Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26621 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26621 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 758/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE),
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in RomaINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE),
-controricorrente-
avverso il decreto del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto n. cron. 614/2018 depositato il 10/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/9/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto con l’impugnato provvedimento rigettava l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di esecutività dello stato passivo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che aveva respinto la domanda di rivendica e/o restituzione formulata dall’odierna ricorrente avente ad oggetto tre imbarcazioni (RAGIONE_SOCIALE TARGA_VEICOLO/23, RAGIONE_SOCIALE 62/28 e RAGIONE_SOCIALE 16/23), beni che il curatore aveva inventariato ed acquisito alla massa attiva fallimentare.
1.1 Il Tribunale affermava che, dall’esperita consulenza tecnica, era emersa la diretta riconducibilità di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE e, quindi, a COGNOME NOME; inoltre, la stessa documentazione offerta dall’opponente aveva consentito di ritenere che le imbarcazioni fossero state rinvenute all’interno di un’area di proprietà della fallita, anche se oggetto di contratto di affitto di azienda tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, risoltosi il 2/10/2012 su iniziativa del Commissario Giudiziale della RAGIONE_SOCIALE; di certo, secondo i giudici dell’opposizione, il sito all’interno del quale si trovavano le imbarcazioni rivendicate non era nella disponibilità della odierna ricorrente.
1.2 Argomentava, quindi, il Collegio che la documentazione versata in atti da RAGIONE_SOCIALE (fatture, copie dei registri contabili e bonifici di pagamento) non era idonea a dimostrare la proprietà delle imbarcazioni, in quanto incerta e contraddittoria, avuto riguardo anche allo stretto rapporto di correlazione tra la società fallita e l’opponente (entrambe parti del medesimo gruppo societario e riconducibili alla medesima persona fisica) e alla mancata produzione di contratti ed atti di registrazione di trasferimenti di proprietà.
1.3 Riteneva, infine, il Tribunale che l’esistenza di una forte commistione tra le società consentisse di escludere la sussistenza delle condizioni di verosimiglianza, richieste dall’art. 621 c.p.c., per dare corso alla dedotta prova testimoniale.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto affidandolo ad undici motivi; RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese mediante controricorso e memoria ex art 380 bis 1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I motivi del ricorso possono così sintetizzarsi:
primo motivo: violazione degli artt. 86 e 87 l. fall., 609 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1° , n. 3 c.p.c., per avere il Tribunale errato nel ritenere appresi alla massa attiva gli yachts da diporto, oggetto di rivendicazione, sui quali il curatore fallimentare aveva apposto i sigilli e redatto inventario, malgrado non facessero parte dei rami di azienda fallita e non si trovassero presso la sede principale dell’impresa bensì presso locali di imprese terze;
secondo motivo: falsa applicazione degli artt. 103 l. fall., 513 e 621 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1° , n. 3, c.p.c., per avere l’impugnato decreto malamente applicato alla fattispecie in esame la presunzione di proprietà delle imbarcazioni in capo alla fallita e le limitazioni probatorie in capo al terzo rivendicante, laddove gli yachts non erano stati rinvenuti presso l’azienda fallita bensì presso società terze, che gestivano, in regime di affitto, rami di azienda della fallita;
terzo motivo: falsa applicazione dell’art 1153 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1° , n. 3, c.p.c., per avere i giudici dell’opposizione applicato non correttamente il regime di presunzione per cui «possesso vale titolo» relativamente ad un’area che non era nel possesso della fallita e su natanti detenuti in custodia;
quarto motivo: violazione dell’art 2729 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c.: si rimprovera al Tribunale di avere, nel decidere la causa sulla base dell’art 621 c.p.c., erroneamente applicato il regime delle presunzioni semplici, non consentite al pari
della prova testimoniale, per escludere la proprietà dei beni rivendicati in capo al rivendicante e riconoscere la proprietà dei beni in capo al fallito;
quinto motivo: violazione degli artt. 2730, 2733 e 2735 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1° n. 3, c.p.c.; il Tribunale non avrebbe riconosciuto alla dichiarazione del curatore contenuta comunicazione nr. 56 del 14/5/2013 inviata al Giudice Delegato natura confessoria sul fatto che le imbarcazioni non erano di proprietà del fallimento o non si potevano presumere tali; in particolare nell’informativa proveniente dall’organo della procedura sarebbero state « individuate imbarcazioni di cui è stata segnalata l’appartenenza a terzi, e la cui presenza nei locali dell’impresa fallita era da attribuire all’attività dell’impresa locataria RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE»; dichiarazione alla quale il curatore aveva fatto seguire la considerazione che « è verosimile ritenere che i locatari abbiano sfruttato i capannoni locati riponendo in questi le imbarcazioni ricevute in deposito o manutenzione da parte dei propri clienti »;
sesto motivo: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione costituito dalle dichiarazioni confessorie rese dal curatore del RAGIONE_SOCIALE al Giudice Delegato;
settimo motivo: violazione dell’art. 621 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c, per avere il Tribunale errato nel disattendere la richiesta di ammissione della prova per testi, malgrado l’esistenza del diritto fosse verosimile in base all’attività della società fallita e dei terzi;
ottavo motivo: violazione dell’art. 2704 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c., per avere il Tribunale errato nel non considerare il rogito notarile del 15/11/2011 contenente l’affitto di ramo d’azienda e riportante, in allegato, l’inventario dei beni, che escludeva le imbarcazioni rivendicate, scrittura di data certa
anteriore opponibile al RAGIONE_SOCIALE e di contenuto tale da dimostrare l’estraneità delle imbarcazioni al patrimonio della fallita;
nono motivo: violazione dell’art. 2724 c.c., falsa applicazione dell’art . 621 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1° , n. 3, c.p.c.; il Tribunale avrebbe errato nel non ammettere la dedotta prova per testi malgrado nell’inventario dei beni trasferiti alla società affittuaria del ramo d’azienda allegato al rogito notarile del 15/11/2011, opponibile al fallimento, non figurassero le imbarcazioni oggetto di rivendica; tale scrittura costituiva, quantomeno, principio di prova scritta;
decimo motivo: violazione degli artt. 2331 c.c. e 112 c.p.c., falsa applicazione degli artt. 2497 c.c., 66 e 67 l.fall. in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c., per avere il Tribunale sbagliato nel ritenere l’insussistenza della terzietà della società rivendicante e della società concessionaria dell’affitto di ramo d’azienda sulla base di presunzioni e della sostanziale simulazione della costituzione del gruppo societario in pregiudizio ai creditori, in difetto di domanda e dei necessari presupposti;
undicesimo motivo: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art 360, comma 1°, n. 5 c.p.c., avendo il Tribunale errato nel ritenere che la Fallita fosse proprietaria anziché mera concedente dell’area ‘ex N.A.C.’, dove erano state rinvenute le imbarcazioni, sulla sola base degli atti e dei documenti prodotti dall’opponente, mentre da detti atti e dai documenti ciò non risultava.
Il primo motivo è inammissibile innanzitutto perché pone una questione di per sé irrilevante nel presente processo, il cui oggetto non è la legittimità dell’inventario, bensì la rivendica dei beni da parte della società opponente. La censura, inoltre, si traduce in una mera critica mossa al dato fattuale accertato dal giudice di merito, il quale ha riscontrato che le imbarcazioni oggetto di rivendica erano state trovate ricoverate dal curatore all’interno dell’area
(cosiddetta ‘ex N.A.C.’) di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, che era rientrata nella disponibilità della fallita per effetto dello scioglimento del contratto di affitto di ramo d’azienda in data antecedente al RAGIONE_SOCIALE, e comunque in un luogo e nel ramo d’azienda « di pertinenza della fallita » (ciò che è sufficiente, dal momento che la proprietà dell’area non è elemento essenziale per individuare la sede dell’impresa e della sua azienda).
Anche il secondo motivo è inammissibile, in quanto non si correla con la ratio decidendi del decreto impugnato, in particolare laddove si ipotizza che il tribunale abbia applicato una presunzione di proprietà dei beni in capo alla società fallita. Occorre chiarire che il rigetto della rivendica non richiede e non presuppone l’accertamento della proprietà dei beni in capo all’impresa fallita, ma semplicemente la mancanza della prova della titolarità del diritto di proprietà del soggetto rivendicante.
3.1 Quanto poi alla inammissibilità della prova testimoniale sancita nell’art. 621 c.p.c., con particolare riguardo alla conseguente impossibilità per il rivendicante di provare il suo diritto mediante presunzioni semplici (art. 2729, comma 2, c.c.), si deve rilevare che il tribunale è andato comunque oltre tale limite, dato che non si è astenuto dall’argomentazione presuntiva per l’accertamento del fatto, ma ha espressamente affermato che tutte le caratteristiche del caso concreto (i fatti noti) « inducono a ritenere non provata la rivendicata proprietà sui beni ».
Neanche il terzo motivo supera il vaglio di ammissibilità.
4.1 Secondo il combinato disposto cui agli artt. 84 e 87 l.fall. il curatore del fallimento procede all’apprensione, apponendo i sigilli e compiendo le operazioni di inventario, di tutti i beni « che si trovano nella sede principale dell’impresa e sugli altri beni del debitore ».
4.2 Tale evenienza ricorre nella fattispecie in esame, in quanto, per quanto ricostruito in punto di fatto dal Tribunale, i natanti sono
stati rinvenuti all’interno di un posteggio di proprietà, o comunque nella disponibilità della fallita e contro tale accertamento si infrange la censura che erroneamente ascrive al Tribunale l’applicazione dell’art. 1153 c.c. ( disposizione di cui non viene fatto cenno alcuno nel decreto). Va ribadito che l’esito della rivendica non dipende dalla prova della proprietà dei beni rivendicati in capo alla società fallita, bensì dalla prova -o dalla mancanza di prova -della proprietà in capo alla opponente.
Il quarto motivo, ancora una volta, è inammissibile in quanto l’impugnato decreto, come sopra precisato, ha fatto corretta applicazione delle modalità di acquisizione alla massa attiva delle imbarcazioni rinvenute nell’area di proprietà della fallita.
5.1 Il tribunale non ha accertato che i beni rivendicati fossero di proprietà della fallita e non ha utilizzato presunzioni semplici a tal fine, perché non aveva alcun bisogno di farlo per decidere la causa: semmai la limitazione della prova presuntiva invocata dal ricorrente afferisce al regime probatorio riservato al terzo che vuole dimostrare la proprietà dei beni legittimamente appresi dal curatore.
Il quinto motivo è infondato per plurime ragioni.
6.1 Va rilevato, in primo luogo, che il curatore non può rendere confessione in danno dei creditori; lo stesso, infatti, essendo terzo rispetto alla massa dei creditori, non può disporre dei relativi diritti (2731 c.c.), senza contare che la relazione è rivolta al giudice e non alla controparte (2735 c.c.) (cfr., ex multis, Cass. nn. 19418/2017, 15570/2015).
6.2 In secondo luogo, si sarebbe trattato, a tutto concedere, di una confessione stragiudiziale resa a un terzo, che non ha valore di prova legale, ma è liberamente apprezzabile dal giudice del merito ai sensi dell’art. 116 c.p.c. (art. 2735, comma 1, c.c.).
6.3 Infine, nelle dichiarazioni del curatore sopra citate e in quelle più ampiamente riportate nel ricorso, non c’è alcun cenno alla
possibilità che le imbarcazioni siano di proprietà della società rivendicante. Si tratta, invero, di dichiarazioni generiche sulla possibile appartenenza degli yachts a non meglio precisati clienti delle società affittuarie, nonché di mere valutazioni sulla verosimiglianza di tale possibilità. Nulla a che vedere, quindi, con la « dichiarazione che una parte fa della realtà di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte » (art. 2730, comma 1, c.c.).
Il sesto motivo è inammissibile, posto che il denunciato vizio di omesso esame si presenta carente quanto al requisito della decisività; ciò in quanto, come ripetutamente sopra precisato, nel giudizio di opposizione allo stato passivo delle rivendiche non si tratta di accertare la proprietà dei beni rivendicati in capo al fallimento, bensì soltanto di verificare -positivamente o negativamente -la proprietà del soggetto rivendicante. Pertanto, oggetto del giudizio non è appurare se i beni siano di proprietà «di terzi», bensì se essi siano di proprietà del soggetto rivendicante. In ogni caso, non ha rilievo la «consapevolezza» del curatore in merito alla proprietà dei beni, bensì soltanto l’oggettiva situazione di quella proprietà, secondo il giudizio del tribunale, basato sull’apprezzamento del fatto, di per sé insindacabile in sede di legittimità.
Il settimo motivo è inammissibile in quanto, ancora una volta, va a sindacare l’accertamento in fatto – incensurabile in sede di legittimità se non nei ristretti limiti di cui all’art 360 , comma 5°, c.p.c. o deducendo il vizio di mancanza o motivazione apparente effettuato dal Tribunale, il quale ha escluso la ricorrenza delle ragioni di verosimiglianza derogative del regime di ripartizione dell’onere probatorio previsto dall’art . 621 c.p.c. per via dell’esistenza di una commistione economica tra la società rivendicante e quella fallita, che rendeva implausibile « da un punto di vista logicoimprenditoriale ….la cessione di imbarcazioni da una società all’altra dello stesso gruppo ».
8. L’ottavo motivo è, all’evidenza, inammissibile, in quanto non è dato comprendere il senso e il fine della censura che fa leva sull’opponibilità al fallimento del rogito notarile della cessione di ramo di azienda (circostanza che il Tribunale mai ha messo in discussione) quando il thema decidendum della controversia è costituito dalle limitazioni probatorie, di cui agli artt. 621 c.p.c. e 103 l.fall., gravanti sul rivendicante di beni mobili rinvenuti nella casa o nell’azienda del fallito ed acquisiti dal curatore.
9. Il nono motivo è manifestamente infondato, in primo luogo, perché l’art. 2724 c.c. non trova applicazione nella presente controversia, nella quale l’ammissibilità della prova testimoniale è regolata dalla diversa e più specifica disposizione contenuta nell’art. 621 c.p.c., richiamata dall’art. 103 l . fall.
9.1 Ad ogni buon conto, la mancata inclusione nell’allegato al contratto di affitto di ramo d’azienda delle imbarcazioni rivendicate dall’odierna ricorrente giammai costituisce un « principio di prova scritta» della proprietà in capo alla ricorrente di tali beni che schiuderebbe le porte all’ammissione della prova per testi ; al contrario, tale dato fattuale potrebbe essere considerato elemento a favore della proprietà dei beni in capo della società fallita che avrebbe escluso dall’affitto proprio quei natanti ricoverati all’interno dell’area di sua proprietà.
10. Il decimo motivo è inammissibile, in quanto vengono attribuiti al giudice di merito una serie di valutazioni, qualificazioni e conclusioni (insussistenza della qualità di terzo del rivendicante, simulazione di costituzione di gruppo di società in danno dei creditori, negazione dell’autonomia della personalità giuridica dell’autonomia patrimoniale delle società e della verosimiglianza del contratto di affitto di ramo d’azienda e dei contratti di compravendita di delle imbarcazioni) in realtà mai compiuti.
10.1 L’impianto logico -motivazionale dell’impugnata decisione, nell’evidenziare una situazione di correlazione tra le società facenti
capo a NOME COGNOME al fine di rendere il giudizio finale sulla prova della proprietà dei beni in capo alla società opponente, si limita solamente a richiamare principi di trasparenza e cautela in materia di contabilità e di stipula dei contratti di trasferimento della proprietà delle imbarcazioni.
11. Alla medesima sorte va incontro l’undicesimo ed ultimo motivo, avendo il Tribunale siciliano ben esaminato il fatto decisivo ai fini del decidere costituito dalla giuridica disponibilità da parte della società fallita del sito all’interno del quale erano alloggiate le imbarcazioni.
11.1 La censura difetta del requisito della ‘decisività’ , atteso che non si vede quale rilevanza potrebbe avere, ai fini dell’accoglimento della rivendica, la circostanza che la società fallita avesse avuto la disponibilità dell’area su cui era collocata la sua azienda (e in cui vennero rinvenute e inventariate le imbarcazioni) a titolo di proprietà oppure, invece, a qualsiasi altro titolo. Rimarrebbe intatta, in entrambi i casi, la necessità per la ricorrente di dimostrare di avere acquistato la proprietà dei beni rivendicati e di averla mantenuta fino al momento della dichiarazione di fallimento. In conclusione, il ricorso è infondato.
12. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 10.200 , di cui € 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30.5.2002 n. 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 10 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME