Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7352 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 7352 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 35136-2019 proposto da:
COGNOME , domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonché contro
COGNOME
ricorrente principale -controricorrente incidentale –
Oggetto
Lavoro privato
R.G.N. 35136/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 22/01/2025
CC
avverso la sentenza n. 1554/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/05/2019 R.G.N. 2221/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da NOME COGNOME quale ex dipendente di RAGIONE_SOCIALE poi transitato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e, quindi, di RAGIONE_SOCIALE, società quest’ultima che lo aveva licenziato;
la Corte, in estrema sintesi, dopo aver respinto l’eccezione di decadenza sollevata da RAGIONE_SOCIALE ha premesso che la risoluzione della controversia atteneva all’interpretazione degli accordi prodotti in causa, al fine di verificare se gli stessi conteness ero l’assunzione di un ‘obbligo contrattuale da parte della RAGIONE_SOCIALE direttamente al mantenimento dell’occupazione dei lavoratori interessati (ovvero, in caso di licenziamento, all’assunzione diretta dei lavoratori)’ e se tale obbligo avesse ‘una durata non delimitata dalle vicende di cessione singolarmente considerate’;
la Corte, dopo aver esaminato l’accordo del 1999, lo ha qualificato come ‘contratto a favore di terzo’, in quanto ‘la RAGIONE_SOCIALE si obbligava verso i lavoratori a garantire che il terzo, aggiudicatario della cessione di servizi, provvedesse al mantenimento occupazionale ai sensi delle clausole 8 e 9 dell’accordo del 1996′; ne ha tratto il convincimento che ‘unica conseguenza in caso di inadempimento resta quella risarcitoria’,
constatando poi che tale pretesa non era stata formulata dai lavoratori;
per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso, in via principale, il soccombente in epigrafe con un motivo; ha resistito con controricorso l’intimata società, formulando ricorso incidentale affidato a quattro motivi, cui ha resistito il COGNOME; entrambe le parti hanno comunicato memorie;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il
deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
col primo motivo di ricorso principale si denuncia la errata applicazione dell’art. 2058 c.c., in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., criticando la sentenza impugnata per avere negato che fosse stata proposta dall’attore una domanda di risarcimento de l danno, senza considerare che ‘la domanda volta alla reiterazione/riassunzione alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE costituisse una specifica modalità di risarcimento del danno comportante il ripristino della situazione materiale esistente nel momento precedente al verificarsi del danno ovvero, rectius , della situazione che si avrebbe laddove l’illecito non fosse stato commesso’;
i motivi del ricorso incidentale della società possono essere indicati come segue:
2.1. il primo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 l. 183 del 2010 e dell’art. 6 l. 604 del 1966, per avere la Corte escluso che la richiesta dei lavoratori consistesse nella costituzione o accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare, ipotesi prevista espressamente
dall’art. 32 comma 4 lett. d), di cui parte ricorrente lamenta la mancata applicazione;
2.2. il secondo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1411 c.c., per avere la Corte qualificato l’accordo del 30.03.1999 in termini di contratto in favore di terzo, in luogo della differente qualificazione, operata dal Tribunale, di promessa del fatto del terzo;
2.3. il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1381 c.c., deducendo che, nell’accordo del 30 marzo 1999, non si rinverrebbero neanche gli estremi della ‘promessa del fatto del terzo’;
2.4. il quarto motivo dell’incidentale lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte omesso di considerare l’avvenuto superamento degli accordi oggetto della controversia, in ragione della sottoscrizione di un Protocollo di Intesa, sottoscritto in data 17 novembre 2006, con cui le parti si accordavano per il superamento delle clausole introdotte negli accordi richiamati;
il ricorso principale del lavoratore non può trovare accoglimento;
il primo motivo presenta pregiudiziali profili di inammissibilità, in quanto denuncia un error in iudicando rispetto ad un preteso errore di attività della Corte territoriale, che avrebbe dovuto essere dedotto ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., prospettando la nullità della sentenza o del procedimento; peraltro, si pretende anche una diversa interpretazione della domanda che è invece riservata al giudice del merito (cfr. Cass. n. 31546 del 2019);
in ogni caso la censura è anche infondata perché l’art. 2058 c.c., applicabile anche alle obbligazioni contrattuali, ammette il
risarcimento del danno in forma specifica, piuttosto che per equivalente pecuniario, sempre che sia possibile;
nella specie la prestazione della RAGIONE_SOCIALE ritenuta inadempiuta dalla Corte territoriale consisteva nel garantire che il terzo ‘provvedesse al mantenimento occupazionale’, ma non che la medesima società si obbligasse ad assumere i lavoratori licenziati dal terzo, sicché non era esperibile la reintegrazione in forma specifica rispetto ad una prestazione dovuta da soggetto diverso;
il rigetto del ricorso principale comporta la definitiva conferma della sentenza impugnata dal lavoratore, che aveva respinto ogni pretesa di costui, sicché non è ipotizzabile alcuna soccombenza della società tale da consentire l’esame del ricorso incidentale, che deve dichiararsi assorbito per difetto di un interesse attuale alla pronuncia e attesa la natura sostanzialmente condizionata del medesimo;
invero, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito, ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte; ne consegue che, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dal giudice di legittimità solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (da ultimo, v. Cass. n. 25694 del 2024, cui si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.);
5. conclusivamente, il ricorso principale deve essere respinto e va dichiarato assorbito il ricorso incidentale, con le spese che seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del solo ricorre nte in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, condanna il ricorrente in via principale al pagamento delle spese liquidate in favore della società in euro 3.500,00, oltre esborsi per euro 200,00, accessori secondo legge e rimborso spese forfettario nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 22 gennaio