Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9331 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 650/2022 R.G. proposto da:
COGNOME, COGNOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, COGNOME, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME ed elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME
Pec:
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dell’avvocato NOME COGNOME ed elettiva mente domiciliata presso lo studio del medesimo in ROMA INDIRIZZO
pec:
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9331 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 852/2021 depositata il 22/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 22/7/2021 la Corte d’Appello di Ancona ha rigettato il gravame interposto dalla società RAGIONE_SOCIALE in relazione alla pronunzia Trib. Ancona 13/8/2015, di accoglimento della domanda -in origine monitoriamente azionata- di pagamento di canoni scaduti dalla società RAGIONE_SOCIALE ( nella quale è stata incorporata la società RAGIONE_SOCIALE ) nei confronti della medesima -nonché dei fideiussori sigg. NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME– proposta, all’esito della risoluzione anticipata per inadempimento della medesima quale utilizzatrice del contratto di sale and lease back stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto impianti radiologici e apparecchiatura per risonanza magnetica.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società RAGIONE_SOCIALE nonché il COGNOME, lo RAGIONE_SOCIALE, il COGNOME e il COGNOME propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1° motivo i ricorrenti denunziano <> dell’art. 1229, in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c.; nonché violazione degli artt. 132, 156 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 4, c.p.c.
Lamentano che, all’esito <>, la corte di merito <>, non potendo invero <>.
Si dolgono non essersi al riguardo considerato che non si rinvengono <>, laddove, <>, è <>.
Lamentano non essersi dai giudici di merito preso <>.
Con il 2° motivo i ricorrenti denunziano <> degli artt. 1229, 1344, 1375, 11458, 1463, 1988 c.c. 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c.
Si dolgono non essersi dalla corte di merito correttamente considerata <>, atteso che in base al principio enunziato da Cass., Sez. Un., n. 19785 del 2015 <<il pagamento da parte dell'utilizzatore ( … nel caso di specie la Traiano ) risulterebbe privo di causa alla luce dell'art. 1463 c.c., a termini del quale 'all'inadempimento del fornitore deve assegnarsi, rispetto al contratto di leasing, il ruolo di una causa di sopravvenuta impossibilità d'adempiere ex art. 1463 c.c.', e non sarebbe giustificabile neppure <>.
Lamentano non essersi dalla corte di merito considerato che <<i contratti posti in essere fra Traiano ed RAGIONE_SOCIALE sono affetti da nullità non soltanto perché è mancata la consegna dei beni, ma anche in ragione del fatto che i particolari rapporti tra le parti hanno comportato un vantaggio certo a favore di RAGIONE_SOCIALE (il corrispettivo della vendita ed il pagamento dei canoni di locazione) ed un'alea rilevante a carico di Traiano ( la mancata consegna dei beni, il mancato godimento e l'esercizio di opzione da parte di COGNOME ). E che <>, con la conseguenza che <>.
Si dolgono non essersi dalla corte di merito altresì considerato che RAGIONE_SOCIALE si è <>, e che <>.
Con il 3° motivo i ricorrenti denunziano <> degli artt. 1526, 2744 c.c., in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c.
Si dolgono non essersi dalla corte di merito considerato che nella specie <>, e che <>, in quanto <>.
Lamentano che <>, che <>.
Si dolgono non essersi dalla corte di merito considerato che la <>, avendo la S.C. altresì <>.
Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente respinto la sollevata <>, ponendosi <>, a fronte della evidenziata <>.
Lamentano non essersi dalla corte di merito correttamente considerata <> laddove <>.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati.
Come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare ( v. Cass., 5/7/2017, n. 16646; Cass. n. 5583 del 2011 ) il contratto di sale and lease back
– in forza del quale un’impresa vende un bene strumentale ad una società finanziaria, la quale ne paga il prezzo e contestualmente lo concede in locazione finanziaria alla stessa impresa venditrice, verso il pagamento di un canone e con possibilità di riacquisto del bene al termine del contratto per un prezzo normalmente molto inferiore al suo valore – configura un contratto d’impresa socialmente tipico che, come tale, è in linea di massima astrattamente valido, ferma la necessità di verificare, caso per caso, la presenza di elementi sintomatici atti ad evidenziare che la vendita sia stata posta viceversa in essere in funzione di garanzia, in aggiramento del divieto del patto commissorio.
Si è al riguardo precisato che il contratto ha scopo di leasing, e non di garanzia, allorquando, nel quadro di un determinato disegno economico di potenziamento dei fattori produttivi, è volto a procurare all’imprenditore liquidità immediata mediante l’alienazione di un suo bene strumentale, al medesimo conservandone l’uso con facoltà di riacquistarne, al termine del rapporto, la proprietà (v. Cass., 5/7/2017, n. 16646).
Con particolare riferimento al contratto di leasing finanziario si è da questa Corte -anche a Sezioni Unite- evidenziato che esso si caratterizza per l’esistenza di un collegamento negoziale tra il contratto di leasing propriamente detto, concluso tra concedente ed utilizzatore, e quello di fornitura, concluso tra concedente e fornitore allo scopo (noto a quest’ultimo) di soddisfare l’interesse dell’utilizzatore ad acquisire la disponibilità della cosa, il cui godimento rappresenta l’interesse che l’operazione negoziale è volta a realizzare, costituendone la causa concreta, con specifica ed autonoma rilevanza rispetto a quella -parzialedei singoli contratti, dei quali connota la reciproca interdipendenza, sicché le vicende dell’uno si ripercuotono sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia nella pur persistente individualità propria di ciascun tipo negoziale, a tale stregua segnandone la distinzione con il negozio complesso e con il negozio misto ( v. Cass., 27/7/2006, n. 17145).
In forza di tale collegamento, ferma restando l’individualità propria di ciascun tipo negoziale, l’utilizzatore è legittimato a far valere la pretesa all’adempimento del contratto di fornitura, oltre che al risarcimento del danno
conseguentemente sofferto; in mancanza di un’espressa previsione normativa al riguardo, l’utilizzatore non può, invece, esercitare l’azione di risoluzione (o di riduzione del prezzo) del contratto di vendita tra il fornitore ed il concedente (cui esso è estraneo) se non in presenza di specifica clausola contrattuale, con la quale gli venga dal concedente trasferita la propria posizione sostanziale ( v. Cass., Sez. Un., 5/10/2015, n. 19785 ).
Come il c.d. leasing finanziario ( in ordine al quale v. Cass., 27/7/2006, n. 17145 ), anche il contratto di sale&lease back si configura invero, secondo uno schema negoziale socialmente tipico ( in quanto frequentemente applicato, sia in Italia che all’estero, nella pratica degli affari ), caratterizzato da una specificità tanto di struttura quanto di funzione ( e, quindi, da originalità e autonomia rispetto ai tipi negoziali codificati ), e concretamente attuato attraverso il collegamento tra un contratto di vendita di un bene di natura strumentale da parte di un’impresa ( o di un lavoratore autonomo ) ad una società di finanziamento che, a sua volta, lo concede contestualmente in leasing all’alienante il quale corrisponde, dal suo canto, un canone di utilizzazione con facoltà, alla scadenza del contratto, di riacquistarne la proprietà esercitando un diritto di opzione per un predeterminato prezzo (v. Cass., 9/3/2011, n. 5583).
Si è al riguardo sottolineata l’indefettibilità del conseguimento in ogni caso da parte dell’utilizzatore, al fine di vedere soddisfatto il suo interesse sotteso alla stipulazione contrattuale, della disponibilità della cosa (v. Cass., Sez. Un., 5/10/2015, n. 19785).
Il sale&lease back costituisce dunque operazione caratterizzata da una pluralità di negozi collegati funzionalmente volti al perseguimento di uno specifico interesse pratico che ne costituisce appunto la relativa causa concreta, la quale assume specifica ed autonoma rilevanza rispetto a quella -parziale- dei singoli contratti, di questi ultimi connotando la reciproca interdipendenza ( sì che le vicende dell’uno si ripercuotono sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia ) nella pur persistente individualità propria di ciascun tipo negoziale, a tale stregua segnandone la distinzione con il negozio complesso o misto ( v. Cass., 16/3/2006, n. 5851; Cass., 12/7/2005, n. 14611; Cass., 17/12/2004, n.
23470; Cass., 24/3/2004, n. 5941; Cass., 16/5/2003, n. 7640; Cass., 11/6/2001, n. 7852; Cass., 4/9/1996, n. 8070; Cass., 27/4/1995, n. 4645; Cass., 20/11/1992, n. 12401; Cass., 5/7/1991, n. 7415; Cass., 15/12/1984, n. 6586; Cass., 17/11/1983, n. 6864; Cass., 2/7/1981, n. 4291. V. anche Cass., 8/7/2004, n. 12567; Cass., 2/4/2001, n. 4812; Cass., 11/3/1987, n. 2524. Per il collegamento volontario v., in particolare, Cass., 25/7/1984, n. 4350), la cui valutazione assume decisivo rilievo ai fini della valutazione in termini di relativa validità o nullità (v. Cass., 5/7/2017, n. 16646).
L’esistenza invece di una concreta causa negoziale di scambio (che può riguardare, o meno, tanto il sale&lease back quanto lo stesso leasing finanziario) esclude in radice la configurabilità del patto vietato (v. Cass., 21/1/2005, n. 1273).
Il divieto del patto commissorio, essendo diretto ad impedire al creditore l’esercizio di una coazione morale sul debitore spinto alla ricerca di un mutuo (o alla richiesta di una dilazione nel caso di patto commissorio ab intervallo) da ristrettezze finanziarie, e a precludere, quindi, al predetto creditore la possibilità di fare proprio il bene attraverso un meccanismo che lo sottrarrebbe alla regola della par condicio creditorum , deve peraltro ritenersi violato ogniqualvolta lo scopo di garanzia costituisca non già mero motivo del contratto ma assurga a causa concreta della vendita con patto di riscatto o di retrovendita ( v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26973; Cass., 27/7/2006, n. 17145; Cass., 8/5/2006, n. 10490; Cass., 14/11/2005, n. 22932; Cass., 26/10/2005, n. 20816; Cass., 21/10/2005, n. 20398 ), a meno che in base a dati sintomatici ed obiettivi quali la presenza di una situazione credito-debitoria preesistente o contestuale alla vendita o la sproporzione tra entità del prezzo e valore del bene alienato e, in altri termini, delle reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto ( costituenti invero accertamento di fatto: v. Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 19/7/1997, n. 6663; Cass., 26/6/2001, n. 8742; Cass., 22/3/2007, n. 6969 ), non risulti che nel quadro del rapporto diretto ad assicurare una liquidità all’impresa alienante, l’alienazione risulti strumentalmente piegata al rafforzamento della posizione del creditore-finanziatore, che in tal modo tenta di acquisire
l’eccedenza del valore, abusando della debolezza del debitore (v. Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 7/5/1998, n. 4612; Cass., 29/3/2006, n. 7296).
Il negozio di sale&lease back viola invece la ratio del divieto del patto commissorio, al pari di qualunque altra fattispecie di collegamento negoziale, ove allo scopo di garantire al creditore l’adempimento dell’obbligazione il debitore trasferisca un proprio bene riservandosi la possibilità di riacquistarne il diritto dominicale all’esito dell’adempimento dell’obbligazione, senza invero prevedere alcuna facoltà di recuperare -in caso di inadempimentol’eventuale eccedenza di valore del bene rispetto all’ammontare del credito, con un adattamento funzionale dello scopo di garanzia del tutto incompatibile con la struttura e la ratio del contratto di compravendita (v. Cass., 21/1/2005, n. 1273).
L’operazione contrattuale può definirsi fraudolenta nel caso in cui si accerti, con una indagine che è tipicamente di fatto, sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della correttezza della motivazione, la compresenza delle seguenti circostanze: a) l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice; b) la sussistenza di difficoltà economiche di quest’ultima; c) la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente ( v. Cass., 22/2/2021, n. 4664; Cass., 5/7/2017, n. 16646; Cass., 9/3/2011, n. 5583; Cass., 14/3/2006, n. 5438 ).
In tema di contratto di sale and lease back si è peraltro precisato non essere invero necessaria, ai fini dell’integrazione della violazione del suddetto divieto, la necessaria congiunta compresenza dei suindicati tre indici sintomatici di elaborazione giurisprudenziale, assumendo al riguardo rilievo fondamentale la circostanza che la complessiva operazione negoziale sia finalizzata a realizzare in concreto, in luogo dell’effettivo trasferimento dei beni, una vietata causa di garanzia il cui accertamento è rimesso al giudice di merito, sulla base di idonei indici rivelatori, anche altri e diversi da quelli suindicati ( v. Cass., 6/11/2024, n. 28553; Cass., n. 25913/2024; Cass., 25/7/2024, n. 20780; Cass., n.
2469/2024; Cass., n. 35012/2023; Cass., n. 34899/2023; Cass., 8/6/2023, n. 16367).
Il divieto del patto commissorio ex art. 2744 c.c. deve essere interpretato in maniera funzionale, sicché in forza della sua previsione risulta colpito da nullità non solo il “patto” ivi descritto ma qualunque tipo di convenzione -quale ne sia il contenuto- che venga impiegato per conseguire il risultato concreto vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore accettando preventivamente il trasferimento della proprietà di un suo bene quale conseguenza della mancata estinzione di un suo debito ( v. Cass., 25/1/2024, n. 2469 ).
Ne consegue che da parte del giudice di merito è indispensabile: a) individuare la causa della complessa operazione contrattuale sulla base dell’accertamento svolto dal giudice di merito, al fine di verificare se il versamento del denaro da parte del compratore costituisca pagamento del prezzo ovvero esecuzione di un mutuo, ed il trasferimento del bene serva solo per costituire una garanzia provvisoria capace di evolversi a seconda che il debitore adempia o meno l’obbligo di restituire le somme ricevute; b) considerare il fondamento del divieto del patto commissorio, come individuato dalle Sezioni unite con le pronunce n.1611 del 1989 e n.1907 del 1989, e cioè la duplice esigenza di protezione del debitore coinvolto in operazioni poste in essere in violazione del divieto del patto commissorio e di tutela del principio generale della par condicio creditorum, in funzione di contrasto della creazione di strumenti di garanzia diversi da quelli previsti dalla legge; c) tener presente che il divieto del patto commissorio è esteso a qualsiasi negozio, tipico o atipico, che sia in concreto impiegato per conseguire il fine dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito e che può pertanto configurarsi anche ogni qual volta il debitore sia comunque costretto al trasferimento di un suo bene al creditore a tacitazione dell’obbligazione; d) controllare che l’accertament o del giudice del merito non si sia limitato ad un esame formale degli atti posti in essere dalle parti, ma abbia considerato la causa in concreto, e, in caso di operazione
complessa, abbia valutato gli atti medesimi alla luce di un loro potenziale collegamento funzionale, apprezzando ogni circostanza di fatto rilevante ed il risultato stesso che l’operazione negoziale era idonea a produrre e, in concreto, ha prodotto” allo scopo, come già si è detto, di stabilire se il procedimento negoziale attraverso il quale venga compiuto il trasferimento di un bene dal debitore al creditore sia effettivamente collegato, piuttosto che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia ( v., da ultimo, Cass., 25/1/2024, n. 2469; Cass., 14/12/2023, n. 35012 ).
Sotto diverso profilo, si è da questa Corte d’altro canto precisato che l a sentenza passata in giudicato ha un’efficacia diretta tra le parti, i loro eredi ed aventi causa e una riflessa, poiché, quale affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche anche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui è stata resa, se titolari di diritti dipendenti dalla (o comunque subordinati alla) situazione definita in quella lite; pertanto, in ipotesi di collegamento negoziale, il giudicato formatosi sulla nullità di uno dei contratti collegati riverbera i suoi effetti anche sugli altri che, seppure intercorsi tra soggetti diversi, siano strettamente interdipendenti e collegati, tanto da poter essere considerati come un’unica complessa e contestuale operazione ( v., da ultimo, Cass., 21/2/2023, n. 5377 ).
Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi.
Va anzitutto osservato che anteriormente al presente giudizio ne è stato dalla precedente utilizzatrice dei beni società RAGIONE_SOCIALE introdotto un altro nei confronti della concedente società RAGIONE_SOCIALE e della società RAGIONE_SOCIALE, conclusosi con l’accertamento della risoluzione di diritto dei tre contratti di leasing stipulati dalla medesima stipulati e la condanna al rilascio dei beni concessi in locazione finanziaria in favore dell’odierna ricorrente società RAGIONE_SOCIALE.
Di tale giudizio la corte di merito ha preso atto nell’impugnata sentenza, ritenendolo non esplicare effetti nel presente in ragione della natura incidentale dell’accertamento ivi espletato relativamente ai contratti di leasing, altresì
osservando che solo nel presente giudizio l’odierna ricorrente ha dedotto la nullità dei contratti, laddove <> sono <>.
Ha per altro verso escluso la ricorrenza nella specie degli indici rivelatori della violazione del divieto del patto commissorio, sottolineando in particolare che <>, ma che <>.
Ha ritenuto altresì infondata l'<> argomentando dal rilievo che <>.
Ha al riguardo ulteriormente sottolineato che <> è in effetti <>, ma nella specie l’odierna ricorrente <>.
Ha al riguardo evidenziato che <>, ma lascia altresì <>, atteso che <>.
Ha posto in rilievo, ancora, che proprio <>.
La corte di merito è quindi pervenuta a concludere che <>, in quanto <>; sottolineando ulteriormente come la circostanza che <>; e, per altro verso, che la <> nemmeno <>.
Orbene, movendo dall’accertamento di fatto operata dai giudici di merito e dalla sussunzione dalla corte di merito configurata nell’impugnata sentenza (con motivazione invero non del tutto logica né ben comprensibile); e considerato che non risulta essere stata fatta dalla medesima invero applicazione del principio dell’efficacia ( anche solo ) riflessa nella specie esplicata dal giudicato indicato come formatosi sulla evocata sentenza n. 1756/2010, va osservato come emerga con tutta evidenza l’erroneità della considerazione da parte di tale giudice della causa concreta dei collegati contratti di leasing in argomento.
Come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare ( v. Cass., 18/1/2023, n. 1417; Cass., 29/3/2019, n. 8766. Cfr. anche Cass., 22/11/2016, n. 23701; Cass., 8/2/2012, n. 1875. E già Cass., 24/7/2007, n. 16315 ), l a causa concreta del contratto assume rilievo, oltre che come elemento di qualificazione, anche relativamente alla sorte del contratto, quale criterio di relativo adeguamento.
La causa concreta, determinando l’essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione degli interessi delle parti che la stipulazione
è funzionalmente volta a tutelare, assume rilievo non solo quale elemento genetico del contratto ma anche quale elemento che dello stesso caratterizza la vicenda e la sorte, in ragione della relativa effettiva realizzazione e realizzabilità ( anche ) alla stregua di eventi sopravvenuti -non imputabili alle partinegativamente ripercuotentisi sullo svolgimento del rapporto ( es., l’impossibilità o l’aggravio della prestazione, l’inadempimento, ecc.), determinanti, in virtù della caducazione dell’elemento fu nzionale dell’obbligazione costituito dall’interesse creditorio (ai sensi dell’art. 1174 cod. civ.), l’estinzione del contratto per sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione, con esonero delle parti dalle rispettive obbligazioni ( v. Cass., 24/7/2007, n. 16315).
A tale stregua, la causa concreta non solo costituisce elemento per la valida formazione del contratto ma assurge (anche) a criterio di controllo e valutazione delle sopravvenienze, in ragione in particolare ( anche ) di eventi negativamente incidenti sull’interesse creditorio sino a farlo venire del tutto meno laddove -in base a criteri di normalità avuto riguardo alle specifiche circostanze del caso- tali eventi depongano per l’impossibilità della relativa realizzazione.
Come questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo, diversamente dalla totale (art. 1463 c.c.) o parziale (art. 1464 c.c.) impossibilità sopravvenuta della prestazione, l’impossibilità di utilizzazione della prestazione non viene in realtà a sostanzia rsi in un impedimento precludente l’attuazione dell’obbligazione, non presupponendone di per sé l’obiettiva ineseguibilità da parte del debitore, ma, pur essendo in astratto la prestazione ancora eseguibile (cfr. Cass., 27/9/1999, n. 10690), il venir meno della possibilità che essa realizzi lo scopo dalle parti perseguito con la stipulazione del contratto implica il venir meno dell’interesse creditorio, quale vicenda attinente esclusivamente alla sfera del creditore (v. Cass., 24/7/2007, n. 16315, ove si sottolinea come da autorevole dottrina venga segnalato l’esempio secondo cui il fatto che il compratore si sia procurata la merce da altro fornitore non impedisce al venditore di effettuare la consegna prevista).
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in termini consentanei con quanto autorevolmente sostenuto in dottrina, mentre nelle ipotesi in cui la prestazione diviene impossibile l’obbligazione si estingue per il concorso delle due cause estintive, l ‘impossibilità sopravvenuta della utilizzabilità della prestazione estingue pertanto il rapporto obbligatorio per il venir meno -come dettodell’interesse creditorio, e di conseguenza il contratto che di tale rapporto è fonte per irrealizzabilità della relativa causa concreta. Deve trattarsi di impossibilità di utilizzazione della prestazione non imputabile al creditore, incidente sull’interesse che risulta anche tacitamente obiettivato nel contratto e che ne connota la causa concreta in termini tali da vanificarla o renderla irrealizzabile, laddove irrilevanti rimangono viceversa le finalità ulteriori per le quali il turista si induce a stipulare il contratto, in cui si sostanziano propriamente i motivi (v. Cass., 24/7/2007, n. 16315; e, conformemente, Cass., 29/3/2019, n. 8766 ).
Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha sottolineato come, pur essendo <>, l’odierna ricorrente si sia ciononostante <>, in ragione di un suo diretto interesse che l’ha indotta a consentire a quest’ultima <>,
Ha al riguardo dato peraltro atto che l’accettazione della circostanza <> fosse in realtà circoscritto ad un periodo limitato di tempo (<>), in quanto <>.
Con motivazione non completamente sviluppata ed intrinsecamente illogica, la corte di merito ha ciononostante limitato la considerazione della rilevanza di siffatta circostanza al mero momento <> dello stipulato contratto di sale & lease back >>, del tutto apoditticamente escludendo che <> afferisca <>), in quanto viceversa attinente <>.
In altri termini, nell’affermare che l’odierna ricorrente in sede di stipulazione del contratto di sale and lease back in argomento abbia consentito che la società RAGIONE_SOCIALE -precedente utilizzatrice dei macchinari elettromedicali oggetto del medesimo- continuasse ad utilizzarli, la corte di merito ha dato invero atto che trattavasi di situazione invero solo temporanea, e non già definitiva.
Ha fatto in realtà espresso riferimento all’accettazione da parte dell’odierna ricorrente di una detenzione dei macchinari de quibus da parte della precedente utilizzatrice solo <>, e a una consegna dei medesimi meramente <>, contando di rientrare in tempi (<>) <> nel <> (ovvero di <>).
Orbene, la corte di merito ha invero del tutto omesso di considerare la circostanza che la consegna in argomento non ha viceversa mai più avuto luogo, sicché invece di una consegna <> è venuta nella specie a configurarsi l’ipotesi della consegna definitivamente <>.
Né tale giudice ha in alcun modo preso in considerazione la circostanza se, a fronte di tale <> consegna dei macchinari in argomento, l'<> di <> venga per l’odierna ricorrente nella specie a riverberare -come dalla medesima pure prospettato- in termini di sopravvenuta inutilizzabilità della prestazione.
A fortiori in considerazione dell’ulteriormente lamentata circostanza che la pretesa al pagamento dei canoni di leasing è stata azionata dopo anni, e che nel detto periodo di tempo la concedente si è trovata <>.
A tale stregua, risulta dalla corte di merito invero disatteso anche il principio in base al quale il giudice deve rilevare anche d’ufficio il fatto estintivo sopravvenuto alla stregua delle risultanze processuali acquisite, non vertendosi nel campo delle eccezione in senso stretto ( v. Cass. 23/2/2006, n. 4008 ).
Alla fondatezza nei suindicati termini e limiti dei motivi consegue l’accoglimento p.q.r. del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Ancona, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La corte accoglie p.q.r. il ricorso nei termini e limiti di cui in motivazione. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione.
Roma, 20 giugno 2024