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Risoluzione concordato: quando è legittima?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3801/2025, ha confermato la legittimità della risoluzione di un concordato preventivo anche prima della scadenza dei termini previsti dal piano. Nel caso di specie, una società aveva accumulato scostamenti così gravi rispetto alle previsioni del piano omologato da rendere oggettivamente impossibile la soddisfazione dei creditori nella misura promessa. La Suprema Corte ha ritenuto irrilevante la pendenza di un credito non ancora certo e ha sottolineato che la risoluzione concordato si basa sulla perdita della sua funzione, a prescindere da profili di colpa del debitore.

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Risoluzione Concordato Preventivo: Possibile Anche Prima della Scadenza

La risoluzione concordato preventivo rappresenta uno dei momenti più critici nella gestione di una crisi d’impresa. Tradizionalmente legata all’inadempimento al termine del piano, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’accordo può essere sciolto anche in anticipo se diventa palese l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione per capire quando e perché un piano di risanamento può essere interrotto, portando alla dichiarazione di fallimento.

I Fatti di Causa: Dal Piano di Risanamento al Fallimento

Una società in concordato preventivo in continuità aziendale, omologato alcuni anni prima, si è vista dichiarare il fallimento dal Tribunale. La decisione era scaturita dalla constatazione che il piano di risanamento era ormai irrealizzabile. I flussi di cassa e i risultati delle liquidazioni erano talmente inferiori alle attese da rendere inverosimile la possibilità di soddisfare i creditori, anche in minima parte.

La società debitrice ha impugnato la decisione davanti alla Corte d’Appello, ma senza successo. I giudici di secondo grado hanno evidenziato le macroscopiche differenze tra quanto pianificato e quanto effettivamente realizzato:
* Attivo da continuità aziendale: realizzato per circa 2,8 milioni di euro a fronte dei 6,7 milioni attesi.
* Incasso crediti: ottenuto per 1,6 milioni di euro invece dei 3,6 milioni previsti.
* Dismissione di assets: fruttata solo 1,4 milioni di euro contro i 6,4 milioni programmati.

Di fronte a uno stravolgimento così evidente del piano, la Corte ha confermato la sussistenza di un inadempimento di “non scarsa importanza”, sufficiente a giustificare la risoluzione dell’accordo.

La questione sulla risoluzione concordato in Cassazione

La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici avessero errato nel dichiarare la risoluzione concordato prima della scadenza dei termini previsti dal piano. Secondo la difesa, non era emersa con certezza l’impossibilità di adempiere, specialmente alla luce di un cospicuo credito vantato nei confronti di un Ministero, che avrebbe potuto risanare la situazione. Si contestava, inoltre, la mancata considerazione di questo credito come fatto decisivo per il giudizio.

L’Irrilevanza del Credito Incerto e delle Cause dell’Inadempimento

I giudici di merito avevano già valutato il credito verso il Ministero, ritenendolo però non decisivo. Le ragioni erano chiare: si basava su una sentenza non ancora definitiva, non vi erano garanzie sulla sua effettiva riscossione e, nel frattempo, erano emerse nuove passività, come un avviso di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria. La Suprema Corte ha confermato questa linea, specificando che non si trattava di un’omissione, ma di una valutazione di merito, non sindacabile in sede di legittimità.

Un altro punto sollevato dalla ricorrente riguardava la possibile imputabilità dei ritardi e dei cattivi risultati della liquidazione al liquidatore giudiziale. Anche questo aspetto è stato ritenuto irrilevante.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo principi consolidati in materia. I giudici hanno chiarito che è pienamente legittimo accertare il venir meno della funzione del concordato anche prima della scadenza del termine finale. Questo accade quando emerge l’impossibilità oggettiva di soddisfare i creditori nella misura promessa e omologata.

L’inadempimento che giustifica la risoluzione deve essere “di non scarsa importanza”, e la valutazione di tale gravità spetta al giudice di merito. Nel caso esaminato, i dati economici erano talmente negativi da stravolgere completamente la struttura e l’assetto del piano, sia nei tempi che negli importi. La prospettiva di pagamento per i creditori chirografari era scesa dal 19,32% a una cifra vicina al 10%, rendendo evidente il fallimento dell’operazione.

La Corte ha inoltre sottolineato che la risoluzione concordato è un meccanismo basato su un presupposto oggettivo: la perdita della sua funzione di soddisfacimento dei creditori. Di conseguenza, la colpa del debitore è irrilevante. Il concordato non è un contratto a prestazioni corrispettive, ma un istituto complesso che persegue anche interessi pubblicistici. Pertanto, la sua risoluzione prescinde dalle cause che hanno portato all’inadempimento, concentrandosi unicamente sul risultato mancato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un orientamento cruciale per imprese e creditori. La risoluzione concordato preventivo non è un evento che può essere posticipato fino alla scadenza formale del piano se le condizioni oggettive dimostrano già il suo fallimento. I tribunali hanno il potere e il dovere di intervenire quando l’esecuzione del piano si discosta in modo sostanziale e irrecuperabile dalle previsioni, per evitare un’ulteriore dispersione di valore a danno dei creditori. Per le imprese in crisi, ciò significa che la presentazione di un piano concordatario richiede un’analisi di fattibilità estremamente rigorosa e realistica, poiché scostamenti significativi possono portare direttamente alla dichiarazione di fallimento.

È possibile risolvere un concordato preventivo prima della scadenza dei termini previsti dal piano?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che è possibile accertare oggettivamente il venir meno della funzione del concordato e procedere alla sua risoluzione anche prima della scadenza, qualora diventi palese l’impossibilità di soddisfare i creditori nella misura proposta e omologata, purché l’inadempimento non sia di scarsa importanza.

Un credito non ancora definitivo può essere considerato sufficiente a evitare la risoluzione del concordato?
No, nel caso di specie la Corte ha ritenuto che un credito basato su una sentenza non passata in giudicato, privo di garanzie e a fronte di nuove passività sopravvenute, non fosse un elemento decisivo per impedire la risoluzione, in quanto la sua riscossione era incerta.

La colpa del debitore o dei suoi ausiliari (es. liquidatore) è rilevante per decidere la risoluzione del concordato?
No, la Corte ha chiarito che la risoluzione del concordato preventivo si basa su un presupposto oggettivo, ovvero il venir meno della sua funzione di soddisfare i creditori. Pertanto, si prescinde da eventuali profili di colpa del debitore o di terzi, poiché l’inadempimento rileva di per sé al fine della risoluzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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