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Risarcimento del danno: come si calcola nel preliminare

In caso di inadempimento di un contratto preliminare di vendita da parte del promittente venditore, che aliena l’immobile a terzi, il promissario acquirente ha diritto al risarcimento del danno. La Corte di Cassazione chiarisce che tale risarcimento si calcola sulla differenza tra il valore commerciale del bene al momento dell’inadempimento e il prezzo pattuito, non sui mancati guadagni di un’eventuale successiva operazione immobiliare. Spetta all’acquirente fornire la prova di tale danno.

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Risarcimento del danno nel preliminare: la Cassazione fissa i paletti

Quando un affare immobiliare salta per colpa del venditore, come si calcola il giusto risarcimento del danno per l’acquirente? La questione, al centro di una recente ordinanza della Corte di Cassazione, è cruciale. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il danno non si calcola sui profitti sognati, ma sulla concreta perdita economica subita, ovvero la differenza tra il valore di mercato dell’immobile e il prezzo pattuito. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti del caso

La vicenda nasce da un contratto preliminare di vendita stipulato nel 1985. Un imprenditore edile prometteva di acquistare alcuni immobili per realizzarvi un complesso residenziale. Il prezzo era fissato in 350 milioni di lire. Una parte del pagamento era subordinata al verificarsi di due condizioni: il rilascio della concessione edilizia e la liberazione degli immobili da parte degli inquilini.

Secondo la versione dei promittenti venditori, l’acquirente non avrebbe onorato il pagamento della prima rata al verificarsi delle condizioni. Per questo motivo, essi agivano in giudizio per la risoluzione del contratto. Di contro, l’acquirente sosteneva che i venditori si erano resi inadempienti, avendo venduto gli stessi immobili a un terzo soggetto con un atto pubblico del 1987. L’acquirente chiedeva quindi l’esecuzione in forma specifica del contratto e il risarcimento dei danni.

Dopo un lungo iter giudiziario, la Corte d’Appello aveva respinto la domanda di annullamento del contratto e aveva condannato i venditori a restituire una parte delle somme ricevute. Tuttavia, aveva implicitamente negato l’esecuzione specifica, essendo ormai impossibile a causa della vendita a terzi, e aveva aperto la porta al risarcimento, ma la quantificazione era diventata il nuovo campo di battaglia.

Il calcolo del risarcimento del danno secondo la Cassazione

Il cuore della questione portata davanti alla Suprema Corte riguardava proprio il calcolo del risarcimento del danno. L’acquirente sosteneva che il danno dovesse essere quantificato tenendo conto del mancato guadagno derivante dalla vendita degli appartamenti che avrebbe costruito. Si trattava di una cifra ingente, quasi un miliardo di lire, calcolata da un consulente tecnico.

La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, ritenendo i motivi di ricorso inammissibili. Gli Ermellini hanno chiarito che l’interpretazione del contratto è un’attività riservata al giudice di merito e non può essere messa in discussione in sede di legittimità proponendo semplicemente una lettura alternativa. Nel merito, la Corte ha confermato il criterio standard per la liquidazione del danno in questi casi.

Il criterio del valore di mercato

Quando il contratto preliminare viene qualificato come una compravendita e l’inadempimento è imputabile al promittente venditore, il risarcimento del danno va correttamente individuato nella differenza tra due valori:
1. Il valore commerciale del bene al momento in cui l’inadempimento è diventato definitivo.
2. Il prezzo pattuito nel contratto preliminare.

Questo criterio, consolidato in giurisprudenza, serve a ristorare il promissario acquirente della perdita subita per non aver potuto acquisire il bene al prezzo vantaggioso concordato. Non si estende, però, a coprire le perdite derivanti da successive e ipotetiche operazioni speculative, come un progetto di costruzione e vendita, a meno che tale specifica finalità non sia stata espressamente dedotta nel contratto come sua causa concreta.

Onere della prova e inammissibilità degli altri motivi

La Corte ha inoltre sottolineato un altro aspetto fondamentale: l’onere della prova. Spetta sempre al promissario acquirente, che si assume danneggiato, fornire la prova dell’effettiva esistenza del danno. In altre parole, deve dimostrare che, al momento dell’inadempimento dei venditori, il valore di mercato dell’immobile era effettivamente superiore al prezzo che avrebbe dovuto pagare.

Gli altri motivi di ricorso, relativi alla presunta omessa pronuncia sull’inadempimento dei venditori, alla responsabilità di uno dei contraenti e alla ripartizione delle spese legali, sono stati dichiarati inammissibili per ragioni processuali, quali la genericità delle censure o il mancato attacco a tutte le autonome ragioni della decisione impugnata.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa applicazione dei principi che regolano il processo di cassazione e il diritto delle obbligazioni. In primo luogo, la Corte ribadisce la propria funzione di giudice di legittimità, che non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella compiuta dai giudici di merito, a meno che non vi siano state violazioni di legge o vizi logici macroscopici nella motivazione. Nel caso di specie, la qualificazione del contratto come semplice compravendita e non come un accordo più complesso volto alla realizzazione di un progetto edilizio è stata considerata una valutazione di fatto incensurabile.

In secondo luogo, la decisione sul quantum risarcitorio si allinea all’orientamento costante della giurisprudenza. Il danno da inadempimento contrattuale deve essere una conseguenza diretta e immediata della mancata prestazione (art. 1223 c.c.). La perdita di un’opportunità di profitto futuro è considerata un danno mediato e indiretto, risarcibile solo in circostanze particolari che qui non sono state ravvisate. Il criterio della differenza tra valore di mercato e prezzo pattuito ristora la perdita patrimoniale effettivamente subita dall’acquirente, senza arricchirlo ingiustificatamente.

le conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione per chi opera nel settore immobiliare. Evidenzia l’importanza di redigere contratti preliminari chiari e completi, soprattutto quando l’acquisto è finalizzato a un’operazione economica complessa. Se l’intento di realizzare un progetto edilizio è un elemento essenziale dell’accordo, deve essere esplicitato nel contratto. In assenza di ciò, le aspettative di profitto dell’acquirente rimangono fuori dalla tutela risarcitoria standard, che si limiterà a compensare la perdita secca derivante dal mancato acquisto al prezzo convenuto. Infine, la decisione riafferma la centralità dell’onere della prova: chi chiede un risarcimento deve essere in grado di dimostrare, con prove concrete, l’esistenza e l’ammontare del danno subito.

Come si calcola il risarcimento del danno se il venditore, dopo un preliminare, vende l’immobile a un altro acquirente?
Secondo la Corte, il danno è calcolato come la differenza tra il valore commerciale dell’immobile al momento in cui l’inadempimento è divenuto definitivo e il prezzo originariamente pattuito nel contratto preliminare.

Il promissario acquirente può chiedere il risarcimento per i mancati guadagni di un progetto edilizio che intendeva realizzare sull’immobile?
No, l’ordinanza stabilisce che il danno risarcibile non corrisponde al mancato guadagno (lucro cessante) derivante da una successiva operazione immobiliare, a meno che questa non fosse la causa specifica ed esplicitata del contratto. Il criterio standard rimane la differenza tra valore di mercato e prezzo pattuito.

Chi ha l’onere di provare l’esistenza del danno in caso di inadempimento del venditore?
L’onere della prova spetta interamente al promissario acquirente che si dichiara danneggiato. Egli deve fornire la prova concreta dell’esistenza del danno, dimostrando che il valore di mercato del bene al momento dell’inadempimento era superiore al prezzo concordato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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