Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14779 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14779 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28290-2021 proposto da:
COGNOME NOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– resistente con procura –
avverso la sentenza n. 639/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 06/05/2021 R.G.N. 1183/2020;
Oggetto
Sanzioni amministrative
R.G.N. 28290/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 05/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
1. la Corte d’Appello di Milano ha in parte rigettato e in parte dichiarato inammissibile l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Pavia di rigetto dell’opposizione proposta da NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE avverso due cartelle di pagamento con le quali Agenzia delle Entrate – Riscossione aveva intimato, alla persona fisica e alla persona giuridica, il pagamento del medesimo importo di € 81.383 per sanzioni adottate dall ‘ Ispettorato Nazionale del Lavoro;
2. propone ricorso per cassazione l’originaria opponente, in proprio e n.q., con sei motivi, seguiti da memoria; l’Agenzia non ha svolto attività difensiva; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza ;
CONSIDERATO CHE
1. parte ricorrente censura la sentenza impugnata, con il primo motivo, per violazione del beneficio di escussione preventiva e carenza di accertamento sul punto; con il secondo, per essere stato ritenuto generico il disconoscimento della documentazione prodotta da controparte e per essere stato erroneamente ritenuto inammissibile l’appello sul punto; con il terzo, per error in iudicando sull’ammissibilità dei motivi di appello da 5 a 8, in violazione del principio di prevalenza e di apparenza; con il quarto, per nullità delle notifiche; con il quinto, per difetto del diritto di procedere all’esecuzione per
essere stato notificato un titolo sospeso; con il sesto, per carenza di motivazione;
il ricorso non è accoglibile nel suo complesso;
il primo motivo è infondato, avendo la Corte di merito esattamente rilevato l’inapplicabilità della disciplina dettata per i creditori sociali dall’art. 2304 c.c., in quanto nella fattispecie si tratta di sanzioni amministrative disciplinate dalla legge 689/1981 e per le quali valgono i principi di cui agli artt. 3 e 6, della personalità della responsabilità dell’autore dell’illecito, dell’obbligo principale in capo all’autore dell’illecito, della responsabilità solidale della persona giuridica con l’autore della violazione al pagamento della somma dovuta;
i restanti motivi risultano inammissibili;
essi non si confrontano, infatti, con la precipua ratio decidendi della sentenza d’appello impugnata, che ha osservato, confermando la sentenza di primo grado, ed evidenziando che i primi quattro motivi d’appello non coglievano nel segno, il difetto di interesse ad agire, in quanto tutte le difese delle ricorrenti (salvo la dedotta violazione dell’art. 2304 c.c.) attenevano a vizi formali, e in ogni caso nessuna di esse (compresa l’eccezione relativa all’art. 2304 c.c.) atteneva al merito della pretesa fatta valere, sicché le azioni proposte, non introducendo alcun argomento nel merito della pretesa creditoria, si presentavano incapaci di assicurare alle ricorrenti qualsiasi utilità, in particolare di soddisfare l’interesse tipico a contestare la fondatezza della pretesa;
rispetto a tali argomentazioni, di per sé idonee a sostenere autonomamente il rigetto delle opposizioni (quantunque le eccezioni formali siano state esaminate e respinte) non viene formulata alcuna specifica censura in questa sede di legittimità;
come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (così Cass. n. 5102/2024; conf. Cass. n. 11493/2018; cfr. anche Cass. n. 1979/2024, n. 13880/2020); a maggior ragione, qualora la ratio decidendi singolarmente idonea a sorreggere la decisione gravata sul piano logico e giuridico non sia oggetto di adeguato e specifico motivo di impugnazione (v. inoltre, nella materia similare di riscossione di contributi e premi assicurativi, Cass. n. 12025/2019, circa la necessità di esame nel merito della fondatezza della domanda di pagamento, valendo gli stessi princìpi che governano l’opposizione a decreto ingiuntivo, e la necessità di chiarire il risultato giuridicamente apprezzabile di un’eventuale pronuncia sul punto);
non vi è luogo a provvedere sulle spese, per l’assenza di controricorso;
al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, inammissibili gli altri.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell ‘ Adunanza camerale del 5 marzo 2025.