Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7995 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7995 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10524/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL) rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (EMAIL), COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale a margine del ricorso.
– ricorrenti –
contro
NOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte Di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME
(EMAIL) e NOME COGNOME (EMAIL), giusta procura speciale a margine del controricorso.
–
contro
ricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al controricorso.
–
contro
ricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 875/2019 depositata il 19/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/11/2023 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
Rilevato che
Con sentenza del 22 giugno 2011 il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda di riscatto del fondo rustico sito in NapoliPonticelli, proposta da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME nei confronti di COGNOME NOME, acquirente del fondo in forza di compravendita stipulata con COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali erano stati chiamati in manleva dal convenuto. Il Tribunale condizionava il passaggio della proprietà in favore dei riscattanti al pagamento, entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, del prezzo di vendita e delle spese notarili in favore dei proprietari
originari; condannava inoltre il COGNOME e i suoi chiamati in causa, in solido, a rimborsare agli attori le spese di giudizio al momento in cui si sarebbe verificato l’effetto traslativo della proprietà, mentre condannava COGNOME ed COGNOME, sempre al momento in cui si sarebbe verificato l’effetto traslativo, a risarcire il danno subito dal riscattato COGNOME nonché a rimborsargli il 20% delle spese di lite dovute agli attori.
1.2. Il Tribunale, sulla base dell’istruttoria esperita, accertava la fondatezza della domanda di riscatto, posto che gli attori coltivavano direttamente ed abitualmente fin dal 1970 il fondo rustico, poi venduto dai proprietari al COGNOME in violazione dell’art. 8, comma 4 e 5 della legge 590/1965.
Avverso la sentenza proponeva appello in via principale il COGNOME nei confronti di COGNOME ed COGNOME, contestando la determinazione dell’ammontare dei danni in particolare in relazione all’ammontare delle spese del rogito che risultavano, documentalmente, di importo superiore a quanto statuito dalla sentenza, che non aveva a suo dire considerato le spese sostenute per il rogito ed in particolare quelle per le imposte; lamentava altresì la non corretta statuizione sulle spese di lite, prospettando il suo diritto ad essere rimborsato integralmente e non soltanto nella misura del 20%.
Si costituivano resistendo COGNOME e COGNOME, anche eccependo il passaggio giudicato della sentenza impugnata, non avendo il difensore del COGNOME tempestivamente notificato l’impugnazione nel termine breve dalla notificazione della sentenza.
Si costituivano altresì gli altri appellati COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, aderendo alle ragioni dell’appellante principale e proponendo appello incidentale, nei confronti di COGNOME e COGNOME avverso il capo di sentenza che aveva posto il pagamento del prezzo da
parte di essi riscattati a favore di costoro piuttosto che in favore del COGNOME, e nei confronti di tutte le controparti sul capo di sentenza che aveva subordinato il pagamento delle spese di lite al verificarsi dell’effetto traslativo dell’immobile oggetto di causa.
2.1. Con sentenza n. 875/2019 del 19 febbraio 2019 la Corte d’Appello di Napoli accoglieva per quanto di ragione l’appello principale ed accoglieva entrambi gli appelli incidentali.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, NOME e NOME, queste ultime tre in qualità di eredi dei defunti NOME NOME e COGNOME NOME, propongono ora ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resistono con controricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME. Resiste con separato controricorso COGNOME NOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
In via preliminare va rilevato che il resistente COGNOME eccepisce l’inammissibilità del ricorso in quanto: a) i ricorrenti non hanno fornito la prova della loro legittimazione attiva, limitandosi ad affermare che sarebbero deceduti COGNOME NOME e COGNOME NOME ed a produrre soltanto un certificato di famiglia e non un atto notorio ovvero una dichiarazione di successione; b) il ricorso sarebbe stato notificato trascorso l’anno dalla pubblicazione della sentenza, depositata in data 19 febbraio 2019, mentre il ricorso sarebbe stato notificato il 10 marzo 2020, oltretutto non applicandosi al caso di specie la sospensione feriale dei termini.
1.1. Il primo profilo con cui viene eccepita l’inammissibilità
del ricorso è infondato.
Anzitutto va dato atto che effettivamente a p. 6 del ricorso si dice: <>; nell’indice delle produzioni vengono indicati come prodotti i due certificati di morte di COGNOME NOME e COGNOME NOME nonché il certificato integrale del loro stato di famiglia.
Orbene, questa Corte ha già avuto modo di affermare che: a) l’assunzione della qualità di erede non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, né può evincersi dalla denuncia di successione, che è atto di natura meramente fiscale (Cass., n. 30761/2022; Cass., 11/05/2009, n. 10729; Cass., 28/02/2007, n. 4783): pertanto la qualità di erede non si dimostra attraverso la sola esibizione della denuncia di successione, la quale tuttavia può comunque avere un valore indiziario (Cass., 16/01/2017, n. 868); b) da solo, un certificato di morte non è di per sé idoneo a dimostrare la qualità di erede in capo a chicchessia, in mancanza di uno stato di famiglia (nel caso di successione legittima) o di un testamento (nel caso di successione testamentaria): il certificato di morte, infatti, dimostra l’avvenuto decesso d’una persona, ma non dimostra affatto quali e quanti eredi il de cuius abbia lasciato, né se i chiamati alla successione abbiano accettato l’eredità (Cass., 04/12/2019, n. 31695).
1.2. Sulla base di questi principi deve dunque essere ribadito che la prova della qualità di erede si desume solo e soltanto dall’accettazione della eredità.
L’orientamento di questa Corte, peraltro, tenuto conto che l’art. 474 cod. civ. intitolato ‘modi di accettazione’, prevede testualmente che ‘l’accettazione può essere espressa o tacita’,
ravvisa l’accettazione tacita in svariate ipotesi in cui il chiamato eserciti l’azione in giudizio, e dunque in caso di: esercizio dell’azione di riduzione (Cass., 09/07/1971, n. 2200); ricorso contro l’accertamento fiscale in materia di successione e nella successiva stipulazione di un concordato per definire la controversia (Cass., 18/05/1995, n. 5463); impugnazioni di disposizioni testamentarie (Cass., 28/06/1993, n. 7125); esperimento dell’azione di regolamento dei confini (Cass., 12/11/1988, n. 11408), esperimento dell’azione divisoria, poiché il suo esperimento presuppone la comunione ereditaria (e dunque, si intende, la qualità di erede: Cass., 04/06/1994, n.); partecipazione del chiamato, sia pure in contumacia, a due giudizi di merito concernenti beni del de cuius ( Cass., 08/06/2007, n. 13384); esperimento di azioni giudiziarie finalizzate alla rivendica o alla difesa della proprietà, o al risarcimento dei danni per la mancata disponibilità dei beni ereditari (Cass., 27/06/2005, n. 13738 ); esperimento da parte del chiamato di azioni giudiziarie volte ad ottenere il pagamento di crediti (Cass., 13/06/2008, n. 16002); intervento in giudizio da parte di un chiamato nella qualità di erede legittimo del de cuius anche in caso di successiva cancellazione dal ruolo della causa per inattività delle parti (Cass., 08/04/2013, n. 8529).
Ed ancora vengono in rilievo: l’agire in giudizio del figlio del defunto nei confronti del debitore del de cuius per il pagamento di quanto al medesimo dovuto (Cass., 16002/2008), la riassunzione del processo da parte del figlio del de cuius (Cass., 8529/2013; Cass, 14081/2005), la proposizione di azioni di rivendica o di azioni dirette alla difesa della proprietà o alla richiesta di danni per la mancata disponibilità dei beni ereditari, in quanto azioni che travalicano il mero mantenimento dello stato di fatto esistente all’atto dell’apertura della successione e la mera gestione conservativa dei beni compresi nell’asse ex art. 460 cod.
civ. (Cass., 13738/2005; in senso conforme, Cass., 10060/2018). Così pure determina accettazione tacita la partecipazione del chiamato, sia pure in contumacia, a due giudizi di merito concernenti beni del de cuius , ciò anche nel caso in cui il chiamato in fase di appello ed informalmente abbia dichiarato il proprio disinteresse per la lite, trattandosi di comportamento inconciliabile con la tardiva rinuncia, condizionata dall’esito della lite (Cass., 13384/2007). Lo stesso dicasi quando il chiamato all’eredità si costituisca in giudizio, dichiarando la propria qualità di erede dell’originario debitore, senza in alcun modo contestare l’effettiva assunzione di tale qualità ed il conseguente difetto di titolarità passiva della pretesa; in questo modo, egli compie un’attività non altrimenti giustificabile se non con la veste di erede (Cass., 1183/2017).
1.3. Sulla base di tali principi anche la proposizione di ricorso per cassazione può dunque essere considerata quale tacita accettazione per facta concludentia , alla stregua della domanda giudiziale volta far valere un diritto ereditario già di spettanza del de cuius (in tal senso, Cass., 08/06/2007, n. 13384).
Ed invero, poiché l’accettazione tacita dell’eredità può desumersi dall’esplicazione di un comportamento tale da presupporre la volontà di accettare l’eredità, essa può legittimamente reputarsi implicita nell’esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie, che – essendo intese alla rivendica o alla difesa della proprietà o ai danni per lm mancata disponibilità di beni ereditari – non rientrino negli atti conservativi e di gestione dei beni ereditari consentiti dall’art. 460 cod. civ., ma travalichino il semplice mantenimento dello stato di fatto quale esistente al momento dell’apertura della successione, e che, quindi, il chiamato non avrebbe diritto di proporre se non presupponendo di voler far propri i diritti successori (Cass., 11/03/2019, n. 6907; Cass. 10060/2018; Cass., 13738/2005).
1.4. La deduzione della inammissibilità del ricorso per intempestività è parimenti infondata.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, le controversie in materia di riscatto di fondo rustico da parte dell’affittuario coltivatore diretto, ai sensi dell’art. 8, l. 26 maggio 1965, n. 590, non rientrano tra quelle devolute alla competenza per materia delle RAGIONE_SOCIALE specializzate agrarie a norma dell’art. 26, l. 11 febbraio 1971, n. 11, ma appartengono alla competenza del giudice ordinario, non implicando l’applicazione di norme sul rapporto di affitto, la cui esistenza è uno dei presupposti di fatto dell’operatività dell’istituto che, al pari degli altri, può costituire oggetto di accertamento incidenter tantum da parte dello stesso giudice non specializzato, se non ricorrono condizioni particolari che richiedano un accertamento con efficacia di giudicato e che i suddetti principi restano validi anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 9, l. 14 febbraio 1990, n. 29, il quale devolve alle RAGIONE_SOCIALE specializzate agrarie tutte le controversie in materia di contratti agrari, in quanto nella controversia in tema di prelazione e riscatto non vengono in discussione diritti derivanti direttamente e tipicamente dal rapporto di affitto, ma un diritto nascente dalla legge che nel contratto di affitto rinviene solo il suo presupposto fattuale (Cass., 4486 /2003; Cass., 19748 del 2011).
Poiché la controversia in esame ha ad oggetto un retratto agrario, controversia esorbitante da quelle soggette alla competenza speciale delle RAGIONE_SOCIALE Agrarie secondo il rito del lavoro (vedi art. 3 l. n. 742 del 1969) il problema della tempestività non sussiste (e tra l’altro la scadenza del termine sarebbe caduta anche -per due giorni -nella sospensione COVID, iniziata il 9 marzo 2020 compreso).
Il ricorso è, dunque, tempestivo.
1.5. Rilevata l’importanza della questione, ritiene tuttavia il Collegio, ai sensi dell’art. 363, comma 3, cod. proc. civ., di
enunciare il seguente principio di diritto: <>.
Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano <>.
Lamentano che la corte di merito ha inopinatamente condannato i retraenti NOME, COGNOME e NOME e non i venditori COGNOME ed COGNOME al pagamento in favore del retrattato del risarcimento danni da evizione la cui garanzia sarebbe stata invece imputabile solo ed esclusivamente ai venditori stessi; del resto il medesimo COGNOME NOME nelle conclusioni del proprio atto di appello aveva chiesto venissero condannati in solido COGNOME NOME ed COGNOME.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano <>.
Lamentano che essi retraenti avevano espressamente richiesto nelle conclusioni del proprio appello incidentale che venisse disposto solo ed esclusivamente il pagamento del prezzo del riscatto in favore di COGNOME NOME, senza dunque alcun riferimento alle ulteriori spese di stipula dell’atto impugnato né
alla rivalutazione ed agli interessi sul prezzo di vendita.
Ancora una volta la corte di merito ha dunque ritenuto di dover accogliere l’appello incidentale, in tal caso proposto dai COGNOME nei confronti di COGNOME ed COGNOME, in termini da questi ultimi mai proposti; infatti, giusta la pronuncia di accoglimento dell’appello incidentale, essi appellanti incidentali avevano espressamente richiesto nelle conclusioni <> (così le pp. 9 e 10 del ricorso).
Il primo motivo è fondato e ne discende l’assorbimento del secondo.
Gli odierni ricorrenti riportano infatti le conclusioni dell’atto di appello del COGNOME a p. 7 del ricorso, da cui si desume che il medesimo aveva chiesto la condanna dei venditori e non dei retraenti.
La corte di merito ha invece pronunciato la condanna dei retraenti al risarcimento del danno da evizione, così violando il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.
Una volta riconosciuto in forza di quanto richiesto che le spese costituenti oggetto di evizione erano dovute non dai retraenti, ma dai venditori, lo scrutinio del secondo motivo -che pure sarebbe stato parimenti fondato (stante il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di riscatto agrario, il retraente ha l’onere di rimborsare soltanto il prezzo e non anche le spese sostenute dal retrattato per l’acquisto del fondo, né gli interessi compensativi, né una maggiorazione per svalutazione monetaria, versandosi in ipotesi di debito di valuta:
Cass., 29/04/2005, n. 8997; Cass., 02/03/1990, n. 1655; Cass., 05/02/1988, n. 1215; Cass., 08/08/1987, n. 6792; Cass., 10/01/1984, n. 177)- resta assorbito, concernendo parte di sentenza che cade ai sensi dell’art. 336, primo comma, c.p.c. in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo.
5 . L’impugnata sentenza va quindi cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli, comunque in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso; dichiara assorbito il secondo.
Cassa l’impugnata sentenza e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli, comunque in diversa composizione, anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza