Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22411 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22411 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30454/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato
COGNOME
NOME
–
contro
ricorrente- avverso ORDINANZA di TRIBUNALE MILANO n. 48877/2018 depositata il 25/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con ricorso ex art.14 del D.Lgs n.150 del 2011, la Banca di Credito Cooperativo di Milano società cooperativa propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano, con il quale l’avv. COGNOME Roberto le aveva ingiunto il pagamento della somma di euro 81.567,74, a titolo di compenso professionale per le attività giudiziali e stragiudiziali civili svolte in favore della banca innanzi a giudici di merito ed alla Cassazione.
L’avv. COGNOME eccepì l’inammissibilità dell’opposizione perché proposta con ricorso ex art. 14 del d.lgs. 150/2011, depositato, ma non notificato, nel termine di quaranta giorni previsto dall’art. 641 c.p.c., anziché mediante tempestivo atto di citazione, ex art. 645 c.p.c., riferendosi il compenso professionale anche ad attività stragiudiziale svolta innanzi alla Corte di cassazione, in relazione alla quale non era applicabile il rito speciale.
Con ordinanza del 25.9.2020, il Tribunale di Milano dichiarò inammissibile l’opposizione e confermò il decreto ingiuntivo.
Il Tribunale, pur ritenendo applicabile il rito sommario di cognizione, previsto dall’art. 14 del d.lgs. 150/2011, alla liquidazione del compenso di avvocato per l’attività stragiudiziale civile – se prodromiche o complementari a quella giudiziale civile escludendo l’applicabilità del rito speciale per le prestazioni rese dinanzi alla Corte di cassazione, secondo il tenore letterale dell’art. 14, comma 2, del d.lgs. 150/11, secondo cui ‘è competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera’.
Pertanto, essendo l’opposizione al decreto ingiuntivo funzionalmente di competenza del giudice che lo ha emesso,
l’opposizione avente ad oggetto i compensi relativi ad attività resa innanzi alla Corte di Cassazione doveva essere proposta nelle forme della cognizione ordinaria dinanzi al Tribunale di Milano.
Nel caso di specie, l’opponente aveva depositato il ricorso ex art. 14 del d.lgs. 150/11 il 16.10.2018, nel termine di quaranta giorni dalla notificazione del decreto ingiuntivo, avvenuta il 6.9.2018, ex art. 641 c.p.c., ma lo aveva notificato successivamente, oltre tale termine.
Soltanto la notificazione del ricorso ex art. 14 del d.lgs. 150/11 e del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti nel termine di quaranta giorni dalla notificazione del decreto ingiuntivo avrebbe consentito di considerare tempestiva l’opposizione, pur proposta con rito errato, in quanto l’atto, in applicazione del principio di cui all’art. 156 c.p.c., avrebbe comunque raggiunto il proprio scopo.
Avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano, la Banca di Credito Cooperativo di Milano – società cooperativa ha proposto ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost. sulla base di cinque motivi.
2.1. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
2.2. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
2.3. In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14 del D.lgs. 150/2011, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c; secondo la ricorrente, l’art. 14 del D.lgs. 150/2011 introduce, in riferimento al giudice di merito, un mero criterio di competenza, non inderogabile, che non inciderebbe sul
rito applicabile. Pertanto, l’opposizione a decreto ingiuntivo sarebbe stata correttamente proposta con ricorso ex artt. 645 e 702-bis c.p.c. ed ex art. 14 del D.lgs. n. 150/2011, trattandosi dell’unico rito applicabile all’opposizione proposta contro tutti i decreti ingiuntivi riguardanti i compensi per prestazioni giudiziali rese dall’avvocato o per prestazioni giudiziali ad esse connesse.
Inoltre, la ricorrente evidenzia che l’attività professionale svolta dinanzi alla Corte di Cassazione non può considerarsi esclusa dall’ambito di applicazione degli artt. 28 della L. n. 794/1942 e 14 del D.lgs. n. 150/2011, in quanto l’esclusione riguarda solamente l’attività professionale stragiudiziale civile , che non si pone in stretto rapporto di dipendenza con il mandato relativo alla difesa o alla rappresentanza giudiziale, all’attività svolta nel processo penale, all’attività amministrativa e all’attività svolta dinanzi a giudici speciali.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la nullità dell’ordinanza impugnata in relazione al disposto di cui all’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per ultrapetizione, in quanto l’Avv. COGNOME non avrebbe esplicitato, nel ricorso per decreto ingiuntivo, che esso aveva ad oggetto anche compensi relativi ad attività svolta dinanzi alla Corte di Cassazione ed il Tribunale lo avrebbe desunto dai documenti contabili prodotti durante il giudizio di opposizione.
Con il terzo motivo di ricorso, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 125, 163, comma 3, nn. 3 e 4 e 638 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per indeterminatezza del ricorso monitorio, essendosi limitato a un generico rinvio per relationem alla documentazione offerta in comunicazione ed allegata all’atto, senza una sufficiente specificazione dell’oggetto della domanda.
Con il quarto motivo di ricorso, è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 40, comma 3, c.p.c., in relazione all’art. 360,
comma 1, n. 3 c.p.c.; la ricorrente sostiene che si tratti di un’ipotesi di cumulo oggettivo di domande, ex art. 104 c.p.c., che darebbero luogo alla c.d. connessione per coordinazione, per la quale la trattazione simultanea dipenderebbe esclusivamente dalla volontà delle parti. Di conseguenza, sarebbe inapplicabile l’art. 40, comma 3, c.p.c., che impone l’applicazione all’unitario processo del rito ordinario nei soli casi di c.d. connessione forte.
Con il quinto motivo di ricorso, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, commi 1 e 5, del d.lgs. n. 150/2011; degli artt. 12 e 14 delle Disposizioni sulla legge in generale; degli artt. 3, 24 e 111 Cost. e dell’art. 641 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
La ricorrente sostiene che, anche qualora fosse stata seguita una forma di rito errata, l’art. 4, comma 1, del D.lgs. n. 150/2011 impone al giudice di disporre il mutamento del rito, mantenendo salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda secondo le norme del rito seguito prima del mutamento.
Il Tribunale avrebbe, invece, errato nel dichiarare inammissibile l’opposizione, ritenendo applicabile la sanatoria solo nel caso in cui il giudizio sia stato erroneamente proposto con il rito ordinario, in luogo del procedimento speciale di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 150/2011, escludendo l’applicabilità inversa, ossia quando il giudizio sia stato introdotto con un rito speciale in luogo del rito ordinario.
Il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti.
L’art 14, comma 2, del d.lgs. 150/11 dispone che ‘è competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera’.
Questa Corte ha chiarito, sia pur in relazione alla vigenza dell’art.28 della legge n. 794 del 1942, che la liquidazione del compenso per l’attività professionale svolta dinanzi alla Corte di cassazione, non possa essere chiesta alla stessa Corte, attesa
l’incompatibilità strutturale tra il giudizio di cassazione, nel quale non è concepibile alcuna attività istruttoria, ed il suddetto procedimento, nel quale invece può rendersi necessaria l’acquisizione di prove.
Pertanto, per l’attività svolta dall’avvocato dinanzi alla Corte di cassazione il ricorso suddetto va proposto a pena d’inammissibilità: (a) in caso di cassazione senza rinvio o di mancata riassunzione del giudizio di rinvio, dinanzi al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato; (b) nel caso di cassazione con rinvio seguita da riassunzione del giudizio, dinanzi al giudice di rinvio. L’anzidetta norma stabilisce esclusivamente il criterio di competenza per la liquidazione degli onorari relativi a prestazioni rese dinanzi alla Corte di Cassazione, escludendo il procedimento speciale dinanzi alla Suprema Corte, in quanto incompatibile con le sue funzioni e con l’assenza di attività istruttoria (Cass. 20930/2008).
L’applicazione del rito speciale dinanzi alla Corte di Cassazione comporterebbe che quest’ultima assum esse impropriamente funzioni di giudice di merito, anche sotto l’aspetto della necessità di un’eventuale attività istruttoria, incompatibili con la sua funzione di giudice di sola legittimità.
Del resto, la previsione dell’ufficio giudiziario di merito quale foro competente non è suscettibile di interpretazione analogica, trattandosi di disciplina eccezionale che prevede un procedimento speciale di natura sommaria e, quindi, di una forma privilegiata di tutela giurisdizionale (art. 14 preleggi).
L’aver disciplinato il criterio della competenza per i giudizi innanzi alla Corte di Cassazione non esclude che il procedimento speciale possa applicarsi anche ai compensi per prestazioni rese dinanzi alla Cassazione, fermo restando che la competenza a trattare la domanda spetta al giudice di merito che ha pronunciato il provvedimento impugnato – in caso di cassazione senza rinvio o di
mancata riassunzione – oppure al giudice del rinvio – in caso di cassazione con rinvio e successiva riassunzione – (Cass. 1.8.2008, n. 20930; SSUU 4247/2020).
Il Tribunale ha erroneamente confuso il piano della competenza con quello del rito, ritenendo che il procedimento ex art.14 del D. Lgs n.150 del 2011 non fosse applicabile per i compensi professionali relativi ad attività svolta innanzi alla Corte di cassazione.
Nel caso di specie, la Banca aveva correttamente proposto l’opposizione a decreto ingiuntivo mediante il ricorso ex art. 14 del D.lgs. 150/2011 per contestare la richiesta di compenso dell’Avv. COGNOME anche per i giudizi patrocinati innanzi alla Corte di Cassazione, depositando il ricorso il 16.10.2018, nel termine di quaranta giorni dalla notificazione del decreto ingiuntivo, avvenuta il 6.9.2018.
L’opposizione era, pertanto, tempestiva e, pertanto, il Tribunale ha errato nel dichiarare l’opposizione tardiva, e, dunque, inammissibile.
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto; l’ordinanza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Milano in diversa composizione, che farà applicazione del seguente principio di diritto:
‘il procedimento di liquidazione per le prestazioni rese davanti alla Corte di Cassazione segue il rito speciale di cui all’art. 14 del D.Lgs. 150/2011; la competenza spetta al giudice di merito che ha pronunciato il provvedimento impugnato – in caso di cassazione senza rinvio o di mancata riassunzione – oppure al giudice di rinvio – in caso di cassazione con rinvio e successiva riassunzione -‘.
Il giudice di rinvio regolerà le spese del giudizio di legittimità.
Sono assorbiti i restanti motivi.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto e
rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi al Tribunale di Milano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda