Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8301 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8301 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23985/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME COGNOME, elettivamente domiciliate in TAURIANOVA INDIRIZZO), INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che le rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA n. 126/2021 depositata il 01/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/02/2024
dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
NOME e NOME convenivano in giudizio NOME COGNOME per accertare che il fondo delle attrici, in catasto del Comune di Palmi al foglio 41, particella n. 1544, ex 482/8 non era gravato da servitù alcuna costituita a favore dell’immobile limitrofo di proprietà della COGNOME ed in particolare che non era gravato da servitù di mantenimento del canale di gronda discendente del fabbricato COGNOME a distanza inferiore a quella minima legale di un metro dal confine, con richiesta di condanna della COGNOME ad arretrare il canale in questione portandolo alla distanza minima di un metro dal confine, come previsto dall’art. 889 c.c., e a risarcire, in favore delle attrici, il danno patito connesso alla abusiva ed indebita costituzione del peso, nonché l’ulteriore danno patito per pregiudizio estetico, diminuzione di aria, di luce e sole derivante dalla persistenza della costruzione abusiva.
Si costituiva in giudizio la convenuta NOME COGNOME dichiarando, in via preliminare, di essere disposta ad arretrare il canale di gronda fatto oggetto della domanda delle attrici, eccependo la nullità dell’atto di citazione ex art. 164 comma 4 c.p.c., per assoluta indeterminatezza dell’oggetto della domanda e per mancata esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della stessa. Nel merito, la convenuta
chiedeva il rigetto delle domande risarcitorie avversarie in quanto palesemente infondate in fatto ed in diritto
il Giudice di primo grado, ritenuta sussistente la lamentata violazione dell’art. 163, n. 4, c.p.c. non avendo le attrici specificato la natura dei pretesi danni, concedeva alle parti un termine perentorio di 30 giorni per integrare la domanda; a ciò ottemperavano le attrici.
All’udienza del 29 settembre 2010 veniva dichiarata la morte della convenuta ed il processo veniva interrotto. A tale udienza veniva dato atto a verbale che, nel corso del mese di luglio del 2010, era stato rimosso il canale di gronda discendente.
Il giudizio veniva riassunto da parte delle attrici e si costituiva NOME COGNOME, unico erede di NOME COGNOME, richiamando in toto le eccezioni già formulate dalla de cuius .
Il Tribunale di Palmi dichiarava la cessazione della materia del contendere per quanto riguardava la domanda di accertamento della inesistenza della servitù sul fondo delle attrici in favore del fabbricato di NOME COGNOME e di rimozione del canale di gronda insistente sul fabbricato e rigettava la domanda di risarcimento dei danni patiti connessi alla abusiva ed indebita costituzione del peso, mentre accoglieva la domanda di risarcimento dei danno derivanti dalla ritardata demolizione da parte del convenuto delle opere abusive realizzate nel suo fabbricato che liquidava in via equitativa in € 2.00 0,00.
NOME e NOME proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME COGNOME si costituiva in appello chiedendone il rigetto e proponendo appello incidentale.
La Corte d’Appello di Reggio Calabria rigettava tanto l’appello principale che quello incidentale.
Secondo i giudici del gravame, la gronda per la quale le signore NOME reclamavano un autonomo risarcimento costituiva parte integrante della costruzione abusiva posta lungo la linea di confine delle due proprietà, successivamente demolita. Invero la gronda, già considerata ai fini della distanza legale tra le costruzioni dalla statuizione della Corte di Appello penale di Reggio Calabria che aveva correttamente disposto la demolizione della abusiva costruzione ed il conseguente risarcimento per il danno causato dalla violazione delle distanze legali, non poteva costituire oggetto di altro autonomo risarcimento. Oltretutto le gronde rientravano negli sporti già ricompresi nella misurazione delle distanze e, dunque, non suscettibili di autonomo risarcimento.
La mancata e tardiva esecuzione dell’ordine di demolizione della costruzione abusiva (comprensiva di gronda) aveva determinato l’esercizio dell’ulteriore azione da parte delle germane NOME che si era conclusa con la statuizione di un ulteriore risarcimento del danno, dovuto appunto al ritardo nella demolizione dell’opera abusiva, risarcimento che era stato correttamente calcolato fino alla totale demolizione dell’opera abusiva, ovvero dal momento in cui era stata rimossa l’ultima parte di gronda rimasta (luglio 2010).
La Corte rigettava anche l’appello incidentale.
NOME e NOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 889 c.c., 872 c.c. e 873 c.c. nonché articoli 2907, comma 1, 2909 c.c. e 112 c.p.c.
La censura ha ad oggetto il rigetto della domanda di risarcimento del danno per la violazione delle distanze della gronda.
La decisione sarebbe viziata da violazione di legge e segnatamente dell’art. 889 c.c. e degli articoli 872 e 873 c.c. I ricorrenti riprendono le argomentazioni difensive sviluppate con l’atto di appello secondo cui si tratterebbe, con riferimento alle previsioni di cui all’art. 873 c.c. e 889 c.c., di autonome situazioni giuridiche attinenti la prima, ad evitare il crearsi di pericolose intercapedini antigieniche, l’altra , invece, fondantesi su una presunzione assoluta di dannosità per infiltrazioni o trasudamenti che non ammette la prova contraria e tesa pertanto ad impedire il verificarsi di tali danni a carico del fondo limitrofo.
Nella domanda di risarcimento del danno per violazione delle distanze minime tra costruzioni, azionata nel giudizio penale, non sarebbe ricompresa quella attuale avente ad oggetto la diversa domanda di ristoro per violazione delle norme di distanza minima dei tubi di acqua pura o lurida ex art. 889 comma secondo c.c.; trattandosi, come detto, di autonome domande fondate ciascuna su autonomi e distCOGNOME fatti costitutivi.
La sentenza gravata, dunque, non avrebbe saputo cogliere la differenza tra la situazione giuridica disciplinata dall’art. 873 c.c. e
quella del tutto diversa ed autonoma di cui all’art. 889 , comma secondo, c.c..
La medesima pronuncia non avrebbe poi saputo rispettare il principio, derivante dalla corretta applicazione degli articoli 2907, comma 1, e 2909 c.c. e dall’art. 112 c.p.c., secondo cui la portata oggettiva del giudicato si forma sulla domanda di parte ed entro i limiti di essa. Nella fattispecie, il giudice di appello avrebbe dovuto avvedersi che nel giudizio penale, sfociato poi nella sentenza 155/07, non era stata avanzata una domanda di risarcimento del danno fondata sulla lesione del diverso diritto a pretendere la collocazione di tubi di acqua pura o lurida sul fondo del vicino a distanza non inferiore ad un metro dal confine.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione di legge, articoli 889, 872 e 873 c.c. nonché articoli 2907, comma 1, 2909 c.c. e 112 c.p.c.
Nel giudizio penale l’ambito del deducibile era delimitato dalla contestazione del reato di costruzione abusiva ed in ogni caso l’applicazione del principio di infrazionabilità del credito presupporrebbe la proposizione di una domanda non specificatamente limitata ad una tipologia di danno, come è invece accaduto nel caso in esame, avendo agito le ricorrenti nel giudizio penale solo ed esclusivamente per la demolizione di una costruzione abusiva, costituente illecito penale e civile e per il connesso danno per subita diminuzione di aria, luce e soleggiamento.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione di legge, articoli 2907 e 2909 c.c. e 324 c.p.c., art. 12 preleggi c.c..
La censura lamenta l’ errore interpretativo del giudicato esterno. Infatti, secondo le ricorrenti, la pronuncia di riconoscimento del diritto risarcitorio in loro favore era limitato al danno subito per l ‘ illecita servitù da mancato rispetto della distanza minima legale della costruzione COGNOME.
3.1 I tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Secondo l a Corte d’Appello il danno lamentato per la costruzione della gronda rientra tra quelli già oggetto della domanda risarcitoria accolta in sede penale per l’illecita costruzione abusiva. Infatti, la gronda per la quale le signore COGNOME reclamano autonomo risarcimento, costituiva parte integrante della costruzione abusiva posta lungo la linea di confine delle due proprietà, successivamente demolita. La stessa gronda è stata già considerata ai fini del risarcimento dalla statuizione della Corte di appello di Reggio Calabria che ha correttamente disposto la demolizione della abusiva costruzione ed il risarcimento per il danno causato dalla violazione delle distanze legali tra costruzioni, sicché non può costituire oggetto di altro risarcimento.
Ciò premesso, osserva il collegio che la sentenza impugnata è immune dalle violazioni dedotte dalle ricorrenti. La Corte d’Appello ha correttamente evidenziato che le gronde rientrano tra gli sporti non autonomamente computabili ai fini delle distanze e che non possono costituire oggetto di ulteriore risarcimento. Pertanto, la distinzione formulata dalle ricorrenti tra il danno per violazione delle distanze minime tra costruzioni, (azionata nel giudizio penale) e quella avente ad oggetto la diversa domanda di ristoro per
violazione delle norme di distanza minima dei tubi di acqua pura o lurida ex art. 889, comma secondo, c.c. è del tutto infondata non potendosi scindere, nel caso di specie, la gronda dalla costruzione abusiva. Le stesse germane COGNOME, con missiva del 20 gennaio 2009 indirizzata alla COGNOME, hanno evidenziato come non fosse stata ancora completata l’esecuzione della sentenza 155/07 della Corte di appello di Reggio Calabria ‘ riguardante la eliminazione del pluviale discendente tutt’ora ancorato, in modo tale da attuare il ripristino integrale dell’originario e preesistente stato dei luoghi ‘; riconoscendo così che l’ordine di demolizione ed il relativo risarcimento stabilito con la sentenza penale riguardava anche la gronda oggetto del presente giudizio.
Peraltro, osserva il Collegio, che anche il danno ulteriore derivante dalla rimozione solo successiva del canale di gronda è stato riconosciuto alle ricorrenti. La Corte d’appello, infatti, ha rigettato l’appello incidentale de l controricorrente, ritenendo corretta la decisione del Giudice di prime cure che ha considerato l’ulteriore danno derivante dalla ritardata demolizione da parte della COGNOME delle opere abusive realizzate nel suo fabbricato con condanna al pagamento della somma di € 2.000,00 a tit olo di risarcimento. La ritardata demolizione dell’opera abusiva si riferiva proprio alla gronda che non era stata completamente rimossa fino al luglio del 2010.
RICORSO INCIDENTALE
4. L’unico motivo del ricorso incidentale è così rubricato: violazione di legge e/o falsa applicazione di diritto ex art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 112 c.p.c., 161 c.p.c.,
111 cost. e 1226 c.c.; nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
Con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, le esponenti COGNOME NOME e COGNOME NOME (doc. n. 2 fascicolo di costituzione COGNOME depositato in data 21-12-2009) nelle loro conclusioni (pag. 6) chiedevano condannarsi la signora COGNOME NOMENOME dante causa dell’odierno controricorrente e ricorrente incidentale, ”a risarcire alle attrici l’ulteriore danno patito, per pregiudizio estetico, diminuzione di aria, luce e sole derivante dalla persistenza della costruzione abusiva, per il mantenimento dal 03.04.2007 al 30.06.2008, dell’aggetto tamponato … al piano terra del suo fabbricato a distanza inferiore a quella minima legale in violazione del diritto delle istanti medesime riconosciuto dal disposto codicistico di cui gli articoli 872 e 873 c.c.
Sarebbe dunque evidente che la domanda di danno effettuata dalle signore COGNOME NOME e NOME, confermata anche con la memoria integrativa del 30 marzo 2010, concerneva soltanto ed esclusivamente l’asserito danno per il mantenimento dal 3 aprile 2007 al 30 giugno 2008, dell’aggetto tamponato. Dunque, non avevano mai chiesto il risarcimento del danno derivante dal canale di gronda in ordine alla cui persistenza, il danno è stato riconosciuto. Il Tribunale di Palmi, avrebbe erroneamente dimenticato che la pretesa risarcitoria in questione nulla aveva che vedere il canale di gronda.
4.1 Il motivo proposto con il ricorso incidentale è infondato.
Il ricorrente censura l’interpretazione che il giudice del merito ha dato alla domanda delle attrici e, tuttavia, trascura di considerare che tale attività di interpretazione della domanda e di
individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, mentre in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Sez. 6 -5, Ord. n. 30684 del 2017).
Ciò premesso, nella specie l’interpretazione della domanda da pate della Corte d’Appello è pienamente corrispondente a quanto emerge dagli atti di causa ed è conforme con il principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo il quale il giudice di merito nell’interpretazione della domanda giudiziale, deve tenere conto della reale volontà dell’attore risultante dall’intero contenuto dell’atto e dallo scopo pratico perseguito.
Sul punto il collegio intende dare continuità al seguente principio di diritto: «Il giudice di merito, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, non è condizionato dalle espressioni adoperate dalla parte ma deve accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non esclusivamente dal tenore letterale degli atti ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla medesima parte e dalle precisazioni da essa fornite nel corso del giudizio, nonché dal provvedimento concreto richiesto, con i soli limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella proposta. Il relativo giudizio, estrinsecandosi in valutazioni discrezionali sul merito della controversia, è sindacabile in sede di legittimità unicamente se sono stati travalicati i detti limiti o per vizio della motivazione» (Sez. 3, Ord. n. 13602 del 2019).
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e, per la reciproca soccombenza, compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti principali e del ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese del giudizio di legittimità;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti principali e del ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione