Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10145 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10145 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25058/2021 R.G. proposto da :
NOME COGNOME e NOME COGNOME , domiciliate ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 1060/2021 depositata il 22/03/2021.
vista l’ordinanza interlocutoria n. 17172 del 2022 con la quale è stato disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo in vista della pronuncia delle Sezioni Unite sulla questione di cui al secondo motivo del ricorso;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Dagli atti di causa emerge quanto segue. Con contratto preliminare di compravendita del 4.10.1995, i coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME, promittenti venditori, e COGNOME NOME, promittente acquirente, pattuirono la vendita dell’unità immobiliare, sita in Capua, al INDIRIZZO (par. 390, f. 35, par. 27, sub 12) per il prezzo di Lire 60.000.000 che fu corrisposto al momento della sottoscrizione del contratto.
COGNOME NOME fu immediatamente immesso nel possesso del bene e, per espressa disposizione contrattuale, le spese di manutenzione e condominiali inerenti l’immobile furono poste a suo carico.
Successivamente l’odierno controricorrente non volle, benché invitato con lettera raccomandata, stipulare l’atto di vendita.
NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella qualità di eredi di COGNOME NOME, convennero quindi in giudizio COGNOME Gaetano chiedendo che fosse pronunciata risoluzione del contratto preliminare di compravendita per colpa del convenuto, si dichiararono disposte a restituire l’importo di Lire 60.000.000, corrisposto all’atto della sottoscrizione, maggiorato degli interessi e decurtato dell’equivalente pecuniario dell’uso e del godimento dell’immobile per
il tempo compreso tra la consegna e la restituzione, maggiorato degli interessi.
La domanda venne respinta, sicché le odierne ricorrenti appellarono la decisione.
2.La Corte d’appello di Napoli accertò l’inadempimento del COGNOME, osservando che ‘l’appellato ha ammesso sin dal primo grado (v. udienza del 19/01/2010) di non aver corrisposto alle promittenti venditrici, nemmeno dopo la sentenza di condanna del GdP, le spese poste a suo carico dal contratto preliminare e di non aver voluto concludere il contratto definitivo, perché riteneva che la compravendita al prezzo pattuito e versato nel 1995, dovesse comprendere anche il garage, da lui occupato. In sintesi, l’inadempimento del COGNOME è pacifico e va accolta la domanda di risoluzione del contratto preliminare de 04/10/1995 per inadempimento del promittente acquirente proposta dalle appellanti. Dalla risoluzione del contratto consegue l’obbligo per il COGNOME di rilasciare l’immobile oggetto del preliminare da lui occupato senza titolo dal 31/07/1995.’
In relazione alla doglianza relativa alla domanda, respinta, con la quale le ricorrente chiesero al giudice di primo grado, che venisse disposta la restituzione dell’importo ricevuto all’atto di vendita, decurtato dell’equivalente pecuniario per l’uso e per il godimento dell’immobile, da quantificarsi in via equitativa si osservò che ‘nell’ordinamento italiano non sussiste una coincidenza tra evento e danno-conseguenza, e non è configurabile una presunzione sfavorevole all’occupante che, in caso contrario, sarebbe inammissibilmente gravato dell’onere di dare la prova negativa della sussistenza del danno anche nell’ipotesi in cui il proprietario non abbia allegato e provato di aver subito un danno (v. per tali considerazione, con ampia motivazione Cass. 13071/2018 e giur. ivi
citata). Nel caso in esame le appellanti non hanno espressamente allegato e provato il danno da loro asseritamente subito nel lungo periodo di occupazione senza titolo (ad oggi di circa 348 mesi). In particolare, non hanno concretamente indicato se l’immobile sarebbe stato da loro concesso in locazione o utilizzato in altro modo produttivo e soprattutto non hanno indicato le caratteristiche dello stesso, da cui si sarebbe potuta individuare la sua produttività potenziale e determinare il danno subito dalle appellanti.’
Quanto alla richiesta di risarcimento del danno per occupazione abusiva del garage, da quantificarsi tenendo conto dei valori di mercato della locazione, a far data dall’illegittima detenzione fino alla effettiva consegna dello stesso, il giudice di merito la respinse.
Si affermò in particolare che benché fosse stata formulata la prefata domanda essa non fosse stata coltivata in punto di allegazione della sussistenza ed entità del danno che le appellanti dichiaravano ‘genericamente di avere subito’. In particolare, non erano stati indicati la data in cui era iniziata l’occupazione, le caratteristiche dell’unità immobiliare (dimensione, capacità, ingresso ecc.) né l’uso produttivo che avrebbe potuto avere il box auto, situato nello stesso complesso immobiliare dell’appartamento oggetto del preliminare.’
3.Sicché la Corte di Appello di Napoli con la sentenza n.1060/2021, riformò la decisione impugnata, pronunciò la risoluzione del contratto preliminare di vendita del quattro ottobre 1995 per inadempimento di COGNOME Gaetano; condannò COGNOME Gaetano a rilasciare libero da persone e cose l’immobile a uso abitativo sito in Capua, al INDIRIZZO; condannò COGNOME Gaetano a rilasciare libero da persone e cose il box auto sito in Capua, al INDIRIZZO, meglio specificato in atti; condannò COGNOME NOME e COGNOME NOME alla restituzione della somma di
€.30.987,41, oltre interessi legali dal 31 luglio 2005 al saldo. Venne respinta ogni ulteriore richiesta.
4.Avverso la prefata decisione ricorrono COGNOME NOME e COGNOME NOME resiste con controricorso COGNOME NOME.
Il ricorso è affidato a due censure. In prossimità dell’udienza del 5 maggio 2022 le ricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo strumento impugnatorio si denuncia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 comma 1 c.p.c., degli artt.112 e 116 c.p.c. nonché dell’art. 2033 c.c., poiché la Corte territoriale avrebbe erroneamente ricondotto ad una richiesta di risarcimento danno per illegittima occupazione la domanda degli appellanti di una somma per l’uso ed il godimento dell’immobile.
La motivazione adottata dalla Corte di merito, secondo cui le appellanti non hanno espressamente allegato e provato il danno da loro asseritamente subito nel lungo periodo di occupazione senza titolo, non troverebbe alcuna giustificazione negli atti di causa atteso che non è mai stato richiesto il risarcimento dei danni per la detenzione anticipata dell’immobile abitativo compromesso, bensì è stato domandato l’equivalente pecuniario per l’uso e godimento del bene da quantificarsi con riferimento alla l.n. 392/1978, ovvero in via equitativa e/o attraverso la nomina di CTU.
Difatti la richiesta di cui innanzi discende dalla pronuncia costitutiva di risoluzione del contratto, richiesta dalle ricorrenti, in ragion del venir meno della causa giustificatrice delle prestazioni già eseguite e comporta l’insorgenza a carico di ciascun contraente di restituire le prestazioni ricevute, rimaste prive di causa, secondo i principi della ripetizione dell’indebito.
Con la seconda doglianza si denuncia la violazione degli artt. 1226 c.c. e 2043 c.c., ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., per non aver
i secondi giudici considerato che, con specifico riferimento all’occupazione del box, nella specie il danno sarebbe stato certo (perché connesso alla perdita di disponibilità del bene ed alla impossibilità di ottenerne utilità), con il conseguente utilizzo del criterio equitativo di cui all’art. 1226 c.c.
Le ricorrenti affermano che è incontestato come il box auto sia stato occupato illegittimamente dal 12.09.05. Sicché il danno da occupazione illegittima sarebbe ravvisabile secondo una presunzione iuris tantum , per il quale non sussiste uno specifico criterio di legge per la sua liquidazione che, pertanto, va determinato in via equitativa.
3.Il primo motivo è fondato.
Nella specie il giudice di merito, nell’esercizio del suo potere ermeneutico, ha violato le disposizioni invocate facendo discendere dalla domanda di risoluzione del contratto quella di risarcimento del danno non formulata dalle ricorrenti.
Invero l’efficacia retroattiva della risoluzione, per inadempimento, di un contratto preliminare comporta l’insorgenza, a carico di ciascun contraente, dell’obbligo di restituire le prestazioni ricevute, rimaste prive di causa, secondo i principi della ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c., e, pertanto, implica che il promissario acquirente che abbia ottenuto la consegna e la detenzione anticipate del bene promesso in vendita debba non solo restituirlo al promittente alienante, ma altresì corrispondere a quest’ultimo i frutti per l’anticipato godimento dello stesso. Ne consegue che nel caso di occupazione di un immobile fondata su di un titolo contrattuale venuto meno per effetto della risoluzione giudiziale del contratto va esclusa la funzione risarcitoria degli obblighi restitutori (Cass. n. 35280/2022).
In altri termini, il venir meno del contratto preliminare per effetto della risoluzione giudiziale per inadempimento comporta per il
promissario acquirente che abbia ottenuto dal promittente venditore la consegna e la detenzione anticipate della cosa, l’obbligo di restituzione della cosa stessa e degli eventuali frutti (” condictio indebiti ob causam finitam “) a norma dell’art. 2033 c.c. e non determina il sorgere di un’obbligazione risarcitoria in capo al promissario acquirente per il mancato godimento del bene (in tal senso Cass. n. 16629 del 2013).
Una volta risolto il contratto per inadempimento dell’acquirente, la Corte di merito avrebbe dovuto disporre come richiesto dalle ricorrente , stante l’efficacia retroattiva della risoluzione, in relazione non solo alla restituzione del bene ma anche in relazione ai frutti per l’anticipato godimento dello stesso, senza che venisse in considerazione alcun risarcimento del danno.
4. Il secondo motivo è infondato.
Le Sezioni Unite, con decisione n. 33645/2022 hanno risolto il contrasto esistente in relazione alla questione, rilevante nella specie, relativa al se il danno da occupazione sine titulo debba o non considerarsi in re ipsa .
E’ stato quindi statuito che: 1) i n caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità, andata perduta, di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto, mediante concessione a terzi dietro corrispettivo, restando, invece, non risarcibile il venir meno della mera facoltà di non uso, quale manifestazione del contenuto del diritto sul piano astratto, suscettibile di reintegrazione attraverso la sola tutela reale;
2)in tema di risarcimento del danno da occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di
godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito (sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene a un prezzo o a un canone superiore a quello di mercato), di cui, a fronte della specifica contestazione del convenuto, è chiamato a fornire la prova anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza; poiché l’onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti, l’onere probatorio sorge comunque per i fatti ignoti al danneggiante, ma il criterio di normalità che generalmente presiede, salvo casi specifici, alle ipotesi di mancato esercizio del diritto di godimento, comporta che l’evenienza di tali fatti sia tendenzialmente più ricorrente nelle ipotesi di mancato guadagno;
in caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subito, rappresentato dall’impossibilità di concedere il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o di venderlo ad un prezzo più conveniente di quello di mercato;
in caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato.
I principi di cui innanzi trovano applicazione in relazione all’occupazione illegittima del box e sono stati rispettati dal giudice di merito . La Corte d’appello ha , infatti, respinto la domanda chiarendo che le ricorrenti non avessero allegato alcuna prova circa il possibile utilizzo del bene. Si è così affermato che non erano stati indicati la data in cui era iniziata l’occupazione, le caratteristiche dell’unità
immobiliare (dimensione, capacità, ingresso ecc.) né l’uso produttivo che avrebbe potuto avere il box auto, situato nello stesso complesso immobiliare dell’appartamento oggetto del preliminare.
5.In definitiva, il ricorso deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione. La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che deciderà tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
p.q.m.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso, respinto il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda