Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26450 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 26450 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20826/2019 R.G. proposto da:
COGNOME IOLE, COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresenta e difende
-controricorrenti- nonché contro
BASSO MARGHERITA
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 734/2019 depositata il 23/05/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Uditi gli AVV_NOTAIO NOME COGNOME, per delega dell’avvocato NOME COGNOME, e NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.-NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza n. 734/2019 della Corte d’appello di Genova.
Hanno resistito con controricorso NOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME.
Non ha svolto difese l’altra intimata NOME COGNOME.
2. – NOME COGNOME convenne NOME COGNOME ad altri, tutti condomini di un condominio sito in Vernazza, tra INDIRIZZO e INDIRIZZO, chiedendone la condanna all’esecuzione dei lavori necessari alla eliminazione delle cause delle infiltrazioni di acqua piovana subite dai due appartamenti di proprietà attorea, ricollegabili alla cattiva manutenzione del manto di copertura del fabbricato, dei cornicioni, dei canali di gronda e dei pluviali. L’attrice domandò in subordine il risarcimento dei danni per equivalente, nonché di ‘ condannare altresì i convenuti stessi ad equo indennizzo per il ridotto godimento dei n. 2 appartamenti in oggetto ‘. L’adito Tribuna le della Spezia condannò i convenuti all’esecuzione delle opere indicate nella relazione della
espletata CTU, rigettando la domanda di ‘ equo indennizzo ‘. La Corte d’appello di Genova ha poi accolto il gravame spiegato da NOME COGNOME, condannando i condomini convenuti altresì al risarcimento della somma di € 40.000,00, determinata equitativamente in base ai prezzi degli affitti degli immobili ad uso residenziale e stagionale nell’ambito del territorio delle Cinque Terre (ove si trovano i beni per cui è causa). La Corte d’appello ha valutato la limitata utilizzabilità degli appartamenti di proprietà COGNOME, destinati all’esercizio di attività di affittacamere, a causa delle denunciate infiltrazioni.
Ha depositato memoria il Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Hanno depositato memorie anche i ricorrenti e le controricorrenti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.-Sono superabili le eccezioni delle controricorrenti.
NOME COGNOME, costituitasi nel corso del giudizio di appello quale erede di NOME COGNOME, ha così acquisito la qualità di parte ed è legittimata a partecipare al giudizio di cassazione, indipendentemente dalla non necessaria enunciazione della qualità di erede.
Non è invece scrutinabile il rilievo della inammissibilità delle conclusioni formulate dai ricorrenti ai fini di una decisione della causa nel merito ex art. 384, comma 2, c.p.c., correlata alla tardività della costituzione degli appellati nel giudizio di secondo grado.
E’ altresì infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso con riguardo al disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., contenendo esso, in modo sintetico, l’indicazione delle reciproche pretese, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni
essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dai contendenti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata.
– Il primo motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 163 n. 4), 167 e 702bis c.p.c., per avere la Corte d’appello accolto la domanda di ‘ equo indennizzo per il ridotto godimento dei due appartamenti ‘ di NOME in totale assenza di specifiche allegazioni a sostegno della relativa pretesa.
Il secondo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 e 2056 c.c., in relazione agli artt. 1223, 1226 e 2697 c.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto sussistere un danno in re ipsa .
Il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 191 e ss. c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte di Genova posto a fondamento della condanna risultanze di fatto derivanti da CTU ammessa in assenza dei presupposti di legge in quanto meramente esplorativa.
Il quarto motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 c.c., 115 e 116 c.p.c., errores in procedendo e travisamento della prova, stante l’assenza di condotta dolosa o colposa imputabile ai ricorrenti.
2.1. Le controricorrenti replicano che proprio i convenuti già nella comparsa di risposta del giudizio di primo grado avevano dedotto che la signora NOME avesse svolto e continuava a svolgere negli appartamenti danneggiati l’attività di affittacamere, come poi accertato dal CTU.
-Il primo motivo di ricorso è fondato, restando così assorbiti i restanti motivi.
3.1. Questa Corte ha più volte sostenuto, sin da remoti precedenti, che il proprietario ha pieno diritto di usare e godere della cosa propria
secondo la naturale destinazione della stessa, per cui qualsiasi intervento di un terzo diretto a limitare detto uso o godimento costituisce turbativa del diritto di proprietà sul bene e legittima il proprietario a chiedere non solo la tutela in forma specifica, mediante cessazione di tale turbativa e ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell’illecito, ma anche il risarcimento dei danni; arrivando spesso alla conclusione che il danno, in tale ipotesi, è in re ipsa , in quanto automatica conseguenza della limitazione del godimento e della diminuzione temporanea del valore della proprietà, senza neppure che vi sia necessità di una specifica attività probatoria, salva concreta determinazione del danno stesso in sede di liquidazione, cui eventualmente procedere anche in via equitativa.
In fattispecie analoga a quella per cui è causa, si era così affermato che la compressione o la limitazione del diritto di proprietà di un immobile, che siano causate dall’altrui fatto dannoso – nella specie, infiltrazione di acqua proveniente da terrazze di copertura dell’edificio condominiale – sono suscettibili di valutazione economica non soltanto se ne derivi la necessità di una spesa ripristinatoria (c.d. danno emergente) o di perdita dei frutti della cosa (c.d. lucro cessante), ma anche se la compressione e la limitazione del godimento siano sopportate dal titolare con suo personale disagio o sacrificio. In ordine alla sussistenza e quantificazione di tale danno, mentre resta a carico del proprietario il relativo onere probatorio, che può essere assolto altresì mediante presunzioni semplici, il giudice può fare ricorso anche ai parametri del cosiddetto danno figurativo, trattandosi di casa di abitazione, come quello del valore locativo della parte dell’immobile del cui godimento il proprietario è stato privato (Cass. n. 33439 del 2019).
3.2. I noti ed ancora recenti interventi delle Sezioni Unite, consistenti nelle sentenze n. 33645 e n. 33659 del 2022, sul tema specifico del
risarcimento del danno da occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, hanno precisato che il proprietario è tenuto ad allegare la concreta possibilità di godimento andata perduta e lo specifico pregiudizio subito, di cui, a fronte della puntuale contestazione del convenuto, è chiamato a fornire la prova anche mediante presunzioni o richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza. Se, comunque, il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato (si veda anche Cass. n. 30791 del 2024).
Resta, dunque, onere dell’attore l’allegazione -entro la maturazione delle preclusioni processuali assertive, che cristallizzano il thema decidendum – del fatto produttivo del danno-evento alla cosa di proprietà, che possa essere posto a base del ragionamento deduttivo da accertare in giudizio.
L’allegazione del danno alla proprietà postula, quindi, che l’attore indichi nella domanda, o comunque entro il termine per precisare la stessa, quegli elementi di fatto noti che consentano di risalire, in via di presunzione, al fatto ignoto, e cioè alla lesione -conseguenza.
L’allegazione che deve accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria non può essere limitata alla prospettazione della condotta, in tesi colpevole, della controparte, produttiva di danni nella sfera giuridica di chi agisce in giudizio. L’esposizione deve, invero, necessariamente essere estesa alle lesioni prodotte da tale condotta, dovendo l’attore mettere il convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento. E tanto prima e a prescindere dalla loro esatt a quantificazione e dall’assolvimento di ogni onere probatorio al riguardo (Cass. n. 691 del 2012). Tale allegazione esigibile dall’attore deve, quindi, concernere fatti precisi e
specifici del caso concreto, essere cioè circostanziata, non potendo invero risolversi in mere enunciazioni di carattere del tutto generico e astratto, eventuale ed ipotetico (Cass. n. 10527 del 2011; n. 21060 del 2016; n. 7604 del 2025).
5. -Nel caso in esame, la domanda proposta da NOME COGNOME risultava essere di condanna dei convenuti ‘ ad equo indennizzo per il ridotto godimento dei n. 2 appartamenti in oggetto ‘.
Pur evocando la nozione di ‘indennizzo’, in senso proprio, una responsabilità patrimoniale per attività lecita, la domanda è stata intesa come rivolta a conseguire un risarcimento danni da responsabilità per fatto illecito. Nella specie, si tratta dei danni cagionati ad una porzione di proprietà esclusiva dai condomini di un edificio, quali custodi dei beni e dei servizi comuni, perciò obbligati ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, ex art. 2051 c.c. (Cass. n. 7044 del 2020).
La domanda di condanna dei convenuti ‘ ad equo indennizzo per il ridotto godimento dei n. 2 appartamenti ‘ non poteva, pertanto, dirsi comprensiva del danno subito per lo svolgimento negli immobili dell’attività di affittacamere, trattandosi di elemento di fatto non espressamente allegato nell’atto introduttivo o comunque entro il termine per la maturazione delle preclusioni assertive.
A tale difetto di specifica allegazione della domanda risarcitoria dell’attrice non poteva ovviare integrativamente la condotta difensiva dei convenuti (ove si ammetteva lo svolgimento dell’attività di affittacamere), valendo essa al più a delimitare l’onere probatorio, e comunque in rapporto alle affermazioni espressamente presenti negli atti della controparte.
Né potevano supplire alla mancata allegazione tempestiva dell’attività di affittacamere andata perduta per effetto della limitata utilizzabilità degli immobili danneggiati la consulenza tecnica d’ufficio e le
correlate indagini peritali in funzione “percipiente”, che devono comunque vertere su elementi già allegati dalla parte.
In definitiva, occorre ribadire che la liquidazione equitativa del lucro cessante, nella specie per perdita di guadagno conseguente al precluso o ridotto svolgimento di un’attività commerciale nell’immobile danneggiato, sopperisce alla impossibilità o notevole difficoltà della dimostrazione del preciso ammontare del pregiudizio, ma non incide sul preventivo onere di esposizione, fra i fatti costituenti le ragioni della domanda, della effettiva destinazione economica del bene e della concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento perduta.
6. – Il primo motivo di ricorso va perciò accolto, con assorbimento dei restanti motivi. Consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame della causa, uniformandosi ai principi enunciati, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 5 giugno 2025.
Il AVV_NOTAIO estensore
NOME COGNOME
La Presidente NOME COGNOME