Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19323 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19323 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 22187/2020 R.G. proposto da:
NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME
contro
COGNOME NOME c.f. SRLMRA43B44E326C, COGNOME NOME c.f. VPNNDR77A09E038Z, INDIRIZZO,c.f. VPNVCN73D12E038O, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME controricorrenti avverso la sentenza n. 1002/2019 della Corte d’ appello di Bari, depositata il 30-4-2019, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2-7-
2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con atto di citazione notificato il 14-5-2009 NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto avanti il Tribunale di Bari sezione distaccata di Modugno NOME COGNOME, chiedendo ex art. 2932 cod. civ. l’esecuzione di contratto preliminare di compravendita
OGGETTO:
contratto preliminare di compravendita di immobile – risoluzione per mutuo consenso
RG. 22187/2020
C.C. 2-7-2025
di data 4-5-2007 relativo a terreni siti a Cassano delle Murge; gli attori hanno dedotto che, dopo avere pattuito il trasferimento del possesso dal I-1-2008 e la stipulazione del contratto definitivo per il 30-4-2008, versata anche la caparra confirmatoria di Euro 20.000,00, il 21-2-2008 le parti modificavano gli accordi; stabilivano quale residuo prezzo l’importo di Euro 185.000,00, da corrispondere a mezzo di quattro assegni, il primo di Euro 20.000,00 e gli altri da Euro 55.000,00 ciascuno; contestualmente NOME COGNOME si impegnava a rilasciare a favore di NOME COGNOME procura speciale irrevocabile per la vendita e l’amministrazione degli immobili, che effettivamente rilasciava il 28-2-2008 con efficacia fino al 20-2-2010; in seguito, l’a ssegno di Euro 20.000,00 era sostituito da altri assegni, il primo di Euro 10.000,00 incassato il 15-4-2008 e due di Euro 5.000,00 ciascuno incassati il 16-5-2008. Con lettera 2-2-2009 NOME COGNOME ha lamentato la mancata sottoscrizione dei tre assegni da Euro 55.000,00 ciascuno e ha manifestato la volontà di revocare la procura, mentre con lettera del 2-3-2009 NOME COGNOME ha diffidato il proprietario alla stipula del contratto definitivo, offrendo il pagamento del residuo prezzo secondo le previsioni dell’art. 6 del contratto preliminare.
Si è costituito NOME COGNOME, chiedendo la dichiarazione di risoluzione consensuale del contratto preliminare e di revoca per giusta causa della procura; a seguito del suo decesso, il processo è stato proseguito dagli eredi NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, rispettivamente moglie e figli.
Nella prima memoria ex art. 183 co. 6 cod. proc. civ. gli attori hanno modificato la domanda, chiedendo la risoluzione del contratto preliminare per l’inadempimento del promittente venditore, la restituzione degli importi pagati, degli assegni e il riconoscimento della penale contrattuale e delle migliorie.
Con sentenza n. 2572/2016 depositata il 10-5-2016 il Tribunale di Bari sezione distaccata di Modugno ha dichiarato risolto per mutuo consenso il contratto preliminare, ha condannato i convenuti a restituire all’attore la somma di Euro 40.000,00 e i tre assegni, ha dichiarato inammissibile la domanda degli attori relativa alle migliorie e ha rigettato la loro domanda di risarcimento dei danni per la perdita del finanziamento. In accoglimento della domanda riconvenzionale, ha dichiarato la revoca per giusta causa della procura, e ha condannato gli attori al pagamento della somma di Euro 134.293,05 per il mancato godimento dei fondi.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello, che la Corte d’appello di Bari ha integralmente rigettato con sentenza n. 1002/2019 pubblicata il 30-4-2019.
Per quanto interessa in relazione ai motivi di ricorso proposti, la sentenza ha confermato la pronuncia di primo grado secondo la quale il contratto preliminare del 4-5-2007 si era risolto per mutuo consenso manifestato nel successivo accordo del 21-2-2008, che aveva stabilito un nuovo assetto con il rilascio di procura irrevocabile a vendere e amministrare, con nuovo termine di efficacia del nuovo patto al 20-22010 e con nuova pattuizione del corrispettivo tramite il rilascio di quattro assegni. La sentenza ha confermato la pronuncia del Tribunale che non aveva ravvisato alcun inadempimento a carico del promittente venditore, il quale in conformità agli accordi aveva rilasciato la procura irrevocabile a vendere e aveva ricevuto i tre assegni dell’importo di Euro 55.000,00, inesistenti per mancanza di firma, mentre era NOME inadempiente all’obbligazione di pagare il prezzo per avere omesso di sottoscrivere i tre assegni. In ragione del comportamento contrario a buona fede di NOME che aveva rilasciato assegni per Euro 165.000,00 privi di sottoscrizione, ha dichiarato che sussisteva la giusta causa di revoca della procura, mentre la previsione di pagamento rateale
prevista nel preliminare era superata dalla nuova pattuizione del 21-82008. Ha escluso il diritto degli appellanti a ottenere la penale contrattuale, in quanto era lo stesso NOME COGNOME la parte inadempiente e ha confermato la pronuncia di primo grado anche in ordine alla dichiarazione di inammissibilità della domanda di indennizzo per le migliorie apportate ai fondi, in quanto tardivamente proposta. Ha rigettato il motivo di appello relativo al riconoscimento al promittente venditore del risarcimento del danno per il mancato godimento dell’immobile e ha confermato la condanna al risarcimento dei danni in solido di NOME COGNOME con il padre, che trovava ragione nell’inefficacia dell’atto di disposizione concluso da NOME COGNOME come rappresentante senza poteri a seguito della revoca della procura.
3.NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 2-7-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente deve essere rilevata l’inammissibilità dell’eccezione sollevata dai ricorrenti soltanto nella memoria illustrativa, in ordine alla mancanza di prova della qualità di eredi di NOME COGNOME in capo ai controricorrenti; ciò per il fatto che NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME si sono costituiti in qualità di eredi, rispettivamente moglie e figli del convenuto NOME COGNOME, già in primo grado e quindi tale loro qualità è stata definitivamente acquisita nel giudizio di merito.
2 .Con il primo motivo, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1321, 1372, 1350 e 1351 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere rigettato il loro motivo di appello relativo alla risoluzione consensuale del preliminare in forza della postilla 21-2-2008 inserita nel contratto; evidenziano che quella postilla era una mera dichiarazione unilaterale del proprietario Viapiano e solo da lui sottoscritta, che non poteva comportare scioglimento del contratto, per cui mancavano sia il consenso bilaterale sia la forma scritta. Oltre a richiamare gli elementi del comportamento delle parti che escludevano la volontà di sciogliere il contratto, aggiungono che il conferimento della procura irrevocabile a sua volta escludeva lo scioglimento del contratto preliminare e poteva ritenersi elemento attuativo dello stesso.
2.1.Il motivo è fondato.
La sentenza, dichiarando che la risoluzione del contratto per mutuo consenso potesse risultare anche da comportamento tacito concludente, non ha considerato che tale principio vale soltanto nel caso in cui il contratto da risolvere non sia richiesta la forma scritta ad substantiam; ugualmente, dichiarando che la nuova pattuizione del 212-2008 aveva integrato il mutuo consenso quale mezzo per sciogliere il precedente accordo, non ha considerato che quella del 21-2-2008 era una dichiarazione unilaterale, apposta al contratto preliminare dal promittente venditore e soltanto da lui sottoscritta.
Infatti, in linea generale, atteso il principio della libertà della forma, il contratto risolutorio non deve necessariamente risultare da un accordo esplicito dei contraenti diretto a sciogliere il contratto, ma può risultare anche dalla volontà di non dare ulteriore corso allo stesso, liberandosi dalle rispettive obbligazioni, emergente da fatti univoci successivi alla stipula e contrastanti con la volontà di mantenerlo in vita; però, è necessaria la forma scritta ad substantiam ove tale forma
sia richiesta per il contratto da risolvere (Cass. Sez. 3 2-3-2012 n. 3245 Rv. 621455-01, Cass. Sez. 3 27-11-2006 n. 25126 Rv. 595471-01, Cass. Sez. 3 4-7-2006 n. 15264 Rv. 591445-01, Cass. 1998 n. 10328). Nella fattispecie, la forma scritta era richiesta per il contratto preliminare di compravendita di immobile concluso dalle parti ex artt. 1351 e 1350 co. 1 n. 1 cod. civ.; perciò la forma scritta era necessaria anche per lo scioglimento di quel contratto e non era integrata dalla scrittura apposta in calce al contratto con data 21-2-2008, contenente la sottoscrizione di uno soltanto dei contraenti. Ugualmente non integrava la forma scritta necessaria il rilascio della procura irrevocabile, perché la procura irrevocabile è negozio unilaterale recettizio, costituito dall’unica dichiarazione di volontà del rappresentato (Cass. Sez. 2 14-3-1991 n. 2712 Rv. 471260-01).
3. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1321, 1372, 1350 e 1351 c.c.; violazione e/o falsa applicazione dei principi ricavabili dagli artt. 1175 e 1375 c.c.; violazione delle regole di giudizio di cui all’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’; lamentano che la sentenza impugnata, sulla base del ritenuto scioglimento per mutuo consenso del preliminare, abbia rigettato la domanda con la quale gli appellanti avevano chiesto la dichiarazione di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del promittente venditore, statuendo che il promissario acquirente si era reso inadempiente agli obblighi assunti con il nuovo accordo del 21-2-2008, per non avere sottoscritto gli assegni consegnati al promittente venditore. Evidenziano che i tre assegni avevano la data del 30-4-2009 e nessun inadempimento grave poteva essere imputato a COGNOME in quanto egli si era tempestivamente dichiarato disponibile a sottoscrivere gli assegni e Viapiano aveva rifiutato, l’art. 6 del preliminare prevedeva il pagamento dilazionato, lo stesso COGNOME ricevendo gli assegni doveva controllarne la regolarità
e non era credibile che si fosse accorto dopo un anno che gli assegni non erano sottoscritti. Quindi, lamenta che la sentenza abbia eseguito un giudizio parziale, in violazione dell’art. 1453 cod. civ.
3 .1.Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso. Infatti, la sentenza impugnata ha esaminato e rigettato la domanda di risoluzione per inadempimento di NOME COGNOME del contratto sulla base del presupposto che il contratto preliminare intercorso tra le parti fosse stato sciolto per mutuo consenso e gli accordi valevoli tra le parti fossero soltanto quelli risultanti dall’accordo del 21-22008. Al contrario, in ragione dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, la valutazione non può essere eseguita in questi termini, non sussistendo i presupposti per lo scioglimento del contratto preliminare per mutuo consenso; perciò devono essere valutati i reciproci inadempimenti, sia con riguardo alle previsioni del contratto preliminare, sia con riguardo alle condotte successivamente poste in essere dalle parti in attuazione degli ulteriori accordi tra loro intercorsi. Questa valutazione dovrà essere eseguita dal giudice del rinvio facendo applicazione del principio secondo il quale nei contratti a prestazioni corrispettive, ai fini della pronuncia di risoluzione per inadempimento in caso di inadempienze reciproche, deve procedersi a un esame del comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai ri spettivi interessi e all’oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti e si sia resa causa del comportamento della controparte e della conseguente alterazione del sinallagma contrattuale; con la conseguenza che, qualora l’inadempimento di una delle parti sia valutato come prevalente, deve considerarsi legittimo il rifiuto dell’altra di adempiere alla propria obbligazione (Cass. Sez. 2 22-5-2019 n. 13827 Rv. 654177-01, Cass. Sez. 2 30-5-2017 n. 13627 Rv. 64432801, Cass. Sez. 3 1-6-2004 n. 10477 Rv. 573294-01).
4. Con il terzo motivo, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1723 c.c. nonché dei principi di correttezza e buona fede ai sensi degli artt. 1175 e 1385 c.c.’ , i ricorrenti lamentano che sia stato rigettato il terzo motivo di appello, con il quale avevano contestato l’esistenza di una giusta causa di revoca della procura. Sostengono che la statuizione risenta in primo luogo dell’erroneo presupposto secondo il quale la postilla del 21-2-2008 costituisse una nuova pattuizione con effetto traslativo della proprietà; aggiungono che, se gli assegni costituivano modalità di pagamento del prezzo residuo, la mancata adesione di Viapiano a consentirne la sottoscrizione prima della data in essi riportata non poteva ritenersi giustificata; rilevano come gli assegni fossero stati rilasciati in garanzia fino all’ottenimento del finanziamento da parte di ISMEA e come l’atto pubblico avrebbe dovuto essere stipulato o dopo l’ottenimento del finanziamento o, nel caso in cui il finanziamento fosse stato rifiutato, mediante rate annuali secondo la previsione dell’art. 6 del contratto preliminare. Quindi sostengono che la mancata sottoscrizione degli assegni non poteva integrare comportamento contrario a buona fede, tale da legittimare la revoca della procura, senza considerare anche la condotta del prenditore degli assegni, che li aveva accettati seppure non sottoscritti. Aggiungono che non poteva integrare giusta causa della revoca neppure la condotta successiva alla revoca medesima e che la revoca è avvenuta il 2-22009 e perciò prima della data indicata negli assegni del 30-4-2009.
4.1.La fondatezza del primo motivo comporta l ‘assorbimento del terzo motivo, in quanto la sentenza impugnata ha valutato la giusta causa di revoca del mandato sulla base del presupposto che la postilla del 21-2-2008 comportasse lo scioglimento per mutuo consenso dei precedenti accordi delle parti; sulla base di questo erroneo presupposto, la sentenza ha individuato la giusta causa del recesso esclusivamente nel comportamento del mandatario che aveva
rilasciato assegni per Euro 165.000,00 privi di sottoscrizione, mentre avrebbe dovuto inserire quella condotta nell’ambito di una complessiva valutazione degli accordi intercorsi tra le parti e delle obbligazioni rispettivamente assunte. Ne consegue che si tratta di questioni che dovranno essere nuovamente esaminate in fase di rinvio.
5.Con il quarto motivo, intitolato ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1382 c.c., nonché dell’art. 1453 c.c. falsa applicazione del divieto di mutatio libelli di cui all’art. 183 VI comma n. 1 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’, i ricorrenti lamentano che siano state rigettate le loro domande volte a ottenere la penale contrattuale e il rimborso per le migliorie apportate agli immobili. Dichiarano che la pronuncia è incomprensibile laddove ritiene NOME COGNOME inadempiente ma dichiara lo scioglimento del contratto per mutuo consenso; lamentano che sia stata dichiarata inammissibile la domanda relativa alle migliorie in quanto proposta solo nella prima memoria ex art. 183 co. 6 cod. proc. civ.; evidenziano che la domanda non avrebbe potuto essere proposta unitamente alla domanda originariamente formulata ex art. 2932 cod. civ., in quanto la parte promissaria acquirente si sarebbe avvantaggiata delle migliorie e, invece, una volta proposta la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, il diritto al rimborso delle migliorie rientrava nel più generale diritto al risarcimento del danno, richiamando a sostegno i principi posti da Cass. Sez. U 12310/2015.
5.1.Il motivo, relativamente al mancato riconoscimento della penale contrattuale, è assorbito, dovendo il giudice del rinvio nuovamente esaminare la domanda relativa alla risoluzione del contratto per inadempimento e, in ragione della relativa decisione, decidere anche sulla spettanza o meno della penale contrattuale.
5.2.Invece, il motivo non può essere accolto laddove censura la pronuncia per avere dichiarato tardiva la domanda volta a ottenere le
migliorie apportate all’immobile , facendo applicazione del principio già enunciato in materia di omessa pronuncia secondo il quale, alla luce dei principi di economia processuale e di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 cod. proc. civ., la Cassazione che rileva l’omessa pronuncia può evitare la cassazione con rinvio e decidere nel merito, se si tratta di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. Sez. 6-3 8-10-2014 n. 21257 Rv. 632915-01, Cass. Sez. 5 28-10-2015 n. 21968 Rv. 637019-01, Cass. Sez. 3 16-6-2023 n. 17416 Rv.668197-01).
Nella fattispecie, erroneamente la sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile la domanda volta a ottenere le migliorie, in quanto è acquisito che la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche entrambi gli elementi della stessa petitum e causa petendi -, sempre che la domanda modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che perciò si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte o l’allunga mento dei tempi processuali (Cass. Sez. U 15-6-2015 n. 12310 Rv. 635536-01), anche nel caso in cui si tratti di domanda connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta (Cass. Sez. U 13-9-2018 n. 22404 Rv. 650451-01). Nella fattispecie sussisteva tale ipotesi, in quanto la parte che aveva proposto domanda ex art. 2932 cod. civ. per ottenere il trasferimento della proprietà dell’immobile aveva legittimamente modificato la domanda chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte e, di conseguenza, nell’ambito della medesima vicenda sostanziale oggetto del giudizio, aveva chiesto anche il riconoscimento del diritto alle migliorie apportate all’immobile . Però, tale domanda volta a ottenere il riconoscimento delle migliorie è manifestamente infondata: colui che abbia acquistato il possesso di un fondo a titolo di esecuzione anticipata di un contratto preliminare non
è possessore di esso, ma mero detentore qualificato, con la conseguenza che non gli può spettare il diritto all’indennità per i miglioramenti previsto dall’art. 1150 cod. civ., attribuito unicamente al possessore di buona fede e non anche al detentore, ancorché qualificato (Cass. Sez. 2 22-3-2011 n. 6489 Rv. 617523-01; cfr. altresì Cass. Sez. 2 16-9-2004 n. 18651 Rv. 577132-01, Cass. Sez. 3 18-32005 n. 5948 Rv. 583263-01, Cass. Sez. 2 22-7-2010 n. 17245 Rv. 614181-01, Cass. Sez. 3 13-10-2022 n. 29924 Rv. 666047-01, secondo cui il diritto alle migliorie in sé non spetta al detentore, perché l’art. 1150 cod. civ. è disposizione eccezionale relativa al possessore, insuscettibile di applicazione analogica al detentore qualificato o a qualsiasi altro soggetto).
6. Con il quinto motivo i ricorrenti deducono ‘ omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.’ e lamentano che la sentenza non abbia pronunciato sulla loro domanda di risarcimento del danno riferito alla differenza tra l’importo del finanziamento che avrebbero dovuto ricevere per tale acquisto e il corrispettivo pattuito nel preliminare, evidenziando di avere riproposto tale domanda con il quarto motivo di appello.
6.1.Il motivo è assorbito, in quanto l’accertamento del diritto al risarcimento del danno vantato dai ricorrenti e l’individuazione del l’entità del danno risarcibile presuppon gono la dichiarazione di risoluzione del contratto per inadempimento del promittente venditore.
7. Con il sesto motivo, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1323, 1388, 1703, 2704 c.c., nonché dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’, i ricorrenti lamentano che NOME COGNOME sia stato condannato in solido con NOME COGNOME al risarcimento dei danni in favore delle controparti, in ragione dell’inefficacia del contratto di affitto concluso con lui dal mandatario NOME COGNOME a seguito della revoca per giusta causa della procura.
Evidenziano che il contratto di affitto era stato concluso il 4-3-2008 e invece la revoca della procura era avvenuta il 2-2-2009; aggiungono che il contratto di affitto non era stato impugnato dalle controparti e non ne era mai stata dichiarata l’inefficacia.
7.1.Il motivo è assorbito, perché la valutazione dell’esistenza dei presupposti per la condanna in solido dell’affittuario NOME COGNOME con il padre promissario acquirente si porranno esclusivamente nel caso in cui il giudice del rinvio dichiarasse la risoluzione degli accordi intercorsi tra le parti per l’inadempimento del promi ssario acquirente.
8. Con il settimo motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1418 e 1150 c.c., nonché dell’art. 1723 c.c. e dell’art. 1227, secondo comma, c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ e con esso lamentano che la sentenza impugnata abbia rigettato il loro motivo di appello con il quale avevano censurato il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno a favore degli eredi COGNOME con decorrenza dalla data di rilascio della procura speciale; sostengono che, in tal modo, i COGNOME sono stati considerati possessori in mala fede dei terreni e, come tali, obbligati alla restituzione dei frutti fin dall’inizio del possesso.
8.1.Il motivo è assorbito, in quanto la decisione sulla quantificazione degli obblighi restitutori presuppone la decisione sulla risoluzione degli accordi, rimessa al giudice del rinvio. Secondo quanto già statuito da questa Corte, è l ‘efficacia retroattiva della risoluzione del contratto preliminare in sé a comportare l’insorgenza, a carico di ciascun contraente, dell’obbligo di restituire le prestazioni ricevute, rimaste prive di causa; si applicano i principi della ripetizione dell’indebito ex art. 2033 cod. civ. e ciò implica che il promissario acquirente che abbia ottenuto la consegna e la detenzione anticipata del bene promesso in vendita debba non solo restituirlo al promittente alienante, ma anche corrispondere a quest’ultimo i frutti per l’anticipato
godimento del bene, escludendosi la funzione risarcitoria degli obblighi restitutori (Cass. Sez. 2 14-3-2017 n. 6575 Rv. 643371-01, Cass. Sez. 2 30-11-2022 n. 35280 Rv. 666326-01).
9.In conclusione, è accolto il primo motivo, la sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto , con rinvio alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione, che deciderà facendo applicazione dei principi enunciati e attenendosi a quanto sopra esposto, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il quarto motivo per quanto in motivazione, per il resto assorbito, assorbiti anche gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione