Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5577 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5577 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1417/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOMEricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOMEcontroricorrente- avverso PROVVEDIMENTO di CORTE D’APPELLO CAGLIARI n. 299/2020 depositata il 01/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’appello di Cagliari ha riformato la decisione con cui il locale Tribunale ha respinto la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE contro Banca di Sassari s.p.a. volta ad ottenere la dichiarazione di nullità delle clausole contenute nel contratto di c/c bancario n. 4506/2 acceso dal 20.7.1988 (e in due contratti di finanziamento) che prevedevano interessi ultralegali, la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, l’applicazione della commissione di massimo scoperto e la condanna della banca alla restituzione delle somme indebitamente percepite a far data dal 1.1.1989 fino alla cessazione del rapporto contrattuale anche per illegittima pratica di antergazione e postergazione della valuta, nonché al risarcimento dei danni.
2.- Il Tribunale dopo aver ammesso CTU contabile per la rideterminazione del saldo finale del solo conto corrente, ritenendo che la domanda relativa ai due conti di finanziamento non fosse supportata da carenza documentale (circostanza rimasta non opposta), aveva rilevato che ai fini della ricostruzione del saldo, la società attrice aveva prodotto in giudizio gli estratti del conto corrente -acceso il 20 luglio 1988 e chiuso per revoca il 23.3.2012 – solo a far data dal 1.1.1989, nè era stato prodotto l’estratto conto del mese di maggio 2005 e i riassunti scalari riferiti al primo, secondo, terzo, quarto trimestre 2004; e che, quindi – benché il CTU avesse valutato di poter comunque ricostruire per intero il rapporto trattandosi di lacune marginali superabili in virtù delle scarse e semplici movimentazione del periodo – la domanda andava respinta non avendo l’attrice versato in atti gli estratti conto relativi all’intera durata del rapporto.
2 -La Corte d’appello, ha riformato la sentenza osservando che: a) la domanda restitutoria prendeva come data di riferimento per il ricalcolo delle poste dare/avere il periodo intercorrente non
dall’apertura del conto corrente (avvenuta il 20 luglio 1988) ma dal 1 gennaio 1989 (data di produzione del primo estratto conto e dei conti scalari) sino al 31 12.2011, anno di chiusura del rapporto;
la domanda di ripetizione di indebito era supportata con la produzione di tutti gli estratti conto ad eccezione di quello riferito al maggio 2005 coprendo quindi 22 anni di rapporto; correttamente il CTU aveva avviato l’analisi a partire dal primo estratto conto con saldo negativo, usufruendo di tutti gli estratti conto salvo quello del maggio 2005, carenza ritenuta minimale rispetto alla durata del rapporto inidonea ad incidere nell’elaborazione logico -contabile del saldo rettificato (e lo stesso era da dirsi quanto alla produzione di alcuni conti scalari che, rappresentando soltanto i conteggi degli interessi attivi e passivi non permettono di comprendere le operazioni e ricostruire i movimenti effettuati, tanto più in presenza degli estratti conto), tanto più considerando il confronto tra estratto conto di aprile 2005 e di giugno del 2005 – ovvero dei mesi immediatamente precedenti e successivi al maggio 2005 di cui mancava l’estratto -e l’esito dell’analisi di raccordo compiuta in modo condivisibile dal CTU;
che dai dati relativi all’estratto conto ricalcolato e dagli affidamenti desunti dai documenti specificamente approvati per iscritto, emergevano rimesse di natura solutoria per 36.650,52 euro, in quanto l’esatto ricalcolo delle poste dare/avere e di quelle prescritte nel tempo, non poteva che essere basato su dati unici ed omogenei ovvero quelli risultanti a valle del ricalcolo contabile, all’esito dello scorporo della capitalizzazione trimestrale e della commissione di massimo scoperto, e ricalcolando gli interessi nulli in quanto ultralegali applicati;
pertanto ha ritenuto meritevole di accoglimento la domanda essendo stato accertato dal CTU un credito al favore della società al netto della prescrizione eccepita – di euro 76.113,19; mentre ha respinto la domanda di risarcimento danni conseguente alla
dedotto illegittima gestione del rapporto bancario poiché del tutto sfornita di idonea allegazione e prova.
4.Avverso detta sentenza Banco di Sardegna s,p.aRAGIONE_SOCIALE -subentrata a Banca di Sassari nella titolarità del rapporto controverso in ragione di cessione di ramo d’azienda -ha presentato ricorso, affidandolo a tre motivi di cassazione. Ha resistito, con controricorso RAGIONE_SOCIALE in liquidazione. La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo, denuncia in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 e 2697 c.c. per aver la Corte d’Appello erroneamente ritenuto ricostruibile il rapporto di conto corrente nonostante la mancanza degli estratti conto e scalari antecedenti al periodo oggetto della domanda di restituzione ovvero dall’accensione fino al 1 gennaio 1989 nonché degli estratti scalari per l’anno 2004 e dell’estratto conto del maggio 2005 ritenendo che soltanto la produzione degli estratti conto a partire dalla data di apertura del conto corrente consente di pervenire attraverso l’intera l’integrale ricostruzione del dare e dell’avere alla determinazione del saldo.
2.- Il secondo motivo denuncia violazione falsa applicazione in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 2033 e 2697 c.c. per aver la Corte d’appello ritenuto adeguatamente assolto l’onere della prova in capo l’attore e statuito che, sulla base della documentazione dal medesimo prodotta, il saldo fosse ricostruibile nonostante la continuità contabile gli estratti conto e scalari risultasse interrotta dalla mancanza degli estratti scalari relativi al primo, secondo, terzo e quarto trimestre dell’anno 2004 nonché dell’estratto conto relativo alla mensilità di maggio 2005; ritiene la ricorrente che la motivazione sul punto sia carente e contraria ai principi in materia di onere della prova nelle azioni di ripetizione di indebito in materia bancaria, in quanto la Corte di merito avrebbe
trascurato di considerare una condizione indefettibile e cioè che il periodo cui si riferisce la domanda sia interamente documentato mediante la produzione di tutti gli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione; per cui i saldi devono essere continui e non possono essere raccordati a quelli di altri precedenti o successivi periodi con i quali non siano in rapporto di consequenzialità; mentre nella specie il raccordo operato tra due periodi non continuativi dal CTU era stato recepito acriticamente nella sentenza, prescindendo totalmente dai movimenti avvenuti nel periodo non documentato basandosi su una mera laconica valutazione di sostanziale ininfluenza dei dati mancanti, mentre avrebbe tutt’al più potuto effettuare il ricalcolo avendo riguardo all’ultimo periodo documentato in modo continuativo, cioè a decorrere dal 1 giugno 2005 partendo dal primo saldo riportato nel corrispondente estratto conto.
3.- I due motivi evidentemente connessi possono essere trattati insieme, ed il loro esame merita di essere preceduto da una ricognizione degli arresti di legittimità in materia.
3.1- Secondo la giurisprudenza di questa Corte, è consolidato principio per cui nelle controversie aventi ad oggetto un rapporto di conto corrente bancario, l’istituto di credito ed il correntista sono onerati della dimostrazione dei fatti rispettivamente posti a fondamento delle loro domande e/o eccezioni, tanto costituendo evidente applicazione del principio sancito dall’art. 2697 cod. civ.
E’ stato poi i precisato che, laddove il correntista pretenda di rideterminare il saldo, depurato dagli importi asseritamente non dovuti (per capitalizzazione indebita, interessi ultralegali e/o usurari, commissione di massimo scoperto etc.), e di ripetere l’indebito pagamento eseguito con rimesse sul conto passivo (o extrafido), laddove sia riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, l’accertamento del dare ed avere può attuarsi con l’impiego anche di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire
indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto stessi (cfr. Cass. n. 22290 del 2023; Cass. n. 10293 del 2023). Questi ultimi, infatti, non costituiscono l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto. Essi -invero come affermato da Cass. n. 37800 del 2022 (e sostanzialmente ribadito dalle più recenti Cass. n. 10293 del 2023 e Cass. n. 22290 del 2023) -consentono di avere un appropriato riscontro dell’identità e della consistenza delle singole operazioni poste in atto; tuttavia, in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni. In tal senso, allora, a fronte della mancata acquisizione di una parte dei citati estratti, il giudice del merito: « i ) ben può valorizzare altra e diversa documentazione, quale, esemplificativamente, e senza alcuna pretesa di esaustività, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni, oppure, giusta gli artt. 2709 e 2710 cod. civ., le risultanze delle scritture contabili (ma non l’estratto notarile delle stesse, da cui risulti il mero saldo del conto: Cass. 10 maggio 2007, n. 10692 e Cass. 25 novembre 2010, n. 23974), o, ancora, gli estratti conto scalari (cfr. Cass. n. 35921 del 2023; Cass. n. 10293 del 2023; Cass. n. 23476 del 2020; Cass. n. 13186 del 2020), ove il c.t.u. eventualmente nominato per la rideterminazione del saldo del conto ne disponga nel corso delle operazioni peritali, spettando, poi, al giudice predetto la concreta valutazione di idoneità degli estratti a dar conto del dettaglio delle movimentazioni debitorie e creditorie (come già opinato proprio dalla citata Cass. n. 13186 del 2020, non massimata, in presenza di una valutazione di incompletezza degli estratti da parte del giudice del merito) (…); ii) parimenti, può attribuire rilevanza alla condotta processuale delle parti e ad ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di
prova, ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ. » . Inoltre, « per far fronte alla necessità di elaborazione di tali dati così acquisiti, quello stesso giudice può certamente avvalersi di un consulente d’ufficio, essendo sicuramente consentito svolgere un accertamento tecnico contabile al fine di rideterminare il saldo del conto in base a quanto comunque emergente dai documenti prodotti in giudizio (cfr. Cass. n. 14074 del 2018; Cass. n. 5091 del 2016. Nel medesimo senso, si vedano pure Cass. n. 31187 del 2018; Cass. n. 11543 del 2019 ) In quest’ottica, dunque, potrà certamente trovare applicazione anche il criterio dell’azzeramento del saldo o del cd. saldo zero, il quale, pertanto, altro non rappresenta che uno dei possibili strumenti attraverso il quale può esplicitarsi il meccanismo della ripartizione dell’onere probatorio tra le parti sancito dall’art. 2697 cod. civ » . (Cass. n. 1736/2024).
Con la sentenza da ultimo citata, infine, questa Corte ha affermato in materia il principio -cui il Collegio intende dare continuità -per cui ove il correntista lamenti l’illegittimo addebito di importi non dovuti a vario titolo e ne domandi la restituzione, chiedendo la rideterminazione del saldo, l’eventuale carenza di alcuni estratti conto o, comunque di altra documentazione che consenta l’integrale ricostruzione dell’andamento del rapporto, comporta che il calcolo del dovuto potrà farsi tenendo conto che: a) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto, egli o dimostra l’eventuale vantata esistenza di un saldo positivo in suo favore, o di un minore saldo negativo a suo carico o beneficia comunque dell’azzeramento del saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e della successiva rideterminazione del saldo finale mediante la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura o alla data della domanda; b) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, anche in tal caso, se il
correntista sostiene che in quei periodi si è accumulata una somma a suo credito o un minore importo a suo debito per effetto di interessi o commissioni non dovute, lo deve provare, producendo la corrispondente documentazione; in mancanza l’estratto conto immediatamente successivo, e tutti i successivi ancora, devono essere corretti ricollegando l’ultimo saldo disponibile al primo saldo in cui ricominciano ad essere presenti gli estratti conto (Cass. n.1736/2024 in motivazione).
Con ulteriore pronuncia conforme (v. Cass. n. 11735/2024) questa Corte ha, altresì, affermato che nei rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente, l’onere della prova del correntista implica che, in assenza di elementi di prova che consentano di accertare il saldo nel periodo non documentato, ed in mancanza di allegazioni delle parti che permettano di ritenere pacifica l’esistenza, in quell’arco di tempo, di un credito o di un debito di un certo importo, deve procedersi alla determinazione del rapporto di dare e avere, con riguardo al periodo successivo, documentato dagli estratti conto, procedendosi all’azzeramento del saldo iniziale del primo di essi.
3.1- Facendo applicazione di tali principi nel caso di specie deve concludersi che i due motivi sono infondati ove non inammissibili.
3.2Correttamente, invero, la Corte d’appello ha considerato quale saldo di partenza per il ricalcolo il primo estratto conto prodotto dal correntista (anche se non era quello iniziale) che recava un saldo a suo debito (donde l’infondatezza del primo mezzo sul punto); inoltre a fronte della mancanza dell’estratto conto di una mensilità in 22 anni di rapporto, ha ritenuto corretto il ‘raccordo’ effettuato dal CTU mantenendo fermo il saldo a debito risultante alla fine del periodo mancante ed annotato sul primo
estratto conto del mese successivo; invero né il correntista ha contestato detta operazione di ricostruzione del saldo sostenendo che in quei periodi si era accumulata una somma a suo credito o un minore importo a suo debito per effetto di interessi o commissioni non dovute, né la banca ha contestato il debito conteggiato, limitandosi ad una censura generica fondata sul presupposto -errato -che sia comunque necessaria una continuità anche laddove la lacuna possa essere colmata con accertamenti tecnico-contabili come avvenuto nel caso di specie (secondo mezzo).
Peraltro, sotto detto secondo profilo la censura appare inammissibile in quanto versata in fatto, ovvero a censurare un accertamento di merito compiuto dalla Corte con motivazione compiuta e logica di cui la ricorrente lamenta -a ben vedere – solo la “carenza”, laddove siffatta censura non è più ammissibile, rimanendo denunciabile in cassazione “solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante”, e tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (v. Cass. Sez. U n. 8053-14).
4.- il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. degli articoli 2946 e 1422 c.c. in quanto la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che l’individuazione delle rimesse solutorie (atte cioè a ripianare uno scoperto del conto) dovesse avvenire sulla base dei saldi ricalcolati dal CTU a seguito dell’espunzione delle poste ritenute illegittime e non sulla base delle operazioni risultanti negli estratti conto originari, formati all’epoca in cui sarebbero avvenuti i pagamenti indebiti (c.d. saldo banca). L’assunzione quale saldo di
riferimento per l’individuazione delle rimesse solutorie di un importo già epurato dagli addebiti illegittimi che il correntista intende ripetere (criterio del saldo rettificato), vanificherebbe l’effetto della prescrizione in relazione ai pagamenti indebiti di cui il correntista domanda la ripetizione.
4.1- Il motivo è inammissibile ex art. 360 bis comma 1 c.p.c. essendo consolidato l’orientamento cui si intende dare continuità e che le considerazioni di parte ricorrente non sono idonee a rimettere in discussione -per cui nelle controversie aventi ad oggetto la domanda di ripetizione di indebito conseguente alla declaratoria di nullità delle clausole contrattuali e delle prassi bancarie contrarie a norme imperative ed inderogabili, la ricerca dei versamenti di natura solutoria deve essere preceduta dall’individuazione e dalla successiva cancellazione dal saldo di tutte le competenze illegittime applicate dalla banca e dichiarate nulle dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 7721/2023).
4.2- La questione di quale saldo contabile (il “saldo banca” che offre una ricostruzione delle operazioni contabili così come si sono susseguite nel tempo, oppure il “saldo rettificato”, epurato dalle annotazioni illegittime effettuate dall’istituto di credito) debba utilizzarsi nei contenziosi bancari aventi ad oggetto (come la odierna controversia) la nullità delle indebite annotazioni effettuate dalla banca nel corso di un rapporto di conto corrente a fronte dell’eccezione di prescrizione della consequenziale azione di ripetizione ex art. 2033 cod. civ., è stato oggetto di ampio dibattito, sostenendosi da parte dei fautori del cd. “saldo banca” che utilizzando il saldo rettificato si finirebbe per eludere il disposto dell’articolo 1422 cod. civ., a tenore del quale l’azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dell’usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione.
Altro orientamento, invece, ha sottolineato che se il contratto di conto corrente è viziato da nullità delle annotazioni in esso
presenti, anche l’estratto conto presenterà dei saldi viziati, inidonei a individuare le rimesse solutorie effettuate dal correntista. Pertanto, – si è sostenuto – non si può fare affidamento su quelle che sono le risultanze finali offerte dalla banca, in quanto sono basate su clausole contrattuali e prassi contabili contrarie a norme imperative ed inderogabili, creando, così, una realtà contabile solo apparente e virtuale. Seguendo tale impostazione, quindi, per riscontrare se i singoli versamenti abbiano avuto natura solutoria, ovvero di pagamento di un debito, occorre effettuare una ricostruzione contabile del conto corrente depurandolo da tutti gli addebiti, indebitamente ascritti dalla banca, conseguenti a clausole e prassi nulle ed inefficaci. Quindi, per il calcolo delle rimesse solutorie, va preso a riferimento il saldo rettificato, al fine di non confondere rimesse “apparentemente solutorie” con rimesse “effettivamente solutorie”.
4.3- In un siffatto contesto è intervenuta questa Suprema Corte, con l’ordinanza n. 9141 del 2020, la quale, pronunciandosi su tale vexata quaestio , ha sottolineato la netta separazione tra l’azione di ripetizione e quella di accertamento della nullità delle competenze illegittime addebitate dalla banca e che ricalcolare il reale ed effettivo rapporto di dare/avere, eliminando tutte le competenze addebitate dalla banca illegittimamente e quindi nulle, risulta essere una mera operazione preventiva e legittima rispetto a quella di individuazione dei versamenti solutori. Così facendo, infatti, si viene solamente ad operare una fictio iuris finalizzata a contrappore una realtà giuridica a quella storica offerta dalla banca e, quindi, il disposto dell’art. 1422 cod. civ. non risulterà violato ma varrà per tutte le rimesse “realmente” solutorie individuate in base al saldo ricalcolato.
4.4. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della pronuncia appena descritta (confermate dalla successiva Cass. n. 3858 del 2021 nonché da Cass.7721/2023 già citata). Sicché deve
ribadirsi che, nelle controversie che hanno ad oggetto l’azione di nullità delle clausole contrattuali e delle prassi bancarie contrarie a norme imperative ed inderogabili e la relativa domanda di ripetizione di indebito la ricerca dei versamenti di natura solutoria deve essere affrontata attraverso un iter procedurale che vede, in via preliminare, l’individuazione e la cancellazione dal saldo di tutte le competenze illegittime applicate dalla banca e dichiarate nulle dal giudice di merito, solo all’esito di tale operazione di rettifica potendosi individuare i versamenti solutori effettuati dal correntista nel corso del rapporto contrattuale di conto corrente con apertura di credito o comunque scoperto, ferma la non ripetibilità di quei versamenti per i quali è maturata la prescrizione del relativi diritto (v. Cass. n. 9756/2024).
5.- in definitiva il ricorso va respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. provvedendo alla distrazione di onorari e spese in favore dell’avv. NOME COGNOME che ne ha fatto richiesta. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della parte controricorrente, liquidate nell’importo di euro 3.700,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge, con attribuzione all’avvocato antistatario NOME COGNOME. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1° Sezione