Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23753 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23753 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 783/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE; -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2757/2020, depositata il 22/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
Con decreto n. 115/2008 il Tribunale di Venezia ha ingiunto alla committente RAGIONE_SOCIALE il pagamento di euro 163.117,05 quale pagamento delle opere effettuate dalla ditta individuale RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Gabriele. Avverso il decreto è stata proposta opposizione da RAGIONE_SOCIALE che contestava l’importo dovuto e chiedeva di condannare controparte al risarcimento dei danni derivanti dall’illegittima occupazione del cantiere. Con sentenza n. 3913/2015, il Tribunale di Venezia ha accolto parzialmente l’opposizione e ha condannato l’opponente a pagare euro 66.476,33.
La sentenza è stata impugnata in via principale da RAGIONE_SOCIALE, che ha contestato l’erronea esclusione dalla quantificazione dei danni della penale che l’appellante doveva pagare a un soggetto terzo, promissario acquirente di uno degli appartamenti oggetto d’appalto, nonché l’erroneo calcolo degli interessi passivi. La sentenza è poi stata impugnata in via incidentale da NOME COGNOME, quale titolare di RAGIONE_SOCIALE, contestando anch’egli il calcolo degli interessi passivi. Con sentenza n. 2757/2020 la Corte d’appello di Venezia ha rigettato l’appello principale e ha accolto parzialmente l’appello incidentale. La Corte d’appello ha così condannato Immobiliare Lisa al pagamento di euro 86.089,19.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso la ditta RAGIONE_SOCIALE in persona del suo titolare COGNOME Gabriele.
Entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
1. Il primo motivo contesta ‘errata espunzione delle voci di danno della penale che RAGIONE_SOCIALE deve a terzi, violazione degli artt. 116 c.p.c., 1218, 1382 e 2697 c.c.’: la Corte d’appello, pur avendo correttamente individuato nell’illegittima occupazione del cantiere il titolo legittimante il risarcimento dei danni patiti dalla ricorrente ne ha disconosciuto erroneamente la sussistenza; è risultato provato l’obbligo contrattuale in capo alla ricorrente del pagamento della penale per il mancato rispetto dei termini di cui al preliminare sottoscritto con un terzo acquirente; la ricorrente ha infatti prodotto il contratto preliminare in cui è prevista una penale di euro 150 al giorno in caso di mancata consegna dell’immobile da parte del venditore; il fatto che non fosse stata pagata concretamente la penale non comporta l’esclusione della voce di danno, non essendo il concreto pagamento a determinare il sorgere dell’obbligazione, dato che il danno è maturato a seguito del ritardo imputabile alla ditta appaltatrice.
Il motivo è infondato. Come ha sottolineato la Corte d’appello, la ricorrente chiede di detrarre dall’importo che è stata condannata a pagare all’appaltatrice il valore della penale che ritiene di essere tenuta a scomputare dall’importo del corrispettivo concordato con il promissario acquirente all’atto della stipulazione del contratto definitivo di compravendita e, in caso di accertata eccedenza, la condanna di controparte al pagamento della medesima; sostiene infatti la ricorrente che, a prescindere dalla circostanza che la penale non sia stata pagata, circostanza da ritenersi pacifica in causa, RAGIONE_SOCIALE era comunque tenuta nei propri confronti al pagamento della penale concordata con il predetto promissario acquirente, in quanto a fronte della richiesta di questi, ribadita anche in sede di prova testimoniale, la corrispondente voce di danno doveva ritenersi sussistente e come tale pienamente risarcibile, non essendo il concreto pagamento della penale a determinare il sorgere dell’obbligazione risarcitoria, ma la
corrispondente previsione contrattuale assunta dalla ricorrente verso terzi insieme al ritardo imputabile alla ditta appaltatrice. La Corte d’appello ha sottolineato che si tratta di una pretesa non attuale, in quanto volta a far valere un danno non ancora verificatosi e che è verosimile non si verificherà, laddove si consideri che l’Immobiliare non solo non ha dedotto di avere nel frattempo stipulato il definitivo di compravendita per un importo decurtato della penale, ma non ha allegato le ragioni per le quali la stipulazione di un contratto che doveva intervenire entro la fine del 2009 non sia più avvenuta, né all’epoca, né in seguito; si tratta, quindi, di un danno che, se all’epoca in cui sarebbe dovuta intervenire la stipulazione del contratto definitivo di compravendita doveva valutarsi come solo possibile, appare all’attualità non solo insussistente, ma di verificazione inverosimile. Risulta poi ancora infondata -ha precisato la Corte d’appello la tesi della ricorrente secondo cui per il sorgere del diritto al risarcimento del danno in capo a sé deve ritenersi sufficiente la previsione contrattuale contenuta nel preliminare di compravendita stipulato con un terzo, resa attuale dal ritardo nel completamento dei lavori, causato dall’indebita occupazione del cantiere da parte della ditta appaltatrice. In tema di responsabilità da inadempimento contrattuale, nel caso specifico costituito dall’omessa regolare riconsegna del cantiere, per il sorgere del diritto al ristoro dei danni non è sufficiente la prova dell’inadempimento del debitore, ma deve essere provato il pregiudizio effettivo e reale incidente nella sfera patrimoniale del contraente danneggiato (si veda ad esempio Cass. n. 437/2021), senza contare -ha ancora puntualizzato la Corte d’appello che non è stato provato che gli accordi con l’appaltatrice prevedessero quale data di consegna la stessa indicata nei contratti preliminari e che laddove RAGIONE_SOCIALE avesse tempestivamente liberato il cantiere, la ricorrente avrebbe potuto rispettare i tempi di consegna previsti e risulta invece dal
cronoprogramma dei lavori appaltati la previsione di consegna alla fine del 2008/inizi del 2009, mentre la clausola di consegna dell’appartamento finito era fissata al maggio del 2008.
Il secondo e il terzo motivo sono tra loro strettamente connessi.
Il secondo motivo denuncia ‘errato calcolo della somma che RAGIONE_SOCIALE ha dovuto corrispondere sull’esborso effettuato per l’acquisto dell’immobile e per il credito ricevuto, con conseguente illegittimità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.’: la Corte d’appello ha omesso di considerato che la ricorrente non solo ha avuto una spesa iniziale di euro 468.000 per l’acquisto dell’immobile, ma ha anche ottenuto un finanziamento dall’istituto bancario per la realizzazione dei lavori; la Corte d’appello ha ritenuto di condividere il ragionamento del Tribunale, valutando il danno subito in base all’investimento di euro 468.000, senza appunto considerare che al medesimo doveva essere aggiunto quello determinato dal consulente tecnico d’ufficio in relazione al fido di euro 230.000.
Il terzo motivo lamenta ‘erronea statuizione in ordine all’accoglimento dell’appello incidentale e al calcolo degli interessi passivi’: la Corte d’appello, accogliendo l’impugnazione incidentale di RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto non dovuti gli interessi sul finanziamento, in quanto non sussisterebbe la prova che la ricorrente abbia contratto un finanziamento per l’acquisto degli immobili da ristrutturare; in tal modo la Corte d’appello non ha considerato quanto dichiarato dal teste COGNOME che ha precisato che la banca ha concesso un finanziamento alla ricorrente per la ristrutturazione di un compendio immobiliare, così che la sentenza deve ritenersi contrastante con l’art. 116 c.p.c.
I motivi sono infondati. Quanto al secondo motivo, va anzitutto rilevato che la Corte d’appello ha considerato l’apertura di credito concessa alla ricorrente, ma ha ritenuto -in base al proprio prudente apprezzamento -che manchino prove che confermino
che l’apertura di credito sia stata concessa in vista dei lavori di ristrutturazione dell’immobile oggetto di causa e che comunque sia stata effettivamente utilizzata e addebitata sul conto corrente e che quest’ultimo fosse passivo a causa degli addebiti conseguenti all’apertura di credito e gli interessi passivi fossero quelli indicati dalla ricorrente (cfr. pag. 13 della sentenza impugnata). In particolare, e veniamo al terzo motivo, la Corte d’appello ha esaminato la deposizione del teste COGNOME ma l’ha ritenuta priva di ‘effettiva efficacia probatoria’ -essendosi quest’ultimo limitato a riferire della mera intenzione della società, rappresentata alla banca, di utilizzare l’apertura di credito per la ristrutturazione – con valutazione della prova che alla Corte d’appello spettava compiere e che è insindacabile da parte di questa Corte di legittimità.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
In memoria la controricorrente comunica che con delibera dell’8 febbraio 2021 NOME COGNOME, quale titolare di RAGIONE_SOCIALE, è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato in relazione al presente giudizio; dall’altro lato il difensore chiede che le spese siano liquidate in suo favore, avendo anticipato le spese e non avendo riscosso gli onorari. Essendo la controricorrente stata ammessa al patrocinio statale, le spese vanno liquidate in favore dello Stato. Come hanno precisato le sezioni unite di questa Corte con la pronuncia n. 8561/2021, la presentazione dell’istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non costituisce rinuncia implicita al beneficio da parte dell’assistito, attesa la diversa finalità ed il diverso piano di operatività del gratuito patrocinio e della distrazione delle spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dello Stato, che liquida in euro 7.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione