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Risoluzione contratto appalto pubblico: quando è lecita

Una società fornitrice impugna la decisione di un ente pubblico di terminare un contratto di fornitura, adducendo come cause di forza maggiore la pandemia e il conflitto bellico. Il Tribunale ha confermato la legittimità della risoluzione contratto appalto pubblico, riscontrando un grave e sistematico inadempimento da parte della società. Quest’ultima è stata condannata al risarcimento dei danni per i maggiori costi sostenuti dall’ente per approvvigionarsi altrove.

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Risoluzione Contratto Appalto Pubblico: Quando è Legittima?

La gestione dei contratti di appalto pubblico richiede rigore e precisione da entrambe le parti. Ma cosa accade quando il fornitore non rispetta gli impegni? Una recente sentenza del Tribunale di Venezia fa luce sui presupposti che legittimano la risoluzione contratto appalto pubblico da parte della stazione appaltante. Il caso analizza la delicata questione del ‘grave inadempimento’ e l’invocata ‘forza maggiore’ legata a pandemia e guerra, offrendo spunti fondamentali per imprese e amministrazioni pubbliche.

I Fatti del Caso: La Fornitura Interrotta

Una società si era aggiudicata un appalto pubblico per la fornitura quadriennale di detersivi e prodotti monouso per un ente che gestisce il diritto allo studio. Poco dopo l’inizio del contratto, la società ha iniziato a manifestare difficoltà, eseguendo le consegne con sistematici ritardi o in modo parziale. A fronte delle ripetute contestazioni da parte dell’ente appaltante, la società fornitrice ha giustificato le proprie mancanze adducendo difficoltà operative generali, come l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei trasporti, conseguenze della pandemia da Covid-19 e del successivo conflitto tra Russia e Ucraina.

L’ente, vedendo compromessa la regolarità del servizio, ha dichiarato la risoluzione del contratto per grave inadempimento, come previsto dal Codice dei Contratti Pubblici. La società fornitrice ha quindi adito il Tribunale per far dichiarare l’illegittimità della risoluzione e ottenere un risarcimento.

Le Richieste delle Parti in Causa

Le pretese della società fornitrice

La società attrice chiedeva al Tribunale di:
* Accertare l’illegittimità della risoluzione e dichiarare il contratto risolto senza sua colpa.
* Condannare l’ente alla restituzione della garanzia versata.
* Ottenere il risarcimento del danno per il mancato utile derivante dalla prosecuzione del contratto.
* In un secondo momento, ha tentato di introdurre una nuova domanda di risarcimento per i danni derivanti dalla segnalazione all’autorità di vigilanza, che le aveva causato l’esclusione da un’altra gara.

Le difese e la domanda riconvenzionale dell’ente appaltante

L’ente convenuto si è difeso sostenendo la piena legittimità della risoluzione e ha presentato a sua volta una domanda (riconvenzionale) per ottenere:
* Il risarcimento del danno subito, quantificato nei maggiori costi sostenuti per acquistare i prodotti mancanti da altri fornitori e per le spese amministrative aggiuntive.
* L’accertamento della legittimità dell’escussione della garanzia definitiva.

La Decisione del Tribunale e la Risoluzione Contratto Appalto Pubblico

Il Tribunale di Venezia ha dato ampiamente ragione all’ente appaltante. La sentenza ha stabilito che la risoluzione contratto appalto pubblico era pienamente legittima, rigettando quasi tutte le domande della società fornitrice. Nello specifico, il giudice ha:
1. Dichiarato inammissibile la nuova domanda di risarcimento della società, poiché proposta tardivamente e basata su fatti non allegati in precedenza.
2. Confermato la legittimità della risoluzione, ritenendo l’inadempimento della fornitrice ‘grave’ e tale da compromettere la buona riuscita delle prestazioni.
3. Accolto parzialmente la domanda di risarcimento dell’ente, condannando la società a pagare i maggiori costi documentati per l’acquisto dei prodotti da terzi, ma rigettando la richiesta relativa ai costi interni di gestione, ritenuti non provati.
4. Dichiarato inammissibile la domanda dell’ente sull’escussione della garanzia, poiché avrebbe richiesto la partecipazione al giudizio della compagnia assicuratrice garante.

Le Motivazioni della Sentenza

La Gravità dell’Inadempimento

Il Tribunale ha ritenuto che le mancanze della società non fossero semplici ritardi, ma violazioni contrattuali sistematiche e rilevanti. Le testimonianze e i documenti prodotti hanno dimostrato la frequenza e l’entità delle omissioni, che hanno costretto l’ente a una continua riorganizzazione del servizio e a urgenti acquisti sostitutivi per garantire l’operatività. Questo comportamento ha integrato il presupposto del ‘grave inadempimento’ richiesto dalla legge per la risoluzione.

L’Esclusione della Forza Maggiore

Un punto cruciale della decisione riguarda il rigetto della tesi della ‘forza maggiore’. Il giudice ha osservato che:
* Gli effetti della pandemia erano già noti e consolidati al momento della stipula del contratto, quindi non potevano essere considerati un evento imprevedibile.
* Il conflitto bellico è iniziato in una fase avanzata del rapporto, quando gran parte degli inadempimenti si era già verificata.
* La carenza di materie prime era smentita dal fatto che l’ente era riuscito a reperire gli stessi prodotti sul mercato da altri fornitori.
La forza maggiore, per escludere la responsabilità, deve rendere la prestazione oggettivamente impossibile, non semplicemente più onerosa. La società, inoltre, non aveva mai richiesto formalmente una revisione dei prezzi, rimedio previsto dalla normativa sugli appalti.

Il Potere di Autotutela della Pubblica Amministrazione

La sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto degli appalti: la Pubblica Amministrazione detiene speciali poteri di autotutela. Può ‘dichiarare’ la risoluzione in modo unilaterale per tutelare l’interesse pubblico, ottenendo un effetto immediato che, nei contratti tra privati, richiederebbe una pronuncia del giudice. Tale decisione è comunque soggetta al successivo controllo del giudice ordinario, come avvenuto in questo caso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Imprese e Pubbliche Amministrazioni

Questa sentenza offre insegnamenti preziosi. Per le imprese che operano con la PA, emerge la necessità di un’altissima diligenza nell’esecuzione dei contratti. Difficoltà generali di mercato o aumenti di prezzo non sono sufficienti a giustificare un inadempimento; è necessario attivare tempestivamente i rimedi contrattuali, come la richiesta di revisione prezzi, e provare in modo rigoroso un’eventuale causa di forza maggiore. Per le stazioni appaltanti, la decisione conferma la legittimità dell’uso del potere di risoluzione di fronte a inadempimenti seri e reiterati che mettono a rischio la funzionalità del servizio, a patto di documentare scrupolosamente ogni contestazione e il danno subito.

Quando una Pubblica Amministrazione può procedere alla risoluzione di un contratto d’appalto pubblico per inadempimento?
Secondo la sentenza, la PA può dichiarare la risoluzione quando l’inadempimento dell’appaltatore è ‘grave’ e ‘tale da compromettere la buona riuscita delle prestazioni’. Nel caso di specie, i ritardi sistematici, le consegne parziali e le omesse forniture sono stati considerati un inadempimento grave.

La pandemia da Covid-19 o il conflitto bellico possono sempre essere considerati ‘causa di forza maggiore’ per giustificare un inadempimento contrattuale?
No. La sentenza chiarisce che la forza maggiore deve consistere in un evento imprevedibile e inevitabile che renda la prestazione impossibile. Nel caso esaminato, la pandemia era un fatto già noto al momento della firma del contratto, mentre il conflitto è iniziato quando gli inadempimenti erano già in corso. Inoltre, la reperibilità dei prodotti presso altri fornitori ha smentito l’impossibilità della prestazione.

Se la Pubblica Amministrazione risolve il contratto, l’impresa fornitrice è sempre tenuta a risarcire il danno?
Sì, se l’inadempimento è imputabile all’impresa e se la PA dimostra di aver subito un danno concreto. In questo caso, il Tribunale ha condannato l’impresa a risarcire solo il danno provato documentalmente, ossia i maggiori costi sostenuti dall’ente per acquistare i prodotti mancanti da altri fornitori, escludendo i costi di gestione interna non specificamente dimostrati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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