Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6511 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6511 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
Oggetto
RAGIONE_SOCIALE – Riforma fondiaria – Assegnazione Assegnatario con vendita con riserva di proprietà – Riscatto – Presupposti – Fattispecie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32272/2021 R.G. proposto da
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL), con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL), con domicilio eletto in Roma,
INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE;
-controricorrente – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Catanzaro, n. 1156/2021, pubblicata il 7 settembre 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1° marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 1156/2021, resa pubblica il 7 settembre 2021, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda di NOME COGNOME diretta a ottenere la condanna dell’ RAGIONE_SOCIALE alla restituzione de ll’unità fondiaria n. 715 del Fondo COGNOME sito in agro di Isola di Capo COGNOME, oltre al risarcimento del danno subito per la sua ingiusta sottrazione, previo accertamento incidenter tantum dell’illegittimità del decreto di revoca di assegnazione n. 64 del 27 agosto 2013.
A fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione la Corte calabrese ha osservato in fatto e in diritto quanto segue:
« COGNOME‘COGNOME (all’epoca OVS), in applicazione delle leggi di riforma fondiaria, con rogito del 22.11.1956, ha venduto con patto di riservato dominio a COGNOME NOME ) l’unità fondiaria n. 715 .
COGNOME NOME, con domanda del 26.8.1958, ha poi chiesto che l’unità fondiaria n. 715 fosse sostituita con l’unità fondiaria n. 756 .
Tale richiesta è stata accolta dall’ente con deliberazione n. 269 del 1960, ribadita anche con la deliberazione n. 485 del 1964 .
Per effetto RAGIONE_SOCIALE sostituzione RAGIONE_SOCIALE particella 715 con la particella 756 COGNOME NOME (subentrato al padre giusta deliberazione n. 934 del 1979) e, prima di lui, COGNOME NOME, dal 1960 hanno posseduto e coltivato l’unità fondiaria n. 756, mentre l’unità fondiaria n. 715 è
stata assegnata ad altri (tale COGNOME NOME, come allegato dall’RAGIONE_SOCIALE nella comparsa di costituzione di primo grado ed ampiamente documentato in atti, anche in esito al contenzioso insorto tra COGNOME NOME, erede di COGNOME NOME, e la medesima RAGIONE_SOCIALE) .
Tuttavia, non è mai stato stipulato l’atto aggiuntivo modificativo necessario alla definizione del cambio dell’unità fondiaria venduta a COGNOME NOME da 715 a 756.
Con decreto n. 670 del 18.11.2006 l’RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato la cessazione del riservato dominio sulla particella 715.
Successivamente, con decreto n. 64/2013, rilevato che il COGNOME non possedeva l’unità fondiaria 715, ma la 756, ha revocato la dichiarazione di cessazione del riservato dominio rispetto alla particella 756, precisando che: ‘ gli ordini di riscossione eseguiti a scomputo debito, pur citando l’UF originaria, sono da intendersi a pagamenti dell’unità fondiaria avuta in cambio ‘.
Ciò premesso in fatto, ritiene questa Corte che difettino, nel caso di specie, i presupposti per la dichiarazione di cessazione del riservato dominio rispetto all’unità fondiaria n. 715 che, in esito al cambio dell’unità fondiaria, non è stata più posseduta e coltivata da COGNOME NOME, né all’esito del suo decesso, dal subentrante COGNOME NOME, dal 1964.
Tanto risulta dalla stessa missiva del 18.3.1994 diretta al Commissario Straordinario dell’ESAC, con la quale COGNOME NOME riconosceva che l’unità fondiaria era stata assegnata al COGNOME, ed affermava che, al suo decesso, nessuno dei sette figli possedeva i requisiti necessari per il subentro, tanto che lo avevano concesso in affitto a terzi e di avere egli stesso arato l’unità fondiaria n. 715 con il proprio trattore per conto di COGNOME NOME e di avere, sempre per conto del COGNOME, trasportato finocchi e peperoni al mercato generale, prelevandoli dalla quota degli eredi COGNOME .
Tenuto conto di tali risultanze istruttorie, ritiene questa Corte … che il decreto di revoca RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di cessazione del riservato dominio afferente all’unità fondiaria n. 715 sia legittimo, difettando i presupposti per la cessazione del riservato dominio dichiarata con il decreto n. 670/2006, siccome disposta per evidente errore ingenerato dalla mancata formalizzazione del cambio dell’unità fondiaria, dovendosi anche in questa sede negare che COGNOME NOME abbia coltivato l’unità fondiaria n. 715 almeno dal 1964.
Né l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE revoca RAGIONE_SOCIALE cessazione del riservato dominio può apprezzarsi in relazione al rogito per notar COGNOME dell’atto di ‘ vendita con patto di riservato dominio dei terreni espropriati in applicazione delle leggi di riforma fondiaria ‘ del 1956, con il quale è stata venduta a COGNOME NOME l’unità fondiaria n. 715, posto che, per effetto di tale atto negoziale, il trasferimento RAGIONE_SOCIALE proprietà può prodursi in favore dell’acquirente solo in esito al pagamento dell’ultima rata del prezzo ai sensi dell’art. 1523 cod. civ..
Nel caso di specie, stante l’avvenuta adesione dell’ente alla volontà del COGNOME di sostituire l’unità fondiaria n. 715 con la n. 756, non è possibile riferire i pagamenti eseguiti dal COGNOME all’unità fondiaria n. 715, posto che detto fondo non è più ricollegabile al suo possesso, siccome mutato con il possesso sulla particella 756, come, peraltro, espressamente chiarito nello stesso decreto di revoca n. 64/2013.
Il fatto che i pagamenti eseguiti non siano riferibili al fondo n. 715 trova peraltro riscontro anche nel fatto che lo stesso COGNOME NOME, con ordine di riscossione n. 161 del 2.3.1987, ha versato a titolo di ‘escomputo debito’ la somma di lire 1.382.918 per l’unità fondiaria n. 756 ex 715 di Isola Capo COGNOME come dedotto dall’RAGIONE_SOCIALE sin dalla comparsa di primo grado e documento in atti (v. allegato 15 al fascicolo di primo grado).
Pertanto, il fatto che il cambio delle due unità fondiarie non sia
stato formalizzato in un atto aggiuntivo modificativo dell’originario contratto del 1956, non legittima COGNOME NOME a reclamare l’accertamento del suo diritto di proprietà sull’unità fondiaria n. 715, in difetto dei necessari presupposti costituiti dalla coltivazione del fondo e dal pagamento di tutte le rate del corrispettivo, posto che i pagamenti pur regolarmente eseguiti non sono obiettivamente riferibili all’unità fondiaria 715, che il COGNOME non possedeva più dal 1964.
Va conseguentemente negato che il decreto n. 64/2013 di revoca RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di cessazione del riservato dominio sulla particella n. 715 abbia inciso sul regime degli effetti propri del contratto di vendita del 1956, essendosi limitato a registrare l’erroneità RAGIONE_SOCIALE precedente dichiarazione (di cessazione del riservato dominio), siccome emessa in difetto dei suoi presupposti.
E ciò perché, mancando, oltre al requisito del possesso e RAGIONE_SOCIALE coltivazione del fondo n. 715 da parte di COGNOME NOME, anche il pagamento di tutte le rate del prezzo riferibili al fondo n. 715, essendo quelle pagate a decorrere dal 1964 imputabili al fondo n. 756 (posseduto dal COGNOME in forza delle deliberazioni n. 269/1960 e 485 del 1964, pur in assenza RAGIONE_SOCIALE formalizzazione del cambio dei fondi), deve negarsi che in suo favore si sia verificato l’effetto reale RAGIONE_SOCIALE vendita con patto di riservato dominio del 1956 (che, ai sensi dell’art. 1523 cod. civ. può prodursi solo in esito al pagamento dell’ultima rata) e si sia quindi prodotto il trasferimento RAGIONE_SOCIALE proprietà del fondo 715 in suo favore ».
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di un solo motivo, cui resiste l’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, depositando controricorso.
È stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata da rituale comunicazione alle parti.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1523 cod. civ..
L’illustrazione del motivo è affidata, essenzialmente, alle seguenti affermazioni:
─ l a Corte territoriale non si è confrontata con il principio di diritto per cui, con il compimento RAGIONE_SOCIALE procedura di riscatto da parte dell’assegnatario, si è instaurata una ‘situazione finale’ caratterizzata dall’acquisto definitivo del diritto reale di proprietà ;
─ si era dedotto in giudizio che, una volta definitivamente costituito il diritto di proprietà in capo all’assegnatario, l’ente non può intervenire in modo autoritativo (con il provvedimento di revoca) rimuovendo gli effetti del diritto soggettivo insorto medio tempore ;
─ l a Corte d’Appello su tale aspetto decisivo ha omesso ogni motivazione;
─ l a sentenza impugnata erra: a) nel non considerare che vi è stato un irreversibile esaurimento del rapporto di concessione amministrativa; b) per aver ritenuto legittimo il decreto di revoca in base alla mera questione (in fatto) RAGIONE_SOCIALE presunta discrasia tra le particelle (715 e 756), tralasciando la vera questione giuridica, ossia la consumazione del potere RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di incidere autoritativamente su un diritto soggettivo già sorto; c) per non aver tenuto conto che il COGNOME, in qualità di assegnatario del bene, ne fosse divenuto incondizionatamente proprietario ipso iure , non potendo più l’RAGIONE_SOCIALE, soddisfatta dal punto di vista patrimoniale, esercitare alcun potere pubblicistico;
─ l’RAGIONE_SOCIALE, nel corso del giudizio di merito, non ha mai contestato il fatto che il COGNOME. COGNOME abbia effettivamente riscattato il fondo in questione pagando i dovuti oneri reali sul terreno assegnato
affrancandolo dal riservato dominio (e la stessa Corte d’Appello, in verità lo riconosce, affermando -in chiusura di sentenza, nel capo relativo alla pronuncia di compensazione delle spese -che « nonostante il pagamento delle rate del prezzo da parte del COGNOME, non ha ancora avuto luogo la regolarizzazione del cambio dell’unità fondiaria »);
─ considerato l’intervenuto pagamento dell’ultima rata da parte del privato e il contratto stipulato con l’Ente e rogato da Notaio, il Giudice di merito avrebbe dovuto prendere atto RAGIONE_SOCIALE instaurazione di una situazione finale, caratterizzata dalla produzione degli effetti propri RAGIONE_SOCIALE vendita, tra i quali quello, reale, del trasferimento RAGIONE_SOCIALE proprietà;
─ la cessazione del riservato dominio precludeva all’Ente concedente il potere autoritativo di revoca RAGIONE_SOCIALE concessione, atteso il carattere preclusivo derivante dall’insorgenza dell’altrui diritto di proprietà e dall’esaurimento, per il detto profilo degli effetti RAGIONE_SOCIALE concessione stessa.
Il motivo è inammissibile , ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ..
2.1. In disparte la sovrapposizione, all’interno di un unitario discorso argomentativo, di censure eterogenee e incompatibili (tale quella di omessa motivazione che sembrerebbe dedotta nel primo capoverso di pagina 12, inframezzata ad altre proposizioni volte invece a prospettare un error in iudicando ), appare evidente come l’intero argomentare ometta alcun confronto con le pur ampie e chiare ragioni giustificative esposte in sentenza, alla quale si muovono critiche del tutto astratte da alcuno specifico riferimento alle affermazioni contenute in sentenza che le dovrebbero giustificare (a integrare tale necessario presupposto logico non potendo certo valere la mera integrale trascrizione, nella premessa narrativa del ricorso, pagg. 6 -10, RAGIONE_SOCIALE motivazione).
Ciò rende il motivo inidoneo a svolgere la funzione di critica propria di un motivo di impugnazione.
Devesi al riguardo richiamare il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito, considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo.
In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un « non motivo », è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ. (Cass. 11/01/2005, n. 359; v. anche ex aliis Cass. Sez. U. 20/03/2017, n. 7074, in motivazione, non massimata sul punto; Id. 5/08/2016, n. 16598; Id. 3/11/2016, n. 22226; Cass. 15/04/2021, n. 9951; 5/07/2019, n. 18066; 13/03/2009, n. 6184; 10/03/2006, n. 5244; 4/03/2005, n. 4741).
2.2. È appena il caso di soggiungere che, proprio in virtù di tale astratta impostazione, la censura si rivela del tutto eccentrica e fuori fuoco rispetto alla ratio decidendi chiaramente esposta in sentenza, la quale si risolve nel rilievo, supportato da precisi e pertinenti riferimenti fattuali, secondo cui: a) in difetto dei necessari
presupposti costituiti dalla coltivazione del fondo e dal pagamento di tutte le rate del corrispettivo (essendo i versamenti imputati alla u.f. n. 756), non può considerarsi perfezionata la fattispecie acquisitiva del diritto di proprietà del bene cui è riferita la pretesa (u.f. 715); b) non è dunque il decreto n. 64/2013 di revoca RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di cessazione del riservato dominio sulla particella n. 715 ad avere « inciso sul regime degli effetti propri del contratto di vendita del 1956 », tale revoca null’altro rappresentando che la presa d’atto dell ‘erroneità RAGIONE_SOCIALE precedente contraria dichiarazione (di per sé non avente alcun ruolo nella fattispecie traslativa regolata dall’art. 1523 cod. civ.).
Lungi dallo svolgere specifiche e pertinenti critiche riferite a tale nucleo fondante RAGIONE_SOCIALE motivazione, la complessa censura muove dall’opposta e meramente apodittica affermazione secondo cui i pagamenti erano riferibili alla u.f. n. 715 e la fattispecie acquisitiva si era perfezionata, con il che, a tutto concedere, si finisce con il prospettare inammissibilmente una quaestio facti .
2.3. Nessun rilievo censorio può poi assegnarsi al rilievo secondo cui la controparte non aveva mai contestato il fatto che il sig. COGNOME avesse effettivamente riscattato il fondo in questione pagando i dovuti oneri reali sul terreno assegnato. Se da intendere come diretto a prospettare la violazione del principio di non contestazione, tale rilievo si appalesa inammissibile sotto due profili:
anzitutto, perché l’errore sarebbe in ipotesi imputabile già alla decisione di primo grado e non risulta nemmeno dedotto che un tale ipotetico vizio fosse stato prospettato come motivo d’appello ( se lo fosse stato, avrebbe sul punto dovuto dedursi vizio di omessa pronuncia; se non lo fosse stato, l’errore, ove sussistente, non sarebbe recuperabile come vizio cassatorio per il giudicato interno implicitamente formatosi sulla correttezza del modus procedendi del primo giudice);
in ogni caso perché il ricorrente omette di indicare specificamente, nell’osservanza degli oneri di cui agli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., il contenuto RAGIONE_SOCIALE comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto.
2.4. Né maggior pregio può attribuirsi al connesso rilievo secondo cui la stessa Corte d’appello avrebbe riconosciuto l’avvenuto pagamento delle rate di prezzo, affermando, in chiusura di sentenza, nel capo relativo al regolamento delle spese ed al fine di motivarne la disposta compensazione, che « nonostante il pagamento delle rate del prezzo da parte del COGNOME, non ha ancora avuto luogo la regolarizzazione del cambio dell’unità fondiaria ». È invero del tutto evidente e univoco il riferimento di tale affermazione ai pagamenti effettuati con riferimento ad u.f. diversa da quella cui è riferita la pretesa dell’appellante, rimarcandosi, come motivo di compensazione delle spese , solo il fatto che, nonostante tali pagamenti, l’RAGIONE_SOCIALE non avesse ancora proceduto alla formalizzazione del cambio dell’u.f..
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Alla soccombenza segue la condanna del ricorrente al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
Va inoltre dato atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P .R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente, delle spese processuali, liquidate in Euro 3.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P .R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione Terza