Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23462 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23462 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 02/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 11000 – 2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE -c.f./p.i.v.a. P_IVA P_IVAin persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa disgiuntamente e congiuntamente in virtù di procura speciale a margine del ricorso dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo stu dio dell’avvocato NOME COGNOME.
RICORRENTE
contro
CURATORE del fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona della dottoressa NOME COGNOME.
INTIMATO
avverso il decreto dei 2/5.3.2018 del Tribunale di Treviso, udita la relazione nella camera di consiglio del 5 giugno 2024 del AVV_NOTAIO,
RILEVATO CHE
Con ricorso ex art. 93 l.fall. l’ ‘RAGIONE_SOCIALE domandava l’ammissione al passivo del fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione dichiarato dal Tribunale di Treviso con sentenza n. 242 del 16.11.2016 (cfr. ricorso, pag. 18) .
Esponeva che con contratto in data 19.12.2013 la società poi fallita le aveva fornito, provvedendo altresì alla messa in opera, un impianto per la produzione di energia elettrica a ciclo combinato, composto da un espansore di vapore saturo (turbina) e da un’unità ‘O.R.C.’ (‘organic rankine cycle’) (cfr. ricorso, pag. 8) ; che il prezzo era stato pattuito in complessivi euro 533.500,00, oltre i.v.a. (cfr. ricorso, pag. 9) .
Esponeva che a mezzo bonifici aveva corrisposto alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ il complessivo importo di euro 392.656,00 e tuttavia aveva sospeso il pagamento dell’importo di euro 128.040,00, di cui alla fattura n. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO, in dipendenza dei vizi e difetti di funzionamento che l’impianto aveva palesato (cfr. ricorso, pag. 11) .
Esponeva che del resto, successivamente alla stipula del contratto, la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ l’aveva informata che la turbina non consentiva il funzionamento in sicurezza e che, per il tramite del progettista dell’impianto, aveva appreso che, a causa dei difetti di progettazione, il macchinario non avrebbe mai potuto funzionare né esser collaudato (cfr. ricorso, pag. 12) .
Esponeva dunque che con ricorso al Tribunale di Cagliari depositato in data 16.11.2016 (cfr. ricorso, pag. 15) aveva chiesto farsi luogo ad accertamento tecnico preventivo, affinché si acclarasse e verificasse lo stato dell’impianto, e nondimeno il procedimento per a.t.p. era stato interrotto per l’intervenuta dichiarazione di fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso, pagg. 15 – 16) .
Esponeva ulteriormente che, riassunto il procedimento per a.t.p., il Tribunale di Cagliari aveva dapprima dichiarato l’improcedibilità del ricorso e dipoi, in accoglimento del reclamo, con ordinanza in data 26.9.2017, aveva disposto farsi luogo a c.t.u., i n esito alla quale l’officiato ausiliario, con relazione in data 29.12.2017 (cfr. ricorso, pag. 16) , aveva dato atto dei gravi difetti strutturali dell’impianto, che ne avevano cagionato il non funzionamento (cfr. ricorso, pag. 18) .
Chiedeva quindi farsi luogo all’ammissione al passivo dell’importo di euro 392.656,00 a titolo di restituzione del prezzo corrisposto nonché dell’importo di euro 681.219,58 a titolo di risarcimento dei danni da non funzionamento dell’impianto (cfr. ricorso, pag. 18) .
Il giudice delegato denegava l’ammissione al passivo.
RAGIONE_SOCIALE‘ RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione ex art. 98 l.fall.
Chiedeva in via principale l’ammissione al passivo in prededuzione ovvero in privilegio per l’importo di euro 392.656,00 a titolo di restituzione del prezzo corrisposto a fronte della fornitura di un impianto difettoso ed inutilizzabile e per l’importo di euro 681.219,58 a titolo di risarcimento del danno per il mancato funzionamento dell’impianto (cfr. ricorso, pag. 20) .
Chiedeva in via subordinata, previo accertamento dei vizi e dei difetti, accertare e dichiarare che il valore dell’impianto è nettamente inferiore all’importo -euro 392.656,00 -pagato e, per l’effetto, farsi luogo all’ammissione al passivo in prededuzione ovvero in privilegio ovvero, eventualmente, in chirografo per l’importo pari alla differenza tra quanto pagato ed il minor valore dell’impianto nonché farsi luogo all’ammissio ne al passivo in prededuzione ovvero in privilegio ovvero, eventualmente, in chirografo per
l’importo da acclararsi in corso di causa a titolo di risarcimento del danno per il mancato funzionamento dell’impianto (cfr. ricorso, pagg. 20 – 21) .
Chiedeva in via ulteriormente subordinata, previo accertamento dei vizi e dei difetti, pronunciare la risoluzione del contratto e farsi luogo all’ammissione al passivo in prededuzione ovvero in privilegio ovvero, eventualmente, in chirografo dell’importo di euro 392.656,00, pari al corrispettivo pagato, nonché farsi luogo all’ammissione al passivo in prededuzione ovvero in privilegio ovvero, eventualmente, in chirografo per l’importo da acclararsi in corso di causa a titolo di risarcimento del danno per il mancato funzionam ento dell’impianto (cfr. ricorso, pag. 21) .
Resisteva il curatore del fallimento.
Con decreto dei 2/5.3.2018 il Tribunale di Treviso rigettava l’opposizione e condannava l’opponente alle spese di lite.
Evidenziava il tribunale che il contratto in data 19.12.2013, da inquadrare nello schema dell’appalto, doveva reputarsi sciolto ex art. 81 l.fall. a seguito del fallimento dell’appaltatore ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e lo scioglimento non costituiva causa di responsabilità della procedura nei confronti del committente, il quale era tenuto al pagamento ‘in proporzione, nei limiti in cui è per lui utile, del prezzo pattuito per l’intera opera’ (così decreto impugnato, pag. 3) .
Evidenziava altresì che non risultava fosse intervenuta antecedentemente alla dichiarazione di fallimento la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo, sicché esplicavano valenza le previsioni contrattuali (cfr. decreto impugnato, pag. 3) .
Evidenziava inoltre che la comunicazione datata 16.1.2015 non recava riconoscimento dell’esistenza di difetti della turbina a vapore; che nel rapporto di intervento datato 7.7.2016 non era specificata la causa, se addebitabile alla
fallita, del mancato funzionamento dell’unità ‘O.R.C.’; che la comunicazione datata 12.10.2016 non conteneva alcun riconoscimento di difetti riconducibili al mancato funzionamento dell’impiant o (cfr. decreto impugnato, pag. 3) .
Avverso tale decreto ha proposto ricorso l’ ‘RAGIONE_SOCIALE; ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
Il curatore del fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. ‘ error in iudicando ‘, la violazione o falsa applicazione degli artt. 52 e 93 e ss. l.fall., dell’art. 295 cod. proc. civ. e dell’art. 1672 cod. civ.
Deduce che ha errato il tribunale a sostenere che in sede fallimentare è precluso l’accertamento dei crediti del committente inerenti alla risoluzione del contratto d’appalto ed alla riduzione del prezzo (cfr. ricorso, pag. 29) .
Deduce che tale assunto contrasta con la regola dell’esclusività dell’accertamento dei crediti in sede fallimentare (cfr. ricorso, pag. 30) .
Deduce che la regola dell’esclusività dell’accertamento del passivo non osta alla prosecuzione in sede extrafallimentare del procedimento per a.t.p. volto alla ‘precostituzione, per ragioni di urgenza, di una prova’ (così ricorso, pag. 31) .
Deduce che il tribunale ha del tutto ignorato la richiesta di sospensione in attesa della definizione del procedimento per a.t.p. (cfr. ricorso, pag. 33) , le cui risultanze ben possono essere utilizzate dal giudice fallimentare (cfr. ricorso, pag. 34), ed ha omesso qualsivoglia pronuncia in ordine alla richiesta di c.t.u. all’uopo formulata (cfr. ricorso, pag. 33) .
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. ‘ error in iudicando ‘, la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ.; il vizio di motivazione apparente, contraddittoria, inconciliabile, perplessa ed incomprensibile; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità dell’impugnato decreto per violazione e falsa applicazione dell’art. 132, 2° co., n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 118, 1° co., dis p. att. cod. proc. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità del procedimento e dell’impugnato decreto in relazione all’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia.
Deduce che il tribunale ha omesso qualsivoglia pronuncia in ordine al credito -quantificato in euro 681.219,58 -invocato a titolo di risarcimento del danno per il mancato funzionamento dell’impianto (cfr. ricorso, pag. 36) .
Deduce che il tribunale è incorso in irriducibile contraddizione, allorché ha affermato, da un canto, che il committente è tenuto al pagamento del corrispettivo in proporzione all’utilità dell’opera conseguita e, d’altro canto, che all’accertamento della p retesa risolutoria azionata dal committente non può farsi luogo in sede fallimentare (cfr. ricorso, pag. 39) .
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame e valutazione ovvero il travisamento delle prove circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di trattazione tra le parti; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. la violazione, errata interpretazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., oltreché degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. ‘ error in procedendo ‘, la nullità del decre to impugnato.
Deduce che il tribunale ha travisato il chiaro tenore letterale dei documenti versati agli atti di causa, segnatamente dei documenti n. 2, n. 3 e n. 4 allegati all’opposizione ex art. 98 l.fall. (cfr. ricorso, pagg. 41 – 42) .
Deduce che dalla nota in data 16.1.2015 si evince chiaramente che la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ conosceva l’esistenza dei difetti strutturali della turbina a vapore (cfr. ricorso, pag. 42) ; che del resto i difetti della turbina sono stati confermati dalla c.t.u. disposta in sede di a.t.p. (cfr. ricorso, pag. 42) ; che in ogni caso il non funzionamento e gli errori progettuali della turbina sono stati riconosciuti dalla RAGIONE_SOCIALE fallimentare (cfr. ricorso, pag. 43) .
Deduce che i gravi vizi e difformità sono stati tempestivamente denunciati alla fallita (cfr. ricorso, pag. 45) .
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità del procedimento e del decreto impugnato per violazione e falsa applicazione dell’art. 132, 2° co., n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 118, 1° co., disp. att. cod. proc. civ.; il vizio di difetto di motivazione, di motivazione apparente, illogica, incoerente e contraddittoria.
Deduce che il tribunale ha del tutto ignorato la richiesta di sospensione del giudizio di opposizione in attesa della definizione del procedimento di accertamento tecnico preventivo (cfr. ricorso, pag. 48) .
Deduce che il tribunale per nulla ha motivato, allorché ha denegato la richiesta c.t.u., unico mezzo possibile per accertare e valutare i vizi e i difetti dell’impianto nonché le cause e i danni derivati (cfr. ricorso, pagg. 48 – 49) .
Deduce che con la memoria di costituzione nel giudizio di opposizione a stato passivo la RAGIONE_SOCIALE fallimentare ha svolto una vera e propria domanda riconvenzionale volta all’accertamento del diritto della RAGIONE_SOCIALE poi fallita alla
percezione dei corrispettivi residui e che al riguardo ha dichiarato di non accettare il contraddittorio (cfr. ricorso, pagg. 50 – 51) .
Deduce quindi che il tribunale avrebbe dovuto senz’altro pronunciarsi nel senso del rigetto di siffatta riconvenzionale, soggetta alla cognizione ordinaria, il che avrebbe giustificato la compensazione delle spese di lite per soccombenza reciproca (cfr. ricorso, pag. 51) .
I motivi di ricorso sono evidentemente connessi; il che ne giustifica la disamina contestuale; i medesimi mezzi di impugnazione sono comunque fondati e meritevoli di accoglimento nei termini che seguono.
12. Vanno debitamente premessi i seguenti rilievi.
In primo luogo, la qualificazione in guisa di appalto del contratto siglato in data 19.12.2013 dalla ricorrente e dalla società poi fallita è ‘coperta’ da giudicato ‘interno’.
In secondo luogo, la volontà di risolvere un contratto per inadempimento non deve necessariamente risultare da una domanda espressamente proposta dalla parte in giudizio, ben potendo implicitamente essere contenuta in altra domanda, eccezione o richiesta, sia pure di diverso contenuto, che presupponga una domanda di risoluzione (cfr. Cass. 5.10.2009, n. 21230 (nella specie, la domanda di risoluzione è stata giudicata implicita in quella di restituzione della somma corrisposta per una prestazione inadempiuta); Cass. (ord.) 23.10.2017, n. 24947; Cass. 18.9.2020, n. 19513) .
In terzo luogo, ai sensi dell’art. 72, 5° co., l.fal l., ‘l’azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore (…)’; ‘se il contraente intende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di una somma o di un
bene, ovvero il risarcimento del danno, deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al capo V’.
In relazione, in particolare, a tal ultime indicazioni normative va ribadita l’elaborazione di questa Corte.
Ovvero, per un verso, l’insegnamento a tenor del quale, nei contratti con prestazioni corrispettive, intervenuto il fallimento del contraente inadempiente, l’altro non può proporre l’azione di risoluzione contro la RAGIONE_SOCIALE, con effetti, cioè, nei confronti della massa, perché il fallimento determina la destinazione del patrimonio del fallito al soddisfacimento paritario di tutti i creditori e la cristallizzazione delle loro posizioni giuridiche, cosicché la pronunzia di risoluzione non può produrre gli effetti restitutori e risarcitori suoi propri, che sarebbero lesivi della par condicio (cfr. Cass. 30.5.1983, n. 3708, ove si precisa che tale principio opera, per i fatti di inadempimento anteriori al fallimento, anche quando il curatore sia subentrato nel contratto ex art. 72 l.fall.) .
Ovvero, per altro verso, l’insegnamento a tenor del quale il contraente in bonis non solo può proseguire l’azione di risoluzione dapprima intrapresa nei confronti del contraente asseritamente inadempiente successivamente fallito (cfr. Cass. 18.9.2013, n. 21388; Cass. (ord.) 16.1.2018, n. 826) , ma può esperire l’azione di risoluzione pur successivamente alla dichiarazione di fallimento del contraente asseritamente inadempiente, allorché abbia (il contraente in bonis che si assuma adempiente) dichiarato antecedentemente al fallimento di controparte che intende valersi della clausola risolutiva espressa (cfr. Cass. 18.11.1961, n. 2684; con tale pronuncia questa Corte, con riferimento ad un contratto d’appalto, dopo aver puntualizzato che l’art. 81 l.fall. riguarda lo scioglimento e non già la risoluzione del medesimo contratto, siccome attribuisce al fall imento l’attitudine a farne cessare soltanto ex nunc
l’efficacia e quindi l’ulteriore esecuzione, ferma restando l’efficacia del contratto d’appalto per il tempo anteriore al verificarsi della causa di scioglimento, ha ulteriormente specificato che la dichiarazione di fallimento, sciogliendo il contratto d’a ppalto con efficacia ex nunc, impedisce, di regola, che possa successivamente dichiararsene la risoluzione; e che l’acquisizione del diritto alla risoluzione ex art. 1453 cod. civ. ovvero ex art. 1456 cod. civ. (clausola risolutiva espressa) si ha soltanto quando la proposizione della domanda giudiziale di risoluzione o, rispettivamente, la dichiarazione della parte adempiente di volersi avvalere della clausola, siano anteriori alla sentenza dichiarativa di fallimento. Cfr. Cass. (ord.) 18.9.2013, n. 21411, e Cass. (ord.) 25.8.2017, n. 20398. Cfr. Cass. (ord.) 8.4.2024, n. 9369, secondo cui la risoluzione di diritto di un contratto, prevista dalle parti con apposita pattuizione quale conseguenza dell’inadempimento di una determinata obbligazione, non opera automaticamente, bensì produce effetti solo dal momento in cui il contraente, nel cui interesse è stata pattuita, comunica all’altro inadempiente l’intenzione di avvalersene. Cfr. Cass. 4.5.2005, n. 9275, secondo cui, in tema di clausola risolutiva espressa, la dichiarazione del creditore della prestazione inadempiuta di volersi avvalere dell’effetto risolutivo di diritto di cui all’art. 1456 cod. civ. non deve essere necessariamente contenuta in un atto stragiudiziale precedente alla lite, potendo essa per converso manifestarsi, del tutto legittimamente, con lo stesso atto di citazione o con altro atto processuale ad esso equiparato) .
Nel quadro della riferita elaborazione si configura l’ ‘ error in iudicando ‘ denunciato, in particolare, con il primo mezzo (l ‘ ‘error in iudicando’, sub specie di ‘falsa applicazione’ di legge, ricorre altresì quando la norma di legge sia stata malamente applicata: cfr. Cass. 24.10.2007, n. 22348) .
Segnatamente, ha errato il tribunale, allorché si è limitato a riscontrare che ‘non risulta intervenuta, prima della dichiarazione di fallimento, la risoluzione del contratto né alcun accertamento di riduzione del prezzo pattuito’ (così decreto impugnato, pag. 3) .
Viceversa, il tribunale avrebbe dovuto acclarare se l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva formalizzato in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ idonea iniziativa volta a conseguire la risoluzione del contratto in data 19.12.2013.
Peraltro, mercé -in particolare – il ricorso per accertamento tecnico preventivo all’uopo esperito , da reputare senza dubbio idoneo ai fini della suddetta formalizzazione, qu anto meno alla stregua dell’eventuale formulazione di istanze -in esso contemplate restitutorie o risarcitorie ‘titolate’ dall’asserito inadempimento dell’appaltatrice poi fallita.
Ben vero, l’ ‘ error in iudicando ‘ viepiù si prospetta, giacché dal ricorso per cassazione si evince che il ricorso per accertamento tecnico preventivo è stato depositato innanzi al Tribunale di Cagliari in data 16 novembre 2016 (cfr. ricorso, pag. 15) , dunque nello stesso giorno in cui il Tribunale di Treviso ha dichiarato il fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso, pag. 18) .
Nel solco degli operati rilievi resta assorbita ogni ulteriore ragione di doglianza veicolata dagli esperiti motivi di ricorso.
In particolare, pur la doglianza finale veicolata dal quarto motivo, siccome addotta ai fini della mancata compensazione delle spese dell’opposizione ex art. 98 l.fall.
17. In accoglimento nei termini suindicati dei motivi di ricorso il decreto dei 2/5.3.2018 del Tribunale di Treviso va cassato con rinvio allo stesso tribunale in
diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
All’enunciazione, in ossequio alla previsione dell’art. 384, 1° co., cod. proc. civ., del principio di diritto -al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio può farsi luogo per relationem , nei medesimi termini espressi dalle massime desunte dalle pronunce di questa Corte menzionate al paragrafo n. 13.
18. In dipendenza del buon esito del ricorso non sussistono i presupposti perché, ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002, la ricorrente sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del 1° co. bis dell’art. 13 d.P.R. cit.
P.Q.M.
La Corte accoglie nei termini di cui in motivazione il ricorso, cassa il decreto dei 2/5.3.2018 del Tribunale di Treviso e rinvia allo stesso tribunale in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte