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Riscossione coattiva: sì al ruolo senza titolo esecutivo

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’ente pubblico che interviene per onorare una garanzia su un finanziamento privato, in caso di inadempimento del debitore, può procedere alla riscossione coattiva delle somme tramite iscrizione a ruolo, senza necessità di ottenere preventivamente un titolo esecutivo. La Corte ha chiarito che, con il pagamento e la surroga, il credito muta la sua natura da privatistica a pubblicistica, essendo finalizzato al recupero di risorse pubbliche. Questa trasformazione giustifica l’utilizzo degli strumenti di riscossione previsti per le entrate pubbliche.

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Riscossione Coattiva: Garanzia Pubblica, Recupero Veloce Senza Titolo Esecutivo

Quando un ente pubblico garantisce un prestito a un’impresa e questa non riesce a ripagarlo, quali strumenti ha l’ente per recuperare i soldi? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha confermato un principio fondamentale: l’ente può avviare la riscossione coattiva tramite iscrizione a ruolo senza dover prima ottenere una sentenza. Questa decisione rafforza l’efficacia dei fondi di garanzia statali, ma solleva importanti questioni per le imprese e i loro garanti.

I Fatti di Causa

Una società ottiene un finanziamento da un istituto di credito, assistito dalla garanzia di un fondo pubblico destinato a sostenere le piccole e medie imprese. Oltre alla garanzia pubblica, la banca richiede anche fideiussioni personali da parte dei componenti della famiglia titolare dell’impresa.

Purtroppo, la società non riesce a onorare il debito. Di conseguenza, l’istituto di credito escute la garanzia pubblica e l’ente gestore del fondo paga alla banca una cospicua parte del debito residuo. A questo punto, l’ente si surroga nei diritti della banca e avvia le procedure per recuperare la somma versata, non solo dalla società ma anche dai fideiussori. Per farlo, utilizza lo strumento della riscossione coattiva, iscrivendo il credito a ruolo e notificando una cartella di pagamento, proprio come si fa per le imposte non pagate.

L’Opposizione dei Fideiussori e i Giudizi di Merito

I fideiussori si oppongono alla cartella di pagamento. La loro tesi è semplice: il debito originario derivava da un contratto di finanziamento privato tra la società e la banca. Pertanto, secondo loro, l’ente pubblico, pur essendosi surrogato, non poteva utilizzare uno strumento pubblicistico come l’iscrizione a ruolo senza prima aver ottenuto un titolo esecutivo (ad esempio, una sentenza di condanna o un decreto ingiuntivo) che accertasse in via giudiziale l’esistenza e l’ammontare del credito. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, tuttavia, respingono le loro ragioni, confermando la legittimità dell’operato dell’ente di garanzia.

La Decisione della Cassazione sulla riscossione coattiva

I fideiussori portano la questione fino in Cassazione, insistendo sulla violazione delle norme che regolano la riscossione dei crediti. La Suprema Corte, però, rigetta definitivamente il ricorso, consolidando un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Il punto focale della decisione è la natura del credito nel momento in cui l’ente pubblico agisce per il recupero.

Le Motivazioni

La Corte spiega che, nel momento in cui il fondo pubblico paga il creditore originario (la banca), si verifica un fenomeno che va oltre la semplice surrogazione. Il credito cambia la sua “causa”, la sua natura giuridica. Non è più un credito derivante da un rapporto privatistico, ma diventa un credito di natura pubblicistica.

Il suo scopo non è più solo quello di soddisfare l’interesse di un privato, ma quello di riacquisire risorse pubbliche alla disponibilità del fondo, per poterle reimpiegare in futuri interventi di sostegno all’economia. Questa finalità di interesse pubblico giustifica pienamente l’applicazione della procedura speciale di riscossione coattiva, prevista dalla legge proprio per le entrate statali. Le norme in materia (in particolare il D.Lgs. 123/1998) sono interpretate in senso ampio, per includere tutti i casi di recupero di finanziamenti o garanzie erogate con fondi pubblici, indipendentemente dalla fase in cui sorge la necessità del recupero.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione ha implicazioni significative. In primo luogo, rende più rapido ed efficiente il recupero delle somme da parte dei fondi di garanzia pubblica, evitando i tempi e i costi di un procedimento giudiziario ordinario per la formazione di un titolo esecutivo. In secondo luogo, serve da monito per le imprese e, soprattutto, per i loro garanti: la presenza di una garanzia pubblica non attenua la loro responsabilità. Anzi, in caso di default, l’ente pubblico dispone di strumenti di recupero particolarmente incisivi, equiparabili a quelli dell’amministrazione fiscale. È quindi fondamentale che chi presta una fideiussione in operazioni di questo tipo sia pienamente consapevole del fatto che, in caso di escussione della garanzia pubblica, si troverà a rispondere direttamente a un creditore pubblico, con tutte le conseguenze procedurali che ne derivano.

Se un ente pubblico paga una garanzia su un prestito privato, può usare la riscossione coattiva senza una sentenza?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, una volta che l’ente pubblico ha pagato e si è surrogato nel credito, questo assume natura pubblicistica. Pertanto, l’ente può procedere con l’iscrizione a ruolo e la notifica della cartella di pagamento senza dover prima ottenere un titolo esecutivo in tribunale.

Perché il credito cambia natura da privato a pubblico?
Il credito cambia natura perché la sua finalità non è più quella di un normale rapporto tra privati, ma diventa quella di recuperare risorse pubbliche per destinarle nuovamente a scopi di interesse generale, come il sostegno ad altre imprese. La “causa” del credito si trasforma, giustificando l’uso di procedure pubblicistiche.

Questa procedura di riscossione speciale vale solo per la società debitrice o anche per i suoi fideiussori?
La procedura di riscossione coattiva si applica anche nei confronti dei terzi prestatori di garanzie, come i fideiussori. Essi sono obbligati in solido con il debitore principale e, pertanto, sono soggetti alla stessa procedura di recupero forzato avviata dall’ente pubblico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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