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Risoluzione leasing: Cassazione su contratti ante 2017

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due garanti in un caso di risoluzione leasing. La Corte conferma che per i contratti risolti prima della Legge 124/2017, le parti possono definire contrattualmente le conseguenze dello scioglimento, derogando all’art. 1526 c.c. La decisione si allinea ai principi delle Sezioni Unite, sottolineando l’importanza dell’autonomia contrattuale e dei requisiti di specificità del ricorso.

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Risoluzione Leasing: la Cassazione chiarisce i limiti dell’art. 1526 c.c. per i contratti ante 2017

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per il settore finanziario: la risoluzione leasing e la disciplina applicabile ai contratti sciolti prima dell’entrata in vigore della Legge 124/2017. La decisione conferma un orientamento ormai consolidato, ribadendo la prevalenza dell’autonomia contrattuale delle parti e definendo i confini dell’applicazione analogica dell’art. 1526 c.c.

I fatti del caso: la controversia sulla garanzia del leasing

La vicenda trae origine dall’opposizione a un decreto ingiuntivo presentata da due soggetti che avevano prestato fidejussione a garanzia delle obbligazioni di una società, derivanti da due contratti di leasing aventi ad oggetto delle gru. A seguito dell’inadempimento della società utilizzatrice, la concedente aveva risolto i contratti e ottenuto un’ingiunzione di pagamento per i canoni insoluti e l’indennità di risoluzione.

I garanti si opponevano, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano le loro istanze. I giudici di merito ritenevano legittima la regolamentazione contrattuale delle conseguenze della risoluzione, anche se diversa da quanto previsto dall’art. 1526 c.c. (norma dettata per la vendita con riserva di proprietà). I garanti, insoddisfatti, decidevano quindi di ricorrere in Cassazione.

I motivi del ricorso e la disciplina della risoluzione leasing

I ricorrenti basavano il loro ricorso su due motivi principali. Con il primo, denunciavano la violazione dell’art. 1526 c.c., sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel non applicarlo al caso di specie, discostandosi dai principi stabiliti dalle Sezioni Unite con la celebre sentenza n. 2061/2021.

Con il secondo motivo, lamentavano che la clausola contrattuale applicata (l’art. 15 delle condizioni generali) costituisse una penale manifestamente eccessiva, chiedendone una riduzione equitativa ai sensi dell’art. 1384 c.c. Sostanzialmente, la difesa dei garanti mirava a ricondurre gli effetti della risoluzione leasing nell’alveo della disciplina codicistica, ritenuta più favorevole.

Le motivazioni della Cassazione: autonomia contrattuale e onere di specificità

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi inammissibili. Innanzitutto, ha rilevato una grave carenza processuale: i ricorrenti non avevano riportato integralmente nel ricorso il testo della clausola contrattuale contestata, violando il principio di specificità imposto dall’art. 366 c.p.c. Questo onere è fondamentale per consentire alla Corte di valutare la fondatezza della censura senza dover ricercare gli atti nei fascicoli di merito.

Nel merito, la Corte ha ribadito che la decisione impugnata era perfettamente conforme ai principi espressi dalle Sezioni Unite nel 2021. La sentenza n. 2061/2021 ha chiarito definitivamente che la disciplina introdotta dalla Legge 124/2017 non è retroattiva. Di conseguenza, per i contratti di leasing la cui risoluzione è intervenuta prima della sua vigenza, non si applica la nuova normativa, ma neanche, in via automatica, l’art. 1526 c.c. Le parti, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, sono libere di regolare pattiziamente gli effetti della risoluzione. L’applicazione dell’art. 1526 c.c. resta possibile solo in via analogica, qualora manchi una specifica volontà delle parti o per verificare se la clausola penale pattuita sia eccessiva.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della pronuncia

L’ordinanza in esame consolida un importante principio in materia di risoluzione leasing. Per tutti i rapporti conclusi e risolti prima del 2017, la volontà espressa nel contratto dalle parti è sovrana nel determinare le conseguenze economiche dello scioglimento. Il richiamo all’art. 1526 c.c. non è un automatismo, ma uno strumento a disposizione del giudice per colmare eventuali lacune o per esercitare il potere di riduzione di una penale che si riveli manifestamente sproporzionata. La decisione sottolinea, inoltre, l’imprescindibile importanza del rispetto dei requisiti formali del ricorso per cassazione, la cui inosservanza preclude l’esame nel merito delle questioni sollevate.

La disciplina della Legge 124/2017 sulla risoluzione leasing si applica ai contratti risolti prima della sua entrata in vigore?
No, la Corte di Cassazione ha confermato che tale legge non ha efficacia retroattiva. Per i contratti la cui risoluzione è avvenuta prima della sua emanazione, si fa riferimento alla volontà delle parti espressa nel contratto.

Per i contratti di leasing risolti prima della Legge 124/2017, è possibile derogare all’applicazione dell’art. 1526 c.c.?
Sì, le parti possono regolare pattiziamente gli effetti della risoluzione. L’applicazione dell’art. 1526 c.c. non è automatica ma può essere utilizzata dal giudice in via analogica per valutare, ad esempio, l’eventuale eccessività di una clausola penale.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per una ragione formale: i ricorrenti non hanno trascritto integralmente la clausola contrattuale contestata, violando il principio di specificità del ricorso. Inoltre, le argomentazioni non erano idonee a superare i principi già consolidati dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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