Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15527 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 15527 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto
Dott. NOME COGNOME
Presidente
VENDITA
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
NOME. Consigliere Ud. 09/04/2024
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4918/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE DELLRAGIONE_SOCIALE ADIGE SPA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Avverso la SENTENZA NOME CORTE D’APPELLO DI TRIESTE n. 38/2020 depositata il 30/01/2020;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Udito il Sostituto Procuratore generale in persona del AVV_NOTAIO. NOME AVV_NOTAIO che ha concluso per l’ accoglimento del primo, settimo e ottavo motivo di ricorso, infondati il secondo, sesto e nono e inammissibili il terzo quarto e quinto, assorbiti i restanti.
uditi gli avvocati NOME COGNOME per la ricorrente e NOME COGNOME per la controricorrente;
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Basano del Grappa, con sentenza pubblicata il 16/9/2010, riuniti due procedimenti, l’uno avviato su citazione NOME RAGIONE_SOCIALE nei confronti NOME RAGIONE_SOCIALE e l’altro da quest’ultima nei confronti NOME prima, rigettava le rispettive domande, dando atto che il garante per fideiussione aveva versato quanto dovuto alla parte venditrice a titolo di residuo prezzo, con la sola condanna NOME RAGIONE_SOCIALE al pagamento degli interessi nella misura legale.
In estrema sintesi, la società RAGIONE_SOCIALE, premetteva di avere acquistato il 2/11/2006 un compendio immobiliare dalla RAGIONE_SOCIALE per il prezzo di euro 8.500.000, dei quali euro 425.000 erano stati corrisposti alla stipula e il residuo lo sarebbe stato entro il 31/12/2007, con prestazione di garanzia fideiussoria; che la parte venditrice si era rivelata gravemente inadempiente, in quanto gli immobili, in contrasto con la dichiarazione contrattuale di libertà da pesi e vincoli, erano risultati sottoposti al taciuto provvedimento
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
ministeriale del 15/6/1915, che ne limitava grandemente l’edificabilità; per tali motivi aveva chiesto la risoluzione del negozio, con condanna al doppio NOME caparra e al risarcimento del danno e, in subordine che il contratto fosse annullato per vizio del volere, consistito nell’errore essenziale, con le conseguenti statuizioni.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, costituitasi tardivamente, aveva deAVV_NOTAIOo che il vincolo risultava contemplato nel contratto, poiché contemplato nel certificato di destinazione urbanistica allegato all’atto pubblico e con domanda svolta in altro giudizio successivamente introAVV_NOTAIOo, aveva chiesto condannarsi la COGNOME al pagamento del residuo prezzo e al risarcimento del danno.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 12/5/2015, accolto l’appello principale NOME RAGIONE_SOCIALE, dichiarava risolto il contratto con condanna NOME RAGIONE_SOCIALE «alla restituzione di quanto percepito», oltre alla rivalutazione monetaria.
3.1 La Corte d’appello riformava la sentenza del Tribunale sulla base delle seguenti considerazioni: a) la parte venditrice aveva garantito la libertà del compendio alienato e ciò esonerava quella compratrice da qualunque onere d ‘ indagine, pur ove le limitazioni fossero state facilmente riconoscibili; b) il vincolo apposto dalla PRAGIONE_SOCIALE., con specifico provvedimento, a cagione NOME sua natura particolare, era privo di portata generale e normativa (nel qual caso avrebbe dovuto presumersi la conoscenza da parte del proprietario) e doveva essere espressamente dichiarato al compratore, il quale, in difetto, aveva il diritto di esercitare la garanzia di cui all’art. 1489, cod. civ.; c) il tenore del contratto assicurava che l’unica limitazione derivava dal vincolo imposto dal Ministero NOME Pubblica
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
Istruzione con decreto notificato il 15/5/1914; d) la circostanza che il certificato di destinazione urbanistica avesse fatto cenno al decreto “Grippo”, emanato il 15/6/1915, il quale prevedeva ulteriori vincoli rispetto a quello risalente ad un anno prima, non superava l’obbligo di garanzia di cui all’art. 1489, cod. civ., a cagione NOME sua genericità e tenendo conto del fatto che la venditrice aveva richiamato espressamente solo il decreto del 1914 (indicazione questa, peraltro insufficiente, poiché nell’anno 1914 erano stati notificati due provvedimenti limitativi delle facoltà proprietarie, uno riferentesi al mappale 172 e l’altro, ai mappali 173 e 222).
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza NOME Corte d’Appello.
La società RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso, e proponeva a sua volta ricorso incidentale.
Questa Corte, per quel che ancora rileva, rigettava i motivi di ricorso NOME RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, salvo quello relativo alla sua condanna a corrispondere la rivalutazione monetaria in quanto il debito di restituzione in caso di scioglimento, risoluzione o annullamento del negozio ha natura di debito di valuta, ex art. 2033, cod. civ.
Infatti, in caso di risoluzione per inadempimento di un contratto, le restituzioni a favore NOME parte adempiente non ineriscono ad un’obbligazione risarcitoria, derivando dal venir meno, per effetto NOME pronuncia costitutiva di risoluzione, NOME causa delle reciproche obbligazioni e, quando attengono a somme di danaro, danno luogo a debiti non di valore ma di valuta, non soggetti a rivalutazione monetaria, se non nei termini del maggior
danno rispetto a quello ristorato con gli interessi legali, ai sensi dell’art. 1224 cod. civ.; danno che va, peraltro, provato dalla parte richiedente (Sez. conforme, Sez. 2, n. 3, n. 13339, 10373, 7/6/2006, 17/7/2002, Rv. Rv. 590011; 555849; Sez. U, n. 5931, 17/05/1995, Rv. 492295).
La sentenza di cassazione richiamava anche l’orientamento in tema di maggior danno secondo cui nel caso di ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma, cod. civ. può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali.
In conclusione, per questo aspetto, si imponeva la cassazione con rinvio NOME controversia in quanto la Corte d’Appello aveva omesso qualsiasi motivazione nel condannare la ricorrente alla rivalutazione monetaria.
6.1 Anche il ricorso incidentale NOME RAGIONE_SOCIALE era fondato con riferimento ai motivi con i quali la società aveva impugnato la decisione di appello in ordine al risarcimento del danno derivante dall’inadempimento NOME controparte. La ricorrente incidentale, infatti, aveva chiesto il risarcimento del danno emergente e del lucro cessante. Il primo, non solo per le spese notarili e di registrazione, ma anche per altre spese. Il lucro cessante nella concreta prospettiva di sfruttare economicamente il compendio immobiliare, opportunamente ristrutturato, recuperando i volumi abbandonati, ponendo le singole unità in vendita o locandole. Oltre ai documenti, concernenti il danno emergente, si era chiesto di provare il lucro cessante, escutendo quale teste un soggetto che si
era dimostrato concretamente interessato all’acquisto, per un prezzo che avrebbe consentito un buon margine di guadagno alla RAGIONE_SOCIALE. Una tale prova non era stata ammessa in primo grado, essendo stata rigettata per intero la domanda NOME esponente. Riproposta la istanza in appello, la Corte di Venezia, che pur aveva accolto la domanda di risoluzione, non l’aveva mai presa in considerazione, concludendo poi in sentenza, del tutto incongruamente, per la mancanza di prova sul punto da addebitarsi all’appellante.
Anche in questo caso la Corte riscontrava un difetto assoluto di motivazione, oltre alla violazione dell’art. 115, cod. proc. civ. e accoglieva i motivi del ricorso incidentale mentre dichiarava assorbiti i restanti motivi del ricorso incidentale relativi alla violazione dell’art. 1226 c.c. e agli artt. 91 e 92 c.c.
La società RAGIONE_SOCIALE riassumeva il Giudizio dinanzi la Corte d’Appello di Trieste e nel giudizio di rinvio si costituiva anche la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dellRAGIONE_SOCIALE spa .
La Corte d’Appello di Trieste con la sentenza in questa sede nuovamente impugnata, quanto alle obbligazioni restitutorie derivanti dalla risoluzione del contratto, in applicazione dell’art. 2033 c.c., dopo aver affermato, conformemente alla sentenza di cassazione, che le stesse avevano natura di debito di valuta, riteneva che gli interessi sulle somme da restituire decorressero dalla domanda giudiziale e, dunque, dalla notifica NOME citazione in primo grado nella specie il 19 febbraio 2008.
L’attrice in riassunzione aveva dato atto del versamento NOME complessiva somma di euro 544.935,31 il 14 novembre 2018 di cui euro 447.312,88 a titolo di imposte di registro, ipotecaria e
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
catastale sulla compravendita dichiarata risolta; euro 76.985,61 a titolo di interessi su tale somma dalla data del pagamento (4 maggio 2007 a quella del 16.10 2008; euro 17.650,00 a titolo di spese e competenze notarili relative alla stipulazione dell’atto di compravendita; euro 2.986,82 a titolo di interessi dalle date di pagamento indicate nelle fatture.
8.1 La Corte d’Appello riconosceva anche il diritto alla restituzione dell’ulteriore somma di euro 23.000,00 per le spese dovute al AVV_NOTAIO per l’autentica di firma sulla compravendita.
8.2 La Corte, invece, riteneva che la restituzione di euro 2297,13 relativa alle spese di registrazione del contratto preliminare non fosse stata chiesta nel giudizio di merito, mentre quella di euro 85389 versata da parte acquirente a titolo di ICI, IMU, TASI, trattandosi di somme versate successivamente al giudizio, nonostante la loro prevedibilità, non erano state chieste in restituzione prima del giudizio di rinvio.
8.3 Viceversa, la Corte riconosceva il diritto alla restituzione di quanto pagato dalla RAGIONE_SOCIALE ai professionisti incaricati di svolgere progetti sul bene acquistato per un importo pari a € 41 .344.
8.4 Quanto al danno da lucro cessante la Corte affermava che poiché con la domanda di risoluzione e restituzione del corrispettivo versato il debitore era costituito in mora, alla parte adempiente, oltre al risarcimento del danno derivante dall’inadempimento, ai sensi dell’art. 1453 cod. civ., poteva spettare non già la rivalutazione monetaria, ma “il maggior danno rispetto agli interessi moratori ai sensi del l’ art 1224, comma 2, cod. civ., sulla somma da restituire, sempre che questo risarcimento ulteriore non
fosse assorbito dal risarcimento già accordato per il danno derivante dall’inadempimento.
Nella specie la società RAGIONE_SOCIALE non aveva svolto alcuna allegazione di un diverso e maggior criterio di redditività del denaro e dunque di aver subito un pregiudizio in conseguenza del notorio differenziale tra il rendimento dei titoli di Stato di durata infrannuale e gli interessi spettanti nel periodo di mora, né aveva provato il ricorso al credito bancario ovvero l’utilità marginale netta dell’impresa durante la mora, avendo concentrato le proprie richieste unicamente sulla perdita delle occasioni di guadagno derivanti dal contratto dichiarato risolto, allegando e chiedendo di provare che si era determinata all’acquisto del compendio immobiliare allo scopo di trarne profitto mediante vendita o locazione successivamente alla ristrutturazione edilizia ed urbanistica e che il soggetto interessato all’acquisto non aveva più formulato alcuna offerta dopo aver verificato l’esistenza del vincolo storico artistico.
Quanto a tale aspetto la domanda era infondata derivando il mancato utile dell’impresa non altro che dall’esistenza del vincolo di edificabilità e dalla conseguente oggettiva impossibilità di realizzare l’operazione di ristrutturazione del complesso immobiliare, ovvero da un fatto preesistente allo stesso inadempimento che aveva dato luogo alla pronuncia di risoluzione e, dunque, estraneo alla sfera soggettiva NOME parte convenuta e ad essa non addebitabile.
8.5 Attesa l’infondatezza NOME domanda relativa al mancato utile di impresa e al suo mancato reimpiego non poteva darsi spazio
neppure alla valutazione equitativa del danno ai sensi dell’articolo 1226 c.c..
8.7 Con riferimento alle ulteriori richieste economiche avanzate dalla società attrice, le parti avevano concordato sulla sussistenza del versamento eseguito a seguito di notifica di atto di precetto il 4 aprile 2019 con riserva di ripetizione e richiesta di restituzione NOME complessiva somma di euro 614.106 di cui euro 69.397 quale differenza sugli interessi dovuti sulla sorte capitale dal 25 ottobre 2007 al 6 luglio 2018 euro 501.663 quale importo versato dalla società attrice il 3 maggio 2011 in esecuzione NOME riformata sentenza di primo grado a titolo di interessi sul saldo prezzo NOME vendita di euro 8.075.000 l’imposta di registrazione NOME sentenza al 5% e di spese legali successive euro 41.610 a titolo di interessi maturati sulla predetta somma di euro 501.663 dal 3 maggio 2011 al 27 Marzo 2019 euro 1435 a titolo di spese e compensi relativi al precetto.
8.8 Secondo la Corte d’Appello la decorrenza degli interessi partiva dalla data di perfezionamento NOME notifica dell’atto di citazione e, dunque, doveva disporsi la restituzione degli ulteriori interessi sull’importo capitale dalla data NOME richiesta stragiudiziale del 29 ottobre 2007 a quello dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado dovendosi invece ritenere dovuti i restarti importi già corrisposti in ragione NOME loro diretta inerenza alla pretesa restitutoria.
8.9 La Corte d’Appello disponeva, inoltre, l’obbligo di restituzione NOME somma di euro 6000 versata dall’attrice all’esperto incaricato nell’ambito dell’esecuzione immobiliare volta ad ottenere la cancellazione del vincolo pignoratizio e di euro
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
339,72 a titolo di imposta di registro versata per i provvedimenti cautelari di sequestro. Diversamente, invece, non era dovuta la restituzione NOME somma di euro 38.833 corrisposta dalla RAGIONE_SOCIALE a seguito dell’ottenimento da parte NOME RAGIONE_SOCIALE del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bassano del Grappa con il quale era stato ingiunto all ‘ attrice il pagamento delle spese liquidate dall’autorità giudiziaria elvetica, procedimento dalla stessa radicato al fine di inibire l’escussione NOME fideiussione bancaria a prima richiesta per il saldo prezzo NOME compravendita, trattandosi di spesa inerente a un separato procedimento giudiziario del quale non poteva ritenersi dimostrata l’effettiva utilità e indispensabilità. Quanto al regolamento delle spese del giudizio, le spese dei provvedimenti cautelari potevano essere compensate nonostante l’attore risultasse vittorioso nel merito vista l’assenza di ogni automatismo. Mentre la soccombenza maturata a seguito dello svolgimento dei procedimenti relativi al ricorso d’urgenza e al sequestro, che non potevano ritenersi necessari in difetto di più specifiche deduzioni, determinava la non ripetibilità delle spese sostenute.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla scorta di undici motivi.
10 La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Dell’alto RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.
12 . Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento in parte del ricorso come sopra indicato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2033 c.c. e dell’art. 1219, comma 1, c.c. in punto di decorrenza degli interessi.
I giudici del rinvio hanno affermato che, ai fini NOME decorrenza degli interessi sull’obbligo di restituzione del prezzo NOME compravendita risolta, dovrà aversi riguardo alla data di perfezionamento NOME notifica dell’atto di citazione” (19.02.2008) in primo grado anziché al precedente (documentato ed incontestato) atto di messa in mora stragiudiziale inoltrato (alcuni mesi prima) da parte di NOME.
In tal modo la Corte d’Appello di Trieste avrebbe erroneamente applicato l’art. 2033 c.c. (correttamente richiamato in premessa) nonché l’art. 1219 c.c.. Parte ricorrente cita la sentenza delle Sezioni Unite n. 15895 del 2019, secondo cui la domanda di cui all’art. 2033 non è necessariamente quella giudiziale ma può essere anche la costituzione in mora con atto stragiudiziale ed evidenzia che in data 29 ottobre 200 7 dopo aver scoperto dell’esistenza del vincolo (non menzionato dalla banca e che andava a pregiudicare il pieno utilizzo edificatorio del compendio venduto) provvedeva “ad ogni effetto di legge” a “contestare-notificare la precitata circostanza, avvertendo che la eventualmente accertata efficaciaoperatività del vincolo non potrà che portare alla risoluzione dell’atto in oggetto, con conseguente obbligo restitutorio e risarcitorio (di tutti i danni patiti e patendi dalla patrocinata) da parte Vostra”
1.2 Il primo motivo di ricorso è infondato.
La ricorrente richiede che gli interessi sulla somma di euro 8.500.000,00 versata a titolo di prezzo per l’acquisto dell’immobile
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
oggetto del contratto poi dichiarato risolto per la presenza del vincolo non dichiarato decorrano dall’atto stragiudiziale di messa in mora e non dall ‘atto di citazione come statuito nella sentenza in questa sede impugnata e, tuttavia, trascura di considerare che l’effettivo pagamento del prezzo è avvenuto solo a fine novembre 2009. Di conseguenza gli interessi dovuti sulla somma oggetto dell’obbligo restitutorio non possono decorrere dalla messa in mora in quanto tale atto è antecedente al pagamento. Peraltro, nel caso di specie, l’atto indicato da parte ricorrente è del tutto generico e inidoneo a mettere in mora la controparte al fine di determinare il prodursi dell’obbligo restitutorio che , in ogni caso, non può nascere in data antecedente l’esecuzione NOME prestazione .
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1489 e 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., in relazione al motivo di cui all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.; nonché nullità sul punto NOME sentenza per difetto assoluto di motivazione, in relazione al motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.
Parte ricorrente lamenta la decisione di rigetto del risarcimento del danno da “lucro cessante”, in quanto lo stesso deriverebbe “dall’esistenza del vincolo di edificabilità e dalla conseguente oggettiva impossibilità di realizzare l’operazione di ristrutturazione del complesso immobiliare, ovvero da un fatto preesistente allo stesso inadempimento che aveva dato luogo alla pronuncia di risoluzione, come tale estraneo alla sfera soggettiva NOME parte convenuta e, dunque, ad essa non addebitabile”.
Secondo parte ricorrente non si dovrebbe imputare alla RAGIONE_SOCIALE in termini di “sfera soggettiva” e/o comunque in termini di colpevolezza “l’esistenza” del vincolo quanto piuttosto valutare le
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
conseguenze dell’inadempimento ovvero che l’esistenza di detto vincolo, sicuramente nota alla venditrice, non è stata dichiarata (anzi è stata espressamente esclusa) al momento NOME vendita. Sotto questo profilo il danno subito da NOME (per non aver potuto intervenire nell’area e sui numerosi fabbricati di cui trattasi, pagati ben 8.500.000,00 di euro) sarebbe certamente in diretto rapporto eziologico-causale con la conAVV_NOTAIOa NOME banca anche sotto il profilo soggettivo (ammesso e non concesso che il profilo soggettivo possa avere nel caso de qua una qualche rilevanza). Infatti, è un fatto pacifico, inoppugnabile e definitivo che la compravendita de qua sia stata risolta ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1489 c.c. per fatto e colpa NOME RAGIONE_SOCIALE che ha sottaciuto l’esistenza del cd. vincolo Grippo. La decisione sul punto violerebbe anche l’art.2909 c.c. essendo l’ an del risarcimento questione definita dalla decisione NOME Cassazione del 2018 che (con effetto inoppugnabile e vincolante) lo avrebbe già ritenuto sussistente ed in diretta correlazione con la conAVV_NOTAIOa contrattualmente inadempiente NOME RAGIONE_SOCIALE. Si porrebbe, dunque, solo un problema di “quanto” risarcire alla ricorrente.
La ricorrente censura la sentenza anche sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione,
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1489, 1453, 1223 c.c. e dell’art. 1224, co. 2, c.c.
Parte ricorrente lamenta che i giudici del rinvio hanno negato il risarcimento del danno da “lucro cessante” per mancata “allegazione’ di “un pregiudizio in conseguenza del notorio differenziale tra il rendimento de/ titoli di stato di durata
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
infrannuale e gli interessi spettanti nel periodo di mora applicando l’art. 1224 c.c. e non l’art. 1223 c.c.
L’art. 1224 c.c., infatti, riguarda solo le obbligazioni pecuniarie e non può applicarsi alla domanda di risarcimento del danno da inadempimento.
Il danno da lucro cessante subito da NOME non può identificarsi con il “maggior danno” (nel senso di diverso e maggiore criterio di redditività del denaro rispetto agli interessi moratori) ai sensi dell’art. 1224, comma 2, cod. civ.
La Corte avrebbe confuso e sovrapposto le pretese propriamente “restitutorie” e quelle “risarcitorie” derivanti dalla risoluzione contrattuale.
Peraltro, in ogni caso sarebbe erronea l’applicazione dell’art. 1224 c.c. in quanto nel periodo di interesse e segnatamente negli anni 2007, 2008 e 2011 – il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi (Rendimento medio netto dei BOT a 3, 6 e 12 mesi) era comunque stato superiore al saggio degli interessi legali, come di seguito riportato ed indicato nella sotto riportata tabella
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1489, 1480, 1453, 1218 e 1223 c.c. nonché omesso esame di fatti storici decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti.
La censura riguarda anche in questo caso il mancato accoglimento NOME domanda di risarcimento del danno da “lucro cessante” subito da NOME.
La ricorrente lamenta la violazione delle norme codicistiche in punto di risarcimento del danno da inadempimento – il mancato
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
esame di fatti storici decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti; – la mancata ammissione delle istanze istruttorie proposte da RAGIONE_SOCIALE proprio in punto di sussistenza ed ammontare del lamentato mancato utile di impresa (ossia del ricavo economico che la società odierna ricorrente avrebbe ragionevolmente conseguito dalla complessa operazione di acquisto e di recupero urbanistico-edilizio del complesso immobiliare e di successive rivendita e/o locazione delle recuperate porzioni immobiliari).
Sarebbe palese oltre che provato, che il mancato utile di impresa lamentato da NOME è in diretto collegamento eziologico con la conAVV_NOTAIOa NOME RAGIONE_SOCIALE, atteso che l’operazione immobiliare perseguita dalla società acquirente era proprio quella di recuperare il vasto compendio immobiliare dell’area ex Azzolin per poi locarlo e/o rivenderlo tenuto conto anche del rilevante importo del prezzo di acquisto.
NOME aveva più volte manifestato alla RAGIONE_SOCIALE venditrice l’intenzione di ristrutturare completamente il vasto compendio immobiliare e la sua successiva intenzione di rivendita e/o locazione sarebbe un fatto storico comprovato, oggetto di discussione nel giudizio, decisivo per il riconoscimento del lamentato danno.
Alla luce dei chiari fini e calcoli imprenditoriali, pertanto, l’edificabilità dell’area rivestiva quindi per NOME natura assolutamente essenziale ai fini NOME conclusione dell’affare e la RAGIONE_SOCIALE era ben a conoscenza di detta circostanza.
Ciò dimostrerebbe non solo che il danno da mancato guadagno lamentato dalla odierna ricorrente sia causalmente riferibile in INDIRIZZO
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
immediata e diretta alla conAVV_NOTAIOa NOME venditrice, ma attesterebbe anche la conoscenza o prevedibilità da parte NOME RAGIONE_SOCIALE di tutti gli elementi di fatto rilevanti al fine di consentirle di prevedere il pregiudizio che sarebbe derivato a RAGIONE_SOCIALE dall’inadempimento, anche nel suo concreto ammontare ex art. 1225 c.c.
Dunque, la Corte triestina, al fine di valutare il danno da lucro cessante, non avrebbe assolutamente tenuto conto dell’importanza e NOME tipologia dell’intervento di recupero urbanistico-edilizio del complesso immobiliare che la società RAGIONE_SOCIALE aveva programmato ed intendeva attuare (fatto storico oggetto di discussione sin dal primo grado di giudizio, peraltro documentalmente provato, emergente dalle decisioni precedenti del giudizio e sicuramente decisivo per il giudizio). Inoltre, la RAGIONE_SOCIALE aveva anche chiesto di provare il danno a mezzo testi, ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. e CTU.
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2967 c.c. e 115 e 132 c.p.c. nullità sul punto NOME sentenza per difetto assoluto di motivazione.
La censura attiene alla mancata ammissione dei mezzi istruttori formulati dall’odierna ricorrente, propriamente diretti a provare il quantum dei danni da “lucro cessante” subiti.
La sentenza resa in sede di rinvio avrebbe omesso completamente ogni valutazione, esame e pronuncia in ordine al mancato ingresso delle istanze istruttorie formulate da RAGIONE_SOCIALE ai fini NOME prova dell’ammontare del danno da mancato utile di impresa. Nella censurata pronuncia – pur dando atto che NOME aveva chiesto di provare il lucro cessante – nulla viene
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
deAVV_NOTAIOo in ordine alla mancata ammissione degli articolati mezzi istruttori.
La mancata ammissione dei mezzi di prova (che avrebbero consentito alla odierna ricorrente di dimostrare nel quantum il danno da lucro cessante) era già stato oggetto di doglianza in sede di legittimità (nel giudizio di impugnazione NOME sentenza d’appello veneziana) ed era stata recepita e ritenuta fondata dalla Suprema Corte: la quale aveva puntualizzato come “la Corte di Venezia, che pur aveva accolto la domanda di risoluzione, non l’aveva mai presa in considerazione concludendo poi in sentenza, del tutto incongruamente, per la mancanza di prova sul punto da addebitarsi all’appellante”. La Suprema Corte ribadiva – per l’appunto – come la Corte veneziana avesse affermato in contrasto con le evidenze di causa l’assenza di documentazione diretta a dimostrare gli esborsi e come erroneamente non avesse preso “in alcuna considerazione le richieste istruttorie”.
Tra l’altro nessuna valutazione sarebbe stata compiuta dai Giudici di rinvio in ordine alle prove chieste dalla odierna ricorrente; la mancanza assoluta di motivazione comporterebbe anche la violazione dell’art. 132 c.p.c.
6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1226 c.c., nonché omesso esame di fatti storici oggetto di discussione tra le parti decisivi per il giudizio, documentalmente provati per avere i giudici del rinvio escluso la liquidazione equitativa del danno da lucro cessante per asserita “infondatezza” NOME domanda relativa al mancato utile di impresa ed al suo mancato reimpiego.
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
La Corte d’Appello di Trieste ha escluso la possibilità di una liquidazione equitativa del danno ai sensi dell’art. 1226 c.c., con motivazione laconica ed apodittica attesa l’infondatezza NOME domanda relativa al mancato utile di impresa ed al suo mancato reimpiego. La sussistenza del danno da mancato utile di impresa e la sua riconducibilità alla conAVV_NOTAIOa inadempiente NOME RAGIONE_SOCIALE venditrice, sarebbero quantificabili anche con valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. Nella fattispecie la RAGIONE_SOCIALE ha svolto (anche in sede di rinvio) tutte le necessarie deduzioni per conferire concretezza alla specifica pretesa di quantificazione, fornendo al giudice una precisa base sulla quale esprimere in ogni caso la propria, eventuale, valutazione equitativa.
6.1 I motivi dal secondo al quinto motivo sono fondati e il loro accoglimento determina l’assorbimento del sesto.
Questa Corte con la sentenza di cassazione con rinvio aveva accolto i motivi del ricorso incidentale con i quali la COGNOME aveva lamentato il rigetto NOME sua domanda di risarcimento del danno derivante dall’inadempimento sia in relazione a l danno emergente che al lucro cessante.
In relazione appunto al lucro cessante si era evidenziato che la COGNOME aveva deAVV_NOTAIOo la concreta prospettiva di sfruttare economicamente il compendio immobiliare, opportunamente ristrutturato, recuperando i volumi abbandonati, ponendo le singole unità in vendita o locandole e aveva chiesto di escutere quale teste un soggetto che si era dimostrato concretamente interessato all’acquisto, per un prezzo che avrebbe consentito un buon margine di guadagno. Tale prova non era stata ammessa in
primo grado, essendo stata rigettata per intero la domanda NOME esponente ed era stata riproposta in appello.
Sulla base di tali premesse nella sentenza di cassazione con rinvio si è detto che la Corte d’Appello, che pur aveva accolto la domanda di risoluzione, aveva eluso in toto l’esame del punto fattuale (la circostanza di aver affrontato spese fidando nell’adempimento NOME controparte e aver visto sfumare vantaggi economici futuri derivanti dall’operazione economica), affermando, in contrasto con le evidenze di causa, l’assenza di documentazione diretta a dimostrare gli esborsi e non prendendo in alcuna considerazione le richieste istruttorie.
La Corte d’Appello , in sede di rinvio, non ha dato seguito a quanto espressamente demandato da questa Corte ed ha del tutto omesso di prendere in considerazione le istanze istruttorie e ha ritenuto che essendo il vincolo sul bene preesistente al contratto e non attribuibile alla parte venditrice in ogni caso la parte acquirente non avrebbe potuto concludere il suo programma speculativo. Tale ultima affermazione in tali perentori termini, non può essere condivisa, a causa NOME rigida sua assolutezza nell’escludere senz’altro che la COGNOME possa aver subito un qualche pregiudizio a titolo di lucro cessante, sol perché il vincolo era preesistente. Infatti, come evidenziato dalla ricorrente, proprio l’aver taciuto l’esistenza del vincolo ha comportato la risoluzione del contratto e d eventualmente la perdita del vantaggio economico preoordinato all’acquisto. Infatti, l a COGNOME aveva in programma un investimento tenuto conto NOME consistenza economica del bene e del prezzo pattuito pari a euro 8.075.000.
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
Parte ricorrente coglie nel segno anche quando lamenta che la Corte d’Appello ha reso una motivazione fortemente contraddittoria allorché ha escluso il maggior danno ex art. 1224 c.c. in riferimento alla domanda di risarcimento e non a quella di restituzione dell’indebito (vedi pag. 14 sentenza impugnata). Peraltro, anche in relazione all’obbligo restitutorio questa Corte , in sede di rinvio, aveva richiamato l’orientamento in tema di maggior danno secondo cui, nel caso di ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma, cod. civ. può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali. In tal caso è sufficiente dimostrare di aver fatto ricorso al credito bancario (o ad altre forme di approvvigionamento di liquidità), sempre che il ricorso al credito, in relazione all’entità dello stesso ed alle dimensioni dell’impresa, sia stato effettiva conseguenza dell’inadempimento (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22512 del 09/08/2021, Rv. 662345 – 01).
Il sesto motivo relativo al rigetto NOME domanda di valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c. è assorbito.
7. Il settimo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione degli arti. 1453 e 1223 c.c. in ogni caso omesso esame di fatti storici decisivi oggetto di discussione in ordine al mancato riconoscimento quale danno cd. “emergente” dell’imposta di registrazione del preliminare e delle imposte di ICI/IMU/TASI pagate da NOME.
Con riferimento alla imposta di registrazione del preliminare si rileva nuovamente che sia in primo grado che in appello
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
(conclusioni richiamate anche in sede di legittimità) parte ricorrente aveva chiesto di “condannare in ogni caso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi da parte attrice a causa ed in conseguenza dell’inadempimento suddetto, sia a titolo di danno emergente che di lucro cessante, danni tutti come indicati in premessa (spese notarili, di registrazione e di trascrizione, spese tecniche e dì progettazione, mancato utile d’impresa, danno conseguente alla mancata rivendita, danno all’immagine commerciale NOME patrocinata, ecc ….. )”. Sarebbe, dunque, palese che anche le spese di registrazione del preliminare (a cui è seguito il rogito dichiarato risolto proprio per inadempimento NOME venditrice) hanno rappresentato un danno (o comunque una somma da restituire) per NOME, chiaramente riconducibile alla medesima operazione di compravendita, all’accertato inadempimento NOME venditrice oggetto di richiesta risarcitoria o comunque restitutoria sin dall’esordio.
Quanto alle imposte a titolo di ICI /IMU/TASI versate da NOME dal 2006 al 2016 (compreso) sull’immobile per cui è causa pari ad € 85.389,00, rientrano nella richiesta di condanna “a/ risarcimento di tutti i danni subiti e subendi da parte attrice a causa ed in conseguenza dell’inadempimento suddetto, sia a titolo di danno emergente che di lucro cessante, richiesta svolta in primo grado sin dall’esordio e ritualmente rinnovata/riproposta anche in tutte le successive fasi del giudizio.
Il soggetto passivo dell’illecito (anche contrattuale) ha diritto al ristoro di tutti i pregiudizi subiti per effetto NOME conAVV_NOTAIOa NOME controparte inadempiente, vale a dire alla ricostruzione del proprio
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
patrimonio, nella medesima consistenza che lo stesso avrebbe avuto se, tra le parti, non fosse intervenuto il contratto poi dichiarato risolto inoppugnabilmente.
Il mancato riconoscimento delle menzionate voci di danno emergente da parte del Giudice del rinvio sarebbe in violazione dell’art. 1453, comma 1, c.c. e dell’art. 1223 c.c. secondo cui il risarcimento del danno per l’inadempimento deve comprendere anche la perdita subita dal creditore, in quanto ne sia conseguenza immediata e diretta, come nel caso de quo .
7.1 Il settimo motivo di ricorso è fondato.
Il Collegio condivide le conclusioni del P.G. che ha evidenziato come risulti evidente che gli esborsi che parte ricorrente ha effettuato costituiscono un danno emergente, agevolmente ricomprendibili nella domanda originariamente azionata e successivamente specificata nelle singole poste; senza che tale specificazione costituisca una violazione del divieto dei nova .
Deve ritenersi, infatti, che le singole componenti del danno subito siano ricomprese nella domanda di risarcimento di tutti i danni proposta dal danneggiato nei confronti del soggetto inadempiente, che, per la sua onnicomprensività, esprime appunto la volontà di riferirsi ad ogni possibile voce di danno.
Oltretutto si tratta di danni incrementali o sopravvenuti rispetto al l’inadempimento NOME RAGIONE_SOCIALE. Deve ribadirsi in proposito che: In tema di risarcimento dei danni, il principio generale NOME immodificabilità NOME domanda originariamente proposta è derogabile soltanto nel caso di riduzione NOME domanda, nel caso di danni incrementali (quando il danno originariamente deAVV_NOTAIOo in giudizio si sia ulteriormente incrementato nel corso dello stesso,
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
ferma l’identità del fatto generatore) e nel caso di fatti sopravvenuti, quando l’attore deduca che, dopo il maturare delle preclusioni, si siano verificati ulteriori danni, anche di natura diversa da quelli descritti con l’atto introduttivo. (In applicazione del principio, la SRAGIONE_SOCIALEC., con riferimento ad un giudizio di risarcimento dei danni da inadempimento di un contratto di somministrazione, ha affermato che l’allegazione – con la seconda memoria ex art. 183 c.p.c. – dell’interruzione del servizio in una data, ulteriore e diversa da quelle descritte nell’atto introduttivo, costituiva un inammissibile ampliamento NOME domanda, trattandosi NOME deduzione di un diverso ed ulteriore fatto generatore di inadempimento e non di un ulteriore danno eziologicamente connesso con le conAVV_NOTAIOe inadempienti denunciate con il medesimo atto) (Sez. 3 – , Ordinanza n. 2533 del 26/01/2024, Rv. 670022 -01 conf. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25631 del 15/10/2018).
8 . L’ottavo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1453-1223 c.c. e 112 c.p.c.; nonché parziale nullità NOME sentenza in ordine al mancato riconoscimento degli interessi e NOME rivalutazione monetaria sulle somme spettanti a RAGIONE_SOCIALE a titolo di risarcimento del danno cd. emergente. con riferimento alle riconosciute voci di danno emergente.
La censura attiene al mancato riconoscimento in relazione alle voci di danno riconosciute di rivalutazione e interessi.
8.1 L ‘ottavo motivo di ricorso è fondato.
Infatti, se l ‘obbligo di restituzione del prezzo pagato è debito di valuta con le conseguenze già chiarite in tema di rivalutazione ed interessi, quello di risarcimento del danno è invece debito di
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
valore che impone il riconoscimento NOME rivalutazione e degli interessi secondo principi del tutto consolidati nella giurisprudenza di questa Corte.
Il nono motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2909 e 1223 c.c. e 324 c.p.c., nonché nullità parziale NOME sentenza per difetto assoluto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento in favore di NOME NOME somma di euro 38.833,76 pagata alla banca con decreto ing. 12212010 del Tribunale di Bassano del Grappa.
La ricorrente ha sostenuto – a fronte NOME compravendita immobiliare dichiarata risolta e nell’ambito del complesso contenzioso giudiziario con la RAGIONE_SOCIALE -ulteriori esborsi, corrisposti in ogni caso con riserva di ripetizione.
Tra questi la somma di € 38.833,76 relativa all’ importo corrisposto da RAGIONE_SOCIALE direttamente alla RAGIONE_SOCIALE (a mezzo del suo legale del tempo) a seguito dell’ottenimento da parte di quest’ultima del decreto ingiuntivo con cui le si era ingiunto di pagare le spese di lite liquidate dall’autorità giudiziaria svizzera nei procedimenti aventi ad oggetto l’escussione NOME fideiussione a prima richiesta (per il saldo del prezzo di compravendita di € 8.075.000, 00) prestata dalla RAGIONE_SOCIALE di Lugano
Alla luce NOME pronunciata risoluzione del contratto ex art. 1489 c.c. e, dunque, del riconoscimento NOME fondatezza nel merito delle doglianze e NOME domanda risolutoria di NOME, sarebbe di ogni evidenza come il tentativo di inibire l’escussione NOME fideiussione da parte NOME RAGIONE_SOCIALE venditrice fosse non solo giustificato e legittimo (per evitare che la venditrice ottenesse il pagamento di oltre 8 milioni di euro a fronte di un bene venduto
Ric. 2021 n.4918 sez. S2 – ud. 09/04/2024
sostanzialmente inutilizzabile … ), ma anche pienamente giustificato. Inoltre, la Corte d’Appello non avrebbe neanche esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto che il procedimento elvetico non sarebbe stato né utile né indispensabile.
9.1 Il nono motivo di ricorso è infondato.
Il collegio anche in questo caso condivide le conclusioni del P.G. secondo cui la dazione così come descritta in ricorso trova la sua giustificazione nel decreto ingiuntivo, ossia nel separato procedimento giudiziario. L’iniziativa volta a paralizzare l ‘escussione dell a garanzia a prima richiesta non può dirsi necessitata tenuto conto NOME funzione stessa NOME fideiussione, sicché, costituendo una scelta autonoma NOME ricorrente, quest’ultima , in relazione a quel giudizio, deve autonomamente sostenere le spese anche perché come evidenziato dal P.G. solo con l’opposizione , facendo venir meno il decreto ingiuntivo, avrebbe potuto riottenere quanto pagato.
Il decimo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92, comma 2, c.p.c., nonché nullità parziale NOME sentenza per difetto assoluto di motivazione
La censura ha ad oggetto l’erronea compensazione “per un terzo” delle spese delle fasi di merito, legittimità e di rinvio e il mancato riconoscimento delle spese delle fasi cautelari.
11 . L’undice simo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e del d.m. n. 55 del 2014 (artt. 1 e 4, come modificati dal dm 37/2018) e dell’art. 2223 co. 2 c.c. in ordine alla liquidazione dei compensi in misura inferiore ai minimi previsti dal d.m. n. 55 del 2014.
Il decimo e l’undicesimo motivo di ricorso sono assorbiti dall’accoglimento dei motivi dal secondo al nono, dovendo la Corte d’Appello in sede di rinvio provvedere ad una nuova regolamentazione delle spese, con la precisazione che, quanto alle spese del giudizio cautelare deve comunque ribadirsi che è possibile una liquidazione differente in caso di soccombenza in quel giudizio rispetto alla vittoria nel giudizio di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi di ricorso dal secondo al quinto, il settimo e l’ottavo rigetta il primo e il nono dichiara assorbiti il sesto, decimo e l’undicesimo cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio NOME 2^ Sezione