Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12695 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12695 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20676/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Suprema Corte di cassazione, rappresentato e difeso dal l’ avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Suprema Corte di cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 561/2024 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 20/03/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/05/2025 dal Presidente dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne il fratello NOME COGNOME innanzi al Tribunale di Belluno, per sentire accertare l’esistenza di una servitù di passaggio pedonale, e con qualsiasi mezzo carrale, come da atto di donazione del 16/10/2003 fra COGNOME NOME/COGNOME–COGNOME, in favore del fondo costituito dal fabbricato in Cortina d’Ampezzo denominato ‘El Pezuò’ , in comproprietà, ed a carico dell’appezzamento antistante il confinante Albergo Bellaria del convenuto, con condanna ex artt. 949 e 1079 c.c. alla rimozione delle fioriere e di ogni altra limitazione ed al risarcimento dei danni. Svolse sia una domanda di confessoria servitutis rispetto al tracciato, sia una domanda di negatoria servitutis rispetto agli spazi di pertinenza del fabbricato ‘El Pezuò’, utilizzati come parcheggio dai clienti dall’albergo.
Il Tribunale rigettò entrambe le domande dell’attore . La Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 561/2024 pubblicata il 20/03/2024, accolse, se pur in parte, il gravame ed in riforma della sentenza di primo grado condannò NOME COGNOME alla cessazione di qualunque impedimento o turbativa all’esercizio della servitù di passaggio.
I giudici di secondo grado, essendo incontestata l’esistenza di un diritto di servitù di passaggio pedonale e carrabile in favore del fondo di cui era comproprietario NOME COGNOME ed essendo stata, altresì, dimostrata la presenza di fioriere e di auto parcheggiate sul percorso gravato da servitù (circostanza anch’essa non contestata dal convenuto), ritennero che non fosse intervenuta alcuna modifica dell’estensione di detta servitù rispetto all’originaria costituzione. Conseguentemente, accolsero la domanda di confessoria servitutis limitatamente agli aspetti accertativi e ripristinatori.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di due motivi, contrastati con controricorso da NOME COGNOME.
In prossimità dell’adunanza camerale, entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con la prima censura, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1079 in relazione all’art. 2697 c.c. nonché la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’appello accolt o la domanda di confessoria servitutis ma non la consequenziale richiesta risarcitoria.
Il motivo è fondato.
Nell’epigrafe della sentenza impugnata, laddove sono riportate le conclusioni delle parti, si afferma che NOME COGNOME aveva richiesto, insieme alla condanna alla rimozione di fioriere, oggetti vari ed auto parcheggiate dalla clientela dell’Albergo Bellaria, anche ‘il risarcimento del danno da liquidarsi in via equitativa’.
In proposito, la Corte d’appello ha osservato che ‘ E’ infondata la censura sul rigetto da parte del giudice di prime cure della domanda di risarcimento dei danni cagionati all’attore in assenza di allegazione, almeno sommaria, degli elementi costitutivi del danno ‘. Tale assunto non può essere condiviso.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, a cui il Collegio ritiene di dover dare continuità, in tema di servitù prediali, la lesione del diritto corrispondente è di per sé produttiva di un danno, il cui accertamento non richiede, pertanto, una specifica attività probatoria e per il risarcimento del quale il giudice deve procedere ai sensi dell’art. 1226 c.c., adottando eventualmente, un parametro di liquidazione equitativa (Sez. 2, n. 22835 del 14 agosto 2024; Sez. 6-2 n. 12630 del 13 maggio 2019; Sez. 2, n. 21501 del 31 agosto 2018; Sez. 2, n. 8511 del 31 marzo 2017).
In realtà, anche allorché si confuta in giurisprudenza la configurabilità di un danno in re ipsa subito dal proprietario per l’indisponibilità o la limitata disponibilità della cosa, si riconosce comunque all’interessato la facoltà di darne prova mediante ricorso
a presunzioni semplici o al fatto notorio, onerando lo stesso di indicare tutti gli elementi, le modalità e le circostanze della situazione, dai quali, in presenza dei requisiti richiesti dagli artt. 2727 e 2729 c.c. , possa desumersi l’esistenza e l’entità del concreto pregiudizio patrimoniale subito (Sez. 2, n. 12865 del 22 aprile 2022 richiamata).
D’altronde, come viene riportato anche nella sentenza impugnata, la presenza di fioriere e di auto parcheggiate su parte del percorso gravato da servitù, circostanza provata dal ricorrente e non contestata da NOME COGNOME ha di fatto ristretto il tracciato, rendendo così incomodo e gravoso il transito.
Dunque il danno risarcibile è rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione, cagionata dall’occupazione abusiva, in antitesi al ‘diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo’. Il nesso di causalità giuridica si stabilisce così fra la violazione di diritto di godere della cosa, integrante l’evento di danno condizionante il requisito dell’ingiustizia, ed il venir meno della concreta possibilità di godimento a causa della violazione del diritto medesimo, quale danno conseguenza da risarcire (Sez. U. nn. 33645 e 33659 del 15 novembre 2022).
Inoltre a fronte delle allegazioni di controparte, il convenuto aveva l’onere di contrapporre elementi concreti volti a negare l’altrui diritto di godimento. La contestazione al riguardo non può essere generica, ma deve essere specifica, nel rigoroso rispetto del principio di cui all ‘ art. 115 comma 1 cod. proc. civ. (Sez. U. nn. 33645 e 33659 del 15 novembre 2022).
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia, ex art. 112 c.p.c., e conseguentemente per difetto assoluto di motivazione, in violazione del combinato disposto di cui agli artt. 132 co. 2 n, 4 c.p.c. e 949 c.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., avendo la Corte d’appello
completamente pretermesso l’esame della domanda di negatoria servitutis specificatamente svolta, con elisione dei rimedi ripristinatori/risarcitori richiesti ex art. 949 c.c.
Anche tale motivo deve considerarsi fondato.
Giova ricordare come la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano state puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, adempiuto all’onere di indicarli precisamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (Sez. 2, n. 28072 del 14 ottobre 2021; Sez. 5, n. 15367 del 4 luglio 2014; Sez. 2, n. 6361 del 19 marzo 2007).
Inoltre, l ‘omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello così come l’omessa pronuncia su domand e, eccezioni o istanze ritualmente introdotte in giudizio -risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360, n. 3 c.p.c., o del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5 c.p.c., in quanto siffatte censure presuppongono
che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo -ovverosia della violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità -in tal caso giudice anche del fatto processuale -di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello (Cass., Sez. 1 n. 29952 del 13 ottobre 2022).
Nel caso di specie, NOME COGNOME ha seguito tutti i suddetti principi, puntualmente riportando nel ricorso per cassazione la domanda di negatoria servitutis proposta in sede di appello; non solo, tale domanda è stata, altresì, pedissequamente riprodotta nella sentenza gravata (cfr. pag. 2).
Pur tuttavia, il giudice di secondo grado ha totalmente mancato di prendere in considerazione anche tale istanza, derivandone così la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. .
All’accoglimento di entrambi i motivi del ricorso segue pertanto la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice designato in dispositivo, il quale procederà ad un nuovo esame della domanda di risarcimento dei danni e della negatoria servitutis, attenendosi ai principi di diritto richiamati, e provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME