Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23851 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23851 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/09/2024
Oggetto: disciplinare professionisti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28899/2022 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente p.t..
-INTIMATO – avverso la decisione del RAGIONE_SOCIALE n. 39/2022, pubblicata in data 8.9.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27.6.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con pronuncia n. 39/2022, il RAGIONE_SOCIALE ha confermato la sanzione della sospensione a tempo indeterminato irrogata a NOME COGNOME per l’omesso versamento delle quote di iscrizione all’albo per l’anno 2017.
Non vi era stata -secondo la pronuncia -un’illegittima modifica d el fatto contestato da parte dell’ organo di disciplina, poiché l’addebi to
consisteva nel non aver versato l’intera quota dovuta per il pagamento eseguito in ritardo ed era stato parziale, non avendo ricompreso anche le sanzioni e le spese nel frattempo maturate.
Non era stato -inoltre – violato il termine per la comunicazione della data dell’audizione di cui all’art. 12 del R.D. 274/1929, non avendo il procedimento de quo carattere propriamente disciplinare e non essendo detto termine perentorio, avendo l’interessato potuto esercitare pienamente il diritto di difesa, non trovando applicazione neppure le disposizioni della L. 241/1990.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME affidato a tre motivi, illustrati con memoria.
RAGIONE_SOCIALE di Caserta non ha formulato difese.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 115 e 132 n. 4 c.p.c. nonché degli artt. 12 R.D. 2784/1929 e 8 del D.P.R. 137/2012.
Afferma il ricorrente che non gli era stata comunicata l’apertura del procedimento disciplinare e la data dell’audizione, poiché, dopo aver ricevuto la comunicazione del 20.2.2020, era stato modificato il fatto conte stato, non più riguardante l’omesso pagamento della quota annuale (pagamento avvenuto il 12.2.2020), ma della sola sanzione accessoria per il ritardo, per cui l’audizione del 25.2.2020 aveva riguardato fatti diversi da quelli contestati, senza che il ricorrente ne fosse stato preventivamente informato.
Eccepisce che la sanzione doveva essere applicata dall’organo territoriale di disciplina e non dal locale RAGIONE_SOCIALE.
Il secondo moti vo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, lamentando che la pronuncia non abbia tenuto conto del fatto che con PEC del 6.2.2020 era stata disposta la convocazione per la data dell’11.2.2020 per discutere dell’omesso versamento delle quote annuali e che, con succe ssiva PEC dell’11.2.2020 , era stata reiterata la convocazione per la data del 25.2.2020; successivamente, preso atto che il ricorrente aveva versato la quota, l’organo disciplinare
aveva inoltrato un’ ulteriore PEC, in data 18.2.2020, addebitandogli l’omesso pagamento della sanzione per il ritardo, pari ad € 90,00, modificando la contestazione ma confermando la convocazione per la data del 25.2.2020 in violazione delle regole del procedimento.
I primi due motivi sono infondati.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nel ritenere insussistente la violazione, ha evidenziato come fosse stato addebitato al ricorrente il mancato versamento della tassa annuale, senza circoscrivere la contestazione alla somma -b ase non corrisposta nei termini (€. 180), ed anzi ricomprendendovi anche le conseguenze dell’inadempimento , incluso quanto dovuto a titolo di sanzione per il ritardo, questioni su cui il trasgressore aveva potuto compiutamente controdedurre nel corso del procedimento.
E’ opportuno ribadire che in tema di sanzioni amministrative e disciplinari, sussiste la violazione del principio di correlazione tra fatto contestato e fatto assunto a base della sanzione irrogata, tutte le volte in cui la sanzione venga comminata per una fattispecie, individuata nei suoi elementi costitutivi e nelle circostanze rilevanti delineate dalla norma, oggettivamente e radicalmente diversa da quella attribuita al trasgressore in sede di contestazione, essendo in tal caso leso il diritto di difesa dell’incolpato .
In sostanza, per aversi mutamento del fatto con riferimento al principio di correlazione tra addebito contestato e sentenza, occorre una trasformazione, nei suoi elementi essenziali (naturalisticamente intesi, come comprensivi delle caratteristiche spaziali e temporali), del fatto concreto, sì da pervenire ad un’incertezza sull’oggetto dell’addebito da cui scaturisca una reale violazione del contraddittorio e dei diritti della difesa.
La formale incolpazione non richiede, come in effetti si sostiene in ricorso, una minuta, completa e particolareggiata esposizione delle modalità dei fatti che integrano l’illecito e l’indagine volta ad accertare la correlazione tra addebito contestato e decisione disciplinare non va fatta alla stregua di un confronto meramente
formale, dovendosi piuttosto dare rilievo all’iter del procedimento e alla possibilità che l’incolpato abbia avuto di avere conoscenza dell’addebito e di discolparsi (Cass. s.u. 17827/2007; Cass. 11608/2011; Cass. 24978/2023).
Neppure è richiesto che il compimento degli atti di indagine volti ad accertare la configurabilità o meno dell’illecito disciplinare sia necessariamente preceduto, a pena di illegittimità del procedimento, dalla specifica contestazione all’indagato dei fatti integranti l’illecito, dovendo tale contestazione deve precedere soltanto il giudizio e può ritenersi effettuata qualora l’incolpato abbia avuto conoscenza dell’accusa e sia stato messo tempestivamente in condizione di difendersi e discolparsi in giudizio (cfr. in tema di responsabilità disciplinare del medico Cass. 10396/2001; Cass. 19658/2004, nonché Cass. 12119/22006).
Non può -quindi – ritenersi violato il principio di immutabilità dell’addebito , né occorreva una nuova contestazione o un’ulteriore comunicazione della data dell’audizione, essendo sufficiente quella originariamente fissata per il 25.2.2020 e comunicata – per quanto dedotto a pag. 10 del ricorso -in data 11.2.2020 nel rispetto del termine di dieci giorni fissato dall’art. 12 del R.D . 274/1929, apparendo irrilevante ogni ulteriore questione concernente il carattere perentorio del termine e la sua applicabilità del procedimento di cui si discute.
La censura è invece inammissibile nella parte in cui denuncia l’incompetenza del RAGIONE_SOCIALE ad irrogare la sospensione , tema di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata e di cui il ricorso non specifica se sia stata proposta con l’originaria impugnazione della sanzione dinanzi al RAGIONE_SOCIALE, configurandosi un’ipotesi di inc ompetenza relativa non rilevabile d’ufficio e che doveva esser sollevata tempestivamente con l’originari o atto introduttivo del giudizio (cfr. Cass. 1759/2021; Cass. 28108/2018).
Segue inoltre l’infondatezza del secondo motivo , sia perché le circostanze dedotte in ricorso non appaiono decisive, tali da indirizzare il processo verso un esito favorevole per l’interessato, sia perché la correttezza della conte stazione e l’osservanza del termine per la comunicazione della data dell’audizione app aiono specificamente valutati ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. 8053/2014) .
Il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio , per aver il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE omesso di rilevare l’assoluta carenza di motivazione del provvedimento sanzionatorio in oRAGIONE_SOCIALE all’accertamento delle condotte di rilevanza disciplinare e alla congruità della sanzione della sospensione dall’albo.
Si denuncia la mancata allegazione al provvedimento di sospensione del verbale dell’udienza tenu tasi dinanzi al RAGIONE_SOCIALE di disciplina.
Il motivo è infondato, traducendosi -in sostanza -nella riproposizione di questioni già respinte nell’esame delle altre censure quanto alla diversità del fatto posto a base della sanzione rispetto a quello inizialmente contestato e alla necessità di reiterare la convocazione dell’audizione , sollevando, inoltre, questioni (riguardo in particolare alla mancata allegazione al provvedimento di sospensione del verbale del RAGIONE_SOCIALE disciplinare), che non risultano tempestivamente dedotti dinanzi al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e che per la loro novità sono preclusi in cassazione.
Peraltro, in merito alla motivazione del provvedimento sanzionatorio, è sufficiente ricordare che il giudizio di impugnazione verte sul rapporto e non sull’atto e si traduce in un controllo sul corretto esercizio del potere punitivo, per cui eventuali vizi del provvedimento sotto il profilo della legittimità e quindi dell’esaustività della motivazione, assumono una portata residuale nei soli casi di difetto assoluto della motivazione, essendo legittima una giustificazione anche succinta della misura adottata che dia conto delle ragioni di fatto della decisione (che possono anche essere desunte “per
relationem” dall’atto di contestazione) ed evidenzi l’avvenuto esame degli eventuali rilievi difensivi formulati dal ricorrente (Cass. 16316/22020).
La durata della sospensione è -poi -per legge a tempo indeterminato e perdura fino all’integrale sanatoria dell e morosità, non avendo l’organo di disciplina alcun margine di discrezionalità in materia (art. 2, comma terzo, L. 536/1949), non essendo, di conseguenza, tenuto a dar conto della sua congruità rispetto alle particolarità del caso concreto.
Il ricorso è respinto.
Nulla sulle spese, non avendo il RAGIONE_SOCIALE svolto difese. Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione