Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24028 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24028 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/08/2025
ASSICURAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14444/2022 R.G. proposto da
COGNOME ra ppresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 205/2022 della CORTE DI APPELLO DI REGGIO CALABRIA, depositata il 17 marzo 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio tenuta il giorno 5 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conduttore di un immobile adibito ad esercizio commerciale di ristorazione, domandò giudizialmente la condanna della
RAGIONE_SOCIALE ( lite pendente divenuta RAGIONE_SOCIALE al pagamento dell’indennizzo dovuto in forza di una polizza assicurativa stipulata tra le parti a copertura del « rischio locativo ».
Al riguardo, rappresentò che: (i) aveva stipulato la polizza quale contraente, con applicabilità delle norme in tema di assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta; (ii) in conseguenza di un incendio l’immobile aveva riportato vari danni, quan tificati da periti ex contractu nominati in differenti entità per tre voci (opere di abbellimento eseguite dal conduttore, opere murarie sempre eseguite dal conduttore, opere murarie di pertinenza del proprietario); (iii) con dichiarazione scritta, il prop rietario dell’immobile aveva autorizzato esso conduttore ad incassare l’indennizzo spettante per tutti i pregiudizi.
All’esito del giudizio di prime cure, celebrato nell’attiva resistenza della compagnia assicuratrice , l’adito Tribunale di Reggio Calabria rigettò la domanda, con sentenza poi emendata, mediante procedimento di correzione di errore materiale, quanto alla parte destinataria della condanna alle spese processuali.
La decisione in epigrafe indicata ha disatteso l’appello interposto dall’originaria parte attrice.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME per quattro motivi.
Resiste, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE Parte controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Il Collegio si è riservato il deposito della ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
1.1. Il primo, formulato in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., denuncia « violazione e falsa applicazione degli artt. 1588, 1589, 1590 e 1611 cod. civ. anche in relazione alle condizioni generali di polizza contraddistinta dal numero ‘NUMERO_DOCUMENTO
art. 10′ ed in relazione al c.d. ‘rischio locativo’ – con riferimento al concetto di ‘responsabilità civile’ del conduttore relativamente all’evento incendio del 28.09.2001 ».
Critica la sentenza impugnata per aver ravvisato insussistenti i presupposti di applicabilità dell’art. 10 delle condizioni generali di polizza (concernente il c.d. « rischio locativo ») sul rilievo del mancato accertamento della responsabilità del conduttore nella determinazione dell’incendio, così sovvertendo la presunzione di responsabilità a carico di tale parte sancita dall’art. 1588 cod. civ. in ipotesi di perdita o deterioramento della cosa locata.
Rileva poi che, sempre in forza della menzionata clausola negoziale, la proprietaria del cespite locato aveva, con dichiarazione scritta, autorizzato l’odierno ricorrente ad incassare direttamente dalla società assicuratrice l’indennizzo spettante.
1.2. Il secondo, ancora con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., lamenta « erronea e falsa applicazione delle condizioni generali e contrattuali di polizza pagina 55 ‘procedura per la valutazione del danno’ – pagina 56 titolo ‘mandato dei periti’ -violazione e falsa applicazione degli artt. 808 cod. proc. civ. (sulla devoluzione della controversia ad arbitri/periti), 1362 e 1363 cod. civ. (sulla interpretazione del contratto e delle singole clausole), dell’art. 1372 cod. civ. (sulla efficacia del contratto tra le parti) in relazione alla efficacia vincolante del processo verbale del 04.04.2002 ».
Assume che la Corte territoriale ha ignorato gli esiti (espressi nel processo verbale del 4 aprile 2002) della perizia contrattuale svolta dai tecnici incaricati dalle parti tra l’altro – di « indagare sulle circostanze di tempo e di luogo, sulla natura, sulla causa e sulle modalità del sinistro », esiti aventi invece efficacia obbligatoria e vincolante per i contraenti in virtù di specifiche condizioni generali di polizza.
1.3. Il terzo, con riguardo all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., deduce « violazione e falsa applicazione dell’art. 1891 cod. civ. (sul contratto di assicurazione per conto di chi spetta) ».
Evidenzia che il titolare dell’interesse assicurato – cioè a dire la proprietaria dell’immobile – aveva autorizzato il qui ricorrente ad incassare direttamente dalla compagnia assicuratrice l’indennizzo, manlevando la stessa società da « ogni e qualsiasi tenutezza » ( sic ), rinunciando all’esercizio di ogni diritto e dando ampia facoltà al conduttore-ricorrente « di attivarsi nei modi che riterrà più convenevoli (sic) per il recupero delle somme anticipate » per le opere eseguite nei locali concessi in locazione: per cui l’importo liquidato dai periti doveva essere interamente versato dall’assicurazione al ricorrente.
1.4. Il quarto prospetta « violazione e falsa applicazione dell’art. 287 cod. proc. civ. con riferimento alla correzione dell’errore materiale della sentenza di primo grado nel capo che concerne la condanna della compagnia di assicurazioni al pagamento delle spese di giudizio ».
Contesta la legittimità del ricorso al procedimento di correzione, essendo invece necessario proporre impugnazione avverso il capo di sentenza regolante la disciplina delle spese processuali.
I primi tre motivi sono inammissibili per plurime ragioni, comuni agli stessi: ciò che rende opportuno la loro unitaria trattazione.
2.1. Onde dar conto dell’enunciata conclusione , è doveroso premettere che, pur nel contesto di una trama motivazionale di non particolare estensione e di non immediata ed agevole intellegibilità, la sentenza qui impugnata risulta avere, complessivamente, posto tre argomenti a base del la reiezione della domanda dell’attuale ricorrente , così sintetizzabili:
(i) i danni lamentati (diretti e materiali alle opere murarie, agli adeguamenti ed agli abbellimenti realizzati dal conduttore) non rientrano tra quelli coperti dal rischio locativo oggetto di polizza, il
quale si riferisce ai danni provocati da un eventuale incendio all’immobile locato per causa imputabile al conduttore, danni che quest’ultimo è obbligato a risarcire al proprietario/locatore;
(ii) la pretesa di liquidare al contraente l’indennizzo spettante al proprietario non può avere seguito, perché tale eventualità non era specificamente menzionata nel contratto e « avrebbe comunque dovuto essere esplicitamente prevista ed approvata dalla compagnia »;
(iii) manca la prova che l’incendio si è verificato per fatto ascrivibile al conduttore: i periti incaricati dalle parti hanno accertato che esso era da « ascriversi a fenomeno di natura dolosa ad opera di soggetti allo stato rimasti ignoti ».
Si tratta, come ben evidente, di autonome rationes decidendi , ciascuna di per sé idonea a fondare il dictum reso.
2.2. Tanto precisato, l’impossibilità di accogliere i tre mezzi di censura ora in disamina consegue, innanzitutto, all ‘inosservanza del requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto dall’art. 366, primo comma, num. 3, del codice di rito ed espressione del principio di specificità (o autosufficienza) che governa il giudizio per cassazione.
Siffatto principio – declinato, nella sua concreta operatività, alla stregua delle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME RAGIONE_SOCIALE c/Italia) – esige la riproduzione, essenziale e per le parti d’interesse , degli atti e dei documenti richiamati (dei quali deve invece escludersi la necessità di una integrale trascrizione), in guisa da contemperare il fine legittimo di semplificare (e non già pregiudicare) lo scrutinio del giudice di legittimità e, allo stesso tempo, garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ( ex multis, Cass. 03/03/2023, n. 6524; Cass. 14/03/2022, n. 8117).
Nella specie, per contro, il ricorso si presenta come gravemente carente in ordine al contenuto del contratto di assicurazione da cui trae scaturigine la lite.
Manca, in particolar modo, la riproduzione del tenore dell’art. 10 delle condizioni generali di polizza, reiteratamente evocato a suffragio delle doglianze articolate e, comunque, della clausola contrattuale di perimetrazione dell’evento coperto dalla garanzia, di individuazione cioè del rischio assicurato e, per l’effetto, del titolare del diritto al relativo indennizzo e delle facoltà pattiziamente a lui attribuite.
Si tratta di una lacunosità di portata decisiva.
L’esame della fondatezza nel merito dei motivi addotti postulava , infatti, la compiuta illustrazione delle previsioni di polizza relative alla definizione dell’evento assicurato (ovvero del fatto, futuro ed incerto, dai contraenti qualificato come sinistro), onde individuare la tipologia di formula assicurativa adoperata (in astratto suscettibile, in base alla generica rappresentazione operata dal ricorrente, di essere ricondotta nell’alveo tanto di un’assicurazione per danni per danni a cose quanto di un’assicurazione della r esponsabilità civile verso terzi del conduttore, cioè di un’assicurazione di patrimoni) e, quindi, consentire di verificare la correttezza giuridica delle enunciate ragioni di rigetto della domanda, segnatamente della esclusione -v. sopra, sub § 2.1., lett. (i)- dei danni lamentati dal novero di quelli coperti dalla garanzia assicurativa.
Anodina ed insignificante, al riguardo, risulta la dizione « rischio locativo » costantemente adoperata in ricorso. Invero, tale locuzione designa, tanto nella sistematica della dottrina quanto nelle concrete esperienze operative, una congerie di fattispecie contrattuali, alcune volte a preservare interessi di diretta titolarità del locatore (ad esempio, per il rischio di insolvenza del conduttore nel pagamento dei canoni locatizi o di inosservanza dell’obbligo di riconsegna del bene nel medesimo stato), altre a salvaguardare situazioni riconducibili alla
sfera giuridica del conduttore (ad esempio, per la responsabilità per i danni cagionati a terzi o allo stesso locatore): sicché, per la concreta identificazione, tra quelle astrattamente riconducibili alla definizione, della nozione di rischio dedotto nella polizza risulta indispensabile la piena e completa esposizione del contenuto delle relative pattuizioni.
E la descritta carenza espositiva preclude altresì la verifica sulla qualificazione del contratto de quo come assicurazione per conto di chi spetta, sulla quale pure il ricorrente fonda la sua impugnazione.
Del pari mancante, nell’atto di adizione di questa Corte, è la riproduzione del contenuto del verbale dell’aprile 2002 della perizia contrattuale, invocato a sostegno del secondo motivo: non è dato allora comprendere l’estensione dell’accertamento in concreto effettuato dai periti e gli esiti valutativi di esso, con la conseguenza che resta inibito a questa Corte il riscontro sull’esattezza della lettura che di tale perizia ha offerto la sentenza gravata.
2.3. A ciò si aggiunge, quale ulteriore fattore di inammissibilità, che, in ordine ai documenti richiamati (in specie, il contratto di assicurazione e il verbale di perizia), parte ricorrente non ha assolto l’onere, a suo carico gravante ex art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ., della c.d. localizzazione, cioè a dire non offre alcuna indicazione circa la loro collocazione nel fascicolo di ufficio e, soprattutto, circa la loro produzione o acquisizione nel giudizio di legittimità (cfr. Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950; Cass. Sez. U., 27/12/2019, n. 34469).
2.4. Altra e distinta ragione di inammissibilità dei motivi in parola risiede nella mancata formulazione di censure nei riguardi di tutte le rationes decidendi poste a base della impugnata pronuncia.
In specie, le tre doglianze – apprezzate tanto singolarmente quanto in maniera complessiva e globale – non attingono criticamente la argomentazione sopra riassunta sub § 2.1., lett. (ii), ovvero la mancata
previsione in contratto di una possibile liquidazione dell’indennizzo in favore del contraente-conduttore e, comunque, la necessità, a tal fine, di una esplicita approvazione ad opera della società assicuratrice.
Ed è noto che, qualora la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (principio di diritto affermato ai sensi dell’art. 360bis , num. 1, cod. proc. civ. da Cass. 03/11/2011, n. 22753, ribadito, ex aliis , da Cass. 21/06/2017, n. 15350; Cass. 27/07/2017, n. 18641; Cass. 18/04/2019, n. 10815; Cass. 14/08/2020, n. 17182; Cass. 05/02/2024, n. 3224).
Del pari inammissibile è, infine, il quarto motivo.
Anche rispetto ad esso è dirimente l ‘ incompletezza della descrizione in ricorso dell’andamento della vicenda processuale.
La (asserita) illegittimità della correzione materiale del capo spese non è infatti suffragata dalla adeguata esposizione del contenuto della pronuncia di primo grado e delle motivazioni del provvedimento di correzione: tanto inibisce a questa Corte di sindacare la configurabilità o meno di un lapsus calami suscettibile di emenda nei modi (in concreto praticati) contemplati dagli artt. 287 e seguenti del codice di rito.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Il regolamento delle spese del grado segue la soccombenza.
Attes a l’inammissibilità del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione in favore di parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 5.500 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione