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Ritardo cancellazione ipoteca: onere della prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7118/2024, ha stabilito che in caso di richiesta di risarcimento danni per ritardo cancellazione ipoteca, spetta al debitore dimostrare il momento esatto in cui ha richiesto il consenso alla banca. In assenza di tale prova, non è possibile addebitare alla banca un ritardo colpevole. La vicenda riguarda dei garanti ipotecari che, dopo aver estinto un debito, non sono riusciti a vendere l’immobile a causa del presunto ritardo della banca nel fornire il consenso alla cancellazione, perdendo così la caparra e subendo un danno. La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile, confermando la decisione d’appello che negava il risarcimento per difetto di prova.

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Ritardo Cancellazione Ipoteca: Chi Deve Provare Cosa?

L’estinzione di un mutuo è un momento liberatorio, ma il percorso non si conclude con l’ultimo pagamento. Un passaggio cruciale è la cancellazione dell’ipoteca, un atto formale che libera l’immobile da ogni vincolo. Ma cosa succede se la banca tarda a dare il suo consenso? Un recente provvedimento della Corte di Cassazione chiarisce un aspetto fondamentale: l’onere della prova in caso di ritardo cancellazione ipoteca. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione e le sue implicazioni pratiche per i proprietari di immobili.

I fatti di causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da due coniugi, terzi datori di ipoteca, nei confronti di un istituto di credito. I coniugi avevano concesso un’ipoteca su un loro immobile a garanzia di un mutuo contratto da una società. Una volta estinto anticipatamente il debito nel luglio 2005, avevano immediatamente incaricato un notaio di predisporre l’atto di cancellazione.

Pochi mesi prima, i proprietari avevano firmato un contratto preliminare per la vendita dello stesso immobile, con una scadenza fissata a settembre 2005 per la stipula del rogito definitivo. Tuttavia, la banca ha prestato il proprio consenso alla cancellazione solo a novembre 2005, oltre il termine pattuito per la vendita. Di conseguenza, il promissario acquirente ha agito legalmente contro i venditori, ottenendo la restituzione dell’acconto e un risarcimento del danno, che è stato poi definito con una transazione onerosa per i venditori.
Ritenendo la banca responsabile di questa perdita economica, i coniugi l’hanno citata in giudizio. Mentre il Tribunale di primo grado aveva accolto la loro domanda, la Corte d’Appello ha ribaltato la sentenza, ritenendo non provato l’inadempimento della banca.

La decisione della Corte di Cassazione e il ritardo cancellazione ipoteca

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dei proprietari, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della controversia non era se la banca avesse l’obbligo di acconsentire alla cancellazione, obbligo pacifico e mai contestato, ma se avesse adempiuto a tale obbligo con un ritardo colpevole.
I giudici di legittimità hanno sottolineato che, per poter parlare di ritardo, è necessario prima dimostrare il momento esatto in cui la banca è stata messa in condizione di adempiere, ovvero quando ha ricevuto la richiesta formale di prestare il proprio assenso all’atto di cancellazione predisposto dal notaio.

Le motivazioni della decisione

La ratio decidendi della Corte è cristallina e si fonda sul principio dell’onere della prova (art. 2697 c.c.). Se è vero che la banca ha l’obbligo di consentire alla cancellazione dell’ipoteca una volta estinto il debito, è altrettanto vero che non ha l’obbligo di attivarsi autonomamente. L’iniziativa deve partire dal debitore o dal terzo datore di ipoteca. Di conseguenza, chi lamenta un danno derivante da un ritardo cancellazione ipoteca deve provare non solo il ritardo in sé, ma anche il presupposto di tale ritardo: la data certa in cui la banca è stata sollecitata a intervenire.

Nel caso specifico, i ricorrenti non sono riusciti a fornire questa prova. Gli elementi da loro portati, come il pagamento del bollo per l’atto di consenso ad agosto o una lettera inviata dal notaio ai propri clienti (e non alla banca), sono stati ritenuti insufficienti a dimostrare che la banca fosse stata informata e avesse ricevuto la documentazione necessaria già nel mese di agosto. In assenza di una prova certa del momento della richiesta, la Corte ha concluso che non si poteva addebitare alla banca alcuna negligenza o colpevole ritardo.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: chi estingue un mutuo e necessita della cancellazione dell’ipoteca, specialmente in vista di una vendita immobiliare, deve agire con diligenza non solo nel pagare il debito, ma anche nel formalizzare e documentare la richiesta di consenso alla banca. È fondamentale poter dimostrare, con strumenti che forniscano data certa (come una raccomandata con avviso di ricevimento o una posta elettronica certificata – PEC), il momento esatto in cui l’istituto di credito è stato contattato e ha ricevuto l’atto da sottoscrivere. Affidarsi a prove indirette o presuntive può rivelarsi insufficiente in un eventuale contenzioso, compromettendo la possibilità di ottenere un risarcimento per i danni subiti a causa di un ritardo cancellazione ipoteca.

Chi ha l’obbligo di attivarsi per la cancellazione dell’ipoteca una volta estinto il debito?
L’iniziativa per la cancellazione dell’ipoteca deve provenire dal debitore o dal terzo datore di ipoteca. La banca ha l’obbligo di prestare il proprio consenso una volta ricevuta la richiesta, ma non ha l’obbligo di avviare autonomamente la procedura.

In caso di ritardo nel consenso alla cancellazione dell’ipoteca, su chi ricade l’onere della prova?
L’onere della prova ricade interamente sul debitore (o sul terzo datore di ipoteca) che lamenta il danno. Egli deve dimostrare non solo il danno e il nesso di causalità, ma soprattutto il momento esatto in cui ha formalmente richiesto alla banca di prestare il consenso, al fine di provare l’esistenza di un ritardo colpevole.

Il pagamento di somme per la cancellazione o una lettera del notaio ai propri clienti sono prove sufficienti per dimostrare la richiesta alla banca?
No. Secondo la decisione in esame, elementi come il pagamento di un bollo o la corrispondenza tra il notaio e i propri clienti non sono stati considerati prove idonee a dimostrare con certezza il momento in cui la banca ha ricevuto la bozza dell’atto su cui apporre il consenso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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