Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8344 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8344 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
Oggetto: RESPONSABILITÀ CIVILE – ART. 2043 C.C. –ALIENAZIONE IMMOBILE -mancanza di agibilità e difformità della planimetria e dichiarazioni non veritiere rese dal venditore nell’atto pubblico.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13351/2020 R.G. proposto da
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, come da procura speciale in calce al ricorso, ex lege domiciliato in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
– ricorrente-
contro
NOME COGNOME , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, come da procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (PEC:EMAIL; EMAIL);
CC 19.01.2024
Ric. n. 13351/2020
Pres. COGNOMENOME Scrima
RAGIONE_SOCIALE
– controricorrente –
nonché contro
NOME INSURANCE PUBLIC LIMITED RAGIONE_SOCIALE ,
-intimata – avverso la sentenza n. 613/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, pubblicata il 21/02/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/01/2024 dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Milano, in accoglimento dell’atto di appello proposto da NOME COGNOME, in riforma della sentenza n. 1664/2017 del Tribunale di Como, ha ridotto la condanna a carico del predetto appellante al pagamento de ll’importo di Euro 63.100,00 in favore di NOME COGNOME, confermandola nel resto.
Per quanto ancora qui di rilievo, il Giudice di prime cure aveva accolto la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME, dal quale la prima aveva acquistato in data 3 dicembre 2001 un immobile destinato a civile abitazione, sito in Milano, INDIRIZZO, chiedendone la condanna al risarcimento del danno per avere, con dolo e colpa, posto in essere atti illeciti con riferimento alla condizione urbanistica del bene (mancanza di agibilità e difformità della planimetria e alle connesse dichiarazioni dal venditore rese nell’atto pubbl ico), aveva rigettato la domanda di manleva proposta dal convenuto nei confro nti dell’assicurazione chiamata in causa e condannato il convenuto al risarcimento del danno liquidato in Euro 84.500,00, oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo, con condanna alle spese di lite e di CTU.
Avverso la decisione della Corte d’appello di Milano, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sorretto da un unico articolato motivo. Ha resistito con controricorso NOME COGNOME.
CC 19.01.2024
Ric. n. 13351/2020
Pres. COGNOMENOME Scrima
RAGIONE_SOCIALE
Seppur intimata, la RAGIONE_SOCIALE non ha ritenuto di svolgere difese nel giudizio di legittimità.
Ai fini della decisione del presente ricorso questa Corte ha proceduto in camera di consiglio ai sensi dell’art. 3 80 bis.1 c.p.c..
Parte controricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
Con un unico motivo di ricorso, ripartito in cinque distinte censure, il ricorrente denuncia:
1.1. con la prima, rubricata ‘ lett. A), in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., la ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli elementi soggettivi ed oggettivi del reato di truffa contrattuale ex art. 640 c.p. -assenza di verifica delle prescrizioni di diritto in tema di responsabilità civile sull’esatto adempimento all’obbligazione di vendita ex artt. 1218 ss. c.c. -Errata ed inidonea sussunzione della fattispecie nel reato di truffa e conseguente ed inidonea applicazione dei principi giuridici collegati agli artt. 2043 e 2947, comma 3° c.c. conseguente errata formulazione del capo di condanna nel richiamo ad relationem alla ctu: il dies a quo dell’art. 2947 c.c., coordinato con l’art. 2043 e 2935 c.c.’ ; tra l’altro , in merito al termine prescrizionale lamenta che esso è iniziato a decorrere dal giorno del rogito avvenuto nel 2001, e non dal giorno della richiesta di abitabilità presentata dall’acquirente nel 2013 , come ritenuto dalla Corte d’appello ;
1.2. con la seconda, rubricata ‘ lett. B), in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. , lamenta ‘Error in procedendo. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per intervenuto accertamento incidentale del reato di truffa senza domanda di parte ‘ ;
1.3. con la terza, rubricata ‘ lett. C), in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., Violazione e/o falsa applicazione ed omessa motivazione sulle prescrizioni dell’art. 1227 c.c. richieste dal ricorrente ‘ ;
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Ric. n. 13351/2020
Pres. COGNOMENOME Scrima
RAGIONE_SOCIALE
1.4. con la quarta, rubricata ‘ lett. D) in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c. I motivi da A), B) e C) si tr aducono in conseguente o messa motivazione su di punto decisivo della controversia, ossia sulla mancata motivazione in ordine alla non pertinenza dei concetti civili di responsabilità per inadempimento contrattuale in luogo di quelli sulla responsabilità penale del ricorrente in tema di presunta truffa contrattuale ‘ ;
1.5. con la quinta, rubricata ‘ lett. E), in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. Violazione e/o falsa applicazione delle prescrizioni di cui al D.M. 55/2014 ss. sulle modifiche in punto di spese di soccombenza a favore della terza chiamata ‘ .
La prima e seconda delle censure, che possono essere congiuntamente esaminate, stante il palese vincolo di connessione, vanno disattese sotto ciascuno dei profili prospettati per quanto si dirà.
2.1. Anzitutto, manifestamente infondata risulta la articolata censura con cui il ricorrente lamenta il vizio di erronea ed inidonea sussunzione della fattispecie nel reato di truffa e la conseguente pretesa mancata verifica del termine prescrizionale in tema di esatto adempimento nella obbligazione di vendita e inidonea applicazione dei principi giuridici collegati agli artt. 2043 e 2947, comma 3 c.c. in tema di truffa contrattuale; neppure sussiste il travisamento paventato dei principi in materia di risarcimento e la dedotta confusione degli istituti di natura privatistica con quelli penalistici.
Questa Corte ha chiarito, già da tempo, che il giudice di merito nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, non è condizionato dalle espressioni adoperate dalla parte ed ha il potere-dovere di accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non solo dal tenore letterale degli atti, ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla parte e dalle precisazioni dalla medesima fornite nel corso del giudizio, nonché dal provvedimento concreto dalla stessa richiesto, con i soli
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AVV_NOTAIO limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e di non sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella esercitata: e tale ampio potere, attribuito al giudice per valutare la reale volontà della parte quale desumibile dal complessivo comportamento processuale della stessa, estrinsecandosi in valutazioni discrezionali sul merito della controversia, è sindacabile in sede di legittimità soltanto se il suo esercizio ha travalicato i predetti limiti, ovvero è insufficientemente o illogicamente motivato (cfr. Cass. Sez. 2, 29/04/2004 n. 8225; Cass. Sez. L, Sentenza n. 27428 del 13/12/2005; più di recente, Cass. Sez. 3, 21/05/2019 n. 13602).
Nella fattispecie in esame, non si sono travalicati i limiti e non si sono verificate le predette violazioni motivazionali; difatti, la Corte milanese ha debitamente e incidentalmente accertato il reato di truffa, attribuendole rilevanza anche civilistica quale fonte di responsabilità risarcitoria aquiliana ex art. 2043 c.c., come, del resto, richiesto dalla parte attrice sin dal primo grado; in proposito, non sussiste neppure il vizio di extra-petizione asseritamente lamentato, tenuto conto che nell’atto di citazione risulta evidente che l’attrice abbia fatto riferimento al risarcimento del danno da illecito aquiliano da reato, ravvisando nella condotta del COGNOME gli estremi della truffa (si veda in proposito, Cass. Sez. 3, 7/10/2016 n. 20198).
Riguardo alla doglianza del professionista, odierno ricorrente, ribadita nel ricorso in esame, fondata sul presupposto in fatto che nel contratto di vendita dell’immobile per cui è causa l’acquirente, odierna resistente, fosse perfettamente a conoscenza che l’immobile non era agibile, la Corte lombarda ha in modo dirimente ritenuto che rilevasse «non la mancanza di abitabilità in sé al momento dell’atto , (…) (mancanza che era o doveva essere nota all’acquirente) ma la situazione catastale falsamente dichiarata e non corrispondente a quella reale, tal che nonostante la realizzazione del terzo abbaino non è stato possibile ottenere l’agibilità (…) mendacio integrante in
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RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO astratto gli estremi del reato» di truffa (pag. 4 della sentenza impugnata).
In base alla operata qualificazione del fatto illecito aquiliano da reato , l’accertamento del termine prescrizionale è stato correttamente effettuato dalla Corte d’appello di Milano , sicché non è rilevante la data del rogito avvenuto nel dicembre 2001, bensì quella della percezione del fatto illecito, come accertato, avvenuta nel luglio 2013, allorquando la parte attrice prese consapevolezza del danno subito e dell’illecito, stante le comunicazioni ricevute dal Comune competente (cfr. sentenza impugnata pagg. 4 e 5).
Questo accertamento si pone del tutto in linea con quanto affermato da questa Corte in tema di azione risarcitoria per responsabilità professionale, e cioè che, ai fini del momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale, si deve avere riguardo all’esistenza di un danno risarcibile ed al suo manifestarsi all’esterno come percepibile dal danneggiato alla stregua della diligenza da quest’ultimo esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c., secondo standards obiettivi e in relazione alla specifica attività del professionista, in base ad un accertamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass. Sez. 3, 18/02/2016 n. 3176; più di recente, in senso conforme, Cass. Sez. 3, 12/06/2023 n. 16631).
2.2. Inammissibile – e comunque anche infondato – è il terzo profilo di censura con cui si lamenta l’omessa pronuncia da parte della sentenza impugnata in ordine al dedotto concorso di colpa della danneggiata; in proposito si osserva che il ricorrente ha proposto la questione in appello (v. p. 21 dell’atto di appello ) facendo però leva sulla dedotta consapevolezza dell’inabitabilità del bene da parte della RAGIONE_SOCIALE e del suo disinteresse al riguardo, laddove la Corte di merito ha ritenuto dirimente, all’evidenza anche in relazione a quanto qui rileva, non la mancanza di abitabilità in sé ma la situazione catastale falsamente dichiarata e non corrispondente a quella reale, tale che nonostante la realizzazione del terzo abbaino
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RAGIONE_SOCIALE non era stato possibile ottenere l’integrale agibilità (v. p. 4 e 5 della sentenza impugnata), così implicitamente rigettando le doglianze in parola ex art. 1127 c.c. e ciò non è stato colto dalla parte ricorrente.
2.3. Manifestamente infondato pure il quarto profilo di censura, ritenuto dal ricorrente ‘conseguente’ ai tre precedenti, con cui lamenta l’ omessa motivazione in ordine alla non pertinenza dei concetti civili di responsabilità per inadempimento contrattuale in luogo di quelli sulla responsabilità penale del ricorrente in tema di presunta truffa contrattuale.
La Corte d’appello , lungi dall’aver omesso la motivazione al riguardo, ha debitamente spiegato perché nella condotta del professionista si ravvisassero gli estremi della truffa, essendo «consistita in una falsa rappresentazione dello stato di fatto dell’immobile, in quanto nella planimetria catastale, allegata al rogito, di cui alla richiesta di variazione portante il n.305.924, era rappresentante una realtà difforme da quella di cui alle tavole progettuali di cui alla concessione edilizia 3449/2000 ottenuta in sede di ristrutturazione dell’immobile» (pag. 4 della sentenza impugnata).
2.4. Manifestamente infondato il quinto profilo di censura.
L a Corte d’appello ha correttamente posto le spese della RAGIONE_SOCIALE, terza chiamata, in capo all’odierno ricorrente, uniformandosi al principio da questa Corte affermato, secondo cui le spese di giudizio sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta che sia stata rigettata la domanda principale, vanno poste a carico della parte che, rimasta soccombente, abbia provocato e giustificato la chiamata in garanzia, trovando tale statuizione adeguata giustificazione nel principio di causalità, che governa la regolamentazione delle spese di lite, anche se l’attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo, salvo che l’iniziativa del chiamante si riveli palesemente
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Pres. COGNOMENOME Scrima
RAGIONE_SOCIALE arbitraria (Cass. Sez. 2, 15/11/2013 n. 25781; Cass. Sez. 2, 17/09/2019 n. 23123).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il principio di soccombenza e si liquidano in favore della parte resistente come da dispositivo sulla base della nota spese, precisandosi che nulla va riconosciuto a titolo di esborsi perché non richiesti. Nulla per le sp ese dell’intimata RAGIONE_SOCIALE, che non svolto difese nel presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13 (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore della resistente, che liquida in complessivi Euro 7.655,00, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione