveduto ad una ricostruzione dei principi regolanti la diligenza degli amministratori in materia di organizzazione e controlli di banche (richiedenti, in sintesi, competenza, professionalità, capacità di visione strategica, autonomia di giudizio), ha ritenuto, alla luce dell’istruttoria svolta, che gli opponenti non si fossero adeguatamente attenuti ai loro doveri, non potendosi imputare la mancata esecuzione del piano di risanamento soltanto alle gravi criticità manifestatesi con la precedente gestione e a quelle dovute alla grave crisi economica.
Emerge, dunque, chiaramente che la Corte non ha omesso di considerare lo stato di avanzamento nell’esecuzione del piano, ma sulla scorta dei riscontri probatori acquisiti e con valutazione di merito insindacabile nella presente sede -ha valutato che nell’esecuzione di tale piano gli odierni ricorrenti non si erano attenuti ai principi di diligenza indicati in precedenza.
12. Il sesto ed ultimo motivo è infondato perché la valutazione del fatto dedotto non risulta, in effetti, omessa (v. pag. 12), dal momento che la Corte di appello – ancorché succintamente – ha reputato privi di valore esimente (e, quindi, come tali da non incidere su una (ri)determinazione più favorevole RAGIONE_SOCIALE sanzione) gli argomenti spesi dai ricorrenti in relazione alla mancata cessione del patrimonio immobiliare, avendo accertato che gli opponenti non avevano -rispetto alla mancata dismissione del patrimonio aziendale -dimostrato neppure di aver intrapreso quantomeno trattative per la cessione dei beni, in tal modo intendendo includere in questa valutazione anche la vicenda relativa a ‘Villa Mattiazzo’.
13. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Per effetto RAGIONE_SOCIALE loro soccombenza, i ricorrenti vanno condannati, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P .R. n. 115 del 2002, occorre dare atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte degli stessi ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE d’Italia, delle spese del presente giudizio, che si liquidano, in complessi euro 5.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltra contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P .R. n. 115 del 2002 dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Seconda Sezione civile RAGIONE_SOCIALE