Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5559 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5559 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24400-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA N. 1153/2023 DEL TRIBUNALE DI VITERBO, depositata il 15/11/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/1/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.1. La RAGIONE_SOCIALE, a mezzo di opposizione a norma degli artt. 98 e 99 l. fall., ha chiesto di essere ammessa allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dichiarato con sentenza del 10/6/2019, per il credito dalla stessa
maturato al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell ‘ inadempimento da parte della società poi fallita al contratto preliminare di locazione di locali commerciali stipulato in data 12/6/2014.
1.2. Il tribunale, con la sentenza in epigrafe, ha, per quanto ancora rileva, parzialmente accolto l ‘ opposizione proposta.
1.3. Il tribunale, in particolare, per quanto ancora importa, dopo aver rilevato che: – la IGES nel 2016 aveva intrapreso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE un giudizio nel corso del quale era stata espletata una consulenza tecnica d ‘ ufficio finalizzata ad accertare i danni lamentati dall ‘ attrice; – il giudizio, interrotto in conseguenza del fallimento della società convenuta e riassunto nei confronti del curatore, era stato definito con sentenza del 18/12/2019, che aveva pronunciato la risoluzione del contratto per inadempimento della promittente locatrice; tale sentenza era passata in giudicato, per cui tanto la risoluzione del contratto, quanto l ‘ imputabilità alla TG Marketing del relativo inadempimento costituivano ‘ circostanze non suscettibili di diversa valutazione ‘ ; – la IGES aveva, quindi, chiesto l ‘ ammissione allo stato passivo per la somma complessiva di €. 5.151.824,23 in ragione del pregiudizio subito in conseguenza dell ‘ inadempimento commesso dalla società poi fallita; – tale somma era comprensiva sia del danno emergente che del lucro cessante; ha, in sostanza, ritenuto che la società opponente doveva essere ammessa al passivo del fallimento della promittente locatrice: – a titolo di danno emergente, per le somme corrispondenti agli esborsi affrontati dalla stessa (come quelli sostenuti per la redazione del contratto, per la redazione dei progetti e del computo metrico estimativo), pari all ‘ importo complessivo di €. 22.568 ,00; – a titolo di lucro cessante, per le
somme che la promissaria conduttrice avrebbe probabilmente percepito tra il mese di gennaio 2016 (quando l ‘ opponente aveva programmato l ‘ apertura di un supermercato in una porzione di fabbricato che la società poi fallita aveva, in forza del contratto in questione, l ‘ obbligo di concederle in locazione) ed il mese di ottobre 2016 (quando l ‘ opponente, proponendo la domanda di risoluzione del contratto preliminare, aveva definitivamente rinunciato ai ‘ frutti della cosa oggetto di promessa di locazione successivi alla domanda di risoluzione ‘ ), pari alla somma complessiva di €. 135.514,00.
1.4. Il tribunale, quindi, ha ritenuto che l ‘ opponente dovesse essere ammessa al passivo del fallimento per la somma complessiva di €. 158.082, 00, di cui €. 22.568 ,00 a titolo di danno emergente ed €. 135.514 ,00 a titolo di lucro cessante, oltre interessi legali dal mese di ottobre del 2016 fino alla dichiarazione di fallimento.
1.5. La RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato il 14/12/2023, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza.
1.6. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.7. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1453 e 1458 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha ammesso l ‘ opponente al passivo del Fallimento per il danno da lucro cessante limitatamente ai guadagni che la stessa avrebbe percepito nel periodo intercorrente tra la data che le parti avevano ipotizzato per l ‘ inizio del rapporto di locazione (gennaio del 2016) e la data in cui la promissaria conduttrice aveva introdotto il giudizio per la risoluzione del contratto
preliminare di locazione a causa dell ‘ inadempimento della promittente locatrice (ottobre del 2016), omettendo, tuttavia, di considerare che: – nei contratti a prestazione periodica o continuata, come la locazione, il lucro cessante non può che estendersi a tutta la durata del contratto, perché è fino alla scadenza naturale del rapporto che il contraente adempiente avrebbe percepito l ‘ utilità che ha invece perso a causa dell ‘ inadempimento dell ‘ altro; – se la RAGIONE_SOCIALE non si fosse resa inadempiente, dando causa alla risoluzione del contratto preliminare di locazione in questione, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto, pertanto, godere dell ‘ immobile oggetto della locazione e percepire gli utili derivanti dalla sua destinazione a supermercato del tutta la durata, pari a diciotto anni, del rapporto.
2.2. Con il secondo motivo, la società ricorrente lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 820, 1571, 1575 e 1587 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha ammesso l ‘ opponente al passivo del Fallimento per il danno da lucro cessante limitatamente ai guadagni che la stessa avrebbe percepito nel periodo intercorrente tra la data che le parti avevano ipotizzato per l ‘ inizio del rapporto di locazione (gennaio del 2016) e la data in cui la promissaria conduttrice aveva introdotto il giudizio per la risoluzione del contratto preliminare di locazione a causa dell ‘ inadempimento della promittente locatrice (ottobre del 2016) sul rilievo che tale domanda aveva comportato la rinuncia definitiva da parte della stessa ai frutti che avrebbe tratto dalla cosa, omettendo, tuttavia, di considerare che, in realtà, nel contratto di locazione, ‘ soltanto il locatore ricava frutti dal bene in quanto dando l ‘ immobile in godimento a terzi (Conduttore) riceve il
corrispettivo della locazione (canone) ‘, mentre , al contrario, ‘ il godimento dell ‘ immobile da parte del Conduttore non è un frutto ma la prestazione stessa che il Locatore deve garantire ai sensi dell ‘art. 1575 c.c.’ .
2.3. Con il terzo motivo, la società ricorrente, lamentando la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 n. 4 c.p.c., e 118 disp.att. c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale, con motivazione inidonea a rappresentare l ‘ iter logicogiuridico seguito e la conseguente ratio decidendi , ha ammesso l ‘ opponente per il danno da lucro cessante limitatamente ai guadagni che la stessa avrebbe percepito nel periodo intercorrente tra la data che le parti avevano ipotizzato per l ‘ inizio del rapporto di locazione (gennaio del 2016) e la data in cui la promissaria conduttrice aveva introdotto il giudizio per la risoluzione del contratto preliminare di locazione a causa dell ‘ inadempimento della promittente locatrice (ottobre del 2016), omettendo, però, di considerare che soltanto nella responsabilità precontrattuale il danno risarcibile è unicamente quello consistente nelle perdite che sono derivate dall ‘ aver fatto affidamento nella conclusione del contratto e nei mancati guadagni verificatisi in conseguenza delle altre occasioni contrattuali perdute (cosiddetto ” interesse negativo “), mentre nella responsabilità contrattuale, come quella in esame, il danno risarcibile si estende fino all ‘ interesse positivo ed è rappresentato dalla perdita che il soggetto avrebbe evitato (danno emergente) e dal vantaggio economico che avrebbe conseguito (lucro cessante) se il contratto fosse stato correttamente eseguito.
2.4. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati.
2.5. Il tribunale, infatti, ha correttamente applicato i principi ripetutamente affermati da questa Corte, secondo cui il danno da risarcire al promissario, ove sia stata accolta (come nel caso in esame) la domanda di risoluzione del contratto preliminare dallo stesso proposta per inadempimento del promittente, non può comprendere i frutti che lo stesso avrebbe tratto dalla cosa promessa successivamente alla domanda di risoluzione, perché questa, comportando la rinuncia definitiva alla prestazione promessa da quest ‘ ultimo (art. 1453, comma 3°, c.c.), che nel caso del preliminare di locazione è la concessione in godimento dell ‘ immobile a partire dal momento della stipula del definitivo, preclude anche al promissario locatore che ha agito in giudizio di lucrare i frutti che dal godimento della cosa promessa avrebbe tratto nel periodo successivo alla predetta rinuncia (cfr. Cass. n. 5063 del 1993; più di recente, Cass. n. 11012 del 2018, che ha confermato la sentenza impugnata nella parte in cui, dichiarata la risoluzione del contratto preliminare, ha negato il diritto al risarcimento del danno correlato alla mancata percezione dei canoni che sarebbero stati riscossi, ove fosse stato concluso il contratto definitivo, per la locazione estiva dell ‘ immobile promesso in vendita, sito in località marina).
Il ricorso dev’essere, dunque, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al Fallimento controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 9.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso delle spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di Consiglio della Prima