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Risoluzione contratto preliminare: le domande in subordine

Un promissario acquirente ha agito in giudizio contro una società immobiliare per la risoluzione di un contratto preliminare, chiedendo in via principale l’accertamento della risoluzione consensuale e, in subordine, la risoluzione per inadempimento della controparte. La Corte di Appello aveva dichiarato inammissibile la domanda subordinata per incompatibilità logica con la principale. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che non sussiste alcuna incompatibilità. Se la prova della risoluzione consensuale fallisce, il giudice ha il dovere di esaminare la domanda subordinata di risoluzione per inadempimento, procedendo a una valutazione comparativa dei comportamenti delle parti.

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Risoluzione contratto preliminare: ammissibile la domanda per inadempimento anche se subordinata a quella consensuale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un importante aspetto processuale in materia di risoluzione contratto preliminare. La pronuncia stabilisce che non vi è alcuna incompatibilità logica nel proporre una domanda di risoluzione per inadempimento in via subordinata a una domanda principale di accertamento della risoluzione consensuale. Questa decisione ha implicazioni significative per la strategia processuale nelle controversie immobiliari.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato nel 2008 tra un privato e una società. Poiché non si era mai giunti alla stipula del contratto definitivo, il promissario acquirente citava in giudizio la società venditrice.
Le sue richieste erano articolate in via gradata:
1. In via principale: accertare l’avvenuta risoluzione consensuale del contratto.
2. In subordine: dichiarare la risoluzione per inadempimento della società venditrice.
3. In ulteriore subordine: dichiarare la risoluzione per reciproco inadempimento.

In tutti i casi, l’acquirente chiedeva la restituzione degli acconti versati. La società venditrice si costituiva in giudizio, opponendosi alle domande e proponendo a sua volta una domanda riconvenzionale per la risoluzione del contratto per inadempimento dell’acquirente, con diritto a trattenere gli acconti a titolo di risarcimento.

Le Decisioni di Merito: Tribunale e Corte d’Appello

Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente la domanda riconvenzionale della società, condannando l’acquirente a un ingente pagamento. La Corte di Appello, in parziale riforma, rigettava la domanda riconvenzionale della società (nel frattempo fallita) ma confermava il rigetto delle domande dell’acquirente.

Il punto cruciale della decisione d’appello risiedeva nel ritenere inammissibile la domanda subordinata di risoluzione per inadempimento. Secondo i giudici di secondo grado, tale domanda era in insanabile contrasto logico con quella principale di risoluzione consensuale. Sostenere prima l’esistenza di un accordo per sciogliere il contratto e poi, in subordine, l’inadempimento della controparte, è stato giudicato come un’argomentazione contraddittoria.

La questione sulla risoluzione contratto preliminare e le domande subordinate

La questione fondamentale sottoposta alla Corte di Cassazione era se la proposizione di una domanda di accertamento della risoluzione consensuale precludesse l’esame della successiva domanda subordinata di risoluzione per inadempimento. In altre parole, chiedere al giudice di verificare l’esistenza di un accordo risolutorio equivale a un’ammissione che impedisce poi di lamentare il comportamento inadempiente della controparte?

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del promissario acquirente, cassando la sentenza d’appello e fornendo importanti chiarimenti.

La Forma della Risoluzione Consensuale

In primo luogo, la Corte ha rigettato il motivo con cui il ricorrente sosteneva l’esistenza di un accordo risolutorio verbale, provato dalla vendita dell’immobile a terzi da parte della società. La Cassazione ha ribadito il principio consolidato secondo cui l’accordo che scioglie un contratto preliminare immobiliare deve avere la stessa forma scritta richiesta per il contratto originario, a pena di nullità. La vendita a terzi è un atto neutro che non dimostra di per sé un mutuo consenso allo scioglimento.

La Piena Compatibilità delle Domande e la risoluzione contratto preliminare

Il cuore della decisione risiede nell’accoglimento del secondo motivo di ricorso. La Corte ha affermato che non sussiste alcuna incompatibilità logica tra la domanda principale di risoluzione consensuale e quella subordinata di risoluzione per inadempimento. Le due domande sono semplicemente poste in un ordine gerarchico: solo se la prima viene respinta (perché, ad esempio, non si raggiunge la prova dell’accordo), il giudice deve passare a esaminare la seconda.

La mancata prova dell’esistenza di un accordo risolutorio non esclude affatto che una delle parti possa essere incorsa in un inadempimento colpevole. Anzi, proprio in assenza di un accordo, il giudice è tenuto a valutare le contrapposte domande di inadempimento, operando un giudizio comparativo tra i comportamenti delle parti per stabilire quale di essi abbia avuto un ruolo preponderante e causale nell’alterare il sinallagma contrattuale.

La Corte d’Appello, dichiarando inammissibile la domanda subordinata, ha completamente omesso questo accertamento comparativo, venendo meno a un suo preciso dovere. Il sillogismo secondo cui proporre una domanda di risoluzione consensuale costituirebbe un’implicita ‘autodenuncia’ del proprio disinteresse al contratto è stato ritenuto palesemente erroneo.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Appello in diversa composizione. Il principio affermato è di fondamentale importanza pratica: una parte può legittimamente chiedere al giudice di accertare in via prioritaria se un contratto si sia sciolto per mutuo consenso e, solo in caso di risposta negativa, chiedere che venga risolto per inadempimento della controparte. Questa strategia processuale non è contraddittoria e obbliga il giudice a esaminare entrambe le questioni nel merito, se la prima non trova accoglimento.

È possibile sciogliere verbalmente un contratto preliminare di compravendita immobiliare?
No. La Corte di Cassazione ribadisce il principio consolidato secondo cui l’accordo risolutorio di un contratto preliminare immobiliare deve avere la stessa forma scritta richiesta per il contratto che si intende sciogliere, a pena di nullità.

Si possono chiedere in giudizio, in ordine subordinato, la risoluzione consensuale e la risoluzione per inadempimento?
Sì. La Corte ha stabilito che non esiste alcuna incompatibilità logica tra le due domande. Se il giudice non accerta l’esistenza di un accordo per la risoluzione consensuale, è tenuto a esaminare la domanda subordinata di risoluzione per inadempimento.

Cosa deve fare il giudice se entrambe le parti si accusano a vicenda di inadempimento contrattuale?
Il giudice deve procedere a un giudizio comparativo dei comportamenti di entrambe le parti. Deve valutare quale inadempimento sia stato più grave e determinante nel compromettere la funzionalità del contratto, stabilendo così la responsabilità principale della rottura del rapporto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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