Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9203 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9203 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.r.g. 6948/2021, proposto da
NOME COGNOME quale socia unica della RAGIONE_SOCIALE cancellata dal Registro delle Imprese il 26 maggio 2020, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso , dall’Avvocato NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia presso la Cancelleria della Corte di cassazione.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (quale rappresentante di Banca San FrancescoRAGIONE_SOCIALE Credito CooperativoRAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona del procuratore speciale dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’Avvocato NOME COGNOME, presso il cui studio elettivamente domicilia in Palermo, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza, n. 169/2021, della CORTE DI APPELLO di PALERMO, pubblicata in data 12/02/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio giorno 03/04/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 20 ottobre 2015, n. 1365, il Tribunale di Agrigento, accogliendo le domande formulate da RAGIONE_SOCIALE dichiarò la nullità parziale del contratto di conto corrente di corrispondenza n. 6772179 dalla stessa intrattenuto presso la Banca San Francesco, Credito Cooperativo, Società Cooperativa (d’ora in avanti anche, breviter , Banca), ricalcolò il saldo del conto al netto delle poste illegittimamente addebitate e condannò la Banca, della quale respinse la sollevata eccezione di prescrizione, a restituire alla prima quanto indebitamente percepito fino alla data del 30 giugno 2010, quantificato in € 54.814,72.
Pronunciando sui gravami, principale ed incidentale, promossi contro quella decisione, rispettivamente, dalla Banca e dalla RAGIONE_SOCIALE l’adita Corte di appello, con sentenza del 12 febbraio 2021, n. 169, così dispose: « In riforma della sentenza n. 1365 pronunciata dal Tribunale di Agrigento il 20.10.2015, , accerta in € 47.934,04 a debito della correntista il saldo, alla data del 30.6.2010, del conto corrente di corrispondenza, con apertura di credito, n. 6772/79 intestato a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rigetta l’appello incidentale proposto avverso la medesima sentenza da RAGIONE_SOCIALE compensa interamente tra le parti le spese di lite ».
2.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte: i ) quanto alla tempestiva eccezione di prescrizione, riproposta dalla Banca con il primo motivo di appello e saldamente ancorata alle soluzioni offerte dalla Suprema Corte a Sezioni Unite con sentenza n. 24418 del 2010, osservò che « è necessario rimarcare come prive di fondamento si rivelino le deduzioni della
correntista appellata in punto di perimetrazione dell’onere probatorio gravante sulla banca e di modalità di individuazione delle rimesse solutorie. Procedendo gradatamente, l’onere probatorio della banca che ha formulato l’eccezione di prescrizione non si estende alla prova delle singole rimesse solutorie, la cui identificazione ben può essere rimessa all’ausiliare tecnico incaricato dal Giudice. Sviluppando logicamente il proprio consolidato orientamento a tenore del quale ‘L’eccezione di prescrizione è v alidamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, ossia l’inerzia del titolare, senza che rilevi l’erronea individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso, trattandosi di questione di diritto s ulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte’ ( ex multis, Cass. civ. sez. I, 27/07/2016, n.15631), la Suprema Corte ha invero di recente chiarito che ‘Nel contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, ove il cliente agisca nei confronti della banca per la ripetizione d’importi relativi ad interessi non dovuti, è necessario distinguere i versamenti ripristinatori della provvista, operati nel limite dell’affidamento concesso al cliente, da quelli solutori, ovvero effettuati oltre tale limite ai fini della decorrenza della prescrizione decennale dell’azione rispettivamente dalla estinzione del conto o dai singoli versamenti. Ai fini della valida proposizione dell’eccezione non è necessario che la banca indichi specificamente le rimesse prescritte, né il relativo “dies a quo” , emergendo la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti dagli estratti-conto, della cui produzione in giudizio è onerato il cliente, sicché la prova degli elementi utili ai fini dell’applicazione della prescrizione è nella disponibilità del giudice che deve decidere la questione’ (Cass. civ. sez. I, 10/07/2018, n. 18144) »; ii ) disattese « i rilievi dell’appellante il quale, richiamando un precedente della Suprema Corte, suggerisce che ‘per verificare se un versamento effettuato dal correntista nell’ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente abbia avuto natura solutoria o solo ripristinatoria, occorre, all’esito della declaratoria di nullità da parte dei giudici di merito delle clausole anatocistiche, previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente
effettuati dall’istituto di credito e conseguentemente determinare il reale passivo del correntista e ciò anche al fine di verificare se quest’ultimo ecceda, o meno, i limiti del concesso affidamento’ (Cass. Civ. Ord. Sez. L 19.5.2020 n. 9141) ». Secondo la corte territoriale, infatti, « La soluzione prospettata, per la quale l’individuazione delle rimesse dovrebbe procedere sulla scorta dell’estratto conto storico elaborato dalla banca è non su quello già epurato dalle competenze illegittime, trascura invero di considerare le finalità stesse della verifica finendo col porsi in contraddizione con i termini del ragionamento sviluppato dalle Sezioni Unite nella nota pronunzia n. 24418/2010. Definite le condizioni in presenza delle quali può aversi pagamento all’interno dell’unico fluire di un rapporto di conto corrente -ovvero i ‘versamenti eseguiti su un conto passivo (o, come in simili situazioni di preferisce dire, ‘scoperto ‘) cui non accede alcuna aper tura di credito a favore del correntista o … i versamenti siano destinati a coprire un saldo eccedente i limiti dell’accreditamento’, la Suprema Corte circoscrive entro tale perimetro l’effetto estintivo del diritto di credito restitutorio correlato, ex art. 2934 c.c. all’inerzia del titolare protratta nel tempo, effetto estintivo che, ove acclarato, impone di mantenere nel saldo progressivo del conto le scritturazioni correlate a pretese illegittime, estinte con le rimesse solutorie. Il modus procedendi alternativo additato all’appellante, in quanto antepone il giudizio di legittimità dell’addebito a quello della verifica in fatto della sua estinzione mediante rimessa solutoria, esclude in radice proprio ciò che sta cercando, ovvero le poste illegittime pagate dal correntista. In applicazione del criterio suggerito, invero, dal conto andrebbero preventivamente espunti gli addebiti illegittimi e preservate le sole annotazioni relative a poste validamente convenute, e dunque legittimamente applicate dalla banca, col risultato di elidere persino la necessità della ricerca di rimesse aventi natura solutoria. In altri termini, concentrandosi sullo scrutinio relativo alla natura ripristinatoria o solutoria delle rimesse in rapporto all’ammontare dell’affidament o concesso, il criterio proposto dall’appellata omette di considerare che le rimesse solutorie rilevano non in quanto tali, ma perché
con queste il correntista ha pagato competenze illegittimamente addebitate in conto dalla banca. Solo i pagamenti indebiti generano il diritto di credito restitutorio menzionato dall’art. 2033 c.c., soggetto all’ordinario termine di prescrizione decennale con decorrenza dalla data del pagamento medesimo (‘dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati’ Cass. S.U. 2.12.2010 n. 24418). Orbene è agevole osservare che, espunti previamente ‘tutti gl i addebiti indebitamente effettuati dall’istituto di credito’, il saldo progressivo ricalcolato dal consulente tecnico registra contabilmente il continuum delle operazioni in accredito e in addebito legittimamente operate dalla banca. In simile contesto, eventuali rimesse solutorie (ragionevolmente di numero molto ridotto, atteso che la rimozione delle poste illegittime produce l’effetto di ridimensionare i saldi a debito del correntista) non avrebbero altro effetto se non quello di estinguere un debito legittimamente generato, in quanto tale non ripetibile ».
Per la cassazione di questa sentenza, NOME COGNOME quale socia unica della RAGIONE_SOCIALE, medio tempore cancellata dal Registro delle Imprese, ha promosso ricorso affidato a due motivi. Banca San Francesco, Credito Cooperativo, Società CooperativaRAGIONE_SOCIALE per il tramite della propria rappresentante BCC Gestione Crediti -Società per la Gestione dei Crediti s.p.aRAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, illustrato anche da memoria ex art. 380bis .1, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Violazione e falsa applicazione della legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., circa la violazione dell’art. 2697 c.c. e delle regole probatorie del caso di specie ». Si contesta la sentenza impugnata nella parte in cui, respingendo l’assunto della RAGIONE_SOCIALE secondo cui l’eccezione di prescrizione sollevata Banca doveva ritenersi infondata e non suffragata da alcuna prova da parte dell’istituto di c redito di tanto onerato, ha affermato che nessun onere probatorio gravasse sulla Banca, essendo
all’uopo sufficiente la mera allegazione dell’eccezione de qua , senza altra specificazione, allegazione e/o produzione;
II) « Violazione e falsa applicazione della legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., circa la violazione degli artt. 2033 e 2946 c.c. ». Si censurano le argomentazioni con cui la corte distrettuale ha respinto il rilievo operato dalla correntista circa la necessità di valutare l’effettiva natura (solutoria o ripristinatoria) delle rimesse alla luce del legittimo saldo rideterminato dal consulente tecnico di ufficio, piuttosto che sulla base delle indebite annotazioni della banca.
Il primo di questi motivi si rivela inammissibile ex art. 360bis .1 cod. proc. civ.
In proposito, infatti, basta ricordare che, come ancora si legge nella recente Cass. n. 26897 del 2024 ( cfr . pag. 7-9 della relativa motivazione), « è onere del correntista che agisce per la ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c. ‘allegare’ i fatti costitutivi della domanda che specificamente attengono all’esistenza di un ‘pagamento’ e alla natura ‘indebita’ dello stesso, e detta allegazione si considera assolta con l’indicazione dell’esistenza di versamenti indebiti e con la richiesta di restituzione in riferimento ad un dato conto e ad un tempo determinato; mentre l’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate, ha l’onere di ‘allegare’ solo l’inerzia del titolare del diritto unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte (Cass. Sez. U. n. 15895/2019, confermata da arresti costanti in tal senso dalle sezioni semplici, v. per tutte Cass. n. 34997/2023) poiché il carattere solutorio o ripristinatorio delle singole rimesse non incide sul contenuto dell’eccezione, che rimane lo stesso indipendentemente dalla natura dei singoli versamenti; né deve individuare e specificare le diverse rimesse solutorie in funzione di completare l’allegazione con l’indicazione del momento iniziale o del termine finale della prescrizione eccepita, trattandosi di questioni di diritto sulla quale il giudice
non è vincolato dalle allegazioni di parte (cfr. SS.UU. cit.); fermo quanto precede a proposito dell’onere di allegazione distinto concettualmente dall’onere della prova attenendo il primo alla delimitazione del thema decidendum ed il secondo alla verifica della fondatezza della domanda o dell’eccezione -‘il problema della specifica indicazione delle rimesse solutorie non viene eliminato, ma semplicemente si sposta dal piano delle allegazioni a quello della prova, sicché il giudice valuterà la fondatezza delle contrapposte tesi al lume del riparto dell’onere probatorio, se del caso avvalendosi di una consulenza tecnica a carattere percipiente’ (SS.UU. citate); perciò, a fronte dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca avverso la domanda di ripetizione dell’indebito proposta dal correntista, grava su quest’ultimo l’onere della prova della natura ripristinatoria e non solutoria delle rimesse indicate (Cass. n. 31927/2019; Cass. n. 2660/2019); ne consegue che, la sussistenza di apertura di credito, da cui dipende la valenza ripristinatoria dei versamenti operati per ripianare le esposizioni che non eccedano il limite dell’accordato, non può che gravare sul correntista stesso; ma, onde verificare se la parte gravata abbia assolto al proprio onere probatorio, il giudice è comunque tenuto a valorizzare la prova della stipula di un contratto di apertura di credito purché ritualmente acquisita, indipendentemente da una specifica allegazione del correntista, perché la deduzione circa l’esistenza di un impedimento al decorso della prescrizione determinato da una apertura di credito, costituisce un’eccezione in senso lato e non in senso stretto (Cass. n. 31927/2019; in senso conforme: Cass. n. 20455/2023; Cass.18230/2024), come tale rilevabile d’ufficio dal giudice anche in grado di appello, purché l’affidamento risulti dai documenti legittimamente acquisiti al processo o dalle deduzioni contenute negli atti difensivi delle parti ».
L’impugnata decisione della corte distrettuale, dunque, si rivela, in parte qua , assolutamente coerente con tali principi, che il Collegio condivide ed intende ribadire, né le odierne argomentazioni della Gioia offrono significativi spunti di riflessioni per rimeditarli.
Il secondo motivo di ricorso, invece, si rivela fondato.
Invero, l’assunto della corte distrettuale secondo cui l’individuazione delle rimesse solutorie (atte cioè a ripianare uno scoperto del conto) debba avvenire, non già sulla base dei saldi ricalcolati dal consulente di ufficio a seguito dell’espunzione delle poste ritenute illegittime (criterio del saldo rettificato), bensì alla stregua delle operazioni risultanti negli estratti conto originari, formati all’epoca in cui sarebbero avvenuti i pagamenti indebiti (cd. saldo banca), -e tanto sul presupposto che l’assunzione, quale saldo di riferimento per l’individuazione delle rimesse solutorie, di un importo già epurato dagli addebiti illegittimi che il correntista intende ripetere non avrebbe « altro effetto se non quello di estinguere un debito legittimamente generato, in quanto tale non ripetibile » ( cfr . pag. 15 della sentenza impugnata) -contrasta con la ormai consolidatasi giurisprudenza di questa Corte sul punto, secondo la quale, nelle controversie aventi ad oggetto la domanda di ripetizione di indebito conseguente alla declaratoria di nullità delle clausole contrattuali e delle prassi bancarie contrarie a norme imperative ed inderogabili, la ricerca dei versamenti di natura solutoria deve essere preceduta dall’individuazione e dalla successiva cancellazione dal saldo di tutte le competenze illegittime applicate dalla banca e dichiarate nulle dal giudice di merito ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 9141 del 2020; Cass. n. 7721 del 2023; Cass. n. 9712 del 2024; Cass. nn. 2749 e 5577 del 2025).
Giova ricordare, in proposito, che la questione di quale saldo contabile (il ” saldo banca ” che offre una ricostruzione delle operazioni contabili così come si sono susseguite nel tempo, oppure il ” saldo rettificato “, epurato dalle annotazioni illegittime effettuate dall’istituto di credito) debba utilizzarsi nei contenziosi bancari aventi ad oggetto (come la odierna controversia) la nullità delle indebite annotazioni effettuate dalla banca nel corso di un rapporto di conto corrente a fronte dell’eccezione d i prescrizione della consequenziale azione di ripetizione ex art. 2033 cod. civ., è stato oggetto di ampio dibattito, sostenendosi da parte dei fautori del cd. ” saldo banca ” che utilizzando il saldo rettificato si finirebbe per eludere il disposto dell’articolo 1422 cod. civ., a
tenore del quale l’azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dell’usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione.
Altro orientamento, invece, ha sottolineato che se il contratto di conto corrente è viziato da nullità delle annotazioni in esso presenti, anche l’estratto conto presenterà dei saldi viziati, inidonei ad individuare le rimesse solutorie effettuate dal correntista. Pertanto, – si è sostenuto – non si può fare affidamento su quelle che sono le risultanze finali offerte dalla banca, in quanto sono basate su clausole contrattuali e prassi contabili contrarie a norme imperative ed inderogabili, creando, così, una realtà contabile solo apparente e virtuale. Seguendo tale impostazione, quindi, per riscontrare se i singoli versamenti abbiano avuto natura solutoria, ovvero di pagamento di un debito, occorre effettuare una ricostruzione contabile del conto corrente depurandolo da tutti gli addebiti, indebitamente ascritti dalla banca, conseguenti a clausole e prassi nulle ed inefficaci. Quindi, per il calcolo delle rimesse solutorie, va preso a riferimento il saldo rettificato, al fine di non confondere rimesse ” apparentemente solutorie ” con rimesse ” effettivamente solutorie “.
In un siffatto contesto, questa Corte, con l’ordinanza n. 9141 del 2020, pronunciandosi su tale vexata quaestio , ha sottolineato la netta separazione tra l’azione di ripetizione e quella di accertamento della nullità delle competenze illegittime addebitate dalla banca e che ricalcolare il reale ed effettivo rapporto di dare/avere, eliminando tutte le competenze addebitate dalla banca illegittimamente e quindi nulle, risulta essere una mera operazione preventiva e legittima rispetto a quella di individuazione dei versamenti solutori. Così facendo, infatti, si viene solamente ad operare una fictio iuris finalizzata a contrappore una realtà giuridica a quella storica offerta dalla banca e, quindi, il disposto dell’art. 1422 cod. civ. non risulterà violato ma varrà per tutte le rimesse ” realmente ” solutorie individuate in base al saldo ricalcolato.
Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della pronuncia appena descritta (confermate anche dalla successiva Cass. n. 3858 del 2021 nonché dalle ulteriori, già menzionate, Cass. n. 7721 del 2023; Cass. n. 9712 del 2024; Cass. nn. 2749 e 5577 del 2025). Sicché deve ribadirsi che, nelle controversie che hanno ad oggetto l’azione di nullità delle clausole contrattuali e delle prassi bancarie contrarie a norme imperative ed inderogabili e la relativa domanda di ripetizione di indebito la ricerca dei versamenti di natura solutoria deve essere affrontata attraverso un iter procedurale che vede, in via preliminare, l’individuazione e la cancellazione dal saldo di tutte le competenze illegittime applicate dalla banca e dichiarate nulle dal giudice di merito, solo all’esito di tale operazione di rettifica potendosi individuare i versamenti solutori effettuati dal correntista nel corso del rapporto contrattuale di conto corrente con apertura di credito o comunque scoperto, ferma la non ripetibilità di quei versamenti per i quali è maturata la prescrizione del relativo diritto ( cfr . Cass. n. 9756 del 2024 e Cass. n. 5577 del 2025).
4. In conclusione, dunque, l’odierno ricorso di COGNOME deve essere accolto limitatamente al suo secondo motivo, dichiarandosene inammissibile il primo. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso di NOME COGNOME limitatamente al suo secondo motivo, dichiarandone inammissibile il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 3 aprile 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME