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Risarcimento danno: la prova presuntiva è sufficiente

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18906/2024, ha stabilito che per ottenere il risarcimento danno da mancato godimento di un immobile non è necessaria una prova rigorosa. È sufficiente la prova presuntiva, basata su elementi indiziari, per dimostrare l’esistenza del danno, che potrà poi essere liquidato dal giudice in via equitativa. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva negato il risarcimento per assenza di prove certe, rinviando la causa per una nuova valutazione alla luce di questo fondamentale principio.

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Risarcimento Danno: Quando la Prova Presuntiva Basta

Il tema del risarcimento danno per il mancato godimento di un bene immobile è spesso al centro di complesse vicende giudiziarie. Quanto rigorosa deve essere la prova fornita dal proprietario per dimostrare il pregiudizio subito? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: non sempre è necessaria una prova granitica. A volte, il ricorso a presunzioni e a una valutazione equitativa da parte del giudice è non solo possibile, ma doveroso. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un contratto preliminare di compravendita di alcuni immobili. La società promissaria acquirente, non ottenendo la stipula del contratto definitivo, si rivolgeva al Tribunale che, con una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., disponeva il trasferimento della proprietà, subordinandolo però al saldo del prezzo.

Successivamente, la società promittente venditrice, non avendo ricevuto il pagamento, otteneva la risoluzione del rapporto. A questo punto, la promissaria acquirente agiva nuovamente in giudizio, questa volta per ottenere il risarcimento danno da lucro cessante, lamentando di non aver potuto locare a terzi il complesso immobiliare a causa dell’inadempimento della controparte, che le aveva impedito di disporre del bene.

La Decisione della Corte di Appello

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda di risarcimento. Tuttavia, la Corte di Appello ribaltava parzialmente la decisione, rigettando la richiesta di risarcimento del danno da lucro cessante. La motivazione dei giudici di secondo grado era netta: la società non aveva fornito una prova rigorosa e certa del danno subito. In particolare, mancava la prova di un contratto di locazione scritto con una terza società interessata e, più in generale, di un concreto pregiudizio economico.

Le motivazioni della Cassazione sul risarcimento danno

La società promissaria acquirente ricorreva in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, l’errata applicazione degli articoli 1226 c.c. (sulla valutazione equitativa del danno) e 115 c.p.c. (sul principio di non contestazione e sulla valutazione delle prove). La Suprema Corte ha ritenuto questo motivo fondato, accogliendolo e cassando la sentenza impugnata.

Il ragionamento della Cassazione si fonda su un principio consolidato, richiamando una precedente e autorevole pronuncia delle Sezioni Unite (n. 33645/2022). Secondo la Corte, quando il danno derivante dalla perdita di disponibilità di un immobile non può essere provato nel suo preciso ammontare, il giudice deve procedere a una liquidazione equitativa. Questo processo non richiede una prova certa e diretta, ma può basarsi su presunzioni e sul richiamo a nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.

In altre parole, la Corte di Appello ha sbagliato a pretendere una ‘prova rigorosa’, escludendo a priori la possibilità di un ragionamento presuntivo. I giudici di secondo grado avrebbero dovuto valutare tutti gli indizi emersi (come l’occupazione parziale dell’immobile da parte di terzi o altre circostanze), per verificare se, nel loro complesso, potessero fondare la presunzione di un danno risarcibile. La mancata disponibilità di un bene immobile, infatti, costituisce di per sé un pregiudizio potenziale, che può essere quantificato, ad esempio, utilizzando come parametro il canone locativo di mercato.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce che il proprietario che viene illegittimamente privato della disponibilità del suo bene non è tenuto a un onere probatorio eccessivamente gravoso per ottenere il risarcimento danno. Non è indispensabile dimostrare di aver perso una specifica offerta di locazione o di vendita. È sufficiente allegare elementi fattuali che rendano verosimile e plausibile l’esistenza di un pregiudizio economico. Sarà poi compito del giudice, attraverso un giudizio presuntivo e una valutazione equitativa, quantificare il danno. Questa pronuncia riequilibra la posizione delle parti, evitando che il danneggiato veda negato il proprio diritto a causa di difficoltà probatorie oggettive.

È necessario fornire una prova rigorosa per ottenere un risarcimento del danno da mancato godimento di un immobile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, non è richiesta una prova rigorosa. È sufficiente una prova basata su presunzioni, che il giudice può utilizzare per una liquidazione in via equitativa.

Il giudice può liquidare il danno in via equitativa se l’importo esatto non è provato?
Sì. La Corte afferma che il giudice può e deve liquidare il danno con valutazione equitativa (ex art. 1226 c.c.) quando la sua prova precisa risulta impossibile o particolarmente difficile, potendo utilizzare come parametro, ad esempio, il canone locativo di mercato.

Quale principio hanno affermato le Sezioni Unite della Cassazione in materia di danno da occupazione senza titolo?
Le Sezioni Unite (sent. n. 33645/2022) hanno affermato che il proprietario è tenuto ad allegare la concreta possibilità di godimento perduta (danno emergente) o lo specifico pregiudizio subito (lucro cessante), e può fornire la prova anche mediante presunzioni o il richiamo a nozioni di comune esperienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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