Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3801 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3801 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28825/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE PORDENONESE RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE
– intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2617/2020 depositata il 12/10/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/1/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Treviso, con sentenza del 28 febbraio 2020, dichiarava, previa risoluzione del concordato preventivo in continuità omologato in data 7 dicembre 2013, il fallimento di RAGIONE_SOCIALE su istanza della Banca di Monastier e del Sile Credito RAGIONE_SOCIALE
Riteneva, in particolare, inverosimile, in ragione dell’andamento delle liquidazioni e degli scostamenti significativi dei flussi di cassa, che si potessero raggiungere gli importi necessari alla soddisfazione dei creditori in misura non irrisoria.
La Corte d’appello di Venezia, a seguito del reclamo presentato da RAGIONE_SOCIALE, ricordava che era ben possibile accertare oggettivamente il venir meno della funzione del concordato preventivo per l’impossibilità di soddisfare i creditori nella misura proposta e omologata anche prima della scadenza del termine annuale stabilito dall’art. 186, comma 3, l. fall., cosicché il mancato rispetto delle tempistiche previste nella complessità del piano rappresentava un’ipotesi di inadempimento che, se non di scarsa importanza, consentiva di pervenire alla risoluzione del concordato. Rilevava, a fronte di un piano che prevedeva il soddisfacimento integrale dei creditori privilegiati e nella misura del 19,32% dei creditori chirografari nell’arco di sette anni, che: i) l’attivo realizzato attraverso la continuità aziendale risultava pari a € 2.822.729 anziché alla somma attesa di € 6.778.692; ii) l’importo fisso costituito dalla liquidità che sarebbe dovuta derivare dall’incasso di crediti, previsto in piano per € 3.600.000, era risultato di € 1.667.529; iii) la dismissione degli assets non funzionali alla
continuità aveva fruttato, a seguito di sei ribassi d’asta, la somma di € 1.397.600 anziché quella programmata di € 6.457.464.
Riteneva che simili circostanze fossero sufficienti per ravvisare un inadempimento di non scarsa importanza della società in concordato, senza che potesse attribuirsi rilevanza alla prospettiva di incasso di un credito vantato nei confronti del Ministero delle Imprese e dello Sviluppo Economico (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE), in quanto si trattava di un credito fondato su una sentenza non passata in giudicato, non era stata fornita alcuna garanzia della destinazione della somma, mai evidenziata in piano, a vantaggio della procedura e, comunque, occorreva tener conto delle sopravvenienze passive, quale quella per illegittima detrazione dell’I.V.A. oggetto di un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di rigetto del reclamo, pubblicata in data 12 ottobre 2020, prospettando un unico, articolato, motivo di doglianza, al quale hanno resistito con controricorso il fallimento di RAGIONE_SOCIALE e la Banca di Credito Cooperativo Pordenonese e RAGIONE_SOCIALE (in cui si è fusa per incorporazione la Banca di Monastier e del Sile Credito Cooperativo RAGIONE_SOCIALE).
Gli intimati RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, liquidatore giudiziale del concordato preventivo di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto difese.
La società ricorrente e la procedura controricorrente hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
ll motivo di ricorso presentato denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 cod. civ., 186 l. fall., 115 e 116 cod. proc. civ. nonché, ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio: la Corte distrettuale -a dire del ricorrente – ha erroneamente ritenuto di risolvere il concordato
preventivo prima della scadenza dei termini previsti per il suo adempimento in difformità dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, che esigono che l’inadempimento prospettico sia ragionevolmente certo e obiettivamente riscontrabile.
Dall’istruttoria non emergeva affatto a dire della ricorrente – che il concordato non sarebbe stato adempiuto nel termine previsto al momento de ll’omologazione.
Per arrivare a una simile conclusione la Corte distrettuale ha disatteso le risultanze di prove legali, costituite da atti pubblici il cui contenuto attestava l’entità del credito vantato verso il RAGIONE_SOCIALE , per un totale di € 4.886.759,42 , e l’impegno assunto dal legale rappresentante della società di destinare questa somma alla soddisfazione dei creditori concordatari, e ha valorizzato la relazione del commissario giudiziale, senza alcun apprezzamento critico e malgrado la stessa esprimesse una mera opinione, al fine di ritenere incerta l’esecuzione del concordato.
Peraltro, i giudici distrettuali hanno posto in evidenza, da una parte, la mancata cessione di alcuni immobili, sebbene la stessa dovesse essere imputata al liquidatore giudiziale che aveva la loro disponibilità, dall’altra l’omesso versamento di due acconti ai creditori chirografari nel corso del 2019, ancorché questi riparti fossero stati soltanto ipotizzati in presenza di disponibilità di cassa.
Il motivo risulta, nel suo complesso, inammissibile.
5.1 Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire, come ricorda lo stesso ricorrente, che ‘ è ben possibile accertare oggettivamente il venir meno della funzione del concordato -per l’impossibilità di soddisfare i creditori nella misura proposta ed omologata (sempre che non si tratti di inadempimento di scarsa importanza) -anche prima della scadenza del termine annuale stabilito dall’art. 186 co. 3 1.f .’ (Cass. 14601/2019, § 8); inoltre, il concordato preventivo deve essere risolto, a norma dell’art. 186 l. fall., qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare in una qualche
misura i creditori chirografari e integralmente quelli privilegiati non falcidiati, salvo che l’inadempimento abbia scarsa importanza, tenuto conto della percentuale di soddisfacimento indicata nella proposta dal debitore, anche se quest’ultimo non si sia espressamente obbligato a garantirla (Cass. 20652/2019).
In applicazione di questi principi i giudici di merito non avevano necessità di aspettare il termine finale previsto in piano per apprezzare il ricorrere di un inadempimento di non scarsa importanza tale da giustificare la risoluzione.
In questa prospettiva la Corte distrettuale ha valutato lo stato di esecuzione del piano concordatario e, dopo aver analizzato i risultati ottenuti dalla continuità aziendale, dalla dismissione degli assets non strategici e dall’incasso di crediti generato dalla riduzione del capitale circolante, ha ritenuto certo l’inadempimento e la non scarsa importanza dello stesso, dato che ‘ la struttura e l’assetto del piano ne risultano assolutamente stravolti ‘ ‘ sia come tempi e sia come importi, specie se si considera che la prospettiva di pagamento dei creditori chirografari ‘ (la cui soddisfazione era stata prevista nella misura del 19,32% in un arco temporale di sette anni) ‘ nella misura prossima al 10% non trova riscontro nelle condivisibili valutazione del CG ‘ (v. pagg. 20 e 21 della sentenza impugnata).
Questa valutazione delle emergenze processuali non è in alcun modo sindacabile avanti a questa Corte.
Il ricorso per cassazione, infatti, conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’ intera vicenda processuale, ma solo la facoltà del controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis , Cass. 21098/2016, Cass. 27197/2011).
5.2 La Corte distrettuale non ha affatto omesso di considerare l’esistenza del credito di RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, ma ha ritenuto che la circostanza non assumesse rilievo decisivo, vuoi perché il credito trovava fondamento su una sentenza non ancora passata in giudicato, vuoi perché l’eventuale incasso della somma, qualora interamente versata alla procedura, doveva scontare le sopravvenienze passive nel frattempo intervenute (ad esempio a seguito di un avviso di accertamento per illegittima detrazione dell’I.V.A. per operazioni soggettivamente inesistenti).
Dunque, nessun omesso esame può essere predicato, semmai un esame non conforme alla lettura che l’odierna ricorrente vorrebbe dare delle emergenze processuali; interpretazione, questa, che tuttavia non è coerente con la censura sollevabile ai sensi dell’ar t. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., che consente di lamentare l’omissione dell’ esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio e non la valorizzazione di tale fatto in un senso differente da quello voluto dalla parte (Cass. 14929/2012, Cass. 23328/2012).
Anche questa valutazione appartiene poi al merito della controversia e, come appena detto, non può essere rivista in questa sede.
5.3 Infine non assume alcun rilievo il fatto che il ritardo e i risultati della liquidazione degli assets non strategici fossero (eventualmente) imputabili al liquidatore giudiziale nominato.
Infatti, il concordato preventivo deve essere risolto, a norma dell’art. 186 l. fall., qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare i creditori nella misura promessa, a meno che l’inadempimento non abbia scarsa importanza, a prescindere da eventuali profili di colpa del debitore, non trattandosi di un contratto a prestazioni corrispettive ma di un istituto avente una natura negoziale contemperata da una disciplina che persegue interessi
pubblicistici e conduce, all’esito dell’omologa, alla cristallizzazione di un accordo di natura complessa ove una delle parti (la massa dei creditori) ha consistenza composita e plurisoggettiva (Cass. 18738/2018).
Risulta, perciò, del tutto corretta l’osservazione dei giudici distrettuali secondo cui, a prescindere dal fatto che i beni venduti avessero subito i ribassi conseguenti a ben sei esperimenti d’asta, la risoluzione del concordato prescindeva dalla colpa del debitore, sicché l’inadempimento rileva va di per sé al fine della risoluzione.
In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 7.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 28 gennaio 2025.