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Risarcimento occupazione illegittima: la prova del danno

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25694/2024, ha affrontato un caso di occupazione illegittima di un immobile durata oltre venticinque anni. La Corte ha stabilito che il risarcimento occupazione illegittima non è automatico (danno in re ipsa), ma richiede che il proprietario fornisca la prova concreta del pregiudizio economico subito, come la perdita di occasioni di locazione. Nel caso di specie, la richiesta di risarcimento è stata rigettata perché i proprietari non hanno allegato né provato alcun elemento a sostegno della loro intenzione di mettere a frutto l’immobile.

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Risarcimento Occupazione Illegittima: Non Basta il Fatto, Serve la Prova

L’occupazione senza titolo di un immobile è una situazione che genera frustrazione e, potenzialmente, un ingente danno economico per il proprietario. Tuttavia, ottenere un risarcimento per l’occupazione illegittima non è un percorso automatico. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il proprietario deve dimostrare concretamente il pregiudizio subito, superando la vecchia concezione del cosiddetto ‘danno in re ipsa’.

I Fatti: Una Lunga e Complessa Vicenda Giudiziaria

Il caso esaminato dalla Corte trae origine da una vicenda immobiliare iniziata decenni fa. Due sorelle, proprietarie di un immobile, si sono trovate a fronteggiare l’occupazione prolungata da parte di una coppia. L’occupazione era iniziata sulla base di un contratto preliminare di vendita, stipulato con la madre delle proprietarie, che però era stato successivamente dichiarato nullo da una sentenza definitiva.

Nonostante la nullità del titolo, gli occupanti si erano rifiutati di rilasciare l’immobile, costringendo le proprietarie ad avviare un nuovo procedimento giudiziario per ottenerne la restituzione e il risarcimento dei danni per il mancato utilizzo del bene per un periodo di circa venticinque anni.

La Decisione e il Principio sul Risarcimento Occupazione Illegittima

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda di risarcimento del danno. La ragione? Le proprietarie, pur lamentando un’occupazione abusiva lunghissima, non avevano fornito alcun elemento di prova a sostegno di un effettivo danno economico. Si erano limitate a richiedere un risarcimento ‘figurativo’, da calcolarsi in base al valore locativo dell’immobile, senza però allegare alcuna circostanza da cui desumere la loro intenzione di metterlo a reddito.

La Corte di Cassazione ha confermato questa linea, chiarendo che il diritto del proprietario al risarcimento per il mancato guadagno non deriva automaticamente dall’occupazione, ma da un pregiudizio specifico che deve essere provato.

L’Onere della Prova a Carico del Proprietario

Il punto cruciale della decisione risiede nell’onere della prova. La Corte, richiamando un importante orientamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 33645/2022), ha spiegato che il danno da occupazione illegittima si configura come ‘danno-conseguenza’ e non come ‘danno-evento’.

In altre parole, il danno non è l’occupazione in sé, ma la conseguenza economica negativa che ne deriva per il proprietario, come la perdita di un’opportunità di affittare o vendere l’immobile a condizioni vantaggiose. Spetta al proprietario dimostrare tale perdita. Questa prova può essere fornita anche tramite presunzioni semplici, ma queste devono basarsi su fatti concreti allegati dal richiedente, come le caratteristiche dell’immobile, la sua ubicazione in una zona di mercato attivo, o tentativi passati di locazione.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato il rigetto del ricorso delle proprietarie evidenziando la correttezza del ragionamento della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva rilevato che le sorelle non avevano offerto alcun elemento a supporto della loro domanda. Anzi, secondo i giudici di merito, sussistevano elementi che suggerivano il contrario, ovvero che le proprietarie, una volta rientrate in possesso del bene, avrebbero potuto semplicemente tenerlo a loro disposizione senza metterlo a frutto.

L’assenza totale di allegazioni su come intendessero utilizzare l’immobile ha reso impossibile per il giudice, anche tramite presunzioni, riconoscere l’esistenza di un danno risarcibile. La Cassazione ha sottolineato che insistere sul fatto che il danno sia impossibile da provare quando il bene è occupato è un errore, poiché la legge ammette pienamente la prova presuntiva, che le proprietarie non hanno tentato di fornire.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio di fondamentale importanza pratica: chi subisce un’occupazione immobiliare illegittima e vuole ottenere un risarcimento non può limitarsi a lamentare la violazione del proprio diritto di proprietà. È indispensabile costruire una solida argomentazione probatoria, anche basata su presunzioni, che dimostri come l’indisponibilità del bene abbia causato una concreta e reale perdita economica. Senza questa dimostrazione, la richiesta di risarcimento per l’occupazione illegittima è destinata a essere respinta.

L’occupazione illegittima di un immobile dà automaticamente diritto al risarcimento del danno?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il danno non è automatico (non è un ‘danno in re ipsa’). Il proprietario ha l’onere di provare il concreto pregiudizio economico subito a causa della mancata disponibilità del bene.

Come può il proprietario provare il danno da mancato guadagno?
Il proprietario deve allegare e provare, anche tramite presunzioni, di aver perso specifiche occasioni di profitto. Ad esempio, può dimostrare l’esistenza di un mercato locativo attivo nella zona, le caratteristiche dell’immobile che lo rendono appetibile, o la sua intenzione di metterlo a reddito.

È sufficiente chiedere un danno ‘figurativo’ basato sul valore locativo del bene?
No. Secondo la sentenza, limitarsi a richiedere un danno calcolato sul valore locativo di mercato, senza fornire alcun altro elemento di prova sulla volontà e possibilità di locare l’immobile, non è sufficiente per ottenere il risarcimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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