Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27456 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27456 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 3606/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO controricorrente, ricorrente in via incidentale condizionata avverso la sentenza n.8141/2018 della Corte d’ appello di Roma, depositata il 19-12-2018,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24-92025 dal consigliere NOME COGNOME, lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, il quale ha chiesto sia rigettato e dichiarato inammissibile il ricorso principale e assorbito il ricorso incidentale condizionato
OGGETTO:
subappalto
RG. 3606/2020
C.C. 24-9-2025
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE ha convenuto avanti il Tribunale di Roma RAGIONE_SOCIALEaRAGIONE_SOCIALE per accertare il recesso unilaterale della convenuta dal contratto di subappalto concluso il 2-5-2003 per lo svolgimento di servizi di manutenzione degli impianti idraulici e idroelettrici della committente RAGIONE_SOCIALE e di conseguenza per condannarla, a titolo di risarcimento del danno o indennizzo, al pagamento di Euro 450.000,00.
Con sentenza n. 21924/2010, depositata in data 8-10-2010, il Tribunale di Roma rigettò la domanda, in sintesi, sulla base dei seguenti argomenti.
Il contratto era stato concluso per la durata di due anni per il corrispettivo annuo di Euro 165.000,00, da versare a rate mensili; il 73-2005 COGNOME aveva inviato a COGNOME un ‘ordine di acquisto’ , a fronte del quale l’attrice aveva emesso fattura dell’importo di Euro 15.504,00 ; a seguito del rifiuto opposto da COGNOME, in ragione dell’intervenuta risoluzione del contratto di appalto concluso con RAGIONE_SOCIALE (manutenzione ordinaria di parchi e giardini), COGNOME aveva ottenuto decreto ingiuntivo, divenuto esecutivo per mancata opposizione; la convenuta aveva negato di avere sottoscritto il contratto di subappalto, affermando che il rapporto si era basato solo su ordini di acquisto emessi di volta in volta da NOME e che, in ogni caso, il rapporto si era concluso per effetto della risoluzione dell’appalto.
Infine, il disconoscimento del contratto, al quale non ostava il decreto ingiuntivo passato in giudicato, era stato tempestivo e l’attrice, non comparendo alle udienze e non producendo l’originale della scrittura, aveva reso impossibile procedere alla verificazione.
RAGIONE_SOCIALE propose appello, che la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 8141/2018, depositata il 19-122018, ha rigettato.
La sentenza, accogliendo il primo motivo di appello, ha reputato sussistere giudicato nascente dal decreto ingiuntivo non opposto a riguardo dell ‘esistenza del contratto di subappalto; ha escluso il diritto della società subappaltatrice al risarcimento del danno o all’indennizzo ex art. 1671 cod. civ., in quanto il contratto di subappalto aveva a oggetto i servizi di manutenzione di impianti idraulici e idroelettrici nelle aree di RAGIONE_SOCIALE, affidati per la manutenzione a RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria di associazione RAGIONE_SOCIALE imprese e il rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non era più vigente alla data del 15-32005, per effetto del recesso della committente RAGIONE_SOCIALE Ha ritenuto che l’intervenuta risoluzione del contratto intercorso tra committente principale e appaltatore aveva determinato l’impossibilità sopravvenuta, da valutare ex art. 1672 cod. civ., che comportava il diritto al pagamento delle opere o dei servizi già compiuti, ma non l’obbligo indennitario secondo l’ipotesi regolata dall’art. 1671 cod. civ.
3.RAGIONE_SOCIALE, quale società che ha incorporato per fusione RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, resiste con controricorso, con il quale propone ricorso incidentale condizionato fondato su tre motivi di, ai quali la ricorrente a sua volta ha replicato con controricorso.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio il Pubblico Ministero ha depositato requisitoria scritta ed entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n.3, c.p.c. per avere la Corte di Appello di Roma pronunciato oltre i limiti delle domande svolte
dalle parti’, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia dichiarato, in assenza di domanda dell’appellata, la risoluzione del contratto ex art. 1672 cod. civ.; evidenzia che RAGIONE_SOCIALE in primo grado si era limitata a chiedere il rigetto della domanda e in appello il rigetto dell’appello, deducendo di non avere concluso contratto di subappalto e che, in ogni caso, il rapporto si era concluso per effetto della risoluzione dell’ appalto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; sostiene che RAGIONE_SOCIALE, assumendo che il contratto di subappalto si era risolto per impossibilità sopravvenuta, non poteva limitarsi a chiedere il rigetto della domanda attorea, ma avrebbe dovuto spiegare in via riconvenzionale domanda volta all’accertamento di tale risoluzione.
1.1.Il motivo è infondato.
Non sussiste violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., da qualificare come denunciata ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ., perché la sentenza impugnata si è limitata a rigettare la domanda proposta dalla società subappaltatrice al fine di ottenere l’indennizzo previsto dall’art. 1671 cod. civ., dichiarando che non sussistevano le condizioni per applicare quella disposizione, in quanto non si era verificato il recesso della subappaltante ex art. 1671 cod. civ.; la circostanza che la sentenza abbia aggiunt o che ricorrevano le condizioni di cui all’art. 1672 cod. civ., per il fatto che era venuto meno il rapporto di appalto tra la subappaltante e la sua committente, non ha comportato che la sentenza abbia accertato la risoluzione del contratto di subappalto che la subappaltante non aveva richiesto.
Nessuna pronuncia si rinviene in tal senso -e infatti il dispositivo ha statuito in termini di rigetto dell’appello -, essendosi la sentenza limitata ad accogliere l’eccezione della convenuta appellata di impossibilità della propria prestazione, in ragione del venire meno del suo contratto di appalto, richiamando la fattispecie di cui all ‘art. 1672 cod. civ. La stessa ricorrente riconosce che RAGIONE_SOCIALE aveva svolto
tale deduzione, laddove dichiara che RAGIONE_SOCIALE sosteneva che il rapporto si fosse concluso per effetto della risoluzione dell’appalto concluso dalla stessa RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE La circostanza che RAGIONE_SOCIALE avesse svolto le deduzioni accolte dalla sentenza impugnata risulta dalla sentenza stessa, sia a pag. 2, laddove espone le allegazioni della società RAGIONE_SOCIALE in primo grado, sia a pag. 5, laddove afferma che l’impossibilità sopravvenuta doveva essere ritenuta ‘in condivisione delle specifiche deduzioni in fatto e diritto spiegate dalla parte appellata ‘ .
La deduzione in ordine all’impossibilità sopravvenuta della prestazione, valutabile in riferimento al disposto dell’art. 1672 cod. civ., integrava eccezione riconvenzionale e non richiedeva la proposizione di domanda riconvenzionale per potere essere esaminata e accolta. Infatti, è acquisito il principio secondo il quale la distinzione tra domanda ed eccezione riconvenzionale non dipende dal titolo posto a base della difesa del convenuto, cioè dal fatto o dal rapporto giuridico invocato a suo fondamento, ma dal relativo oggetto, vale a dire dal risultato processuale che il convenuto intende ottenere, che è limitato, nel secondo caso, al rigetto della domanda proposta dall’attore; non sussistono limiti al possibile ampliamento del tema della controversia da parte del convenuto a mezzo di eccezioni, purché vengano allegati, a fondamento delle eccezioni, fatti o rapporti giuridici prospettati come idonei a determinare l’estinzione o la modificazione dei diritt i fatti valere dall’attore, e in base ai quali si chiede la reiezione delle domande da questo proposte e non una pronuncia di accoglimento di ulteriori e diverse domande (Cass. Sez. 3 7-11-2023 n. 31010 Rv. 669457-01, Cass. Sez. 3 25-10-2016 n. 21472 Rv. 642956-01).
Del resto, è altresì acquisito che la categoria dell’accertamento costitutivo in via incidentale è categoria generale, in quanto gli artt. 1442 co.4 e 1449 co. 2 cod. civ. che lo prevedono espressamente sono
suscettibili di applicazione analogica, non potendo qualificarsi come norme eccezionali; quindi, in tema di azione costitutiva non necessaria, quale quella di risoluzione ex art. 1453 cod. civ., l’effetto giuridico della risolubilità del contratto per inadempimento può essere invocato anche in via di eccezione, realizzandosi in tal modo un fenomeno per cui l’accertamento incidentale della risolubilità per via di eccezione è funzionale all’elisione dell’effetto giuridico del negozio (Cass. Sez. 3 27 -3-2007 n. 7418 Rv. 599061-01, Cass. Sez. 3 30-3-2005 n. 6733 Rv. 582087-01, Cass. Sez. 2 7-12-1988 n. 6668 Rv. 460948-01).
2.Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 1671 e 1672 cod. civ., per avere la Corte d’appello erroneamente escluso la riconducibilità della fattispecie al disposto dell’art. 1671 cod. civ. e per avere applicato l’art. 1672 cod. civ. sul presupposto di una asserita impossibilità sopravvenuta del contratto di subappalto.
La ricorrente sostiene che la scelta di RAGIONE_SOCIALE di recedere dal contratto di subappalto, anche se da essa giustificata dall’intervenuta risoluzione del contratto di appalto, non poteva essere ricondotta all’impossibilità di adempiere alla propria obbligazione, ma doveva essere ricondotta all’esercizio della facoltà di recesso prevista dall’art. 1671 cod. civ. Aggiunge che dal contenuto della lettera del 10-3-2005 inviata da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, laddove RAGIONE_SOCIALE dichiarava di non riconoscere la legittimità del recesso esercitato da RAGIONE_SOCIALE, risultava che il recesso dal subappalto era stato il frutto di una vera e propria scelta eseguita da RAGIONE_SOCIALE, la quale, anziché resistere alla illegittima iniziativa di RAGIONE_SOCIALE, vi aveva prestato quiescenza.
2.1.Il motivo è inammissibile, perché volto esclusivamente a ottenere una diversa ricognizione della fattispecie concreta e perciò a censurare la valutazione in fatto spettante al giudice di merito e sottratta al sindacato di legittimità se non per l’aspet to del vizio di
motivazione (Cass. Sez. 1 5-2-2019 n. 3340 Rv. 652549-02, Cass. Sez. 1 13-10-2017 n. 24155 Rv. 645538-03, Cass. Sez. L 11-1-2016 n. 195 Rv. 638425-01).
La sentenza non ha commesso alcun errore nell’interpretazione o applicazione delle disposizioni, in quanto ha deciso sulla base del corretto presupposto che l’art. 1671 cod. civ. disciplin a l’ipotesi del recesso unilaterale del committente dal contratto di appalto e l’art. 1672 cod. civ., l’ipotesi dell’impossibilità dell’esecuzione dell’opera. L’art. 1672 cod. civ. è applicazione al contratto di appalto del principio generale posto dall’art. 1463 cod. civ. , in ordine alla risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive per impossibilità sopravvenuta della prestazione; quindi, neppure interessa in questa sede esaminare la questione, che la ricorrente non pone, in ordine all’applicabilità o meno dell’art. 1672 cod. civ. all’appalto di servizi in quanto, in caso di risposta negativa, rimane comunque applicabile la disposizione generale dell’art. 1463 cod. civ. Quel che rileva, in fatto, è che la sentenza impugnata non abbia accertato che l’appaltatore avesse esercitato il recesso ex art. 1671 cod. civ. e invece abbia accertato che la risoluzione del contratto tra committente principale e appaltatrice, con riconsegna delle chiavi di ingresso alle strutture della committente da parte dell’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE, avesse determinato l’impossibilità di esecuzione del subappalto ; ciò in quanto il subappalto aveva a oggetto una parte della prestazioni del contratto di appalto, con riguardo alla manutenzione degli impianti idrici e idroelettrici presenti nelle aree affidate a RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_SOCIALE per la manutenzione.
La pronuncia si sottrae a tutte le critiche della ricorrente, anche interpretate come volte a fare emergere vizio di motivazione. La tesi della ricorrente -illustrata nella memoria, anche richiamando il precedente di Cass. 29485/2021- secondo la quale al subappalto, in
quanto contratto derivato, si applichi l’art. 1671 cod. civ. nel caso in cui l’appaltatore abbia esercitato il recesso ex art. 1671 cod. civ. dal contratto di appalto, presuppone l’accertamento in fatto de ll’esistenza del recesso dell’appaltatore ex art. 1671 cod. civ., che la sentenza impugnata non ha ritenuto. La circostanza che il contratto di appalto si fosse risolto per iniziativa della committente non comporta in sé, e automaticamente, l’applicazione dell’art. 1671 cod. civ. perché, in caso di appalto di servizi continuativi o periodici la disposizione si applica nel caso in cui il contratto sia a tempo determinato (Cass. Sez. 2 11-32025 n. 6487 Rv. 674027-01) e nessun accertamento in tal senso vi è dalla sentenza impugnata. L ‘ ulteriore affermazione della ricorrente secondo la quale RAGIONE_SOCIALE si sarebbe potuta opporre al recesso illegittimo di RAGIONE_SOCIALE -oltre a essere in contraddizione con la tesi che RAGIONE_SOCIALE avesse esercitato il recesso ex art. 1671 cod. civ.- non incide sul dato che, dal momento in cui RAGIONE_SOCIALE aveva deciso di porre fine al contratto di appalto, a RAGIONE_SOCIALE era impedito non solo l’ulteriore svolgimento delle prestazioni oggetto del suo contratto di appalto, ma era divenuto anche impossibile consentire a RAGIONE_SOCIALE di continuare a svolgere le prestazioni oggetto del subappalto, da eseguire nella stessa area alla quale era stato interdetto l’accesso all’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE, a seguito della riconsegna delle chiavi alla sua committente.
3.Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ. degli artt. 1672 e 2697 cod. civ. e l’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto che il contratto di subappalto si fosse risolto per impossibilità sopravvenuta senza valutare l’imputabilità di tale impossibilità a una delle parti. Evidenzia che l’impossibilità sopravvenuta per produrre effetti risolutori deve essere conseguenza di una causa non imputabile ad alcuna delle parti;
sostiene che nella fattispecie vi sia la prova dell’imputabilità a RAGIONE_SOCIALE, perché la stessa aveva dedotto nelle sue missive che RAGIONE_SOCIALE aveva deciso unilateralmente di ‘ rescindere ‘ dal 28-2-2005 il contratto per la manutenzione dei parchi e delle aree di sua proprietà ed essa stessa non aveva riconosciuto la legittimità di tale recesso; sostiene che la circostanza che RAGIONE_SOCIALE non abbia fatto valere le sue ragioni non poteva farla ritenere del tutto estranea alla risoluzione ed evidenzia come non vi sia stato accertamento istruttorio sul punto, avendo la sentenza affermato che la questione dell’imputabilità non era parte del thema decidendum.
3.1.Il motivo non può essere accolto.
Come già esposto nella disamina del secondo motivo, la sentenza impugnata ha ricostruito la fattispecie concreta nel senso dell’impossibilità in fatto per la subcommittente RAGIONE_SOCIALE di consentire alla subappaltatrice RAGIONE_SOCIALE di svolgere le sue prestazioni, in ragione dell’impossibilità di accesso alle aree nelle quali COGNOME avrebbe dovuto operare.
La sentenza ha dichiarato che non era parte del thema decidendum la questione dell’imputabilità dell’impossibilità sopravvenuta del contratto di subappalto e la pronuncia si sottrae alle critiche della ricorrente, in quanto per escludere la volontarietà del recesso ex art. 1671 cod. civ. della subcommittente erano sufficienti i dati accertati e non risulta neppure che RAGIONE_SOCIALE avesse posto la questione della responsabilità della subcommittente, che avrebbe dovuto opporsi alla decisione della sua committente. Quindi, sotto questo profilo il motivo è anche inammissibile, come eccepisce la controricorrente, in quanto la ricorrente avrebbe dovuto dedurre in quali atti e in quali termini avesse posto tale questione nel giudizio di merito.
A ogni modo, all’evidenza, quella mancata opposizione all’iniziativa della committente né comportava che il recesso della subcommittente fosse stato dalla stessa deciso né escludeva l’impossibilità della prestazione, stante l’impossibilità dell’accesso nelle aree nelle quali la subappaltatrice avrebbe dovuto svolgere le sue prestazioni. La tesi della ricorrente in sostanza si fonda sulla convinzione che la subcommittente avrebbe dovuto opporsi all’iniziativa della sua committente per escludere la propria responsabilità nei confronti della subappaltatrice; si tratta di tesi priva di fondamento, in quanto non considera -e perciò non spiega- il fatto che il soggetto che per primo ha subito le conseguenze negative della decisione della committente è stata la medesima RAGIONE_SOCIALE
4.All’integrale rigetto del ricorso principale conseg ue l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato, che risulta ammissibile in quanto volto a censurare il capo della sentenza che ha escluso il giudicato ritenuto dal giudice di primo grado (Cass. Sez. 2 72-2017 n. 3223 Rv. 643033-01, Cass. Sez. 2 28-2-2007 n. 4787 Rv. 598326-01).
5.In applicazione del principio della soccombenza la ricorrente è condannata alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità.
In considerazione dell’esito del ricorso principale , ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 11.500,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e c.p.a. ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 24-9-2025
Il Presidente NOME COGNOME