Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18942 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18942 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
OGGETTO: agenzia
R.G. 25941/2020
C.C. 26-6-2024
sul ricorso n. 25941/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma presso di lui, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME e dall’AVV_NOTAIO COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma presso gli AVV_NOTAIO COGNOME a COGNOME, nel loro studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 689/2020 della Corte d’appello di Brescia depositata in data 8-7-2020,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26-62024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE con atto di citazione notificato il 7-10-2014 ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Brescia con il quale le era stato ingiunto di consegnare a RAGIONE_SOCIALE copia del registro fatture di vendita, copia integrale delle fatture di vendita emesse e tutta la documentazione relativa al periodo dal I maggio 2012 relativamente agli affari conclusi dalla preponente medesima in Francia, zona dell’agente , con eccezione di quelli relativi ai clienti direzionali indicati nel contratto di agenzia.
Con sentenza n. 2402/2017 il Tribunale di Brescia ha accolto l’opposizione e revocato il decreto ingiuntivo , dichiarando che il diritto dell’agente in forza del contratto e dell’art. 1749 cod. civ. di ottenere la documentazione della preponente necessaria all’accertamento del suo credito per provvigioni non si estendeva al periodo successivo alla cessazione del rapporto e nella fattispecie il rapporto di agenzia era cessato per risoluzione consensuale.
2.RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, che la Corte d’appello di Brescia ha rigettato con sentenza n. 689/2020 pubblicata in data 8-7-2020, condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado.
La sentenza ha dichiarato che correttamente il Tribunale aveva valorizzato il dato temporale del recesso di RAGIONE_SOCIALE dal rapporto di agenzia in essere con RAGIONE_SOCIALE, comunicato nel marzo 2012, e la partecipazione nella compagine sociale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non per estendere gli effetti della comunicazione di recesso, ma per valorizzare come tale recesso effettuato da una società che partecipava in quel momento la RAGIONE_SOCIALE al 50%, aveva con essa in comune uno degli amministratori e la sede – aveva di fatto condizionato le sorti anche del contratto di agenzia di RAGIONE_SOCIALE Ha dichiarato che dal marzo 2012, e perciò proprio dalla comunicazione del recesso di COGNOME RAGIONE_SOCIALE dal rapporto di agenzia
con RAGIONE_SOCIALE, vi era stata la totale inoperatività del rapporto di agenzia tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; ha dato atto che il contratto, con previsione analoga all’art. 1748 co.2 cod. civ. , prevedeva il diritto dell’agente alle provvigioni per gli affari conclusi direttamente dalla preponente nel territorio dell’agente, ma ha rilevato che nella fattispecie vi era stata assoluta mancanza di attività promozionale da parte dell’agente, protratt a per oltre un biennio; quindi, in assenza di prova ma anche di allegazione che la preponente avesse invaso l’ambito operativo dell’agente in esclusiva, o vi era stata la risoluzione consensuale del contratto o vi era stata la scelta dell’agente di dismettere di fatto l’attività, connotata da scorrettezza e perciò tale d a escludere il diritto alle provvigioni. Ha dichiarato che i comportamenti delle parti erano stati univoci e congruenti, perché l’agente di fatto aveva cessato di svolgere attività nei confronti dell’intera clientela in esclusiva e la preponente aveva contestualmente iniziato a operare direttamente e con continuità, senza alcuna reciproca reazione e doglianza, per cui i comportamenti avevano significato univoco, esprimendo la tacita volontà delle parti di non dare ulteriore corso al rapporto, ritenendolo risolto consensualmente. Ha aggiunto che la circostanza secondo cui RAGIONE_SOCIALE avesse manifestato la volontà di risolvere il contratto solo nel 2014 risultava smentita dal tenore della missiva, che era stata inviata in pendenza di causa e richiamava le di fese svolte in giudizio anche in ordine all’estinzione del rapporto nel marzo 2012.
La sentenza ha concluso che, in difetto di costanza del rapporto, non sussisteva il diritto alla consegna dei documenti di cui al decreto ingiuntivo.
3.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 26-6-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo è rubricato ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1750 cod. civ. nonché dell’art. 11 dell’Accordo Economico Collettivo per la disciplina del rapporto di agenzia e rappresentanza commerciale del settore del commercio del 16 febbraio 2009 e dell’art. 2077 cod. civ . tutti in relazione all’art. 360, 1° comma nn. 3 e 5 cod. proc. civ.’ . La ricorrente rileva che la sentenza impugnata, ritenendo il contratto di agenzia intercorso tra le parti risolto consensualmente per fatti concludenti, ha violato il disposto dell’art. 1750 cod. civ. e dell’art. 11 AEC 2009, laddove prevedono che il recesso debba essere comunicato dall’una all’altra parte, in quanto in mancanza di comunicazione il contratto non poteva considerarsi risolto; quindi sostiene che il contratto non poteva essere risolto che in forma scritta, aggiunge che solo il 10-11-2014 NOME aveva inviato missiva, con la quale aveva dimostrato che alcun recesso o risoluzione precedenti vi erano stati e perciò sussisteva il diritto dell’agente ad avere cognizione della documentazione relativa al rapporto di agenzia.
1.1.Il motivo è infondato.
C ome osservato da questa Corte anche nell’ordinanza emessa a definizione della causa R.G. 22493/2020 R.G. pendente tra le stesse parti e decisa alla stessa udienza, in linea generale, atteso il principio della libertà della forma, il contratto risolutorio non deve necessariamente risultare da accordo esplicito dei contraenti, ma può risultare anche dalla volontà delle parti di non dare ulteriore corso al rapporto, liberandosi dalle relative obbligazioni, emergente da fatti
univoci posti in essere successivamente alla stipula e contrastanti con la volontà di mantenerlo in vita (Cass. Sez. 3 2-3-2012 n. 3245 Rv. 621455-01). Anche nel caso in cui la forma scritta sia richiesta ad probationem la risoluzione per mutuo consenso può risultare per comportamenti concludenti (Cass. Sez. L 24-3-2001 n. 4307 Rv. 545154-01, Cass. Sez. 3 11-4-2006 n. 8422 Rv. 589331-01) e, invece, è richiesta la forma scritta ad substantiam ove essa sia richiesta per il contratto da risolvere (Cass. Sez. 3 4-7-2006 n. 15264 Rv. 59144501). La forma scritta può essere anche convenzionalmente stabilita dalle parti e in tal caso è indispensabile che il patto si riferisca in modo specifico allo scioglimento del rapporto; quindi non è sufficiente che l’accordo preveda che ogni modifica debba avvenire per iscritto, essendo necessario che il patto riguardi espressamente il mutuo dissenso, disponendone la validità solo se risultante da atto scritto (Cass. Sez. 3 24-6-1997 n. 5639 Rv. 505427-01, Cass. Sez. 3 7-82013 n. 18757 Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Specificamente in materia di agenzia, l’indirizzo di questa Corte è nel senso che è valida la risoluzione del rapporto di agenzia per mutuo consenso, ancorché desumibile da comportamenti concludenti delle parti, a nulla rilevando che la legge o il contratto collettivo prescrivano la forma scritta per il recesso; infatti, la sostanziale diversità, per natura e per effetti, tra il recesso -che è dichiarazione unilaterale ricettizia volta a fare cessare il rapporto, non richiede l’accettazione della contropart e e produce effetto solo che quest’ultima ne abbia avuto conoscenza, salvo l’obbligo di dare il prescritto preavviso – e la risoluzione consensuale -che è negozio bilaterale volto a porre fine al vincolo contrattualecomporta che la prescrizione dell’uso d ella forma scritta prevista per l’esercizio del recesso non è estensibile all’ipotesi di risoluzione per mutuo consenso. Ne consegue che la manifestazione di volontà per lo scioglimento del rapporto per mutuo consenso non solo
non è soggetta ad alcuna prescrizione di forma che non risulti pattuita con specifico riferimento al negozio in questione, ma può anche implicitamente desumersi dal comportamento delle parti che cessino concordemente di dare ulteriore corso alle prestazioni reciproche (Cass. Sez. L 9-1-1991 n. 100 Rv. 470405-01, Cass. Sez. L 17-5-1993 n. 5583 Rv. 482395-01, Cass. Sez. L 16-8-2004 n. 15959 Rv. 57575301).
Ne consegue che, non deducendo la ricorrente che l’accordo collettivo o il contratto intercorso tra le parti prevedessero una specifica forma per lo scioglimento del contratto per mutuo dissenso, non è ravvisabile alcuna violazione di legge nella sentenza impugnata per avere ritenuto che il rapporto era cessato in forza di risoluzione consensuale per comportamento concludente. Non si pongono questioni in ordine all’accertamento in fatto svolto dalla Corte d’appello sul comportamento concludente di mutuo dissenso, perché le deduzioni sul punto della ricorrente, anche in ordine alla missiva del 2014, non sono veicolate attraverso motivo di ricorso ammissibile.
2.Con il secondo motivo la ricorrente deduce ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1749 cod. civ. e dell’art. 4 dell’Accordo Economico Collettivo per la disciplina del rapporto di agenzia e rappresentanza commerciale del settore del commercio del 15 febbraio 2009, entrambi in relazione all’art. 360, 1° comma n. 3 cod. proc. civ.’. Evidenzia che, anche a ritenere l’avvenuta risoluzione consensuale del contratto di agenzia, non vi era alcun motivo per ritenere inoperante la disposizione dell’art. 1749 cod. civ., trasfuso nell’art.4 AEC e riportato nell’art.12 del contratto delle parti; ciò in quanto l’obbligo del preponente di comportarsi con lealtà e buona fede nei confronti dell’agente non poteva considerarsi venuto meno a causa della risoluzione del contratto. Aggiunge che la violazione delle disposizioni risulta confermata dalla previsione dell’art. 1748 co.3 cod. civ. e dell’art. 5
AEC, i quali prevedono il diritto dell’agente alle provvigioni sugli affari conclusi dopo lo scioglimento del contratto; quindi, evidenzia che RAGIONE_SOCIALE aveva diritto a quelle provvigioni e di conseguenza a prendere visione della relativa documentazione della preponente.
2.1.Il motivo è infondato.
E’ già stato posto e deve essere data continuità al principio secondo il quale, in materia di agenzia, il diritto all’accesso alla documentazione contabile di cui all’art. 1749 cod. civ. è funzionalmente e strumentalmente collegato al soddisfacimento del diritto alle provvigioni e alle indennità collegate al rapporto di agenzia, in quanto l’acquisizione della documentazione in possesso del solo preponente deve essere indispensabile per sorreggere, sul piano probatorio, la domanda formulata in relazione ai d iritti spettanti all’agente; quindi incombe all’agente, che agisce per ottenere l’esibizione documentale , dedurre e dimostrare l’esistenza dell’interesse ad agire, con circostanziato riferimento alle vicende del rapporto e l’indicazione dei diritti, determinati e determinabili, al cui accertamento è finalizzata l’istanza (Cass. Sez. L 29 -9-2016 n. 19319 Rv. 641387-01). Nella fattispecie la sentenza ha escluso il diritto all’esibizione della documentazione relativa al periodo in cui il rapporto di agenzia era cessato sulla base del presupposto che l’agente non avesse diritto alle provvigioni dopo la cessazione del rapporto; la ricorrente, in quanto non allega e non dimostra di avere chiesto l’esibizione dei documenti per esercitare il diritto a ottenere le provvigioni previste dall’art. 1748 co.3 cod. civ., non riesce a fare emergere una qualche erroneità nella decisione.
3.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione