Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22237 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22237 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/08/2025
RETRATTO AGRARIO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19237/2021 R.G. proposto da
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza n. 722/2021 della CORTE DI APPELLO DI BARI, depositata il giorno 13 aprile 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME nella qualità di proprietario e coltivatore diretto di fondi in Manfredonia, esercitò azione di riscatto avente ad oggetto l’atto di compravendita (rogato il giorno 13 dicembre 2005 per notar
COGNOME) relativo al fondo, confinante con quello attoreo, sito nel medesimo Comune, alienato da NOME COGNOME a NOME COGNOME proponendo altresì nei confronti di entrambi azione di simulazione del prezzo della vendita.
In prime cure, nella attiva resistenza dei convenuti, le domande vennero rigettate dall’adito Tribunale di Foggia.
3 . Accogliendo l’appello spiegato dall’originario attore, la sentenza in epigrafe indicata ha dichiarato parzialmente simulato il prezzo della compravendita ( expresse ravvisando sulla domanda di simulazione la legittimazione passiva anche del venditore NOME COGNOME) e ha dichiarato trasferiti in favore di NOME COGNOME i fondi oggetto della vendita, ordinando a quest’ultimo il pagamento della somma di euro 294.527 in favore di NOME COGNOME.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME articolando tre motivi. Resiste, con controricorso, NOME COGNOME
Entrambe le parti depositano memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 . In via preliminare, non assume rilievo l’omessa notificazione dell’atto introduttivo del presente giudizio a NOME COGNOME litisconsorte in grado di appello, stante l’inammissibilità del ricorso per le ragioni in appresso esplicate.
Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone infatti al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella
cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato o inammissibile, appare superflua, pur potendone sussistere i presupposti, la fissazione del termine per la rinnovazione della notifica del ricorso ad una parte o per l’integrazione del contraddittorio nei riguardi di un litisconsorte pretermesso, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei tempi di definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (cfr., sulla scia di Cass., Sez. U, 22/03/2010, n. 6826, tra le tante, Cass. 13/10/2011, n. 21141; Cass. 17/06/2013, n. 15106; Cass. 10/05/2018, n. 11287; Cass. 21/05/2018, n. 12515; Cass. 15/05/2020, n. 8980; Cass. 20/04/2023, n. 10718).
Il primo motivo denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, numm. 3 e 5, cod. proc. civ.: « violazione e falsa applicazione de ll’ art. 8, primo comma, della legge 26 maggio 1965, n. 590 e dell’art. 7, della legge 14 agosto 1971, n. 817 in relazione agli artt. 2727 e 2729 cod. civ. – omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione per aver la Corte d’Appello mal esercitato il proprio prudente apprezzamento in relazione alla valutazione delle prove ex art. 116 cod. proc. civ.. Il tutto in ordine al requisito della mancata vendita di fondi rustici nell’ultimo biennio » .
Il motivo è inammissibile.
2.1. Dopo la trascrizione (dall’ultimo capoverso di pag. 11 alle prime tre righe di pag. 14) di parte della motivazione della sentenza gravata e l’evocazione di princìpi giuridici e massime giurisprudenziali inerenti l’azione di riscatto, la c ritica alla decisione inizia (alla metà di pag. 16) con il sostenere -in modo peraltro eccentrico rispetto alla intestazione del motivo, ove non vi è evocazione del principio di non contestazione -che a torto la Corte barese avrebbe affermato che le
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parti in origine convenute (tra cui l’odierno ricorrente) non avevano contestato il presupposto della mancata vendita di fondi nel biennio.
L’assunto a tacere della sua possibile riconducibilità ad errore revocatorio ex art. 395, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. -viene svolto con il richiamo (genericamente formulato) agli « scritti difensivi delle parti convenute » ed alla « seconda memoria autorizzata ex art. 183 cod. proc. civ. del giudizio di primo grado » dell’attore.
Si prosegue poi (dalla metà della pag. 17) con il sostenere riproducendo passaggio motivazionale della sentenza di prime cure -la inapplicabilità alla lite in parola, in ragione dell’epoca di insorgenza della stessa (anno 2006), del principio di non contestazione come sancito dall’art. 115 cod. proc. proc. nella formulazione novellata dalla legge 18 giugno 2009, n. 69.
2.1.1. La doglianza è inammissibile e, comunque, infondata.
L’argomentazione relativa alla non ravvisabilità nella vicenda di una fattispecie di non contestazione è infatti sviluppata senza un’adeguata (o quantomeno sufficiente, cioè nei passaggi essenziali e d’interesse) rappresentazione del contenuto degli atti difensivi soltanto richiamati: e in tal guisa si ravvisa inosservanza del requisito prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ..
Ed invero, per costante indirizzo di nomofilachia, in tema di ricorso per cassazione, quando il motivo di impugnazione si fondi sul rilievo della sussistenza o meno di condotte processuali di non contestazione, il ricorso, ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, deve sia indicare la sede processuale di adduzione delle tesi asserite come non contestate, sia, specificamente, contenere la trascrizione del contenuto degli scritti difensivi in thesi concretanti la non contestazione, onde consentire alla Corte di legittimità di valutare la i presupposti per la corretta applicazione dell ‘ art. 115 cod. proc. civ. (sul punto, ex aliis,
Cass. 29/05/2024, n. 15058; Cass. 04/04/2022, n. 10761; Cass. 22/05/2017, n. 12840; Cass. 09/08/2016, n. 16655).
Ad ogni buon conto, a giustificare l’infondatezza dell’argomento del ricorrente basti osservare come, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di non contestazione a seguito della modifica dell ‘ art. 115 cod. proc. civ., il convenuto era tenuto a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall ‘ attore a fondamento della propria domanda, i quali dovevano ritenersi ammessi, senza necessità di prova, in caso di una contestazione non chiara né specifica (cfr. Cass. 26/11/2020, n. 26908; Cass. 27/02/2020, n. 5429; Cass. 06/10/2015, n. 19896).
2.2. Il motivo continua (dalla pag. 18) con la critica al valore attribuito dal giudice territoriale alle deposizioni testimoniali ed ai documenti prodotti dall’attore, elementi, ad avviso del ricorrente, inidonei ad integrare presunzioni gravi, precise e concordati in ordine alla mancata vendita di fondi nel biennio precedente.
2.2.1. Anche questa doglianza è inammissibile.
La prova del requisito della mancata vendita di fondi nel biennio anteriore è stata ravvisata dalla Corte territoriale sulla scorta di un apprezzamento combinato, sintetico e sincronico, di plurimi fatti indizianti, di differente natura (le certificazioni della Conservatoria dei Registri Immobiliari, la prova per testimoni, le richieste di contributi AGEA, le dichiarazioni I.N.P.S.), esaminati nelle reciproche interazioni e, in questa congiunta osservazione, reputati, per coerenza, logicità e concordanza, muniti dei requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ..
A fronte di ciò, la doglianza dell’impugnante attinge criticamente la vis presuntiva soltanto di alcuni di tali fatti, ma in una considerazione singolare ed atomistica degli stessi, cioè a dire senza coglierne le sinergiche interferenze tra di loro sussistenti; si concreta nella mera prospettazione di conseguenze probabilistiche differenti quelle
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applicate dalla sentenza e si risolve, al fondo, nel sollecitare una diversa ricostruzione della quaestio facti .
Ma, come è noto, è compito esclusivo e tipico del giudice di merito valutare la possibilità di far ricorso alla prova presuntiva, scegliere i fatti noti da porre a base del ragionamento inferenziale e le regole d’esperienza tramite le quali dedurre il fatto ignoto, stimare la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge: apprezzamenti di fatto, ontologicamente discrezionali, sottratti, ove adeguatamente motivati, al sindacato di legittimità (per gli illustrati princìpi in tema di prova presuntiva, cfr., tra le tante, Cass. 21/03/2022, n. 9054; Cass. 05/08/2021, n. 22366; Cass. 30/06/2021, n. 18611; Cass. 30/05/2019, n. 14762; Cass., Sez. U, 24/01/2018, n. 1785, in motivazione espressa, sebbene non massimata, paragrafi 4 e ss.; Cass. 13/11/2015, n. 23201; Cass. 08/01/2015, n. 101).
2.3. Inconferente, da ultimo, il richiamo all’art. 116 cod. proc. civ.. La violazione di tale norma giustifica l’impugnazione di legittimità allorquando si deduca che il giudice di merito abbia disatteso il principio del libero apprezzamento delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista ovvero, all’opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o una risultanza probatoria soggetta a diverso regime (Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867, cui adde Cass. 31/08/2020, n. 18092; Cass. 18/03/2019, n. 7618; e già Cass. 10/06/2016, n. 11892).
Fattispecie in tutta evidenza estranee alla doglianza in scrutinio.
3. Il secondo motivo, con riferimento all’art. 360, primo comma, numm. 3 e 5, cod. proc. civ., lamenta: « violazione e falsa applicazione degli artt. 8, primo comma, e 31 della legge n. 590 del 1965 e dell’art. 7 della legge 817 del 1971 in relazione agli artt. 2727 e 2729 c.c. omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione per aver la Corte d’Appello mal esercitato il proprio prudente apprezzamento in
relazione alla valutazione delle prove ex art. 116 cod. proc. civ.. Il tutto in ordine al requisito della forza lavoro adeguata».
3.1. Pure questo motivo è inammissibile, per ragioni omologhe a quelle già illustrate supra , da intendersi qui ribadite.
Anche la sussistenza del requisito della forza lavoro adeguata è stata dal giudice territoriale affermata in virtù di una prova per presunzioni, cioè a dire ascrivendo valenza indiziaria – nel contesto di un apprezzamento complessivo, unitario e convergente – ad una serie di circostanze fattuali (la disponibilità di mezzi meccanici e di attrezzi agricoli, l’ausilio di collaboratori, le colture esercitate) emergenti dal compendio probatorio acquisito.
E, ancora una volta, la critica del ricorrente si risolve (e, ad un tempo, si esaurisce) nel negare la capacità indiziante dei vari fatti uti singulatim concepiti, in buona sostanza rivolgendo a questa Corte una inammissibile istanza di revisione delle risultanze istruttorie (da ultimo, sull’argomento, Cass. 23/04/2024, n. 10927).
Non pertinente, per quanto detto sub § 2.3., il richiamo all’art. 116 del codice di rito.
Il terzo motivo, riferito all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., prospetta « omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione per avere la Corte di Appello mal esercitato il proprio prudente apprezzamento in relazione alla valutazione delle prove ex art. 116 cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione della sentenza impugnata in violazione dell’art. 132, secondo comma, num. 4, cod. proc. civ. . Il tutto in ordine alla prova dell’accordo simulatorio » .
A parere dell’impugnante, il giudice di seconde cure « illogicamente desumeva la relativa simulazione del prezzo dalle sole risultanze della c.t.u. aderendo, tuttavia, alla stessa senza alcuna motivazione », relazione peritale basata su una indagine incompleta e recante una non corretta stima del valore del fondo; altresì errata, nella prospettazione
del ricorrente, è l’affermazione della sentenza gravata secondo cui « dalle allegazioni in atti non possono desumersi riscontri sull’effettivo pagamento del prezzo così come indicato nell’atto di vendita ».
4.1. Il motivo è inammissibile.
Puntualizzato che l’adesione del giudice di merito alle conclusioni dell’ausiliario officioso non esige specifica motivazione, potendo ben esaurirsi quest’ultima con l’indicazione della fonte del convincimento ( ex multis, Cass., 06/06/2024, n. 15804; Cass. 16/11/2022, n. 33742; Cass. 02/02/2015, n. 1815), le argomentazioni del ricorrente circa la supposta fallacia dell’elaborato peritale si appalesano assai generiche, oltremodo nemmeno facendo richiamo a osservazioni o allegazioni in senso contrario formulate da consulenti tecnici di parte.
Peraltro, pure sulla simulazione del prezzo della compravendita, lo schema dell’argomentazione della Corte barese ha carattere presuntivo ed indiziario: inferisce infatti la simulazione dalla coordinata ed unitaria considerazione della manifesta sproporzione tra valore dei fondi (desunta dalla stima praticata dal c.t.u.) e prezzo di vendita dichiarato e dalla mancanza di prova de ll’effettivo pagamento del prezzo indicato in contratto, circostanza, quest’ultima, oggetto di accertamento in base ad analitico vaglio delle risultanze documentali in atti.
Sicché la -pur diffusa – dissertazione condotta sul punto in ricorso rappresenta nuovamente un’inammissibile istanza di riesame delle prove, compito riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, se non negli angusti confini delle anomalie motivazionali rilevanti ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ..
Per contro, la violazione dell’art. 132, secondo comma, n um. 4, cod. proc. civ., prospettata dal ricorrente risulta articolata sulla base di elementi tratti aliunde (in specie, sulle risultanze istruttorie) rispetto alla motivazione, sicché la sua deduzione non è conforme ai criteri sul
punto elaborati dalla giurisprudenza di nomofilachia (basti qui il richiamo a Cass., Sez. U, 07/04/2014, nn. 8053-8054).
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
In ossequio al principio della soccombenza, parte ricorrente va condannata alla refusione delle spese del giudizio di legittimità -liquidate secondo tariffa, come in dispositivo -in favore della parte controricorrente, con distrazione in favore del difensore di questa, per dichiarazione di anticipo resa.
Non si ravvisano in capo alla ricorrente i presupposti di ordine soggettivo integranti responsabilità processuale aggravata ex art. 96 cod. proc. civ.: va pertanto respinta l’istanza di condanna avanzata a tale titolo da parte controricorrente.
Attes o l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente, NOME COGNOME alla refusione in favore di parte controricorrente, NOME COGNOME delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 8.000 (ottomila) per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge, con distrazione al difensore, Avv. NOME COGNOME per dichiarazione di anticipo resa.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento
al competente ufficio di merito da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione