Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 23877 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 23877 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9811/2023 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 1069/2022 depositata il 19/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1.-NOME COGNOME ha effettuato lavori di ampliamento di un suo appartamento, a seguito dei quali ha inglobato nella muratura una condotta fognaria, che discendeva lungo le pareti e che era servizio altresì dell’appartamento del piano superiore, di proprietà di NOME.
Costui, sul presupposto di avere subìto un danno da tale inglobamento, ha agito in giudizio davanti al Tribunale di Taranto, che, effettuata consulenza tecnica, in base alla quale era emerso che il danno totale, compreso il costo di ripristino, era pari a 17 mila euro circa, ha condannato il convenuto a corrispondere la relativa somma.
La decisione è stata confermata in appello.
Il COGNOME ha tuttavia proposto ricorso per cassazione lamentando una apodittica adesione dei giudici di merito alla consulenza tecnica. Il ricorso è stato accolto, e questa Corte, con ordinanza 16880/2018, ha annullato, per l’appunto, per vizio di motivazione.
2.- Il giudice del rinvio ha nuovamente valutato la consulenza tecnica, e ha in parte accolto l’appello del COGNOME riducendo la somma a suo carico dagli originari 17 mila euro a 2.500 euro circa.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il COGNOME con due motivi.
Gli intimati, eredi del NOME, nel frattempo deceduto, non si sono costituiti.
Ragioni della decisione
§.- Va preliminarmente osservato che non costituisce causa di incompatibilità la partecipazione a questo collegio di uno dei consiglieri che hanno fatto parte del precedente, che ha disposto l’annullamento con rinvio, ancorché relatore (Cass. 1542/2021).
1.- Con il primo motivo si prospetta violazione degli articoli 2058, 1079, 2933 c.c. e degli articoli 99 e 112 c.p.c La tesi è la seguente.
L’attore aveva chiesto la reintegrazione in forma specifica, in altri termini, la rimessione in pristino stato della tubatura fognaria. Invece, senza che lo stesso attore lo chiedesse, gli è stata riconosciuta una somma a titolo di risarcimento per equivalente.
Sostiene il ricorrente che, avendo l’attore chiesto una cosa, ossia la reintegrazione in forma specifica, non poteva vedersene riconosciuta un’altra (il risarcimento per equivalente) e che di conseguenza la pronuncia che ha concesso un rimedio non richiesto ha violato il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
1.1. Il motivo è infondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l’attribuzione al danneggiato del risarcimento per equivalente, invece della richiesta reintegrazione in forma specifica, non viola il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, perché il risarcimento per equivalente, che il giudice del merito può disporre anche d’ufficio nell’esercizio del suo potere discrezionale, costituisce un minus rispetto alla reintegrazione in forma specifica, con la conseguenza che la relativa richiesta è implicita nella domanda giudiziale di reintegrazione in forma specifica; per contro, non è consentito al giudice, senza violare l’art. 112 c.p.c., ove sia stato richiesto il risarcimento per equivalente, disporre la reintegrazione in forma specifica, non compresa, neppure per implicito, in quella domanda così proposta (v. Cass., 17/8/2023, n. 24737; Cass., 29245/2024; Cass., 30/4/2021, n. 11438; Cass., 30/7/2018, n. 20080; Cass., 21/11/2017, n. 27546; Cass., 17/6/2015, n. 12582; Cass., 8/1/2013, n. 259; Cass., 8/3/2006, n. 4925; Cass., 18/1/2002, n. 552; Cass., 21/2/2001, n. 2569; Cass., 3/7/1997, n. 5993. E già Cass., 29/4/1982, n. 2710, la relativa scelta spettando
esclusivamente al creditore/danneggiato, pur se il rifiuto dell’offerta del debitore incontra il limite della buona fede o correttezza).
Il risarcimento in forma specifica costituisce infatti rimedio di carattere generale, dettato in tema di responsabilità extracontrattuale ma applicabile anche in caso di inadempimento di obbligazioni contrattuali (v. Cass., 30/7/2018, n. 20080; Cass., 17/6/2015, n. 12582; Cass., 21/2/2001, n. 2569), consistente come posto in rilievo anche dalla migliore dottrina – in una prestazione diversa e succedanea rispetto al contenuto del rapporto obbligatorio o al dovere di rispetto altrui idonea a reintegrare l’interesse del creditore/danneggiato.
A tale stregua, la domanda di risarcimento in forma specifica comprende quella di risarcimento per equivalente, sicché la proposizione della prima contiene implicitamente anche quest’ultima.
Questa regola non trova eccezione, con le precisazioni che seguono, nel caso dei diritti reali, per i quali è previsto che, atteso il loro carattere assoluto, ‘la tutela degli stessi mediante reintegrazione in forma specifica non è soggetta al limite ex art. 2058, comma 2, c.c., salvo che lo stesso titolare danneggiato chieda il risarcimento per equivalente’ (Cass. Sez. Un. 10499/2016; Cass. 1607/ 2017).
Infatti, nel caso dei diritti reali, l’eccessiva onerosità non impedisce il ripristino; mentre lo impedisce ovviamente l’impossibilità materiale. Nella specie i giudici di merito hanno accertato che era anche materialmente impossibile la reintegrazione, alla luce della CTU, ‘essendosi irrimediabilmente modificatosi lo stato dei luoghi’ (p. 10 della sentenza)
Nel caso di materiale impossibilità, dunque torna a valere la regola per cui aver chiesto la reintegrazione autorizza il giudice di merito ad assegnare un risarcimento per equivalente, anche se non espressamente richiesto.
2.- Con il secondo motivo si prospetta violazione degli articoli 2058, 1079, 2933, cc e dell’articolo 99 cpc.
La tesi è la seguente.
Il risarcimento è stato comunque accordato in assenza di danno, o, meglio, senza che la servitù (di scolo delle acque reflue) sia stata pregiudicata.
Sostiene, più precisamente, il ricorrente che ‘realizzando l’ampliamento strutturale dell’unità immobiliare di sua proprietà, il sig. NOME COGNOME COGNOME ha semplicemente esercitato un proprio diritto, e – inglobando la tubazione fognaria nella muratura di nuova realizzazione – non ha affatto ridotto, compromesso o reso più disagevole l’esercizio della servitù’ (p. 11 del ricorso).
2.1. Il motivo è inammissibile.
Presuppone un diverso accertamento in fatto rispetto a quanto accertato dai giudici di merito, secondo i quali, in base all’accertamento del CTU, il pregiudizio dovuto al fatto di avere inglobato la condotta consiste nella impossibilità di farne manutenzione o di ripararlo in caso di rottura.
Questo accertamento non può essere messo in discussione qui, se non per difetto assoluto di motivazione, che però non è neanche censurato.
Il ricorso va rigettato, senza pronuncia sulle spese, attesa la mancata costituzione in giudizio degli intimati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P .R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, se dovuto, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 3/06/2025.