Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4806 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4806 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3316/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in MATERA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di TRIBUNALE MATERA n. 632/2020 depositata il 03/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME citava davanti al Giudice di Pace di Tricarico NOME COGNOME chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni provocati tagliando alberi su terreni in proprietà di essa attrice. La convenuta si opponeva all’accoglimento della domanda sostenendo che i terreni in questione non appartenevano alla attrice ma erano parte della sua proprietà a confine con quella della attrice. Il giudice di pace disponeva CTU per stabilire dove si trovasse il confine tra le due proprietà. Dall’accertamento del CTU emergeva che gli alberi si trovavano nella proprietà della attrice. Il Giudice di Pace, tuttavia, essendo anche emerso che la attrice era nuda proprietaria dell’area su cui insistevano gli alberi, mentre la di lei madre ne era usufruttuaria, rigettava la domanda sul motivo che unico soggetto legittimato a chiedere il risarcimento era la usufruttuaria.
La sentenza veniva appellata in via INDIRIZZO dalla INDIRIZZO e in via incidentale dalla Sassaroli.
Il Tribunale di Matera, con sentenza 632 del 2020, rigettava l’appello incidentale ritenendo che il CTU di primo grado avesse ben determinato il confine con la conseguenza che la rinnovata prospettazione della COGNOME di essere proprietaria dello spazio su cui erano stati gli alberi era infondata. Richiamava l’art. 989, primo comma, c.c. e , in accoglimento dell’appello pricipale, dichiarava che la COGNOME era legittimata a chiedere il risarcimento in quanto gli alberi tagliati non potevano essere ritenuti ‘alberi sparsi per la campagna e destinati ad essere tagliati’ non avendo la COGNOME provato che gli alberi sparsi per la campagna fossero effettivamente destinati al
taglio. Accertava il valore degli alberi abbattuti e condannava la COGNOME al risarcimento;
3.per la cassazione della sentenza del Tribunale la Sassaroli ricorre con quattro motivi;
la COGNOME resiste con controricorso;
le parti hanno depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art. 342 c.p.c. per avere il Tribunale ritenuto ammissibile l’appello principale malgrado che lo stesso fosse stato proposto senza indicazione delle parti della sentenza di primo grado oggetto di contestazione, senza indicazione specifica dei motivi di appello né delle norme violate;
2.con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art. 989, 2043 e 2697 c.c. per avere il Tribunale ritenuto, senza che ve ne fosse prova, che gli alberi tagliati fossero ‘alberi di alto fusto sparsi per la campagna e destinati ad essere tagliati’ laddove invece si trattava di ‘bosco ricompreso nell’usufrutto’ della madre della COGNOME;
3.con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione degli artt. 950 e 2043 c.c. per avere il Tribunale ritenuto, sulla base di CTU che aveva fatto precipuo riferimento allo stato dei luoghi, che l’area su cui si trovavano gli alberi fosse di proprietà della COGNOME laddove invece il Tribunale avrebbe dovuto far riferimento agli atti di provenienza e al tipo di frazionamento per stabilire il confine tra le proprietà. La ricorrente sostiene che dal tipo di frazionamento, prodotto come documento 4 della comparsa di costituzione di primo grado, risultava che l’area in questione era di sua proprietà. La ricorrente sottolinea che il CTU ha affermato che ‘secondo i dati catastali’ gli alberi insistevano sulla particella della ricorrente;
4. con il quarto motivo di ricorso si lamenta violazione degli art. 2043 c.c. e omesso esame di fatti decisivi per il giudizio per avere il Tribunale omesso di tener conto sia della parte della relazione del
CTU in cui questi aveva accertato che ‘catastalmente’ l’area de qua apparteneva alla Sassaroli, sia degli atti di proprietà, sia del tipo di frazionamento e delle mappe catastali, sia di un ‘verbale di picchettamento’ redatto da un tecnico del Comune di Tricarico, attestante la ‘intervenuta difformità dello stato dei luoghi rispetto ai rilievi catastali’;
5. il primo motivo di ricorso è infondato.
Dalla lettura dell’atto di appello emerge che la COGNOME aveva puntualmente riportato la parte della sentenza del giudice di pace fatta oggetto di censura -parte a pagina 4 della sentenza, in cui il Giudice di P ace aveva ritenuto la COGNOME non ‘legittimata’ a chiedere il risarcimento del danno in quanto ai sensi dell’art. 989 sarebbe stata legittimata solo la usufruttuaria- ed aveva articolato ampie critiche a tale affermazione sostenendo tra l’altro che ‘il taglio degli alberi non rientra nella disciplina dell’art. 989 c.c. e quindi risulta leso il proprietario unico titolato a richiedere il risarcimento’.
La Corte di Appello ha quindi correttamente ritenuto ammissibile l’appello in riferimento all’art. 342 c.p.c.;
6. il terzo e il quarto motivo di ricorso, logicamente preordinati al secondo, devono essere rigettati.
Deve premettersi che i due motivi, nella parte in cui prospettano l’omesso esame di fatti risultanti da documenti inerenti al posizionamento del confine e al posizionamento degli alberi rispetto al confine, sono inammissibili atteso che, a fronte di un doppio accertamento conforme dei giudici di primo e secondo grado sul fatto che gli alberi in questione insistevano su terreno della attrice, l’impugnazione della sentenza d’appello ai sensi del n. 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c. soggiace alla preclusione derivante dalla regola di cui all’art. 348-ter, comma 5, c.p.c.
Nel loro nucleo centrale i motivi sono infondati.
La regola stabilita dall’art. 950, ultimo comma, c.c. trova applicazione anche nel caso in cui all’accertamento del confine si
proceda in via incidentale (v., in relazione a varie fattispecie, tra altre, Cass. 3379/1988; Cass. 20691/2018), come nel caso di specie in cui si è proceduto all’accertamento dei confini tra le proprietà COGNOME e COGNOME allo scopo di stabilire se lo spazio di terreno su cui insistevano gli alberi tagliati fosse compreso nella proprietà dell’una o dell’altra parte e quindi se le piante appartenessero (in virtù del principio superficie solo cedit) all’una o all’altra parte.
Il Tribunale si è attenuto alla regola stabilita dall’art. 950 c.c. dando rilievo alle risultanze dallo stato dei luoghi, da privilegiarsi rispetto alle mere risultanze delle mappe catastali (v. Cass. s ez. 2 , ordinanza n.20691 /2018). Come da stralcio della CTU riportato tra virgolette dalla controricorrente, il CTU ha anche avuto riguardo ai titoli di provenienza. Il tipo di frazionamento riveste importanza fondamentale solo se allegato ai singoli atti di acquisto ed in essi richiamato con valore vincolante, il che nella specie non è stato dalla ricorrente dedotto (v. Cass. Sez. 6 2, ordinanza n.12327 del 23/06/2020);
7. riguardo al secondo motivo di ricorso deve osservarsi che il Tribunale collega il riconoscimento del diritto della attuale controricorrente a chiedere il risarcimento dei danni da taglio degli alberi alla tipologia degli alberi come alberi sparsi per la campagna ma non destinati ad essere tagliati assumendo che se si fosse trattato di alberi cedui ovvero di alto fusto destinati alla produzione di legna ovvero di alto fusto sparsi per la campagna e destinati ad essere tagliati, il diritto non sarebbe spettato alla COGNOME -nuda proprietaria del terrenoma alla di lei madre, usufruttuaria. L’assunto è infondato e la motivazione della sentenza deve essere corretta restando però ferma la conclusione per cui la COGNOME, proprietaria del terreno, ha diritto al risarcimento del danno subito dal taglio degli alberi.
Questa Corte ha già da tempo affermato che “non v’è alcuna ragione per negare all’usufruttuario un’autonoma legittimazione ad agire, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., per il risarcimento del danno cagionato da un terzo al bene oggetto del suo diritto, e quindi, direttamente o indirettamente, al suo diritto di godimento”, e ciò perché, se “l’usufruttuario ha il diritto di godere della cosa (art. 981 cod. civ.) nella sua integrità, non v’è chi non veda come, a difesa di tale suo diritto, oltre alla tutela in petitorio o in possessorio, gli si debba riconoscere il diritto di agire, anche con la generale azione aquiliana, contro chiunque, attentando all’integrità del bene, provochi l’ingiustificata lesione del suo godimento” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 11 agosto 2000, n. 10733, Rv. 539537-01).
L’espressione ‘legittimazione autonoma’ dà conto del fatto che l’usufruttuario, quale titolare di un diritto reale minore, vanta una legittimazione sostanziale che si affianca a quella del nudo proprietario nei confronti dei terzi che pregiudichino la cosa: il primo vanta nei confronti dei terzi una pretesa di astensione da ingerenze sulla cosa che possano incidere sulla sfera di godimento e di uso a lui spettante; “se ciò non fosse e non fosse dato all’usufruttuario il suddetto potere , le facoltà di usare la cosa, di goderne, di fare proprie i frutti da essa prodotti avrebbero scarso valore pratico” (Cass. Sez. 2, sent. 11 gennaio 1967, n. 106, Rv. 325787-01); il secondo vanta nei confronti dei terzi una pretesa di astensione da ingerenze sulla cosa che possano incidere sul suo diritto di proprietà, solo compresso e non annullato dalla presenza dell’usufrutto ; q uesta pretesa non è riguardata dall’art.989 c.c. che delimita le facoltà dell’usufruttuario di boschi, filari e alberi sparsi di alto fusto nel rapporto tra usufruttuario e proprietario;
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in €800,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2025.