LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Risarcimento danno servitù: la guida completa

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12695/2025, chiarisce un principio fondamentale in materia di diritti reali: l’impedimento all’esercizio di una servitù di passaggio costituisce di per sé un danno risarcibile. Il proprietario del fondo dominante non è tenuto a fornire una prova specifica del pregiudizio economico subito, poiché la lesione consiste nella perdita della possibilità di godimento del proprio diritto. Il giudice può liquidare il risarcimento danno servitù in via equitativa. La Corte ha inoltre annullato la sentenza d’appello per non aver deciso su una domanda di ‘negatoria servitutis’ presentata contestualmente.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento danno servitù: la Cassazione stabilisce che la lesione del diritto è già un danno

L’ordinanza n. 12695/2025 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sul risarcimento danno servitù, stabilendo che la semplice violazione del diritto di passaggio, attraverso ostacoli che ne rendono l’esercizio scomodo e gravoso, costituisce di per sé un danno risarcibile. Questa decisione semplifica notevolmente l’onere della prova per il titolare del diritto leso, il quale non dovrà più dimostrare uno specifico pregiudizio economico derivante dall’impedimento.

I Fatti del Caso

La vicenda legale ha origine dalla controversia tra due fratelli, proprietari di fondi confinanti. Il primo, titolare di un fondo dominante, lamentava l’impedimento all’esercizio di una servitù di passaggio pedonale e carrabile a causa di fioriere e auto parcheggiate dal fratello, proprietario del fondo servente su cui sorgeva un’attività alberghiera.

L’attore aveva avviato due distinte azioni legali:
1. Una confessoria servitutis per far accertare il suo diritto, ottenere la rimozione degli ostacoli e il risarcimento dei danni.
2. Una negatoria servitutis per contestare l’uso di una parte della sua proprietà come parcheggio da parte dei clienti dell’albergo del fratello.

La Corte d’Appello, pur riconoscendo il diritto di passaggio e ordinando la rimozione degli ostacoli, aveva negato il risarcimento, ritenendo che l’attore non avesse allegato in modo sufficiente gli elementi costitutivi del danno. Inoltre, la Corte territoriale aveva omesso completamente di pronunciarsi sulla seconda domanda (la negatoria servitutis).

La questione del risarcimento danno servitù davanti alla Cassazione

Il ricorrente si è rivolto alla Suprema Corte lamentando due vizi principali della sentenza d’appello. In primo luogo, ha contestato il mancato riconoscimento del risarcimento danno servitù, sostenendo che la lesione di un diritto reale come la servitù è intrinsecamente dannosa. In secondo luogo, ha denunciato la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di negatoria servitutis.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi del ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

Sulla prima questione, la Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: la lesione di una servitù prediale è di per sé produttiva di un danno. Il danno non va inteso solo come perdita economica, ma come la perdita della concreta possibilità di godimento del diritto. La presenza non contestata di fioriere e auto sul percorso della servitù, rendendo il transito “incomodo e gravoso”, rappresenta una violazione diretta del diritto di godere pienamente della servitù.

Di conseguenza, il giudice non può rigettare la domanda di risarcimento per mancanza di prova specifica. Al contrario, deve procedere a una liquidazione del danno, anche in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., basandosi su presunzioni semplici (art. 2727 e 2729 c.c.) e sugli elementi fattuali disponibili, come le modalità e le circostanze della violazione.

Sul secondo motivo, la Cassazione ha constatato che la Corte d’Appello aveva completamente ignorato la domanda di negatoria servitutis. Questo comportamento integra un error in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c., che impone al giudice di pronunciarsi su tutta la domanda. Tale omissione determina la nullità della sentenza e la necessità di un nuovo giudizio sulla domanda pretermessa.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela dei diritti reali, in particolare delle servitù di passaggio. Stabilisce con chiarezza che chi subisce un’ingiusta limitazione del proprio diritto non è gravato da un onere probatorio eccessivo per ottenere un risarcimento danno servitù. La compromissione dell’utilità e della comodità del passaggio è sufficiente a fondare una pretesa risarcitoria. Il giudice del merito ha il dovere di quantificare tale danno, anche ricorrendo a una valutazione equitativa, per garantire una tutela effettiva e completa del diritto leso. La decisione serve anche come monito sull’obbligo del giudice di esaminare tutte le domande proposte, pena la nullità della sua decisione.

Per ottenere un risarcimento per l’ostruzione di una servitù di passaggio è necessario dimostrare un danno economico specifico?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la lesione del diritto di servitù, che si concretizza nella perdita della possibilità di godimento pieno e comodo del passaggio, è di per sé un danno risarcibile. Non è richiesta la prova di un ulteriore e specifico pregiudizio patrimoniale.

Come viene quantificato il danno se non c’è una prova economica precisa?
Il giudice può procedere alla quantificazione del danno utilizzando il suo potere di valutazione equitativa, come previsto dall’art. 1226 del Codice Civile. Può basarsi su presunzioni e sugli elementi di fatto emersi nel corso della causa, come la natura e la durata dell’impedimento.

Cosa accade se un giudice non si pronuncia su una delle domande presentate in un atto di appello?
Si verifica un vizio di ‘omessa pronuncia’, che costituisce un errore procedurale (‘error in procedendo’) e viola l’obbligo del giudice di corrispondere tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.). Tale vizio comporta la nullità della sentenza, che deve essere cassata con rinvio affinché un altro giudice decida sulla domanda ignorata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati