Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21217 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21217 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28871/2020 R.G. proposto da: COGNOME, COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOMECOGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA DELLA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI n. 3052/2020 depositata in data 08/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME e NOME COGNOME in qualità di legali rappresentanti della RAGIONE_SOCIALE convenivano in giudizio RAGIONE_SOCIALE chiedendo, previo accertamento del suo grave inadempimento contrattuale, dichiararsi la risoluzione del contratto preliminare di compravendita stipulato il 30.10.2010 e condannarsi il predetto al risarcimento del danno quantificato nella somma di euro 25.000,00.
Si costituiva il convenuto che proponeva domanda riconvenzionale per accertare e dichiarare che il prezzo dell’immobile oggetto del contratto preliminare, quantificato dalle parti in € 300.000,00 era stato realmente corrisposto per equivalente e, precisamente, mediante l’esecuzione, da parte della deducente RAGIONE_SOCIALE, terza chiamata, dei lavori di consolidamento statico del fabbricato di INDIRIZZO di Piano di Sorrento, così come precisati e provati nel corso dello svolto giudizio, e pronunciare, ex art. 2932 c.c. sentenza in luogo dell’atto pubblico di trasferimento della piena e libera proprietà in favore dell’ing. NOME COGNOME terzo designando in sede di preliminare, dell’immobile oggetto del la promessa di vendita.
Il Tribunale, con sentenza parziale, definiva in parte il giudizio, rigettando la domanda di parte attrice e disponendo la rimessione della causa sul ruolo per il prosieguo del giudizio. Con sentenza definitiva il Tribunale accoglieva la domanda riconvenzionale e dichiarava la risoluzione del contratto preliminare sottoscritto in data 30.10.2010 per grave inadempimento della
società attrice, condannandola , ai sensi dell’art. 1385 c.c. al pagamento nei confronti di COGNOME NOME della somma di euro 600.000,00.
Con distinti atti di citazione l’ originaria attrice proponeva distinti appelli avverso le due sentenze sopra citate.
La Corte d’Appello di Napoli riuniva i giudizi e rigettava entrambi gli appelli.
Con riferimento alla sentenza parziale la Corte d’appello riteneva che il primo giudice avesse correttamente rimesso in termini la terza chiamata in causa, in quanto il suo procuratore costituito era stato iscritto tardivamente nel registro generale degli indirizzi elettronici a causa della comunicazione tardiva da parte del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli della sua istanza di iscrizione. Infatti, l’istanza era stata depositata dal procuratore costituito il 16 ottobre 2014 e il Consiglio dell’Ordine, organo deputato alla detta trasmissione al reginde, aveva evaso l’adempimento solo il 19 Marzo 2015.
Il secondo motivo di appello avverso la sentenza parziale era altrettanto infondato in quanto dai documenti prodotti da entrambi i convenuti e dalle risultanze della prova testimoniale risultava acclarato che la società San RAGIONE_SOCIALE avevano sottoscritto il 30 ottobre 2010 la scrittura privata con la quale la prima aveva promesso di vendere al secondo che aveva a sua volta promesso di acquistare l’appartamento ubicato al primo al piano seminterrato del fabbricato sito in Piano di Sorrento INDIRIZZO Petrulo INDIRIZZO composto da due vani ed accessori ad esclusione del locale cantina. Risultava chiaramente indicata in detta scrittura la determinazione del prezzo concordato in euro 300.000 e che il
pagamento di detta somma era avvenuto in un momento precedente la stipula del preliminare. La Corte di appello richiamava la sentenza di primo grado che aveva evidenziato che l’affermazione di parte attrice secondo cui non era mai stato versato il prezzo della vendita sottendeva un’eccezione di simulazione relativa del contratto nel quale si affermava che il pagamento era stato effettuato. Pertanto, era onere della parte fornire la prova della simulazione della dichiarazione di integrale versamento del prezzo mediante una controdichiarazione. Inoltre, nessuna clausola del contratto preliminare subordinava la stipula del definitivo all’integrale o parziale pagamento del prezzo, pertanto, nessun inadempimento del promissario acquirente poteva dirsi realizzato.
Con riferimento alla sentenza definitiva di accoglimento della domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto, la Corte d’appello evidenziava che era stato accertato che l’appartamento oggetto del preliminare era stato occupato da persone che dichiaravano di averlo acquistato nel 2012 come risultava anche dalla conservatoria dei registri immobiliari. A giudizio della Corte, pertanto, correttamente il primo giudice aveva ritenuto ammissibile la mutatio libelli dall’azione ex articolo 2932 c.c. a quella di risoluzione per grave inadempimento del promittente venditore nonché di risarcimento del danno. Secondo la Corte d’appello, richiamata la motivazione del Tribunale, risultava corretta la decisione che aveva dato corso all’esecuzione del preliminare che prevedeva testualmente in caso di inadempimento il versamento da parte della parte inadempiente del doppio della caparra.
COGNOME NOME, COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.
NOME, RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
I ricorrenti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione degli artt. 115, 116 e 347 c.p.c., sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nonché violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1417 e 2697 c.c. relativamente al d isposto di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.;
In sostanza i ricorrenti ritengono che la prova della simulazione del prezzo nella compravendita immobiliare possa essere data con ogni mezzo anche tra le parti del contratto. Dunque, la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere necessaria la prova scritta o controdichiarazione.
Tale erroneo presupposto avrebbe determinato la convinzione che non fosse necessario acquisire il fascicolo di primo grado e di conseguenza la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. oltre che dell’articolo 2697 c.c.. Infatti, nel giudizio di primo grado parte convenuta aveva spiegato la domanda riconvenzionale argomentando in merito al pagamento del prezzo sulla base di una presunta compensazione con un debito pregresso. Nel ricorso si riportano le dichiarazioni dei testimoni in primo grado ritenendole del tutto inattendibili ed inconferenti.
1.1 Il primo motivo di ricorso è in parte inammissibile in parte infondato.
In primo luogo, deve osservarsi come la giurisprudenza di questa Corte sia ormai stabilmente e univocamente orientata nel senso che, anche nel caso della simulazione parziale del prezzo di vendita di un bene immobile, sia necessaria la prova scritta della controdichiarazione qualora sia una delle parti a chiedere di accertare la simulazione.
Le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 7246 del 2007, nel risolvere un contrasto insorto nella giurisprudenza delle sezioni, hanno stabilito che la pattuizione con cui le parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell’atto scritto, soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova testimoniale stabilite dall’art. 2722 cod. civ., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto. La sentenza ha superato il filone giurisprudenziale, sviluppatosi nel corso di un notevole arco di tempo, secondo il quale, nell’ipotesi di simulazione relativa parziale, il contratto conserva inalterati i suoi elementi, ad eccezione di quello interessato dalla simulazione, sicché, non essendo esso né nullo né annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione possono essere sostituiti o integrati con quelli effettivamente voluti dai contraenti. Da tale affermazione questo orientamento traeva la conseguenza che la prova per testimoni della simulazione del prezzo di vendita non incontrava tra le parti i limiti dettati dall’art. 1417 cod. civ., ne’ contrastava con il divieto di cui all’art. 2722 cod. civ., sul rilievo che la pattuizione di celare una parte del prezzo non
poteva essere equiparata, per mancanza di una propria autonomia strutturale o funzionale, all’ipotesi di dissimulazione del contratto. (Cass., sez. III, 2 ottobre 1978, n. 4366; Cass., sez. II, 23 gennaio 1988, n. 526; Cass., sez. II, 24 aprile 1996, n. 3857; Cass., sez. II, 5 ottobre 1999, n. 11055). Come si è detto il suddetto orientamento è stato definitivamente superato a partire dalla citata sentenza n. 7246 del 2007 delle Sezioni Unite, sicché la pattuizione con cui le parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell’atto scritto soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova testimoniale stabilite dall’art. 2722 cod. civ., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto (Sez. 2, Sent. n. 3234 del 2015).
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione dell’art. 112 c.p.c. sotto il profilo della nullità della sentenza per error in procedendo ossia per non corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e, dunque, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., nonché violazione e/o falsa applicazione degli artt 1385 e 1453 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
La censura attiene al l’ accoglimento della domanda di restituzione del doppio della caparra nonostante la parte avesse chiesto la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno e non avesse invece esercitato il diritto di recesso e di restituzione del doppio della caparra.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è fondato.
La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado senza fornire alcuna risposta al motivo di appello con il quale la
parte appellante aveva eccepito come non fosse mai stata chiesta la risoluzione del contratto e tantomeno il recesso.
Si legge in sentenza che la domanda originariamente proposta di esecuzione in forma specifica era stata legittimamente mutata in domanda di risoluzione per grave inadempimento e risarcimento del danno ai sensi degli artt. 1385 e 1386 c.c. senza alcuna ulteriore specificazione riguardo al caso concreto.
Dunque , la Corte d’Appello ha ritenuto ammissibile il mutamento della domanda originariamente proposta ex art. 2932 c.c. ma non ha chiarito in alcun modo se e quando tale domanda sia stata proposta e, soprattutto, se tale domanda avesse ad oggetto la risoluzione del contratto o il recesso.
In proposito deve richiamarsi l’orientamento di questa Corte secondo cui: In tema di contratto preliminare, va qualificata in termini di declaratoria di risoluzione per inadempimento – soggetta, pertanto, alla relativa disciplina generale – e non quale esercizio del diritto di recesso, la domanda con cui la parte non inadempiente, che abbia conseguito il versamento della caparra, chieda, oltre alla risoluzione del contratto, la condanna della controparte al risarcimento di ulteriori danni; in tal caso, dunque, essa non può incamerare la caparra, che perde la sua funzione di limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria e la cui restituzione è ricollegabile agli effetti propri della risoluzione negoziale, ma solo trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto su quanto le spetta, a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati (Cass. Sez. 2, 08/09/2017, n. 20957, Rv. 645245 – 01). Peraltro, la stessa controparte aveva dedotto che il pagamento di euro 300.000 era stato corrisposto per
equivalente ed a titolo di pagamento integrale del prezzo piuttosto che di caparra.
Si impone, pertanto, la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione che provvederà oltre ad un nuovo esame del motivo di appello sopra evidenziato anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli , in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione