Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5786 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5786 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12109/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME e COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali sono domiciliati per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge;
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge;
-controricorrente-
nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 650/2023 depositata il 30/03/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 25.05.2012 tra la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già RAGIONE_SOCIALE, di seguito RAGIONE_SOCIALE e Banca Intesa Sanpaolo s.p.a. (di seguito Banca Intesa) intervenne un contratto di finanziamento per un importo di € 1.450.000,00 e per la durata di 120 mesi.
Mediocredito assunse il ruolo di gestore del Fondo di Garanzia , garantendo il credito di Intesa Sanpaolo in caso di inadempimento o negli altri casi previsti dalla legge citata.
Nonostante la suddetta garanzia, la Banca pretese quale condizione dell’operazione negoziale, il rilascio di fideiussioni da parte dei componenti della famiglia COGNOME.
La società RAGIONE_SOCIALE rimase inadempiente.
Intesa Sanpaolo escusse la garanzia del Fondo prevista dalla legge n. 662/1996.
Mediocredito erogò alla Banca l’importo di € 1.015.000,00 e, a seguire, comunicò alla società RAGIONE_SOCIALE ed ai fideiussori il provvedimento di liquidazione della perdita, deliberato dal Consiglio di Gestione del Fondo in data 17.06.2015, diffidando i medesimi a pagare l’importo
versato alla Banca finanziatrice ed annunciando – per il caso di mancato pagamento nei successivi 15 giorni – l’avvio di procedura di iscrizione a ruolo esattoriale.
Mediocredito e Riscossione agirono in via esecutiva nei confronti degli odierni ricorrenti mediante la cartella di pagamento n. 296 2016 01060873 42, per il pagamento di un importo complessivo pari ad € 1.048.621,27. Tale cartella fu preceduta dalla emissione del ruolo n. 2016/005403, da parte di Mediocredito Centrale, per ‘Revoca contributo concesso – Importo dovuto a seguito di escussione di garanzia di Fondo Pubblico ex Dpr n. 662/96 per euro 1.015.000,00’, oltre interessi al tasso legale dal 23 giugno 2015 al 15 marzo 2016 (pari ad euro 3.073,19) ed oltre ad oneri accessori (pari ad euro 30.542,20).
La medesima pretesa, fondata sullo stesso ruolo n. 2016/005403 fu riportata anche in altre cartelle.
2.NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con atto di citazione notificato il 21/12/2016 si opponevano alla cartella di pagamento n. NUMERO_DOCUMENTO, della quale chiedevano l’annullamento. A fondamento della opposizione deducevano: a) di agire in qualità di fideiussori della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; b) che, a seguito dell’inadempimento contrattuale della società RAGIONE_SOCIALE, la Banca Finanziatrice aveva escusso la garanzia del Fondo, con conseguente erogazione a favore di Intesa San Paolo dell’importo di euro 1.015.000,00; che pendeva davanti al Tribunale civile di Palermo un giudizio di accertamento negativo del credito, relativo ai rapporti bancari in essere tra Intesa Sanpaolo e la società RAGIONE_SOCIALE fra i quali rientrava il finanziamento controverso in questa sede.
Sulle stesse suddette premesse in fatto presentavano separate opposizioni alle ulteriori cartelle esattoriali fondate sullo stesso ruolo n. 2016/005403: la Società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; RAGIONE_SOCIALE
NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME e COGNOME NOME, formulando le stesse domande ed eccependo: a) l’invalidità del contratto di finanziamento; (b) l’opponibilità della suddetta invalidità ex art. 1203 c.c. al Medio Credito Centrale in virtù dell’effetto per surrogazione; (c) l’invalidità del titolo legittimante l’iscrizione al ruolo esattoriale della pretesa creditoria; (d) la mancata sottoscrizione del ruolo n. 2016/005403 posto a fondamento della cartella e la conseguente inesistenza del titolo.
Con comparsa di costituzione e risposta di identico contenuto si costituiva in ciascuna delle suddette cause la Banca del Mezzogiorno Mediocredito centrale S.p.A. contestando l’opposizione avversaria, della quale deduceva l’inammissibilità e l’infondatezza. Sosteneva in particolare la legittimità della procedura di recupero coattivo promossa a mezzo ruolo, evidenziando che non sussisteva alcun accordo tra la BDM-MCC e l’impresa finanziata, correndo il rapporto di garanzia soltanto tra la BDM-MCC e l’istituto finanziatore (Intesa S. Paolo) ed avendo la garanzia ‘lo scopo di consentire all’istituto l’erogazione di un finanziamento a soggetto che, in assenza dell’intervento pubblico, presenterebbe un rischio di credito inaccettabile’. Eccepiva comunque la tardività dell’opposizione relativa ai presunti vizi formali della cartella per non essere stati proposti entro il termine di giorni venti dalla sua notifica.
In alcune delle suddette cause si costituiva anche la società RAGIONE_SOCIALE Agente della RAGIONE_SOCIALE per la provincia di Palermo, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, essendo in discussione soltanto questioni attinenti all’esistenza del credito (e non alla sua riscossione).
Disposta ed eseguita la chiamata in causa del terzo, Banca Intesa si costituiva chiedendo rigettarsi tutte le domande, comprese quelle volte alla ripetizione di indebito coltivate dal Mediocredito Centrale. Banca Intesa deduceva la validità del contratto di finanziamento
intercorso con la società RAGIONE_SOCIALE (in particolare con riferimento all’applicazione del parametro euribor per la determinazione degli interessi) e rilevava ed evidenziava che il tasso Euribor costituisce tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie tra le principali banche europee. Chiedeva l’estromissione dal giudizio a causa dell’inammissibilità delle domande coltivate dagli opponenti sostenendo, in adesione alle difese di Mediocredito Centrale, che il rapporto di garanzia in essere si declinava come contratto autonomo di garanzia a prima richiesta, nel quale era possibile sollevare solo l’ exceptio doli.
Il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 1487/2020, disposta la riunione delle suddette distinte cause, riteneva tardiva e comunque non fondata l’eccezione avverso l’asserita irregolarità formale della cartella esattoriale (proposta in alcune delle cause riunite). Nel merito, da un lato, riteneva che gli allora opponenti non avevano dimostrato l’inesistenza del diritto di BDM-MCC a procedere al recupero dell’importo iscritto a ruolo e notificato da Riscossione Sicilia; e, dall’altro, riteneva infondata l’eccezione di RAGIONE_SOCIALE di carenza di legittimazione passiva, come pure la richiesta di Intesa Sanpaolo di essere esclusa dal giudizio. Condannava quindi gli opponenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese processuali in favore delle controparti.
Avverso la sentenza di primo grado proponevano appello COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di fideiussori della soc. RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, nonché la stessa Soc. RAGIONE_SOCIALE in liquidazione. Gli appellanti deducevano che dalla lettura combinata degli artt. 17 e 21 del D.Lgs. 46/1999 si ritrae il corollario secondo il quale sono suscettibili di riscossione coattiva mediante gli appositi istituti dell’ingiunzione fiscale e dell’iscrizione al ruolo le sole entrate pubblicistiche, mentre le entrate patrimoniali, che traggono origine da
rapporti privatistici, per poter essere riscosse mediante gli strumenti in questione, esigono la precostituzione di un titolo esecutivo propedeutico all’iscrizione a ruolo.
Si costituivano la Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale s.p.aRAGIONE_SOCIALE, la Riscossione Sicilia s.p.aRAGIONE_SOCIALE e Banca Intesa Sanpaolo s.p.a., chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
La corte territoriale, con sentenza n. 650/2023, rigettava l’appello con condanna degli appellanti alla rifusione in favore delle controparti, delle spese processuali.
Avverso tale sentenza hanno proposto unitario ricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Hanno resistito con distinti controricorsi Banca Intesa Sanpaolo s.p.a. e la Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale s.p.a.
L’Agenzia delle Entrate – Riscossione non ha svolto difese.
È stata proposta la definizione anticipata del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
I ricorrenti hanno chiesto la decisione del ricorso.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha svolto difese.
I Difensori di tutte le parti hanno depositato memoria.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nella impugnata sentenza, la corte territoriale ha rigettato l’appello argomentando sul fatto che: a) la riscossione esattoriale ai sensi dell’art. 17 del d. lgs. n. 46/1999 è espressamente richiamata dall’art. 9 comma 5 d. lgs. n. 123/1998 (norma anche richiamata dall’art. 2, comma 4, d.m. Ministero delle Attività Produttive 20 giugno 2005, a sua volta richiamato dal d.m. Ministero dello Sviluppo Economico 23 novembre 2012); b) gli interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di garanzia alle attività imprenditoriali
– i quali godono anch’essi del privilegio di cui all’art. 9, comma 5, d.lg. n. 123/1998 – risultano, nell’ambito delle diverse forme di intervento pubblico in favore delle attività produttive, espressione di un disegno unitario, nel cui ambito occorre comunque recuperare, mediante la surrogazione, la provvista per ulteriori e futuri similari interventi di sostegno della produzione; c) si è in presenza, dunque, non di un credito di natura privatistica, bensì di natura pubblicistica, connesso alla finalità di pubblica utilità di sostegno dello sviluppo delle attività produttive (Cass. Civ., sez. I, n. 6508/2020), sicché non opera l’invocato disposto dell’art. 21 d. lgs. n.46/99, secondo il quale, salvo che sia diversamente disposto da particolari disposizioni di legge, le entrate previste dall’art. 17 aventi causa in rapporti di diritto privato sono iscritte a ruolo solo quando risultino da titolo avente efficacia esecutiva; d) l’art. 9 comma 5 d. lgs. n. 123/1998, nel rinviare, ai fini dell’applicazione del privilegio generale e della procedura di riscossione esattoriale -con una locuzione volutamente generica ed onnicomprensiva – alle restituzioni di cui al comma 4, compie, inevitabilmente, riferimento a tutti i crediti relativi ai finanziamenti erogati, e poi revocati, alla impresa; dunque, non soltanto ai crediti aventi la loro fonte nell’irregolare concessione dell’intervento o nell’indebito conseguimento del beneficio, ma anche a quelli derivanti, come nella specie, da ragioni o fatti addebitati all’impresa beneficiaria o da qualsiasi altra ragione, anche se attinente alla fase negoziale successiva all’erogazione del contributo (Cass. Civ., sez. I, n. 27303/2022; sez. I, n. 2663/2019); e) rientra fra tali crediti anche quello del gestore del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese che abbia subito l’escussione della garanzia da parte dell’istituto di credito finanziatore a seguito dell’inadempimento della società beneficiaria del finanziamento, dovendosi interpretare estensivamente (secondo l’insegnamento di SS. UU. n. 11930/2010) la norma anzidetta in ragione della finalità pubblica di sostegno ad essa sottesa (Cass. Civ.,
sez. I, n. 6508/2020); f) tale opzione interpretativa risulta perfettamente in linea con le finalità proprie dei finanziamenti pubblici e con le necessarie garanzie introdotte onde consentire alle risorse pubbliche di trovare adeguata protezione e di realizzare l’interesse pubblicistico al reimpiego di quelle stesse risorse già messe a disposizione delle imprese per scopi frustrati dall’inadempienza delle medesime agli obblighi assunti (Cass. Civ., sez. I, n. 9926/2018, in motivazione).
2. NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME articolano in ricorso un unico motivo con il quale denunciano: <> nella parte in cui la corte territoriale ha confermato il rigetto della loro opposizione avverso la cartella esattoriale notificata dall’Agente della riscossione per conto di Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale s.p.a.
Sostengono che dalla lettura combinata degli artt. 17 e 21 del D.Lgs. 46/1999 risulta che sono suscettibili di riscossione coattiva mediante gli appositi istituti dell’ingiunzione fiscale e dell’iscrizione al ruolo le sole entrate pubblicistiche; mentre le entrate patrimoniali, che traggono origine da rapporti privatistici, per poter essere riscosse mediante gli strumenti in questione, esigono un titolo esecutivo propedeutico all’iscrizione a ruolo.
Ciò comporta che l’Istituto si sarebbe dovuto premunire di un valido titolo esecutivo, prima di procedere ad esecuzione sulla base dell’art. 17 D.lvo n. 46/1999, in considerazione del fatto che il credito riscosso era originato da un rapporto privato, ovvero da un finanziamento che era intercorso tra essi ricorrenti ed un Istituto bancario.
In relazione al principio affermato da Cass. n. 6508/2020 (invocata nella sentenza impugnata, p. 7), rileva (anche in memoria):
in detto arresto <>; b) il legislatore con l’art. 21 D.Lgs. 46/1999 <>, con la conseguenza che, <>; c) la ratio di tale diversa prospettata disciplina sarebbe ravvisabile nel fatto che: <>, mentre <>.
In definitiva, secondo parte ricorrente, i crediti riscossi mediante ruolo sono tutti di natura pubblica, ma la norma citata tende a differenziarli con riferimento al momento della loro origine, non al momento della loro esecuzione.
Conformemente a quanto prospettato nella proposta di definizione accelerata, il ricorso non è fondato.
In punto di fatto dal giudizio di merito è risultato che l’azione è stata proposta a seguito di intervenuta surrogazione nel credito originario (ovvero quello fra Banca Intesa Sanpaolo e la società RAGIONE_SOCIALE) ai sensi dell’art. 2, comma cento, l. 23 dicembre 1996 n. 662, nonché dell’art. 2, quarto comma, del decreto del Ministero delle Attività Produttive e del Ministero dell’Innovazione e delle Tecnologie del 20 giugno 2005.
Orbene, come rilevato nella proposta di definizione ex art. 380 bis cod. proc. civ. del 20.09.2024, la questione, sottesa al ricorso, è già stata affrontata e risolta da questa Corte in base al principio affermato, tra le tante, da Cass. n. 9657 e n. 3118/2024, n. 1005/2003.
In particolare, secondo quanto affermato da Cass. n. 9657/2024 (ribaditi ultimamente da Cass. n. 32148/2024):
-«In tema di interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di garanzia pubblica, in capo al gestore del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, ex l. n. 662 del 1996, che ha soddisfatto il finanziatore, surrogandosi ad esso, sorge un diritto restitutorio di natura pubblicistica privilegiata, non più volto al recupero del credito di diritto comune originato dal primigenio finanziamento, bensì mirato a riacquisire risorse pubbliche alla diponibilità del Fondo, con la conseguenza che ad esso è applicabile la procedura di riscossione coattiva dei crediti cc.dd. agevolati, ex art. 17 del d.lgs. 146 del 1999, anche nei confronti dei terzi prestatori di garanzie, ai sensi dell’art. 8bis , comma 3, del d.l. n. 3 del 2015, conv. con modif. dalla l. n. 33 del 2015, pur se il credito sia sorto prima dell’entrata in vigore della norma, atteso che tale disposizione non è di interpretazione autentica, né innovativa, ma meramente ripetitiva e confermativa del regime già vigente»;
-«Il privilegio previsto, dall’art. 9, comma 5, del d.lgs. n. 123 del 1998, per i crediti dello Stato per la restituzione dei ‘finanziamenti’ erogati, trova applicazione anche per gli interventi di sostegno pubblico
erogati in forma di concessione di garanzia, stante la finalità pubblicistica che connota il d.lgs. n. 123 del 1998 e il carattere unitario, sotto il profilo funzionale, delle diverse misure agevolative ivi contemplate, e si estende al credito del gestore del Fondo di garanzia che, a seguito di escussione, soddisfa il finanziatore, il quale, peraltro, non originando da un’erogazione di-retta da parte dell’Amministrazione statale di somme di danaro nelle mani del beneficiario, ma dal pagamento dell’istituto di credito che aveva erogato il finanziamento al beneficiario, sorge per effetto del solo pagamento, non occorrendo un provvedimento di revoca della concessione del finanziamento» (Rv. 670771-02).
Nel solco delle suddette pronunce va qui precisato che l’intervenuta surrogazione nel credito originario, oltre a conferire al credito il privilegio già menzionato, incide sulla natura e sulle caratteristiche stesse del credito, rendendolo di natura pubblica e, pertanto, recuperabile attraverso la procedura esattoriale di cui alla all’art. 17 del d. lg. 26 febbraio 1999 n. 46.
A seguito di tale surrogazione, infatti, si determina un mutamento della ‘causa’ del credito, ora volto a riacquisire risorse -di natura pubblica- alla disponibilità del Fondo pubblico ex l. 662/1996.
D’altronde, le norme di cui al d. lg. 123/1998, ivi compreso l’art. 9, regolano ogni fattispecie nella quale vi siano capitali pubblici adoperati per il sostegno all’economia nelle forme indicate (cfr. art. 7 d. lg. 123/1998, fra cui rientrano anche le concessioni di garanzie) e l’art. 9 (con connessa applicazione di procedura esattoriale e attribuzione del privilegio) trova applicazione anche laddove l’azione recuperatoria non sorga dalla verifica ex post dell’assenza dei requisiti per l’ammissione al beneficio, ma sorga da difetti funzionali della causa del negozio di diritto privato attraverso il quale si è materialmente estrinsecato l’aiuto pubblico.
Ne consegue che il Fondo pubblico è tenuto a recuperare il proprio credito per via esattoriale e senza necessità di pre-costituirsi un titolo esecutivo giudiziario, trattandosi di azione che ha per oggetto un credito di natura pubblicistica.
Ogni ulteriore disquisizione sulla sussistenza e sulla medesima rilevanza di un privilegio risulta, quindi, irrilevante ai fini del decidere, per il carattere dirimente dell’argomentazione qui da ultimo sviluppata.
Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere respinto, conformemente all’originaria proposta di definizione accelerata.
Le spese di lite seguono la soccombenza della parte ricorrente e, essendo la presente pronuncia conforme all’originaria proposta di definizione anticipata, ai sensi dell’art. 380 bis , comma 3, cod. proc. civ., la stessa deve essere condannata ai sensi dell’art. 96, commi 3 e 4, codice di rito (sulla cui applicabilità v. Cass. Sez. U. n. 10955/2024; e reputata equa la parametrazione della condanna ai sensi dell’art. 96 comma 3 c.p.c. all’importo della condanna alle spese di lite), con liquidazione delle spese e delle ulteriori somme ai detti titoli come in dispositivo, in considerazione del valore della controversia e dell’attività processuale espletata.
Infine, al rigetto del ricorso consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell ‘ importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente:
alla rifusione, in favore di ciascuna delle due parti resistenti, delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 15.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge; nonché
b) al pagamento, in favore di ciascuna delle due parti resistenti, della somma di euro 15,000 ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ.;
al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 5.000 ai sensi dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ.;
ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2025, nella camera di consiglio