Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1582 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1582 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
R.G.N. 1167/21
C.C. 5/12/2024
Vendita -Preliminare -Esecuzione specifica
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 1167/2021) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza n. 566/2020, pubblicata il 27 ottobre 2020, notificata a mezzo PEC il 28 ottobre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 28 marzo 2003, COGNOME conveniva, davanti al Tribunale di Potenza, NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di NOME NOME, chiedendo che fosse disposto il trasferimento coattivo, in suo favore, della proprietà dell’appartamento sito in Avigliano, INDIRIZZO in forza del contratto preliminare di vendita concluso il 14 agosto 1974 con il dante causa dei convenuti, per il prezzo di complessive vecchie lire 5.000.000, di cui lire 3.000.000 versate al momento della stipula, con la previsione che il definitivo sarebbe stato stipulato non appena legalmente possibile, avendo ad oggetto un immobile assegnato al promittente venditore dallo Iacp con atto del 20 aprile 1966, con l’offerta di corrispondere il residuo dovuto.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali resistevano all’accoglimento della domanda avversaria e, in via riconvenzionale, chiedevano che fosse dichiarata la nullità del contratto preliminare o, in subordine, che fosse pronunciata la sua risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Si costituiva altresì in giudizio COGNOME NOME, la quale concludeva per la declaratoria di inammissibilità della domanda di esecuzione specifica del contratto preliminare, stante l’impossibilità per il promissario acquirente di ottenere una sentenza costitutiva nei confronti di solo alcuni dei proprietari, posto che il bene promesso in vendita era stato oggetto di comunione legale tra coniugi e che, con la morte del promittente alienante NOME NOME, solo la quota di proprietà di quest’ultimo era caduta in successione ereditaria.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 706/2006, depositata il 29 agosto 2006, disponeva l’esecuzione specifica del preliminare e, per l’effetto, pronunciava il trasferimento della proprietà dell’immobile emarginato in favore dell’attore, ordinando a quest’ultimo di pagare la parte residua del prezzo di compravendita, con aggiornamento di tale somma sino alla data in cui il rogito notarile avrebbe potuto essere stipulato; rigettava, poi, le domande riconvenzionali proposte dai convenuti.
In specie, la sentenza di primo grado rilevava che il promittente venditore era divenuto proprietario in forza di contratto di vendita con patto di riservato dominio al momento in cui, alla data del 24 settembre 1974, aveva pagato l’ultima rata, come da atto di quietanza integrativo dell’atto di cessione registrato il 10 febbraio 1976 e trascritto l’11 febbraio 1976, circostanza comprovata dall’attestazione rilasciata da un dirigente del servizio amministrativo dell’Ater in data 15 gennaio 2004, sicché a tale data il regime patrimoniale ordinario vigente tra coniugi non era quello della comunione legale, bensì della
separazione dei beni, con l’effetto che non poteva ritenersi che tale bene fosse ricaduto nella comproprietà dei coniugi.
In secondo luogo, evidenziava che, pur essendo infondate le domande riconvenzionali proposte, il prezzo residuo dovuto doveva essere aggiornato, per una questione di equità sostanziale, alla data in cui il rogito notarile avrebbe potuto essere stipulato, ossia decorsi 10 anni dalla data del perfezionamento dell’acquisto in data 24 settembre 1974.
2. -Con atto di citazione notificato l’11 settembre 2007, NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) l’erronea rilevanza attribuita alla dichiarazione del dirigente Ater del 15 gennaio 2004, oggetto di contestazione e non idonea a dimostrare l’avvenuto trasferimento della proprietà; 2) l’erronea rilevazione della validità del contratto preliminare di vendita di un alloggio di edilizia economicopopolare, decorsi 10 anni di cui all’art. 16 del d.P.R. n. 2/1959; 3) l’indebita esclusione della riconduzione dell’effetto traslativo alla data del pagamento integrale del prezzo del 30 aprile 1991, con la conseguenza che il bene sarebbe caduto in comunione legale; 4) l’erronea esclusione dell’applicazione della disciplina di cui all’art. 40 della legge n. 47/1985; 5) l’indeterminatezza del rinvio della stipula del definitivo al momento in cui essa fosse stata legalmente possibile, con la conseguente nullità del preliminare; 6) la fondatezza della richiesta di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, stante lo squilibrio tra le prestazioni oggetto del contratto.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione COGNOME il quale insisteva nel rigetto dell’appello proposto e, in via incidentale, chiedeva che fosse riformato il capo della sentenza con cui era stata disposto l’aggiornamento del prezzo residuo dovuto, dalla stipula del preliminare fino al 24 settembre 1984, in considerazione del rifiuto opposto dal COGNOME alla stipulazione del definitivo.
Interrotto il giudizio per il decesso di COGNOME esso era riassunto dal suo erede COGNOME NOMECOGNOME
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Potenza, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’impugnazione principale e incidentale e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che parte appellante, proprio in quanto acquirente dallo Iacp -poi divenuta Ater -dell’immobile oggetto del preliminare dedotto in giudizio, pur avendo la possibilità di dimostrare documentalmente l’inattendibilità dell’attestazione prodotta, si era limitata ad una contestazione generica, di per sé inidonea ad inficiare il contenuto del documento, sicché la data di trasferimento della proprietà dell’i mmobile doveva essere individuata nella predetta data e non in quella successiva corrispondente all’asserito pagamento dell’ultima rata del 30 aprile 1991; b ) che, ai sensi dell’art. 15 del d.P.R. n. 2/1959, richiamato dall’art. 4 dell’atto di cessione del 20 aprile 1966, in atti, il trasferimento della proprietà dell’alloggio dallo Iacp al COGNOME sarebbe dovuto avvenire all’atto del pagamento integrale del prezzo di compravendita, cioè con il
pagamento dell’ultima rata, effettivamente effettuato in anticipo il 24 settembre 1974, come comprovato dalla dichiarazione -depositata in originale dal COGNOME -del dirigente del servizio amministrativo dell’Ater del 15 gennaio 2004, attestante l’avvenuto pagamento da parte del Gallotta di tutte le rate del prezzo e, quindi, l’avvenuto trasferimento della proprietà dell’immobile alla predetta data; c ) che dall’individuazione della data di trasferimento della proprietà, con il pagamento dell’ultima rata di prezzo, discendeva l’infondatezza del primo motivo di censura, poiché l’acquisto si era perfezionato in favore del Gallotta prima dell’entrata in vigore della legge di riforma del diritto di famiglia; d ) che infondato era anche il motivo di censura svolto dall’appellante in via incidentale, avendo questi dichiarato, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, di offrire la residua controprestazione nell’importo e nei modi che il Tribunale avesse stabilito; e ) che, in conseguenza, correttamente il Tribunale aveva assunto la sua decisione, ritenendo, per ragioni di equità sostanziale, che dovesse essere versato il solo importo residuo aggiornato alla data in cui il COGNOME poteva trasferire la proprietà, ossia dal 24 settembre 1984, senza che il COGNOME potesse dolersi della rivalutazione del saldo del prezzo nei limiti del periodo di vigenza del divieto di alienazione -e non per il periodo successivo -, in relazione al quale era configurabile il ritardo incolpevole del promittente venditore.
3. -Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Ha resistito, con controricorso, l’intimato COGNOME VincenzoCOGNOME che -a sua volta -ha proposto ricorso incidentale, articolato in tre motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con l’unico motivo del ricorso principale i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 184 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che la prova dell’acquisto della proprietà in favore del promittente alienante potesse essere desunta dall’attestazione Ater del 15 gennaio 2004, in cui si dava atto di un atto di quietanza del 24 settembre 1974 integrativo dell’atto di cessione, così invertendo l’onere probatorio, poiché sarebbe stato rimesso agli appellanti l’onere di dimostrare documentalmente l’inattendibilità del documento (anziché al promissario acquirente l’onere di provare la sua attendibilità).
Osservano, inoltre, gli istanti che la contestazione di tale documento non sarebbe stata affatto generica, avendo gli stessi sostenuto che l’attestazione rilasciata non fosse sufficiente a costituire di per sé sola una prova piena della data in cui sarebbe avvenuto il trasferimento della proprietà immobiliare da un diverso Istituto -lo Iacp -(rispetto all’ente che aveva rilasciato l’attestazione: l’Ater) al promittente venditore.
Sicché sarebbe stato onere del promissario acquirente provare l’autenticità di tale attestazione, la sua veridicità e la sua riferibilità all’Istituto venditore.
E, d’altronde, si sarebbe dovuto escludere che rientrasse nella nozione di comune esperienza il fatto che lo Iacp fosse poi divenuta Ater.
1.1. -Il motivo è infondato.
Tanto perché le risultanze della dichiarazione Ater potevano essere utilizzate ai fini della prova del pagamento dell’ultima rata del prezzo e, dunque, del perfezionamento dell’atto traslativo in favore del promittente alienante ai sensi dell’art. 1523 c.c.
Infatti, quanto agli atti provenienti da enti pubblici, sono assistite da una presunzione di corrispondenza al vero le attestazioni ed enunciazioni di fatto in essi contenute (benché tali atti non siano equiparabili ad atti pubblici facenti fede sino a querela di falso), secondo il meccanismo della presunzione iuris tantum , sicché essi possono essere posti a fondamento del convincimento del giudice di merito (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3253 del 02/03/2012; Sez. 3, Sentenza n. 3654 del 24/02/2004; Sez. L, Sentenza n. 7002 del 21/06/1991; Sez. 3, Sentenza n. 6595 del 30/07/1987; Sez. 3, Sentenza n. 138 del 19/01/1972; Sez. 1, Sentenza n. 3802 del 22/11/1969; Sez. 1, Sentenza n. 229 del 27/01/1967).
Ora l’Ater e prima lo Iacp -hanno natura di enti pubblici non economici, in quanto perseguono una finalità eminentemente assistenziale che consiste nel procurare alloggi alle classi di lavoratori meno abbienti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 2485 del 03/02/2021; Sez. U, Sentenza n. 4179 del 03/10/1977; Sez. U, Sentenza n. 493 del 16/02/1976).
Da ciò la particolare attendibilità delle attestazioni da tali enti emesse.
In ordine al fatto che allo Iacp sia succeduta l’Ater e che, dunque, quest’ultima fosse legittimata ad attestare fatti riguardanti la sfera giuridica dell’Istituto che l’aveva preceduta tale successione è avvenuta in base alla legge e, pertanto, doveva ritenersi legalmente conoscibile.
1.2. -A fortiori si evidenzia che, quand’anche l’immobile fosse ricaduto nella comunione legale, comunque l’esecuzione in forma specifica si sarebbe potuta ottenere.
Ed invero per l’esecuzione in forma specifica, a norma dell’art. 2932 c.c., di un preliminare di vendita di un bene immobile rientrante nella comunione legale dei coniugi, non è necessaria la sottoscrizione di entrambi i promittenti venditori, ma è sufficiente il consenso del coniuge non stipulante, traducendosi la mancanza di detto consenso in un vizio di annullabilità, da far valere, ai sensi dell’art. 184 c.c., nel rispetto del principio generale della buona fede e dell’affidamento, entro il termine di un anno, decorrente dalla conoscenza dell’atto o dalla trascrizione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20439 del 29/07/2019; Sez. 2, Sentenza n. 12923 del 24/07/2012; Sez. 2, Sentenza n. 12923 del 24/07/2012; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 33235 del 29/11/2023).
Annullamento che nella fattispecie non è stato fatto valere.
2. -Con il primo motivo del ricorso incidentale il controricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 113, primo comma, c.p.c., per avere la Corte territoriale reputato corretta la decisione del giudice di primo grado in ordine alla disposizione dell’aggiornamento del residuo prezzo dovuto della vendita, da
corrispondersi per un arco di tempo decennale dal 24 settembre 1974 al 24 settembre 1984, per ragioni di equità sostanziale, nonostante il giudicante avesse dovuto seguire nel pronunciamento norme di diritto, fatta salva specifica diversa disposizione di legge.
-Con il secondo motivo del ricorso incidentale il controricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 114 c.p.c., per avere la Corte distrettuale disposto l’aggiornamento del prezzo residuo dovuto sulla scorta dell’equità sostanziale, benché la possibilità di decidere il merito della causa secondo equità fosse condizionata al fatto che il contenzioso riguardasse i diritti disponibili delle parti e che queste ne avessero fatto concorde richiesta, richiesta concorde che nella fattispecie sarebbe mancata.
-Con il terzo motivo del ricorso incidentale il controricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1372 e 1322 c.c., per avere la Corte del gravame disposto l’aggiornamento del residuo prezzo dovuto di vecchie lire 2.000.000, derivante dalla promessa di vendita del 14 agosto 1974, nonostante le parti fossero reciprocamente consapevoli che, in tema di edilizia economica e popolare, vi fosse il divieto di alienazione per un periodo di 10 anni dall’assegnazione, nel caso di pagamento del prezzo in un’unica soluzione, e per un periodo di 15 anni, nel caso di pagamento rateale, pena la nullità di pieno diritto della vendita.
Sicché il giudice di merito non avrebbe potuto disporre tale aggiornamento, poiché le parti avevano pattuito un residuo da corrispondere senza prevedere alcuna integrazione del prezzo, nonostante fossero consapevoli che, ai fini della stipulazione del contratto definitivo, avrebbe dovuto essere atteso il decorso di un decennio o di un quindicennio, con la conseguente libera accettazione dell’alea di un eventuale incremento di valore del bene e della progressiva svalutazione monetaria.
Il che avrebbe inibito l’applicazione di un criterio domestico di equità sostanziale.
4.1. -I motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono fondati.
Infatti, la sentenza di esecuzione in forma specifica di un preliminare di vendita, resa ai sensi dell’art. 2932 c.c., è destinata ad attuare gli impegni assunti dalle parti, anche con riguardo all’ammontare del prezzo, il quale, pertanto, deve essere quello fissato con il preliminare medesimo, restando esclusa, con riguardo alla sua natura di debito di valuta, la possibilità di una rivalutazione automatica per effetto del ritardo rispetto alla data prevista per la stipulazione del definitivo, salvo che i contraenti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, abbiano espressamente previsto delle maggiorazioni o dei correttivi per compensare la svalutazione monetaria durante il periodo del suddetto ritardo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15546 del 20/06/2013; Sez. 2, Sentenza n. 2441 del 14/03/1988; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6786 del 21/03/2014).
Rispetto a tale principio nomofilattico non vi erano le condizioni per disporre la rivalutazione secondo un criterio di equità correttiva, in difetto delle condizioni di cui agli artt. 113, primo comma, e 114 c.p.c. (potere conferito dalla legge di decidere secondo equità o concorde richiesta delle parti).
Il fatto che il promissario acquirente avesse dichiarato, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, di offrire la residua controprestazione nell’importo e nei modi che il Tribunale avesse stabilito, non avrebbe potuto essere letto -contrariamente alla ricostruzione della Corte d’appello come un preventivo consenso prestato alla determinazione equitativa del residuo dovuto, in quanto tale rimessione implicava che le determinazioni del giudice avvenissero secondo diritto.
5. -In definitiva, il ricorso principale deve essere disatteso mentre il ricorso incidentale deve essere accolto.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, limitatamente ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti del ricorso incidentale e rinvia la causa alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda