Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25890 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25890 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
R.G.N. 20521/22
C.C. 17/9/2024
ORDINANZA
Vendita -Preliminare -Esecuzione in forma specifica -Mancato pagamento del prezzo sul ricorso (iscritto al N.R.G. 20521/2022) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso e all’istanza ex art. 380 -bis , secondo comma, c.p.c. depositata l’11 marzo 2024, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, hanno eletto domicilio;
e
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
-controricorrenti –
nonché
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME NOME COGNOME NOME;
-intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3632/2022, pubblicata il 26 maggio 2022, notificata a mezzo PEC il 30 maggio 2022 e il 1° giugno 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
vista l’opposizione tempestivamente spiegata dal ricorrente avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis c.p.c.;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse dei controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 380bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 24 settembre 2014, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, convenivano, davanti al Tribunale di Roma, COGNOME NOME e COGNOME NOME, chiedendo che fosse dichiarata la risoluzione di diritto o pronunciata la risoluzione giudiziale -per inadempimento del promissario acquirente COGNOME NOME all’obbligo di pagamento del saldo del prezzo di vecchie lire 37.000.000, oltre
interessi di mora -del trasferimento coattivo della proprietà dell’immobile sito in INDIRIZZO, INDIRIZZO, come disposto dalla sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1962/2005, depositata il 5 maggio 2005, confermata dalla sentenza di questa Corte n. 19097, depositata il 19 settembre 2011, in esecuzione del contratto preliminare concluso il 14 marzo 1989, con la condanna del COGNOME al risarcimento dei danni subiti e del COGNOME al rilascio dell’immobile.
Si costituiva in giudizio COGNOME NOME, il quale contestava, in fatto e in diritto, le domande avversarie, assumendo di aver già adempiuto all’obbligo di pagamento del prezzo mediante deposito delle somme dovute presso il AVV_NOTAIO incaricato, che successivamente aveva provveduto a formalizzare offerta reale nei confronti degli eredi del promittente alienante.
Rimaneva contumace COGNOME NOME.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 15223/2017, depositata il 26 luglio 2017, dichiarava la risoluzione del disposto trasferimento coattivo della proprietà immobiliare per inadempimento del promissario acquirente all’obbligo di pagamento del saldo del prezzo, all’esito dell’inviata diffida ad adempiere del 7 maggio 2013, ricevuta il 10 maggio 2013, rigettando le ulteriori domande proposte.
2. -Con atto di citazione notificato il 23 novembre 2017, COGNOME NOME proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) l’erronea esclusione del suo adempimento all’obbligo di pagamento del prezzo residuo stabilito dalla sentenza di esecuzione in forma specifica; 2) l’errata valutazione dei mezzi di prova acquisiti.
Si costituivano nel giudizio di impugnazione COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali chiedevano che l’appello fosse rigettato, in quanto infondato.
Si costituiva in appello anche COGNOME NOME, il quale chiedeva che la sentenza impugnata fosse confermata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e confermava la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che il promissario acquirente non aveva dato prova di avere adempiuto alla propria obbligazione di versamento del prezzo residuo dovuto entro il termine concesso con la diffida ad adempiere; b ) che il deposito di un assegno presso il AVV_NOTAIO non osservava le norme che regolano l’adempimento delle obbligazioni, né era conforme al titolo giudiziale, che prevedeva il pagamento in favore dei singoli eredi, in ragione delle rispettive quote di competenza, e non già di un importo unico complessivo; c ) che, inoltre, la somma oggetto dell’assegno consegnato al AVV_NOTAIO era pacificamente incompleta, in quanto non comprendeva gli interessi legali dovuti ex lege dal passaggio in giudicato della sentenza che aveva disposto il trasferimento coattivo; d ) che, peraltro, non era stato dimostrato se al AVV_NOTAIO fosse stato consegnato un assegno circolare ovvero un assegno bancario, il quale notoriamente non configurava adempimento e legittimamente avrebbe potuto essere rifiutato dal creditore; e ) che doveva essere confermata la valutazione sulla gravità dell’inadempimento del promissario acquirente, tenuto
conto del tempo trascorso dalla pronuncia della Cassazione, risalente a circa due anni prima, della circostanza che l’inadempimento riguardava l’unica ed essenziale obbligazione dell’acquirente, dell’entità del saldo del prezzo dovuto e dell’evidente interesse degli attori a ricevere la prestazione di cui alla diffida ad adempiere; f ) che non era dato conoscere il contenuto dell’offerta reale asseritamente effettuata dal AVV_NOTAIO, poiché non era stato depositato il fascicolo di parte relativo al giudizio di primo grado, senza che nulla emergesse dai documenti allegati al fascicolo delle controparti; g ) che, in ogni caso, come evidenziato dal Tribunale, l’offerta era stata formulata a distanza di circa 8 mesi dalla diffida, quando ormai la risoluzione si era già verificata di diritto; h ) che la condanna alle spese doveva essere riconosciuta anche in favore dell’appellato COGNOME NOME, nonostante la sua posizione marginale, non essendo state formulate domande in grado di appello nei suoi confronti.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, COGNOME NOME.
Hanno resistito, con separati controricorsi, da una parte, COGNOME NOME e COGNOME NOME e, dall’altra, COGNOME NOME.
Sono rimasti intimati COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
-All’esito, è stata formulata proposta di definizione del giudizio del 26 febbraio 2024, depositata il 28 febbraio 2024, accettata il 1° marzo 2024, comunicata il 4 marzo 2024, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., alla stregua della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso.
Con atto depositato l’11 marzo 2024, COGNOME NOME ha spiegato opposizione avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio.
5. -I controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo articolato il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 c.c., per avere la Corte di merito convalidato il giudizio del Tribunale, secondo cui, nella valutazione dell’inadempimento del COGNOME, avrebbe dovuto considerarsi anche il lungo lasso di tempo decorso dalla sentenza ex art. 2932 c.c. di oltre due anni, mentre, in realtà, ogni valutazione avrebbe dovuto essere limitata alla verifica dell’inadempimento all’esito dell’inviata diffida ad adempiere.
1.1. -Il motivo è infondato.
Si premete che, in tema di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. del trasferimento di proprietà, ove quest’ultimo sia subordinato al pagamento del prezzo o del saldo prezzo, tale pagamento non si atteggia quale evento futuro ed incerto, accidentale rispetto all’atto di trasferimento, afferente alla mera efficacia di quest’ultimo e configurabile come condizione sospensiva ai sensi e per gli effetti dell’art. 1353 c.c., bensì quale elemento essenziale intrinseco, atto a ripristinare la corrispettività del contratto, di cui la sentenza tiene luogo, tanto che il mancato versamento del dovuto, all’esito del passaggio in giudicato della sentenza, non costituisce ragione di automatica e
definitiva inefficacia del trasferimento ex art. 1353 c.c., ma causa di inadempimento risolutivo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8164 del 22/03/2023; Sez. 5, Ordinanza n. 8054 del 23/03/2021; Sez. 3, Sentenza n. 29358 del 13/11/2019; Sez. 2, Sentenza n. 30469 del 23/11/2018; Sez. 2, Sentenza n. 20226 del 31/07/2018; Sez. 1, Sentenza n. 25364 del 29/11/2006; Sez. 2, Sentenza n. 10827 del 06/08/2001; Sez. 2, Sentenza n. 11195 del 27/12/1994).
Ebbene, in tale evenienza, la natura costitutiva della pronuncia di esecuzione specifica con effetti ex nunc (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12680 del 09/05/2024; Sez. 2, Sentenza n. 36224 del 28/12/2023; Sez. 2, Sentenza n. 8693 del 03/05/2016; Sez. 2, Sentenza n. 17688 del 28/07/2010; Sez. U, Sentenza n. 4059 del 22/02/2010; Sez. 2, Sentenza n. 8250 del 06/04/2009; Sez. 1, Sentenza n. 10600 del 19/05/2005; Sez. 1, Sentenza n. 10564 del 04/07/2003) rende attuale l’obbligo solo all’esito del suo passaggio in giudicato (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27342 del 29/10/2018; Sez. 2, Sentenza n. 22997 del 26/09/2018; Sez. 2, Sentenza n. 26226 del 13/12/2007).
Ciò osservato, con riguardo al rapporto che si costituisce per effetto della sentenza di accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere una compravendita, il pagamento del prezzo, cui è subordinato il trasferimento della proprietà, se è vero che assolve alla funzione di condizione per il verificarsi dell’effetto traslativo, non perde, peraltro, la sua natura di prestazione essenziale destinata ad attuare il sinallagma contrattuale, con la conseguenza che l’inadempimento della correlativa obbligazione può -nel concorso
dei relativi presupposti -essere fatta valere dalla controparte come ragione di risoluzione del rapporto o ipso iure o ope iudicis e non già come causa di automatica inefficacia del rapporto medesimo ai sensi dell’art. 1353 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20226 del 31/07/2018; Sez. 1, Sentenza n. 25364 del 29/11/2006; Sez. 2, Sentenza n. 10827 del 06/08/2001; Sez. 2, Sentenza n. 11195 del 27/12/1994).
Questo perché, nella convergenza di tale duplice funzione del pagamento del prezzo ancora dovuto (dal promissario acquirente), quale prestazione essenziale del compratore e, al contempo, quale ‘condizione’ dell’effetto traslativo, nell’ipotesi di omesso pagamento nel termine fissato dalla sentenza o, in mancanza, nel congruo lasso di tempo necessario, la mora del promissario compratore, all’esito del passaggio in giudicato della pronuncia costitutiva che dispone l’effetto traslativo, assume i caratteri dell’inadempimento di non scarsa importanza per il creditore, rendendo non più possibile l’adempimento tardivo contro la volontà di quest’ultimo e giustificando la pretesa di risoluzione della sentenza-contratto.
Tanto premesso, il giudice di merito ha esaminato l’inadempimento all’esito dell’invio della diffida ad adempiere, confermando la risoluzione ope legis in ragione del generico richiamo al versamento di un assegno presso il AVV_NOTAIO indicato, senza alcuna precisazione della sua natura di assegno bancario o circolare, del mancato versamento delle somme spettanti a ciascun erede pro quota , della mancata corresponsione degli interessi legali, della gravità dell’inadempimento alla luce del lungo tempo decorso dal passaggio in giudicato della sentenza ex
art. 2932 c.c., del riferimento del giudice di primo grado ad un’offerta avvenuta (a cura del AVV_NOTAIO incaricato, presso cui l’ ‘assegno’ sarebbe stato depositato) a distanza di ben otto mesi dal ricevimento della diffida ad adempiere, tutto ciò peraltro alla luce del mancato deposito del fascicolo di parte da cui potesse verificarsi la connotazione di tale offerta reale.
Non ha, dunque, avuto un peso decisivo il richiamo al lasso di tempo decorso di circa due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di esecuzione in forma specifica, ma è stato precipuamente considerato anche lo specifico contegno assunto dal debitore all’esito dell’invio della diffida ad adempiere.
Sicché il richiamo all’art. 1453 c.c. ha avuto un rilievo ai soli fini della valutazione della gravità dell’inadempimento ex art. 1455 c.c., che comunque deve connotare la diffida ai fini di poterne fare discendere la risoluzione per inutile decorso del termine in essa contemplato (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 25703 del 04/09/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 40325 del 16/12/2021; Sez. 2, Sentenza n. 18696 del 04/09/2014; Sez. 2, Sentenza n. 9314 del 18/04/2007).
Tale valutazione è stata correttamente effettuata avuto riguardo all’intero importo del debito, stante che alcuna somma è pervenuta ed è stata accettata dai creditori nel termine concesso con la diffida.
Ne discende che non può comunque, a monte, trovare applicazione nella fattispecie il principio secondo cui l’accettazione da parte del creditore dell’adempimento parziale che a norma dell’art. 1181 c.c. egli avrebbe potuto rifiutare non estingue il debito, ma può ridurlo, non precludendo
conseguentemente al creditore stesso di azionare la risoluzione del contratto, né al giudice di dichiararla, ove la parte residuale del credito rimasta scoperta sia tale da comportare ugualmente la gravità dell’inadempimento (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 2223 del 25/01/2022; Sez. 1, Sentenza n. 20 del 08/01/1987), appunto perché nessuna somma è stata versata entro il termine contemplato nella diffida.
Precisamente, entro il termine fissato con la diffida ad adempiere, nessuna somma è pervenuta pro quota ai creditori, non potendosi l’ipotetica consegna dell’ ‘assegno’ presso il AVV_NOTAIO -quale soggetto terzo che avrebbe effettuato un’offerta reale oltre il termine stabilito nella diffida, peraltro senza una distribuzione pro quota e senza la corresponsione degli interessi legali -costituire un idoneo surrogato del pagamento.
2. -Con il secondo motivo svolto il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un punto decisivo della controversia, oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla diffida ad adempiere del 7 maggio 2013, ricevuta il 10 maggio 2013, relativamente alla replica del legale del COGNOME di cui alla lettera del 22 maggio 2013 -di attestazione dell’adempimento del COGNOME stesso al pagamento -e alla successiva contro-replica del legale dei diffidanti del 23 maggio 2013, con cui non sarebbe stata sollevata alcuna obiezione sulle modalità di pagamento.
2.1. -Il motivo è inammissibile.
Per un verso, i documenti richiamati non sono stati prodotti nel giudizio d’appello, sicché la Corte distrettuale ha dato atto di non averne potuto prendere visione.
Per altro verso, nell’ipotesi di ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348 -ter , quinto comma, c.p.c., vigente ratione temporis , il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile (alla luce della proposizione del gravame in data successiva all’11 settembre 2012), se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26934 del 20/09/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
3. -Con il terzo motivo proposto il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., della violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., per avere la Corte territoriale disposto la condanna del COGNOME alle spese del giudizio di gravame anche in favore di COGNOME NOME, benché alcuna domanda fosse stata formulata verso quest’ultimo.
3.1. -Il motivo è fondato.
Ebbene, in un giudizio svoltosi con pluralità di parti in cause scindibili ai sensi dell’art. 332 c.p.c., cioè cause cumulate nello stesso processo per un mero rapporto di connessione, la notificazione dell’impugnazione (nella specie, l’appello) e la sua conoscenza assolvono alla funzione di litis denuntiatio , così da permettere l’attuazione della concentrazione nel tempo di tutti i gravami contro la stessa sentenza.
In tal caso, pertanto, il destinatario della notificazione non diviene per ciò solo parte nella fase di impugnazione e, quindi, non sussistono i presupposti per la pronuncia, a suo favore, della
condanna alle spese a norma dell’art. 91 c.p.c., che esige la qualità di parte, e perciò una vocatio in ius , e la soccombenza (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 34174 del 15/11/2021; Sez. 1, Sentenza n. 5508 del 21/03/2016; Sez. 3, Sentenza n. 13355 del 30/06/2015; Sez. 3, Sentenza n. 2208 del 16/02/2012).
Nella fattispecie gli originari attori avevano agito in giudizio proponendo distinte domande rispettivamente verso COGNOME NOME (risoluzione del trasferimento coattivo e risarcimento dei danni) e COGNOME NOME (rilascio del bene). Sussistevano, pertanto, due cause cumulate e scindibili. Rispetto alla causa intentata verso COGNOME NOME, rimasto contumace nel giudizio di prime cure, gli attori erano soccombenti. Senonché COGNOME NOME ha proposto il gravame verso gli eredi di COGNOME NOME, evocando in giudizio COGNOME NOME ai soli fini della litis denuntiatio , senza proporre alcun motivo di impugnazione nei suoi confronti. Né gli eredi di COGNOME NOME hanno spiegato appello incidentale per contestare il rigetto della domanda di rilascio proposta verso COGNOME NOME.
Sicché non ricorrevano i presupposti per disporre la condanna alle spese dell’appellante verso COGNOME NOME.
4. -In definitiva, il terzo motivo deve essere accolto mentre i residui motivi vanno rigettati.
La sentenza impugnata va dunque cassata, limitatamente al motivo accolto, e -decidendo la causa nel merito, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto ex art. 384, secondo comma, seconda parte, c.p.c. -si dichiara che nulla è dovuto, a titolo di spese di lite del giudizio d’appello, in favore di COGNOME NOME.
Le spese e compensi del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, rispettivamente sui valori di euro 19.108,90 e di euro 3.310,00 (quale importo delle spese oggetto della condanna non dovuta in appello).
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie il terzo motivo del ricorso, rigetta i rimanenti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, dichiara che nulla è dovuto, a titolo di spese di lite del giudizio d’appello, in favore di COGNOME NOME.
Condanna il ricorrente alla refusione, in favore dei controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Condanna il controricorrente COGNOME NOME alla refusione, in favore del ricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 1.137,50, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda