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Risoluzione consensuale agenzia: quando è valida?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto di agenzia può considerarsi sciolto per mutuo consenso basato su comportamenti concludenti, come la totale e prolungata inattività dell’agente e l’operato diretto della preponente. Questa risoluzione consensuale agenzia non richiede la forma scritta prevista per il recesso unilaterale e preclude il diritto dell’agente alle provvigioni indirette maturate dopo l’interruzione del rapporto.

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Risoluzione Consensuale Agenzia: L’Inattività Può Sciogliere il Contratto?

Un contratto di agenzia può terminare senza una comunicazione scritta, semplicemente a causa dell’inerzia delle parti? La risoluzione consensuale agenzia per fatti concludenti è un tema cruciale, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso analizza la situazione in cui un agente cessa ogni attività promozionale per un lungo periodo e la casa mandante inizia a operare direttamente nella sua zona di esclusiva. Vediamo come la Suprema Corte ha interpretato questa dinamica.

I Fatti di Causa

Una società agente aveva ottenuto un decreto ingiuntivo contro la sua preponente per il pagamento di provvigioni relative ad affari conclusi da quest’ultima, tra il 2012 e il 2014, nella zona di esclusiva dell’agente. La società preponente si è opposta, sostenendo che il rapporto di agenzia si fosse di fatto già interrotto nel marzo 2012.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla preponente. I giudici di merito hanno accertato che, a partire da marzo 2012, vi era stata una totale inoperatività dell’agente. Parallelamente, la preponente aveva iniziato a trattare direttamente con la clientela in quella zona. Questo comportamento reciproco è stato interpretato come una volontà tacita di entrambe le parti di porre fine al contratto, dando luogo a una risoluzione consensuale. Di conseguenza, l’agente ha presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte sulla risoluzione consensuale agenzia

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società agente, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici hanno chiarito un punto fondamentale: la differenza tra recesso unilaterale e risoluzione consensuale.

L’agente sosteneva che la risoluzione dovesse avvenire per iscritto, come previsto per il recesso. La Corte ha invece ribadito che la forma scritta, richiesta dalla legge o dai contratti collettivi per il recesso (che è un atto unilaterale), non si estende alla risoluzione consensuale agenzia, la quale costituisce un nuovo accordo bilaterale volto a estinguere il rapporto precedente. Tale accordo può validamente manifestarsi anche attraverso comportamenti concludenti e inequivocabili delle parti.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su principi giuridici consolidati. In primo luogo, ha distinto nettamente la natura del recesso da quella del mutuo dissenso. Il recesso è una dichiarazione unilaterale che non necessita dell’accettazione della controparte per produrre i suoi effetti. La risoluzione consensuale, invece, è un negozio bilaterale che richiede la concordanza delle volontà, anche se manifestata tacitamente.

I giudici hanno specificato che la volontà comune di sciogliere il contratto può emergere da fatti univoci e contrastanti con l’intenzione di mantenerlo in vita. Nel caso di specie, la prolungata e assoluta mancanza di attività promozionale da parte dell’agente, unita all’intervento diretto della preponente sul mercato di riferimento, costituiva una prova sufficiente della volontà condivisa di terminare il rapporto.

Inoltre, la Corte ha respinto la richiesta di provvigioni per gli affari successivi alla cessazione del rapporto. Il diritto a tali provvigioni, secondo l’art. 1748 c.c., sorge solo se la conclusione dell’affare è da ricondurre prevalentemente all’attività svolta dall’agente prima della cessazione del contratto. Essendo stata accertata la totale inattività dell’agente, questo presupposto fondamentale veniva a mancare. Con la fine del rapporto, cessa anche il diritto di esclusiva e, di conseguenza, il diritto alle provvigioni indirette.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti implicazioni pratiche per agenti e preponenti. La risoluzione consensuale agenzia è un meccanismo flessibile ma che richiede attenzione. Un’inattività prolungata e ingiustificata da parte dell’agente può essere interpretata come una tacita accettazione della fine del rapporto, specialmente se la preponente agisce di conseguenza. Per evitare ambiguità e future contestazioni, è sempre consigliabile formalizzare per iscritto la cessazione del rapporto contrattuale, anche quando vi è un accordo di massima tra le parti. L’agente, dal canto suo, deve essere consapevole che l’inerzia può costargli non solo il contratto, ma anche il diritto a qualsiasi provvigione futura.

Un contratto di agenzia può essere considerato terminato solo sulla base del comportamento delle parti, senza un accordo scritto?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la risoluzione di un contratto di agenzia è valida anche se desumibile da comportamenti concludenti delle parti, come la cessazione concordata delle prestazioni reciproche, che manifestano la volontà comune di non dare ulteriore corso al rapporto.

La regola che impone la forma scritta per il recesso si applica anche alla risoluzione per mutuo consenso?
No. La Corte ha chiarito che la prescrizione della forma scritta, prevista dalla legge o dai contratti collettivi per l’atto unilaterale del recesso, non è estensibile all’ipotesi di risoluzione per mutuo consenso, che è un negozio bilaterale e può essere provato anche da comportamenti taciti.

Dopo la cessazione del rapporto, l’agente ha diritto a provvigioni per affari conclusi dalla preponente nella sua ex zona di esclusiva?
Generalmente no. Il diritto dell’agente alle provvigioni dopo lo scioglimento del contratto è limitato ai casi previsti dall’art. 1748, comma 3, c.c., ossia quando la conclusione dell’affare è prevalentemente attribuibile all’attività da lui svolta in precedenza. Se l’agente era totalmente inattivo, come nel caso di specie, questo diritto viene meno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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