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Risarcimento lucro cessante: limiti e risoluzione

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di inadempimento di un contratto preliminare, il risarcimento lucro cessante spettante alla parte adempiente è limitato al periodo precedente la domanda giudiziale di risoluzione. Proponendo tale domanda, la parte rinuncia alla prestazione futura e, di conseguenza, ai guadagni che ne sarebbero derivati. Il caso riguardava una promessa di locazione non mantenuta da una società poi fallita.

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Risarcimento Lucro Cessante: Fino a Quando Spetta in Caso di Risoluzione del Contratto?

Quando un contratto non viene rispettato, la parte lesa può trovarsi di fronte a un bivio: chiedere che il contratto venga eseguito forzatamente o chiederne la risoluzione, oltre al risarcimento dei danni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un aspetto fondamentale legato a questa scelta, definendo i confini del risarcimento lucro cessante. La decisione sottolinea come la richiesta di risoluzione limiti la possibilità di ottenere un risarcimento per i mancati guadagni futuri.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un contratto preliminare di locazione per un immobile da adibire a supermercato. La società promittente locatrice, tuttavia, si è resa inadempiente, non consegnando l’immobile. La società promissaria conduttrice, che aveva già sostenuto costi per la progettazione e previsto l’avvio dell’attività, ha agito in giudizio. Durante la causa, la società inadempiente è stata dichiarata fallita.

La società danneggiata ha quindi chiesto di essere ammessa allo stato passivo del fallimento per un importo ingente, comprensivo sia del danno emergente (le spese sostenute) sia del lucro cessante, calcolato sulla base dei profitti che avrebbe realizzato per tutta la durata prevista del contratto di locazione (diciotto anni).

Il Tribunale di primo grado aveva accolto solo parzialmente la richiesta, limitando il risarcimento del lucro cessante al periodo compreso tra la data prevista per l’inizio della locazione e la data in cui la stessa società danneggiata aveva presentato la domanda di risoluzione del contratto. Contro questa decisione, la società ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e il Limite al Risarcimento Lucro Cessante

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale. Il punto centrale della controversia era stabilire se il danno da lucro cessante dovesse coprire l’intera durata del rapporto contrattuale mai nato o fermarsi al momento della domanda di risoluzione.

Il Principio Giuridico Applicato

La Corte ha ribadito un principio consolidato: la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, ai sensi dell’art. 1453 del Codice Civile, comporta una rinuncia definitiva alla prestazione. In altre parole, chi chiede di sciogliere il contratto manifesta la volontà di non volere più ricevere la prestazione pattuita.

Questa scelta ha una conseguenza diretta sul calcolo del danno. Se si rinuncia alla prestazione (in questo caso, il godimento dell’immobile per la sua durata), non si può pretendere di essere risarciti per i frutti o i guadagni che da quella stessa prestazione sarebbero derivati in futuro.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha spiegato che la domanda di risoluzione ‘cristallizza’ la situazione al momento in cui viene proposta. Da quel momento in poi, il rapporto contrattuale cessa di produrre effetti futuri tra le parti. Di conseguenza, il danno risarcibile per mancato guadagno non può estendersi a un periodo successivo, perché la stessa parte danneggiata ha scelto di non voler più beneficiare del contratto.

Il tribunale ha correttamente applicato i principi già affermati dalla Corte in passato, secondo cui il danno da risarcire al promissario non può comprendere i frutti che avrebbe tratto dalla cosa promessa successivamente alla domanda di risoluzione. Questo perché tale domanda implica una rinuncia definitiva alla prestazione, precludendo la possibilità di lucrare sui benefici futuri del contratto.

Conclusioni

La decisione offre un’importante lezione pratica per chiunque si trovi a gestire un inadempimento contrattuale. La scelta tra chiedere l’adempimento coattivo del contratto o la sua risoluzione non è neutra e deve essere ponderata attentamente. Optare per la risoluzione significa porre fine al rapporto e limitare il risarcimento lucro cessante ai soli mancati guadagni maturati fino a quel momento. Se si intende ottenere un ristoro per l’intera durata prevista del contratto, la strada da percorrere è quella della richiesta di adempimento. Questa ordinanza rafforza la necessità di una strategia legale chiara fin dall’inizio di un contenzioso, poiché le prime scelte processuali possono determinare in modo irreversibile l’entità del risarcimento ottenibile.

Qual è il limite al risarcimento lucro cessante se chiedo la risoluzione di un contratto?
Il risarcimento per il mancato guadagno (lucro cessante) è limitato al periodo che va dal momento dell’inadempimento fino alla data in cui viene presentata la domanda giudiziale di risoluzione del contratto. Non copre i guadagni che si sarebbero potuti realizzare per l’intera durata originaria del contratto.

Perché la domanda di risoluzione limita il diritto al risarcimento dei guadagni futuri?
Perché, secondo la Corte di Cassazione, presentando la domanda di risoluzione, la parte lesa rinuncia volontariamente e definitivamente a ricevere la prestazione futura prevista dal contratto. Di conseguenza, non può pretendere di essere risarcita per i benefici economici che sarebbero derivati da una prestazione a cui ha essa stessa rinunciato.

Questo principio si applica solo ai contratti di locazione?
No, il principio espresso dalla Corte ha portata generale e si applica a tutti i contratti a prestazioni corrispettive, non solo a quelli di locazione. Si basa sulla norma generale dell’art. 1453 del Codice Civile, che regola la scelta tra adempimento e risoluzione del contratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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