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Risarcimento lucro cessante e tasse: la Cassazione

Una società immobiliare ha subito un danno a causa di difetti strutturali in un immobile, che hanno impedito la vendita di alcune unità. La Corte di Cassazione, intervenendo sul calcolo del risarcimento lucro cessante, ha stabilito un principio fondamentale: l’importo liquidato deve tener conto della tassazione. Poiché il risarcimento sostituisce un reddito che sarebbe stato tassato, per evitare un ingiusto arricchimento del danneggiato, il danno deve essere calcolato al netto delle imposte che sarebbero state pagate su quel mancato guadagno.

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Risarcimento Lucro Cessante e Tassazione: la Cassazione fa Chiarezza

Quando un’impresa subisce un danno che le impedisce di realizzare un guadagno, ha diritto a un risarcimento. Ma come si calcola esattamente questo danno? La somma ricevuta deve essere considerata al lordo o al netto delle tasse? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito una risposta chiara e precisa a questa domanda, stabilendo un principio fondamentale per il corretto calcolo del risarcimento lucro cessante. L’analisi del caso mostra come la fiscalità giochi un ruolo cruciale per evitare un ingiusto arricchimento del danneggiato.

I Fatti di Causa

Una società di costruzioni aveva commissionato a un’impresa appaltatrice e a un professionista (progettista e direttore dei lavori strutturali) l’ampliamento di un immobile. A seguito dei lavori, si manifestarono gravi cedimenti strutturali che resero invendibili alcune unità immobiliari. La società committente, che aveva già stipulato tre contratti preliminari di vendita, si vide costretta a gestire la risoluzione di tali accordi a causa dei difetti dell’opera. Di conseguenza, citò in giudizio l’appaltatore e il professionista per ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti, inclusa la perdita dei guadagni derivanti dalle mancate vendite (lucro cessante).

La Decisione dei Giudici di Merito

Il Tribunale prima e la Corte d’Appello poi riconobbero la responsabilità dei convenuti, condannandoli in solido a risarcire i danni. In particolare, per quantificare il lucro cessante, i giudici avevano calcolato la differenza tra il prezzo a cui gli immobili sarebbero stati venduti nel 2010 (anno previsto per la stipula dei contratti definitivi) e il loro valore di mercato svalutato nel 2017 (momento in cui il danno si era cristallizzato). La Corte d’Appello, tuttavia, liquidò tale importo senza considerare l’impatto fiscale, ovvero senza detrarre le imposte che la società avrebbe dovuto pagare su quel guadagno.

Il Ricorso in Cassazione e il calcolo del risarcimento lucro cessante

Il professionista ritenuto responsabile ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni. Il motivo di ricorso più significativo, e quello che è stato accolto dalla Suprema Corte, riguardava proprio il calcolo del risarcimento lucro cessante. Il ricorrente sosteneva che l’importo riconosciuto alla società danneggiata fosse eccessivo, in quanto rappresentava un incasso lordo. Secondo la sua tesi, il danno effettivo avrebbe dovuto corrispondere al guadagno netto, ossia all’importo che sarebbe rimasto alla società dopo aver pagato le imposte (come IRES e IRAP). Liquidare l’importo lordo avrebbe significato un ingiustificato arricchimento per la società danneggiata.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso, fornendo una motivazione dettagliata e di grande importanza pratica. I giudici hanno chiarito la distinzione fondamentale tra due tipi di danno patrimoniale:

1. Danno emergente: la perdita economica immediata (es. spese di riparazione). Questo tipo di risarcimento reintegra il patrimonio del danneggiato e, di norma, non costituisce reddito e quindi non è tassabile.
2. Lucro cessante: il mancato guadagno. Questo risarcimento ha una funzione sostitutiva del reddito che il danneggiato non ha potuto percepire. Poiché il reddito non percepito sarebbe stato soggetto a tassazione, anche la somma liquidata a titolo di risarcimento deve essere considerata fiscalmente rilevante.

Sulla base di questa distinzione, la Corte ha affermato che la somma liquidata a titolo di lucro cessante è soggetta a tassazione. Di conseguenza, per determinare l’esatto pregiudizio subito dal danneggiato, il calcolo deve essere effettuato al netto del carico fiscale. In altre parole, il risarcimento non deve corrispondere all’intero mancato incasso, ma al profitto netto che sarebbe residuato dopo il pagamento delle imposte.

Il principio giuridico applicato è quello della compensatio lucri cum damno, secondo cui dal risarcimento va detratto qualsiasi vantaggio che il danneggiato ottiene in conseguenza dell’illecito. In questo caso, il ‘vantaggio’ sarebbe il risparmio fiscale derivante dal non aver percepito un reddito imponibile. Lasciare questo vantaggio al danneggiato significherebbe risarcirlo più del danno effettivamente patito.

La Corte ha anche precisato che spetta al danneggiato, a fronte dell’eccezione del debitore, dimostrare che quel reddito non sarebbe stato soggetto a tassazione, applicando il principio di vicinanza della prova.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto chiaro: il danno patrimoniale da mancato guadagno (lucro cessante) va liquidato al netto delle imposte che sarebbero state dovute sul reddito non percepito. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per tutti i casi di risarcimento del danno a favore di imprese e professionisti. I giudici dovranno d’ora in poi tenere conto del carico fiscale per evitare liquidazioni eccessive e garantire che il risarcimento corrisponda all’effettiva perdita netta subita, ripristinando il patrimonio del danneggiato nella stessa esatta misura in cui si sarebbe trovato senza l’inadempimento.

Il risarcimento per lucro cessante è soggetto a tassazione?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il risarcimento per lucro cessante ha una funzione sostitutiva di un reddito che sarebbe stato tassabile. Pertanto, la somma liquidata è a sua volta soggetta a imposizione fiscale.

Come deve essere calcolato l’importo del danno da lucro cessante per evitare un ingiusto arricchimento?
L’importo deve essere calcolato al netto del carico fiscale. Per determinare l’effettivo pregiudizio, si deve sottrarre dall’ammontare del mancato guadagno l’importo delle imposte che il danneggiato avrebbe dovuto pagare se avesse regolarmente percepito quel reddito.

Una clausola di una polizza assicurativa che esclude i danni derivanti da violazioni di norme edilizie necessita di una specifica approvazione per iscritto?
No. La Corte ha stabilito che una clausola di questo tipo non limita la responsabilità dell’assicuratore, ma definisce l’oggetto e i limiti della garanzia assicurativa. Di conseguenza, non è una clausola vessatoria ai sensi dell’art. 1341 c.c. e non richiede una specifica approvazione scritta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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